Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29434 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29434 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3307/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 12038/2018 depositata il 12.6.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.10.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 9874/2010 del Giudice di Pace di Roma col quale le era stato imposto il pagamento della somma di € 2.329,51 (di cui € 464,83 per interessi di mora ex D. Lgs. n. 231/2002), in favore dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME, dovuta quale saldo di un preavviso di parcella, sottoscritto per accettazione dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato, per l’attività professionale difensiva svolta nel procedimento civile n.33431/2006 RG del Tribunale di Roma.
Con la sentenza n. 13504/2013 il Giudice di Pace di Roma, nella resistenza del professionista, in accoglimento dell’opposizione, dichiarava l’improponibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per abusivo frazionamento del credito e revocava il provvedimento monitorio opposto.
Il professionista proponeva impugnazione avverso la predetta pronuncia e la RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame.
Con la sentenza n. 12038/2018, il Tribunale di Roma rigettava l’appello, ritenendo che il principio affermato dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 23726/2007 fosse da interpretarsi nel senso che gli effetti negativi del frazionamento del credito non erano determinati dall’esistenza tra le parti di un unico rapporto obbligatorio, bensì dall’esistenza di un credito complessivo, costituito anche da più crediti con autonomo titolo ma immediatamente esigibili, credito che veniva ingiustificatamente parcellizzato per volontà del creditore in iniziative di recupero giudiziale separate, anziché essere integralmente azionato in un solo giudizio.
Avverso tale sentenza l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso a questa Corte, articolato su un’unica doglianza e la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Fissata inizialmente l’adunanza camerale per il 3.4.2024, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria, in attesa della pronuncia delle sezioni unite in merito alla questione relativa agli effetti derivanti dall’accertamento dell’abusivo frazionamento del credito, al fine di stabilire se da esso derivi l’improponibilità della domanda con le eventuali conseguenze in ordine alla possibile formazione nelle more di un giudicato su un’altra frazione del credito, preclusivo della riproposizione della domanda relativa ai crediti residui, o se da esso debbano derivare solo conseguenze sul governo delle spese processuali, per evitare pregiudizi a discapito della parte che abbia subito il frazionamento dei crediti operato dalla controparte, ma senza preclusioni per la pronuncia sul merito della domanda relativa al credito frazionato.
Intervenuta quindi la sentenza n. 7299 del 19.3.2025 delle sezioni unite di questa Corte, é stata rifissata per la decisione l’adunanza camerale del 29.10.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con un unico motivo, il ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 111 Cost. e 1175 e 1375 cod. civ. l’erronea interpretazione del principio nomofilattico espresso dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 23726 del 15.11.2007 e dalle sentenze gemelle n. 4090 e 4091 del 16.2.2017 in materia di abusivo frazionamento del credito. Il Tribunale adito in secondo grado avrebbe erroneamente interpretato in senso estensivo il principio nomofilattico di cui alla pronuncia delle sezioni unite n. 23726/2007, ritenendo che gli elementi qualificanti il credito non frazionabile nei rapporti di durata tra un AVV_NOTAIO ed il suo cliente siano la sua integrale esigibilità ed il suo ammontare
complessivamente considerato, in tal modo imponendo al professionista titolare di distinti crediti, ove esigibili, di raggrupparli indipendentemente dalla natura e dalla ragione sottesa a ciascuno di essi e di azionarli in un unico procedimento. Inoltre, il Giudice di seconde cure non avrebbe tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale sul punto intervenuta con le sentenze gemelle delle sezioni unite nn. 4090 e 4091 del 16.2.2017, che in relazione al rapporto di lavoro subordinato avevano previsto la configurabilità di un abusivo frazionamento del credito al di fuori delle ipotesi di un unico rapporto obbligatorio, solo in ipotesi di crediti distinti ed autonomi potenzialmente iscrivibili nell’ambito oggettivo di un potenziale giudicato, o basati sugli stessi fatti costitutivi.
Con l’unico motivo proposto, il ricorrente, che aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo n. 9874/2010 per € 2.329,51 dal Giudice di Pace di Roma a carico della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di compenso per l’attività professionale svolta nel procedimento n. 33431/2006 RG del Tribunale di Roma, sulla base del preavviso di parcella sottoscritto per accettazione dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della stessa revocato, vedendoselo però caducato per improponibilità dell’azione dovuta ad abusivo frazionamento del complessivo credito vantato verso la cliente (che lo aveva incaricato per circa 140 procedure giudiziali, delle quali per 38 l’AVV_NOTAIO COGNOME aveva avanzato separate richieste monitorie dopo la revoca del mandato) dal Giudice di Pace di Roma con la sentenza n. 13504/2013, confermata in secondo grado dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 12038/2018 dell’11/12.6.2018, si duole, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., della violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 111 della Costituzione e degli articoli 1175 e 1375 cod. civ. e dell’erronea interpretazione, che sarebbe stata data dalla sentenza di secondo grado, ai principi espressi dalle sentenze delle sezioni unite di questa Corte n. 23726 del 15.11.2007 e n. 4090 e 4091 del
16.2.2017, in tema di individuazione dei presupposti applicativi teorici dell’abusivo frazionamento del credito.
RAGIONE_SOCIALE, allo scopo di evitare una pronuncia su tale motivo di ricorso, ha sostenuto che l’unitarietà del mandato conferito dalla stessa all’AVV_NOTAIO, nonostante la molteplicità delle procure rilasciate per le diverse attività difensive svolte in separati giudizi civili, sarebbe stata accertata con efficacia di giudicato dalle sentenze n. 54838/2012 del Giudice di Pace di Roma e n. 17156/2017 del Tribunale di Roma, che in questa sede ha prodotto con le rispettive attestazioni di passaggio in giudicato, ai numeri 6 e 7, e che hanno riconosciuto l’improponibilità delle domande avanzate dal COGNOME in quei giudizi per abusivo frazionamento del credito complessivo vantato verso la RAGIONE_SOCIALE.
Pur potendosi ritenere ammissibili le suddette produzioni documentali ai sensi dell’art. 372 c.p.c., perché anche se si tratta di giudicati maturati già prima della conclusione del giudizio di secondo grado, sono influenti, secondo l’assunto della RAGIONE_SOCIALE, sull’ammissibilità del ricorso, tali produzioni non possono essere però considerate come prove di fatti non tempestivamente allegati e documentati nei gradi di merito del giudizio, quali l’unitarietà del mandato professionale.
La natura meramente processuale del vizio conseguente alla violazione del divieto di frazionamento del credito, vale a dire l’improponibilità della domanda accertata dalle sentenze passate in giudicato tra le stesse parti sopra citate, esclude però che le statuizioni che ne abbiano affermato la sussistenza, possano esplicare efficacia preclusiva di una differente soluzione in questo giudizio. La statuizione su una questione processuale dà luogo, in effetti, ad un giudicato meramente formale ed ha, come tale, un’efficacia preclusiva limitatamente al giudizio in cui è stata pronunciata (Cass. ord. 30.6.2021 n.18563 ed altre pronunce in
essa richiamate) ma non impedisce che la medesima questione sia riproposta in un successivo giudizio tra le stesse parti.
Venendo al merito del ricorso, esso è infondato.
La sentenza impugnata, depositata il 12.6.2018, pur richiamandosi solo alla sentenza delle sezioni unite di questa Corte n.23727/2007 ed alle sentenze n. 15476/2008 e n.24539/2009 della terza sezione di questa Corte, e non alle già intervenute sentenze gemelle n. 4090 e 4091 del 16.2.2017 delle sezioni unite di questa Corte, relative al frazionamento abusivo del credito in materia di rapporto di lavoro subordinato, ha correttamente individuato la potenzialità espansiva dei principi affermati in materia dalla sentenza n. 23727/2007 delle sezioni unite di questa Corte, in sostanza anticipando il successivo sviluppo della giurisprudenza di questa Corte in tema di abusivo frazionamento del credito complessivo nei rapporti pluriennali che si instaurino tra AVV_NOTAIO e cliente di questa sezione (Cass. ord. 19.10.2021 n.28847; Cass. ord. 15.9.2021 n.24916; Cass. ord. 9.9.2021 n. 24371; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18563; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18566; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143; Cass. ord. 29.11.2019 n. 31308), pervenendo, per tale via, alla dichiarazione d’improponibilità della domanda di pagamento separatamente avanzata dal professionista rispetto alle azioni di recupero giudiziale di altri crediti professionali vantati verso la RAGIONE_SOCIALE, ancorché a loro volta già esigibili e fondati su documentazione analoga (avvisi di parcella sottoscritti dal Presidente del Consiglio di Amministrazione revocato della RAGIONE_SOCIALE) e quindi posti a base di distinte procedure monitorie nell’arco di pochi giorni solo per volontà del professionista.
In particolare la sentenza impugnata ha correttamente evidenziato come la sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 23727/2007 (che al paragrafo 5.3 aveva parlato di ‘ disarticolazione da parte del creditore, dell’unità sostanziale del rapporto (sia pure nella fase patologica della coazione all’adempimento)’ fosse stata
erroneamente massimata ed intesa dalla successiva sentenza n.15476/2008 di questa Corte, come se avesse ricondotto la configurabilità dell’abusivo frazionamento del credito solo alle ipotesi di unicità del rapporto contrattuale, o negoziale, posto a base dei crediti.
In realtà secondo la sentenza impugnata, volendosi garantire attraverso la valorizzazione del canone di buona fede e correttezza (tutelato anche dall’art. 2 della Costituzione) la posizione del debitore contro il recupero giudiziale separato di più crediti nei suoi confronti tutti liquidi ed esigibili, determinante un ingiustificato aggravio delle spese processuali e della durata dei processi (in contrasto col principio del giusto processo tutelato dall’art. 111 della Costituzione), oltre che contro il rischio della formazione di giudicati contraddittori, già evitabile per crediti basati su un unico titolo con gli ordinari strumenti degli articoli 39, 40 e 273 c.p.c., con la sentenza n. 23727/2007 delle sezioni unite di questa Corte il frazionamento abusivo del credito é stato ritenuto configurabile non solo nei casi di unicità del rapporto contrattuale, o del titolo dei crediti azionati giudizialmente in modo separato, ma anche in quello in cui tra due parti sussista un credito complessivo derivante da titoli contrattuali o negoziali, tutti inseriti nella medesima relazione anche di fatto tra le parti, ed immediatamente esigibili, ma tutelati separatamente in sede giudiziale per volontà del creditore.
La sentenza impugnata, in applicazione di questi principi, ha ritenuto che l’affidamento sistematico e continuativo, nell’arco di oltre quattro anni e mezzo, di circa 140 incarichi dalla RAGIONE_SOCIALE all’AVV_NOTAIO, abbia fornito la prova della conclusione tra le parti, per comportamento concludente, di un contratto quadro di assistenza e consulenza legale, concretatosi mediante una pluralità di negozi attuativi col conferimento di molteplici procure ad litem, o comunque dell’insorgenza di fatto di
un rapporto tra le parti teleologicamente unitario per l’assistenza del professionista nelle questioni legali che interessavano la RAGIONE_SOCIALE, ed ha quindi reputato ininfluenti l’inesistenza di un contratto quadro formalizzato e di esclusiva, la mancanza di una procura generale, il rilascio di distinte procure ad litem e la circostanza che nella seconda lettera di revoca della RAGIONE_SOCIALE del 6.2.2009 si fosse fatto riferimento a più incarichi professionali e non ad un unico incarico.
Non essendo mai stata allegata e provata la sussistenza di un interesse oggettivamente apprezzabile del professionista alla tutela separata dei crediti facenti capo a quel rapporto unitario pluriennale, ad esempio in relazione alla diversa esigibilità, o all’indisponibilità per alcuni crediti di prove documentali, la sentenza impugnata ha ritenuto quindi improponibile l’azione monitoria separata del professionista.
Il ricorso deve pertanto ritenersi infondato in conformità all’orientamento già manifestato da questa sezione (vedi Cass. ord. 29.11.2019 n. 31308, relativa al rapporto tra una banca ed un AVV_NOTAIO incaricato di più azioni giudiziali distinte; Cass. ord. 19.10.2021 n. 28847; Cass. ord. 15.9.2021 n. 24916; Cass. ord. 9.9.2021 n. 24371; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18566; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18563; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143, tutte relative al rapporto di fatto costituitosi fra le parti in causa) proprio pronunciandosi su controversie relative ad altri crediti professionali per attività difensive azionati dall’AVV_NOTAIO nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, facenti parte delle 38 procedure monitorie dallo stesso separatamente intraprese dopo la revoca dell’incarico che li aveva resi esigibili, ed asseritamente documentati dagli avvisi di parcella senza data certa sottoscritti dall’ex Presidente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato, AVV_NOTAIO.
Si deve in particolare tenere conto della nozione di abusivo frazionamento del credito delineata dalle sentenze delle sezioni unite di questa Corte n.23726/2007 e n. 4090/2017 ed ampliata dall’ordinanza massimata n. 18563 del 30.6.2021 di questa sezione (nello stesso senso Cass. ord. 19.10.2021 n.28847; Cass. ord. 15.9.2021 n.24916; Cass. ord. 9.9.2021 n. 24371; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18566; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143; Cass. ord. 29.11.2019 n. 31308), poi confermata per rapporti professionali duraturi ed a contenuto ripetitivo tra AVV_NOTAIO e cliente dalla recentissima sentenza n. 7299 del 19.3.2025 delle sezioni unite di questa Corte (vedi pagine 16 e 17). Tale ultima sentenza, incaricata di risolvere specificamente la questione delle diverse conseguenze derivanti dall’abusivo frazionamento del credito a seconda che vi sia, o meno un giudicato in senso proprio (ossia di merito) su uno dei crediti abusivamente frazionati, ha enunciato i seguenti principi di diritto:
‘a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria ;
b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda
anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale’.
Venendo in rilievo crediti omogenei per titolo e per oggetto riconducibili ad una relazione di fatto protrattasi per quattro anni e mezzo tra la RAGIONE_SOCIALE ed il professionista, crediti divenuti contemporaneamente esigibili per effetto della revoca di tutti gli incarichi, per di più basati su preavvisi di parcella sottoscritti dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato e comportanti la comune questione dell’imputazione del pagamento complessivo effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE per €115.503,74, la trattazione giudiziale separata sarebbe potuta avvenire solo passando attraverso la valutazione positiva circa la sussistenza di un interesse oggettivamente apprezzabile del creditore a tale trattazione separata, interesse che però il professionista non ha mai allegato, neppure in questa sede, dando per scontato che la pluralità delle procure ad litem conferitegli dalla RAGIONE_SOCIALE nell’arco di oltre quattro anni e mezzo fosse di per sé sufficiente per escludere la sussistenza di un frazionamento abusivo del suo credito complessivo.
In realtà, come anticipato dalla sentenza impugnata, e poi senza possibilità di equivoco affermato anche dalla recentissima sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 7299 del 19.3.2025, un abusivo frazionamento di crediti che facciano capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti può aversi, non solo quando i crediti siano potenzialmente iscrivibili nell’ambito oggettivo di un possibile giudicato, ma anche quando siano fondati sui medesimi o
analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale.
In base al principio della soccombenza il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in €200,00 per spese ed € 2.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico del ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME