Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 363 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 363 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 27314/2019 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso l’ordinanza R.G. 6217/2016 del Tribunale di Bologna depositata il 17-6-2019
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6-122023 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: contratto d’opera professionale
R.G. 27314/2019
C.C. 6-12-2023
FATTI DI CAUSA
1. L’ordinanza del Tribunale di Bologna in composizione collegiale depositata il 17-6-2019 ha deciso tre cause riunite instaurate dall’avv. NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE per l’attività professionale svolta in suo favore, dal 2007 allorché gli era stata rilasciata procura notarile fino al 2015 quando gli erano stati revocati tutti gli incarichi; la causa n. 6217/2016 R.G. era relativa a opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del compenso di Euro 10.098,70 per attività professionale svolta in undici procedimenti, quantificato in base al contratto sottoscritto dalle parti il 25-9-2013; la causa n. 4378/2017 R.G. era relativa al pagamento del compenso di Euro 81.454,06 per l’attività svolta in sessantase tte procedimenti, sulla base delle relative parcelle; la causa n. 8124/2017 R.G. era relativa al pagamento del compenso di Euro 81.408,73 per l’attività svolta in sessantasette procedimenti, sulla base delle relative parcelle.
L’ordinanza ha accolto l’eccezione della società convenuta sull’abusivo frazionamento del credito , dichiarando che non ricorreva alcun interesse legittimante il ricorso alla tutela frazionata del credito; ha rilevato che in tutte le cause riunite il mandato alle liti addotto dall’avvocato a fondamento delle domande era la medesima procura generale alle liti del 19-10-2007 rep. 6674 notaio COGNOME e già nel 2015 le parti discutevano delle diverse decine di note pro-forma inviate dall’avv. COGNOME che erano state poi successivamente riversate nei tre giudizi senza alcuna indicazione della ragione del parziale accorpamento. Ha evidenziato che il professionista non aveva mai dato spiegazione della scelta processuale di dividere in tre procedimenti l’insieme de lle pretese per compenso professionale corrispondente alle centoventicinque note, già oggetto di contestazione prima dell’instaurazione dei diversi giudizi , e ha aggiunto che la riunione delle cause non incideva sull’autonomia delle relativ e domande. Ha
evidenziato che l’allegazione del contratto denominato ‘conferimento di incarico professionale’ sottoscritto nel 2013 prodotto quale doc. 2 della fase monitoria non apportava alcun elemento di significativa distinzione, in quanto lo scritto si inseriva nel contesto del mandato già conferito con la procura generale alle liti e la pattuizione si limitava a richiamare l’applicazione delle tariffe di legge. Quindi l’ordinanza ha dichiarato che, al momento della proposizione del ricorso monitorio, non solo erano già maturati tutti i compensi rivendicati nei giudizi successivamente instaurati, ma già da luglio 2015 il professionista conosceva la posizione assunta dalla sua ex-cliente al riguardo; ha aggiunto che non sussisteva alcuna ragione istruttoria, peraltro mai dedotta, per ripartire la domanda in tre distinte azioni e comunque non era la maggiore o minore comodità istruttoria a dovere orientare l’eventuale frazionamento, esistendo strumenti acceleratori e di tutela anticipata laddove la domanda fosse suscettibile di essere in parte accolta più rapidamente.
In conclusione l’ordinanza ha dichiarato l’improponibilità delle domande proposte nelle cause n. 4378/2017 R.G. e n. 8124/2017 R.G., compensando le relative spese processuali; revocato il decreto ingiuntivo di cui alla causa n. 6217/2016 R.G., ha condannato RAGIONE_SOCIALE s.p.a. al pagamento del minore importo di Euro 10.047,95, oltre interessi e rifusione delle relative spese di lite.
2.NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, sulla base di unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 6-12-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con unico motivo rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 c.c., dell’art. 88 c.p.c. e art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per assenza dell’abuso dello strumento processuale. Erronea interpretazione dei principi espressi dalla Cassazione nelle pronunce n. 6591 del 7-3-2019, n. 17893 del 6-72018 e nn. 4090 e 4091 del 16-2-2017 ‘ il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per avere dichiara t o l’improponibilità delle sue domande in ragione dell’abusivo frazionamento del credito.
Il ricorrente contesta che i diversi incarichi ricevuti dall’avv. COGNOME fossero ascrivibili all’unica fonte di obbligazione costituita dal contratto del 5-9-2013, non solo per il fatto che tale accordo era posteriore al maturare di molti crediti, ma anche perché quella pattuizione mirava essenzialmente a individuare i criteri di determinazione dei compensi, e cioè era un mero tariffario; rileva che, di conseguenza, la proposizione delle tre separate domande non integra alcun abusivo utilizzo dello strumento processuale, né violazione dei principi di correttezza, del giusto processo e del dovere di lealtà e probità. Aggiunge che, benché alla base delle obbligazioni vi fosse un rapporto di durata pluriennale, da ciò non discendeva, in via automatica e consequenziale, l’esistenza di un’unica prestazione professionale e di un’unica obbligazione di pagamento, trattandosi invece di una plural ità di obbligazioni aventi diverso contenuto e diversa genesi. Rileva che gli incarichi di patrocinio erano diversi tra loro , l’avvocato aveva fornito assistenza ad ampio spettro alla cliente ma sempre attraverso la conclusione di plurimi incarichi, senza che la procura notarile alla quale aveva fatto riferimento l’ordinanza comportasse che gli incarichi fossero da ricondurre a unica obbligazione; ciò in quanto il documento era solo finalizzato a conferire il patrocinio in giudizio, ma sempre nel rispetto del l’attribuzione del relativo incarico. Evidenzia quindi che
l’avvocato ha raggruppato le proprie ragioni di credito in tre giudizi per evitare che il giudice dovesse istruire, nell’ambito della stessa causa, centoventicinque diverse e distinte posizioni creditorie, sorte in conseguenza di altrettante prestazioni professionali rese in momenti distinti; sottolinea la differenza della fattispecie da quella oggetto dei precedenti della Cassazione sul frazionamento del credito, in quanto i compensi professionali non erano collegati al numero di incarichi svolti, ma dipen devano dalla natura dell’incarico e dall’effettivo svolgimento, i diritti di credito erano distinti e il relativo accertamento non avrebbe implicato alcuna duplicazione dell’attività istruttoria, mentre se fosse stata instaurata una sola causa non sarebbe stato rispettato neppure il dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali fissato dall’art. 3 co.2 cod. proc. amm. e ritenuto principio generale del diritto processuale.
2.Il ricorso è infondato.
In primo luogo, non sono apprezzabili le deduzioni del ricorrente in ordine all’autonomia dei singoli rapporti contrattuali, perché l’ordinanza impugnata ha accertato in fatto che tra le parti era intercorso un rapporto professionale di durata, in forza del mandato conferito con la procura generale alle liti del 2007 e proseguito fino al 2015, che aveva comportato lo svolgimento delle attività per le quali l’avvocato aveva chiesto i compensi nelle tre cause . Le critiche del ricorrente a questa ricostruzione, in quanto non veicolate in specifici motivi di ricorso volti a censurare in modo ammissibile la valutazione del contenuto e del significato della procura generale alle liti esaminata dalla sentenza impugnata, non rilevano in questa sede.
Sulla base di questi dati, ricorrono i presupposti per dare continuità all’orientamento consolidato di questa Corte, che si richiama e si fa proprio secondo quanto esposto in Cass. Sez. 2 12-6-2023 n. 16508 Rv. 668313, perfettamente applicabile alla fattispecie laddove
in motivazione si legge: « Le Sezioni Unite di questa Corte hanno inoltre precisato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi: tuttavia, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Cass. SU n. 4090/2017; ma vedi anche Cass. n. 31012/2017; Cass. n. 17893/2018; Cass. n. 6591/ 2019).
Esplicito e’, però, l’avviso che anche la trattazione dinanzi a giudici diversi di una medesima vicenda “esistenziale”, sia pure connotata da aspetti in parte dissimili, incide negativamente sulla “giustizia” sostanziale della decisione (che può essere meglio assicurata veicolando nello stesso processo tutti i diversi aspetti e le possibili ricadute della stessa vicenda, evitando di fornire al giudice la conoscenza parziale di una realtà artificiosamente frammentata), sulla durata ragionevole dei processi (in relazione alla possibile duplicazione di attività istruttoria e decisionale) e sulla stabilità dei rapporti (in relazione al rischio di giudicati contrastanti: v., ancora, Cass. SU n. 4090/2017).
Da tale prospettiva, si è reso necessario puntualizzare che: a) l’espressione “medesimo rapporto di durata” va letta in senso storico/fenomenologico, con conseguente attribuzione ad essa del significato di “relazione di fatto” realizzatasi tra le parti nella concreta
vicenda da cui deriva la controversia; b) nell’espressione “medesimo fatto costitutivo”, l’aggettivo “medesimo” va inteso come sinonimo di “analogo” e non di “identico” (Cass. n. 24371/2021; Cass. n. 14143/2021; Cass. n. 24130/2020; Cass. n. 31308/2019, relativa a distinti crediti professionali tra le stesse parti) e, comunque, non come fatto costitutivo delle singole pretese ai sensi dell’art. 1173 c.c., configurandosi in tal caso il medesimo diritto di credito, ma come fatto storico che, seppur diverso, abbia però la stessa natura di quello che, nell’ambito del rapporto tra le parti, sia stato già dedotto in giudizio: l’uno e l’altro, quindi, costitutivi di più crediti ontologicamente distinti (pur se riconducibili allo stesso rapporto tra le parti), ma tra loro giuridicamente simili (Cass. n. 4282/2012; Cass. n. 9317/2013).
Configura frazionamento abusivo il caso “in cui le pretese creditorie separatamente azionate siano riconducibili a fatti costitutivi storicamente distinti che si sono verificati nel contesto di un rapporto di durata tra le parti anche se non ha avuto origine nella stipulazione di un contratto che ne regolasse gli effetti”: ciò, quantomeno, tutte le volte in cui si tratti di fatti che, seppur distinti, sono tra loro simili (come l’esecuzione di distinti incarichi professionali ovvero di distinte forniture) e, in quanto tali, idonei a costituire, tra le stesse parti, diritti di credito giuridicamente eguali. In tali (e in altre simili) ipotesi, infatti, la contemporanea sussistenza di crediti giuridicamente eguali, che siano riconducibili (come insegnano le Sezioni Unite) nell’ambito di un “rapporto” che, nel corso del tempo, si sia venuto a determinare (pur se in via di mero fatto) tra le stesse parti, ne impone la deduzione (ove esigibili) nello stesso giudizio (salvo che l’attore non abbia, e da ciò non può prescindersi, un oggettivo interesse alla loro tutela frazionata: cfr. testualmente, Cass. n. 24371/2021).
Anche in tal caso si impone la loro contestuale introduzione (se esigibili) nello stesso giudizio, ove la parte non dimostri di aver
interesse alla proposizione di cause autonome (cfr. Cass. n. 14143/2021; Cass. n. 28847/2021).
Non va, quindi, enfatizzato il fatto che il compenso scaturisse da un incarico distinto dagli altri, venendo tutte le singole pretese, azionate separatamente, ad inscriversi nell’ambito di un rapporto che le parti avevano pattiziamente disciplinato in modo uniforme nei contenuti economici e nell’ambito di una relazione continuativa ed unitaria, come confermato proprio dall’adozione di un’unica convenzione valevole sia per il passato, che per il futuro.
Ciascuna pretesa, pertanto, era fondata su fatti che, seppur distinti, erano tra loro simili e come tali erano stati disciplinati dalle parti, dovendosene richiedere il pagamento in un unico giudizio.
Quanto, poi, all’interesse alla trattazione separata, il relativo accertamento compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 14143/2021; Cass. SU n. 4090/2017)».
Nella fattispecie, l’ordinanza impugnata ha escluso l’interesse alla trattazione separata delle domande, svolgendo accertamento di fatto insindacabile in questa sede. Il ricorrente si limita a sostenere l’esistenza di tale interesse sulla base di una serie di elementi che espone, ma non considera che il Tribunale ha dichiarato che tale interesse non ricorreva e non era neppure stato allegato; quindi, il ricorrente adduce elementi di fatto che, per non essere stati presi in esame dall’ordinanza impugnata che ne ha escluso l’allegazione, risultano nuovi e perciò inammissibili in sede di legittimità anche sotto questo profilo.
3.In conclusione il ricorso è rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
I n considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione