LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Frazionamento del credito: quando è legittimo?

Un cliente ha contestato una richiesta di pagamento per onorari legali, sostenendo un illecito frazionamento del credito da parte del suo avvocato, che aveva avviato più azioni per diversi incarichi. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che quando le prestazioni professionali si riferiscono a procedimenti giudiziari distinti e separati, ogni credito ha un “titolo distinto”. Di conseguenza, agire con ricorsi separati è legittimo e non costituisce un abuso del processo. La Corte ha inoltre ritenuto generiche le contestazioni del cliente sull’imputazione dei pagamenti effettuati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Frazionamento del Credito: la Cassazione chiarisce quando è legittimo

Introduzione

La questione del frazionamento del credito è un tema delicato che tocca i principi di correttezza e buona fede processuale. Un professionista, come un avvocato, può richiedere il pagamento dei propri onorari con azioni legali separate per ogni incarico svolto a favore dello stesso cliente? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione fornisce un’importante chiarimento, distinguendo tra un illecito frazionamento di un credito unitario e la legittima richiesta di pagamento per prestazioni basate su titoli distinti.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un avvocato di ottenere il pagamento di un compenso professionale, pari a oltre 22.000 euro, per l’attività difensiva prestata in due gradi di giudizio a favore di un suo cliente in una causa contro un istituto bancario. Il cliente si opponeva alla richiesta, sollevando due eccezioni principali davanti alla Corte di Cassazione.

In primo luogo, sosteneva che l’avvocato avesse violato il divieto di frazionamento del credito, avendo proposto ben dodici ricorsi separati per ottenere il pagamento di altrettanti onorari professionali. A suo dire, questa parcellizzazione costituiva un abuso del processo.

In secondo luogo, il cliente contestava la mancata prova, da parte del legale, dell’imputazione di ingenti somme già versate (per un totale di oltre 120.000 euro) ai vari debiti professionali. Secondo il cliente, gravava sull’avvocato l’onere di dimostrare nel dettaglio a quali specifiche pratiche fossero stati attribuiti i pagamenti ricevuti.

La Corte d’Appello aveva dato ragione all’avvocato, condannando il cliente al pagamento. Contro questa decisione, il cliente ha proposto ricorso in Cassazione.

L’analisi sul frazionamento del credito e i titoli distinti

Il primo motivo di ricorso si è concentrato sul divieto di frazionamento del credito. Questo principio, elaborato dalla giurisprudenza, mira a impedire che un creditore, titolare di un unico rapporto obbligatorio, agisca in giudizio con molteplici domande per singole porzioni del credito, aggravando la posizione del debitore e abusando dello strumento processuale.

L’eccezione del titolo distinto

Tuttavia, tale divieto non è assoluto. La Corte di Cassazione ha ribadito che il principio non si applica quando le pretese creditorie, sebbene facenti capo alle stesse parti, derivano da “titoli distinti”. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che le richieste di pagamento dell’avvocato si riferivano a dodici distinti giudizi, sia civili che penali, svoltisi in tempi e sedi diverse. Ogni incarico professionale, dunque, costituiva la fonte di un’obbligazione autonoma e, di conseguenza, di un credito fondato su un titolo distinto e separato dagli altri.

La questione dell’imputazione dei pagamenti

Il secondo motivo di ricorso riguardava l’onere della prova in materia di imputazione dei pagamenti. Il cliente sosteneva che, a fronte dei cospicui versamenti effettuati, fosse onere dell’avvocato dimostrare a quale dei dodici debiti professionali ogni singolo pagamento fosse stato imputato.

La Corte ha respinto anche questa doglianza, richiamando i principi del Codice Civile (art. 1193 e 1195 c.c.). La legge prevede che, in presenza di più debiti, spetta in primo luogo al debitore, al momento del pagamento, dichiarare quale debito intende soddisfare. In mancanza di tale dichiarazione, la facoltà di imputazione passa al creditore, che può indicare a quale debito specifico attribuire la somma ricevuta.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, giudicandoli generici e infondati.

Sul frazionamento del credito

I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non aveva fornito elementi concreti per dimostrare l’esistenza di un’unica relazione d’affari che giustificasse una trattazione unitaria dei crediti. Il semplice fatto che le prestazioni fossero state rese a favore dello stesso soggetto non è sufficiente a configurare un unico rapporto obbligatorio. Poiché ogni credito derivava da un incarico professionale distinto e autonomo (una specifica causa civile o penale), la Corte ha ritenuto legittima la scelta dell’avvocato di agire separatamente per ciascuno di essi. La pretesa del cliente è stata definita “generica e inidonea” a dimostrare la sussistenza di un illecito frazionamento del credito.

Sull’onere della prova e l’imputazione

Anche riguardo al secondo motivo, la Corte ha rilevato la genericità delle contestazioni. Il ricorrente si era limitato a elencare una serie di pagamenti senza però controbattere in modo specifico all’affermazione del giudice d’appello, secondo cui, in assenza di una dichiarazione del debitore, la scelta dell’imputazione spetta al creditore. La Corte ha quindi confermato che l’onere di provare una diversa imputazione o l’estinzione del debito specifico oggetto di causa gravava sul cliente-debitore, onere che non è stato assolto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti principi pratici:
1. Legittimità delle azioni separate per crediti da titoli distinti: Un professionista che ha svolto più incarichi per lo stesso cliente può legittimamente agire in giudizio con azioni separate per il recupero di ogni singolo compenso, poiché ogni incarico costituisce un titolo di credito autonomo. Non si configura in questo caso un abusivo frazionamento del credito.
2. Imputazione del pagamento: In presenza di più debiti, se il debitore non specifica quale debito intende saldare con un pagamento, la facoltà di scelta passa al creditore. Il debitore che contesta l’imputazione fatta dal creditore ha l’onere di provare le proprie ragioni in modo specifico e documentato.

Un avvocato può avviare cause separate per recuperare gli onorari di diversi incarichi svolti per lo stesso cliente?
Sì, secondo la Corte è legittimo. Se ogni onorario deriva da un incarico professionale distinto e autonomo (ad esempio, una causa civile diversa da una penale), ogni credito si fonda su un “titolo distinto”. In questo caso, non si tratta di un illecito frazionamento di un credito unitario, ma di azioni separate per crediti diversi.

Cosa significa che un credito si fonda su un “titolo distinto”?
Significa che la fonte giuridica da cui nasce il diritto di credito è autonoma e separata da quella di altri crediti. Nel rapporto tra avvocato e cliente, ogni singolo mandato per assistere il cliente in uno specifico procedimento giudiziario costituisce un titolo distinto, che fa sorgere un autonomo diritto al compenso.

Se un cliente ha più debiti con il suo avvocato e fa un pagamento, chi decide quale debito viene saldato?
La legge stabilisce che la prima facoltà di scelta spetta al debitore (il cliente), che al momento del pagamento dovrebbe indicare quale debito sta saldando. Se il cliente non lo fa, la scelta passa al creditore (l’avvocato), che può imputare la somma ricevuta a uno dei debiti esistenti. Il cliente che contesta questa imputazione deve fornire prove specifiche a sostegno della sua posizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati