Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 31179 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11624-2023 proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso la sentenza n. 1014/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/03/2023 R.G.N. 1438/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
R.G.N.11624/2023
COGNOME.
Rep.
Ud 18/09/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda di NOME COGNOME intesa alla condanna di RAGIONE_SOCIALE (da ora SIT) della somma di euro 49.371,72 oltre accessori, a titolo di differenze retributive maturate in ragione del rapporto di lavoro intercorso con la società nel periodo dal 17.9.2008 al 10.11.2015.
La Corte di merito, pur convenendo sulla fondatezza delle censure del lavoratore intese a negare la identità della domanda azionata nel presente giudizio (avente ad oggetto la richiesta di differenze retributive connesse all’ asserito espletamento di mansioni superiori a quelle di inquadramento) con altra domanda giudiziale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (avente ad oggetto la richiesta di differenze retributive maturate nel livello di inquadramento) e pur convenendo sul mero valore di quietanza e non di rinunzia abdicativa della dichiarazione di non avere null’altro a pretendere resa dal COGNOME al momento del pagamento del tfr, ha ritenuto infondata la pretesa retributiva azionata nel presente giudizio; ciò sia per decorso del termine quinquennale di prescrizione tra la data di cessazione del rapporto – il 10 novembre 2015 – e la notifica del ricorso giudiziale avvenuta il 1 marzo 2021, sia perché comunque priva di pregio; la domanda introduttiva non conteneva infatti concrete allegazioni
circa il preteso svolgimento di mansioni superiori ed inoltre non riportava le declaratorie di riferimento, i relativi elementi distintivi e le ragioni per le quali le mansioni svolte, genericamente indicate, dovevano inquadrarsi nel livello rivendicato (il 6°) del contratto collettivo applicabile; come inoltre dedotto da RAGIONE_SOCIALE, alla stregua del c.c.n.l. di riferimento il livello 6° risultava essere inferiore al livello 4° di formale inquadramento e tanto determinava sostanziale incomprensibilità della domanda . Quanto alla domanda subordinata, di pagamento della tredicesima mensilità, asseritamente non corrisposta nel corso del rapporto di lavoro, la Corte riteneva la stessa inammissibile perché proposta in palese violazione del divieto di frazionamento delle domande, non avendo il lavoratore minimamente allegato l’interesse ad introdurla separatamente rispetto a quella in precedenza azionata, intesa al pagamento di differenze retributive maturate in relazione al livello di formale inquadramento.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di tre motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame di un punto decisivo della controversia censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto la pretesa azionata estinta per decorso del termine di prescrizione, termine che, sulla scorta di precedente di questa Corte (Cass. n. 10016/2017), assume interrotto con il solo
deposito nella cancelleria del giudice adito del ricorso giudiziale; richiama inoltre ulteriore documentazione.
Con il secondo motivo deduce ex art. 360, comma 1 . c.p.c. erronea ed illogica motivazione su un punto decisivo con riferimento al rigetto della domanda relativa alla tredicesima mensilità contestando la ritenuta violazione del divieto di frazionamento del credito.
Con il terzo motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto anche in merito all’immotivato rigetto di prova testimoniale e di interrogatorio formale.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
4.1. Le censure articolate risultano infatti intese a contrastare la decisione impugnata esclusivamente sotto il profilo del ritenuto decorso del termine di prescrizione, senza che venga sviluppata alcuna critica alle ulteriori argomentazioni con le quali la Corte di merito ha ritenuto in ogni caso la domanda del tutto infondata per carenza di concreta allegazione e conseguentemente prova del preteso diritto al diverso inquadramento rivendicato. Il giudice di appello si è infatti soffermato sulla mancata indicazione delle declaratorie contrattuali dei due livelli interessati e sul fatto alla stregua del c.c.n.l. di riferimento il livello preteso (6°) risultava inferiore a quello di inquadramento (4°) di talché la domanda risultava incomprensibile. Tale nucleo argomentativo, nel ragionamento decisorio della Corte, si configura quale autonoma ratio decidendi , idonea di per sé sola a sorreggere la statuizione di rigetto. Pertanto onde
impedire il passaggio in giudicato della statuizione di rigetto era necessario che anche tale ratio decidendi fosse aggredita con specifica censura, come, viceversa, non avvenuto, né con il motivo in esame né con gli altri motivi articolati in ricorso. In relazione al primo motivo si ravvisa pertanto un difetto di interesse ad impugnare in capo all’odierno ricorrente stante il passaggio in giudicato della statuizione di rigetto (Cass. n. 675/1986).
5. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
5.1. La statuizione della Corte di appello risulta infatti conforme al principio di diritto stabilito da Cass. Sez. Un. n. 4090/2017 secondo il quale Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benchè relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, -sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c.,
riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c.
5.2. Premesso, infatti, che, per come pacifico, il COGNOME ha agito in separato giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per rivendicare il pagamento di differenze retributive connesse al medesimo rapporto di lavoro, differenze estranee alla pretesa azionata in questa sede in quanto non collegate all’asserito svolgimento di mansioni superiori, deve ritenersi integrata la condizione -pretese fondate sullo stesso fatto costitutivo e inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato- che imponeva all’ odierno ricorrente di azionare la domanda relativa alla tredicesima mensilità nel giudizio avente ad oggetto le differenze maturate nell’ambito delle mansioni di inquadramento. Né parte ricorrente, come suo onere, ha allegato, prima ancora che dimostrato, la esistenza di uno specifico interesse idoneo a giustificare una tutela processuale frazionata in relazione allo specifico emolumento oggetto di pretesa.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile sia per assoluto difetto di specificità in quanto parte ricorrente, in violazione del precetto di cui all’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c. non trascrive le istanze istruttorie del cui mancato accoglimento si duole sia per la considerazione che non risulta impugnata la autonoma ratio decidendi della decisione di appello, intrinsecamente giustificativa del mancato espletamento di attività istruttoria, rappresentata dalla carenza di allegazioni del ricorso di primo grado in ordine alle mansioni superiori asseritamente espletate ( v. paragrafo 4.1.).
Non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, 18 settembre 2025
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME