Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15071 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15071 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7669/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente principale- contro
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso da sé medesimo e dall’ AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente incidentale- avverso l’ ORDINANZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 141, depositata il 17/01/2022, r.g.n. 1588/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
AVV_NOTAIO, con ricorso ex art. 702 -bis c.p.c., ha chiesto al Tribunale di Forlì di condannare NOME COGNOME al pagamento di euro 22.362,89, quale compenso per l’attività difensiva eseguita in suo favore in un processo instaurato nei confronti di Banca Antonveneta s.p.a., svoltosi in primo grado davanti al Tribunale di Forlì e in secondo grado davanti alla Corte d’appello di Bologna. Ad avviso dell’attore il convenuto aveva corrisposto solo in parte quanto dovuto, avendo pagato due acconti, rispettivamente di euro 5.000 e di euro 2.000, come da parcelle n. 172/2008 e n. 156/2009.
Il Tribunale di Forlì ha dichiarato la propria incompetenza e la causa è stata riassunta davanti alla Corte d’appello di Bologna. La Corte d’appello, con l’ordinanza n. 141/2022, ha liquidato in favore di COGNOME la somma di euro 22.362,89, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. COGNOME aveva eccepito l’illegittimo frazionamento del credito da parte dell’AVV_NOTAIO COGNOME, avendo quest’ultimo proposto dodici ricorsi ex art. 702 -bis c.p.c. aventi ad oggetto la richiesta di compensi professionali, la mancata conformità delle somme richieste alle tariffe professionali, la mancata prova delle imputazioni dei pagamenti ricevuti in acconto in relazione ai dodici processi, l’esorbitanza e la non congruità delle somme richieste in rapporto all’attività prestata e all’esito negativo della lite.
Avverso l’ordinanza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, facendo valere ricorso incidentale condizionato, al quale risponde con controricorso NOME COGNOME.
Con atto datato 8 novembre 2023 il difensore del ricorrente ha rinunciato al mandato; il 29 gennaio 2024 è stata depositato l’atto
di conferimento della procura al nuovo difensore, con relativo atto di costituzione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale è articolato in due motivi, tra loro strettamente connessi:
il primo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dei principi regolatori della materia di cui agli artt. 2 e 111 Cost., 1175 e 1375 c.c., 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.’, per avere la Corte d’appello escluso che la domanda dell’AVV_NOTAIO COGNOME avesse violato il divieto di parcellizzazione del credito, nonostante quest’ultimo non avesse indicato e non fosse comunque enucleabile dagli atti il suo interesse ad agire separatamente per il recupero dei propri asseriti crediti professionali;
il secondo motivo lamenta ‘violazione degli artt. 1193, 2697, 2727, 2728, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione’; la decisione impugnata è errata anche laddove ha rigettato l’eccezione del ricorrente di mancata prova, da parte del creditore, della imputazione dei pagamenti effettuati in suo favore; il ricorrente ha provato documentalmente di avere ‘versato ingenti somme per un totale almeno di euro 121.727,39 all’AVV_NOTAIO, che non ne ha negato il relativo incasso’; le ‘imputazioni di pagamento avrebbero dovuto essere provate dall’attore specificamente e dettagliando date, importi e pratiche di riferimento e ciò non è stato fatto da controparte, sulla quale incombeva l’onere probatorio (e non è stato rilevato dalla Corte d’appello)’.
I motivi non possono essere accolti.
Il ricorrente anzitutto contesta il mancato riconoscimento da parte della Corte d’appello della violazione del divieto di illegittimo frazionamento del credito. La Corte ha motivato tale mancato riconoscimento affermando che ‘ciascuna delle pretese vantate
dall’AVV_NOTAIO COGNOME, in relazione alle prestazioni professionali effettuate a favore di RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di dodici distinti giudizi civili e penali svoltisi in sedi e tempi diversi, risulta fondata su un titolo distinto’. A fronte di tale motivazione il ricorrente ha richiamato il precedente di questa Corte (Cass. n. 14143/2021), secondo cui “le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo, in quanto fondati su analoghi, seppur diversi, fatti costitutivi, non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia’. Il ricorrente ha poi precisato che controparte non aveva indicato, né era ‘comunque possibile enucleare dagli atti un interesse del creditore ad agire separatamente per il recupero dei propri asseriti crediti professionali’. Quanto però al presupposto dell’improponibilità in giudizi diversi, ossia che i diritti di credito si fondino su fatti costitutivi ‘analoghi per oggetto e per titolo’ e ‘si inscrivano nell’ambito di una relazione unitaria tra le parti’, il ricorrente si è limitato a dire che i crediti ‘sono da riferire a prestazioni professionali rese nell’interesse di uno stesso soggetto (il COGNOME)’ (v. la pag. 8 del ricorso), deduzione generica e inidonea a porre questa Corte in condizione di stabilire se la pretesa creditoria azionata fosse da considerare un diritto suscettibile di autonoma tutela processuale frazionata ovvero dovesse essere azionata in cumulo oggettivo con altri crediti.
Generico è pure il secondo motivo. La Corte d’appello, dopo avere ritenuto congrue le somme richieste in relazione all’attività difensiva svolta dall’AVV_NOTAIO COGNOME per due gradi di giudizio, ha affermato che ‘dall’ammontare complessivo vanno detratti gli acconti percepiti per euro 7.000, di cui alle parcelle n. 172/2008 e 156/2009’ e ha richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui, quando il debitore non si avvale della facoltà di
dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta, come desumibile dall’art. 1195 c.c., spetta al creditore, che può dichiarare di imputare il pagamento a uno o più debiti determinati. La specifica affermazione della Corte, relativa alla imputazione del pagamento a debiti determinati, è stata genericamente contestata dal ricorrente, che si è limitato ad elencare, alle pagg. 9 e 10 del ricorso, una serie di pagamenti, indicando per alcuni di essi il riferimento a fatture emesse dall’AVV_NOTAIO COGNOME, senza appunto controbattere in modo specifico a quanto affermato dal giudice d’appello, d’altra parte facendo valere la violazione degli artt. 1193, 2697, 2727, 2728, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c. e il semplice difetto di motivazione (vizio non più proponibile dopo la riforma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c.) e non l’omesso esame di fatti decisivi o l’apparenza della motivazione.
II. Il ricorso principale va pertanto rigettato.
Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, e condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese del giudizio in favore di NOME COGNOME, che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione