Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29431 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29431 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12968/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende,
-controricorrente e ricorrente incidentale condizionata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.5517/2019 depositata il 12.9.2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.10.2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 18684/2014, in accoglimento dell’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE in Santa Croce, il Tribunale di Roma revocava il decreto ingiuntivo n.6505/2010 che era stato emesso il 16.2.2010 in favore dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per l’importo di € 5.197,24 (di cui € 419,17 per interessi di mora ex D. Lgs. n. 231/2002), a titolo di compenso per il patrocinio prestato nel procedimento n. 28697/2007 RG poi convertito nel procedimento n. 30076/2007 RG del Tribunale di Roma, e rigettava la domanda del COGNOME, ritenendo che a fronte della prova fornita dalla RAGIONE_SOCIALE del pagamento a favore del professionista per i molteplici incarichi svolti della complessiva somma di € 115.503,74, il professionista non avesse fornito la prova dell’imputazione totale di quella somma a prestazioni diverse da quella azionata in sede monitoria, che doveva quindi ritenersi già saldata.
Il COGNOME proponeva appello, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel ritenere estinto il credito azionato con il ricorso per d.i. ‘ per effettuato pagamento ‘, e la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto dell’appello in quanto inammissibile ex art. 342 e/o 348 -bis c.p.c. e comunque infondato e deduceva l’improponibilità della domanda avversaria per abusivo frazionamento del credito, depositando con la comparsa conclusionale la sentenza del Tribunale di Roma n. 17156/2017, passata in giudicato, che relativamente ad una separata procedura monitoria intrapresa dal professionista contro la RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato l’improcedibilità per tale causa.
Con la sentenza n. 5517/2019 del 16.7/12.9.2019, la Corte d’Appello di Roma respingeva l’appello ritenendo provato il
pagamento del credito del professionista sulla base della generica dimostrazione dell’avvenuto pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE della complessiva somma di € 115.503,74 e della mancata prova dell’imputazione integrale di tale importo al pagamento di altre prestazioni professionali da parte del professionista, e giudicava assorbita la questione dell’abusivo frazionamento del credito, condannando il COGNOME al pagamento delle spese di lite.
Avverso questa sentenza, l’AVV_NOTAIO COGNOME ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte, affidandosi a due motivi, e la RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato con un unico motivo.
All’esito della camera di consiglio del 3.4.2024, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria, in attesa della pronuncia delle sezioni unite di questa Corte in merito alla questione relativa agli effetti derivanti dall’accertamento dell’abusivo frazionamento del credito, al fine di stabilire se da esso derivi l’improponibilità della domanda con le eventuali conseguenze in ordine alla possibile formazione nelle more di un giudicato su un’altra frazione del credito, preclusivo della riproposizione della domanda relativa ai crediti residui, o se da esso debbano derivare solo conseguenze sul governo delle spese processuali, per evitare pregiudizi a discapito della parte che abbia subito il frazionamento dei crediti operato dalla controparte, ma senza preclusioni per la pronuncia sul merito della domanda relativa al credito frazionato. Intervenuta quindi la sentenza n. 7299 del 19.3.2025 delle sezioni unite di questa Corte, é stata rifissata per la decisione l’adunanza camerale del 29.10.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli articoli 113, 115 e 116 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 1193, 1195, 1198 e 2697 cod. civ, sostenendo che la Corte distrettuale abbia omesso di
considerare circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione. Segnatamente, il ricorrente, sin dal primo atto, ha rilevato che la RAGIONE_SOCIALE, nel corrispondergli la complessiva somma di €115.503,74 mediante assegni, non abbia mai effettuato alcuna imputazione, mentre lui stesso ha puntualmente effettuato l’imputazione di tutti i pagamenti ricevuti ai sensi degli artt. 1193 e 1195 cod. civ., mediante le fatture da lui depositate, che andavano considerate congiuntamente a quelle n. 65/2004, n.5/2005 e n. 45/2005 prodotte dalla RAGIONE_SOCIALE.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 113, 115, 116 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 1193, 1195 e 1198 cod. civ, in quanto la Corte di Appello ha ritenuto di esaminare tutti i pagamenti avvenuti con assegni privi di riferimento ai rapporti sottostanti, peraltro imputati a diverse prestazioni professionali anteriori alla data del riconoscimento del debito (avviso di parcella sottoscritto dal Presidente della RAGIONE_SOCIALE revocato confermato in sede testimoniale), quando invece si sarebbe dovuta limitare a esaminare solo i pagamenti successivi a detto riconoscimento del debito.
Nell’articolazione del motivo, inoltre, il professionista lamenta che la Corte distrettuale abbia violato l’onere della prova previsto dall’art. 2697 cod. civ., in quanto in presenza di più rapporti di debito/credito tra il cliente ed il professionista, il primo non poteva limitarsi a fornire una prova generica delle somme complessivamente versate al professionista, dovendo dimostrare la destinazione delle singole somme pagate all’estinzione dello specifico credito azionato giudizialmente dal professionista, prima ancora che passasse sul professionista l’onere di dimostrare, a confutazione del fatto estintivo compiutamente provato dalla controparte, che invece tali somme erano state destinate all’estinzione del compenso dovuto per altre prestazioni
professionali estranee al giudizio. Nella specie, pertanto, la Corte distrettuale aveva erroneamente ritenuto non assolto l’onere del professionista di provare il mancato pagamento del credito azionato in sede monitoria, benché la RAGIONE_SOCIALE non avesse prima fornito la prova del pagamento imputato nell’immediatezza del versamento ad estinzione del compenso per la prestazione professionale oggetto di causa.
1A) Col motivo di ricorso incidentale, condizionato all’accoglimento totale, o parziale del ricorso principale, ed articolato in riferimento al n. 3) dell’art. 360, primo comma c.p.c., la RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione dei principi regolatori della materia di cui agli artt. 2 e 111 Cost., nonché degli artt. 1175, 1375 e 2909 cod. civ., rilevando l’omessa pronuncia della Corte distrettuale sull’eccezione di improponibilità dell’azione recuperatoria promossa dal COGNOME per illegittimo frazionamento del complessivo credito vantato dallo stesso ricorrente, censurando peraltro la violazione del giudicato della sentenza n. 17156/2017, con cui il Tribunale di Roma, decidendo sull’opposizione ad uno dei 38 decreti ingiuntivi ottenuti dal COGNOME, aveva dichiarato improcedibile ( rectius improponibile) l’azione monitoria per abusivo frazionamento del credito complessivo.
Ritiene la Corte che data la natura condizionata del ricorso incidentale della parte integralmente vittoriosa, anche se relativo a questioni di rito, debba essere esaminato con priorità il secondo motivo del ricorso principale (vedi in tal senso sull’ordine di esame del ricorso incidentale condizionato relativo a questioni di rito che va esaminato solo quando un motivo del ricorso principale risulti fondato Cass. sez. un. 8.2.2022 n. 3935), per la parte concernente la violazione del principio dell’onere della prova dell’effettiva destinazione della somma versata dalla RAGIONE_SOCIALE di €115.503,74 all’estinzione del credito dell’AVV_NOTAIO incorporato nel
decreto ingiuntivo n. 6505/2010 di € 5.197,24 del Tribunale di Roma.
Il motivo è fondato.
L’impugnata sentenza, a fronte della generica prova del pagamento non contestato della complessiva somma di € 115.503,74 da parte della RAGIONE_SOCIALE in favore del professionista, pur in assenza della dimostrazione specifica da parte della RAGIONE_SOCIALE della destinazione di parte di quella somma al pagamento delle prestazioni professionali per il cui compenso era stato ottenuto il menzionato decreto ingiuntivo, espletate nel procedimento n.28697/2007 RG (poi convertito nel giudizio n. 30076/2007 RG) del Tribunale di Roma, ha posto a carico del professionista l’onere di provare il mancato pagamento del relativo compenso, ed ha ritenuto non assolto tale onere in quanto la somma dell’importo delle 61 fatture dal medesimo prodotte era inferiore ad €115.503,74, da ciò ritenendo di poter desumere la prova dell’avvenuto pagamento delle prestazioni professionali di cui al decreto ingiuntivo opposto. In proposito l’impugnata sentenza ha richiamato, a pagina 5, la giurisprudenza di questa Corte che nel caso di un unico debito tra due parti afferma che se il debitore ha dimostrato di avere corrisposto al creditore somme idonee ad estinguere il debito per il quale é stato convenuto in giudizio, é onere del creditore, che pretenda di imputare il pagamento ad estinzione di un altro credito, fornire la prova necessaria per la dedotta imputazione ex art. 1193 cod. civ. (Cass. 23.6.2009 n.14620; Cass. 27.7.2006 n. 17102; Cass. 24.6.2004 n. 11729; Cass. 11.6.2004 n. 11094; Cass. 5.8.2002 n. 11703; Cass. 5.5.1998 n. 4519; Cass. 28.11.1995 n. 12305; Cass. 6.7.1983 n.4559).
Tale giurisprudenza, però non é pertinente alla fattispecie esaminata, nella quale si discute di una pluralità di rapporti obbligatori insorti tra le parti in causa in relazione ai molteplici
incarichi di patrocinio svolti dall’AVV_NOTAIO a favore della RAGIONE_SOCIALE in diverse cause civili, e non del pagamento relativo ad un unico debito della RAGIONE_SOCIALE verso il professionista. La giurisprudenza di questa Corte pertinente, pertanto, é piuttosto quella che anche di recente ha affermato che, in presenza di una pluralità di rapporti obbligatori, se il debitore non si avvale della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex art. 1195 cod. civ., al creditore, il quale può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, mentre i criteri legali ex art. 1193, comma 2, cod. civ., che hanno carattere suppletivo e sussidiario, subentrano soltanto quando l’imputazione non è effettuata né dal debitore, né dal creditore, fermo restando che l’onere di provare le condizioni che giustificano una diversa imputazione grava sul creditore (Cass. ord. 20.5.2025 n. 13477; Cass. 4.3.2025 n. 5744; Cass. ord. 16.7.2024 n. 19528; Cass. 27.10.2022 n.NUMERO_DOCUMENTO).
Pertanto, quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme idonee ad estinguere il debito per il quale sia stato convenuto in giudizio, spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il pagamento ad estinzione di altro credito, provare le condizioni necessarie per la dedotta, diversa, imputazione, ai sensi dell’art. 1193 cod. civ. (Cass. 4.3.2025 n. 5744; Cass. 14.1.2020 n. 450).
Tuttavia, tale principio è destinato ad operare solo nel caso in cui il pagamento risulti specificamente riferibile ad uno specifico credito, ed in particolare a quello dedotto in giudizio.
È stato, infatti precisato che il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. Ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un
pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico (Cass. 4.3.2025 n. 5744; Cass. 16.7.2019 n.19039; Cass. n.14741/2006; Cass. n. 1571/2000; Cass. n. 1041/1998; Cass. n.3902/1977).
Con specifico riferimento al credito professionale dell’AVV_NOTAIO è stato poi precisato che qualora un AVV_NOTAIO agisca per il soddisfacimento di un determinato credito riferito a specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore rispetto a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del versamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che il difensore non abbia contestato la ricezione di tale somma, deducendo semplicemente l’incongruenza fra l’ammontare indicato nella domanda e quello oggetto dell’eccezione. Infatti, ove la relazione fra la pretesa e l’adempimento non emerga ” ex se ” dalla corrispondenza degli importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l’efficacia estintiva del pagamento, il debitore non può limitarsi a sostenere genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento stesso (Cass. 4.3.2025 n. 5744; Cass. n.27597/2024; Cass. 9.11.2018 n. 28779).
Perciò soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere della prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico (Cass. 4.3.2025 n. 5744; Cass. n. 20288/2011; Cass. n.205/2007).
A tali consolidati principi la sentenza impugnata non si é uniformata e va quindi cassata sul punto.
L’accoglimento per il profilo della violazione dell’art. 2697 cod. civ. del secondo motivo del ricorso principale, implica l’assorbimento della restante parte del secondo motivo inerente all’erronea considerazione di pagamenti anteriori al riconoscimento di debito, nonché del primo motivo dello stesso ricorso, concernente la ritenuta errata assenza d’imputazione del pagamento compiuto dalla RAGIONE_SOCIALE della somma di € 115.503,74 da parte del professionista creditore.
La fondatezza nei termini indicati del secondo motivo del ricorso principale impone, a questo punto, di esaminare il ricorso incidentale condizionato della RAGIONE_SOCIALE, che ripropone questioni preliminari di rito.
Col primo motivo del ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE lamenta la mancata pronuncia da parte della Corte d’Appello di Roma in violazione dell’art. 112 c.p.c. sull’eccezione d’improponibilità della domanda avanzata in sede monitoria dall’AVV_NOTAIO, sollevata nella comparsa conclusionale e nella memoria conclusiva di replica del giudizio di appello, per illegittimo frazionamento in ben 38 procedure monitorie separate del credito complessivo dal predetto vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale compenso per le attività professionali svolte nell’arco temporale di quattro anni e mezzo, a seguito della revoca da tutti gli incarichi, subita a seguito della revoca da parte dell’assemblea dei soci del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE del 14.6.2008 che lo aveva incaricato. Ciò nonostante la contemporanea esigibilità dei singoli crediti professionali e la disponibilità per tutti, da parte del professionista, degli avvisi di parcella sottoscritti per presa visione ed accettazione dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, già Presidente del suddetto consiglio, costituenti le prove scritte fatte valere nei giudizi monitori.
La ricorrente incidentale, nel richiamare la violazione e falsa applicazione dei principi regolatori della materia di cui agli articoli 2 e 111 della Costituzione, nonché degli articoli 1175 e 1375 cod. civ., ed il precedente rappresentato dall’ordinanza di questa Corte n. 31308 del 29.11.2019, che al pari di altre sopravvenute ordinanze aveva ampliato l’ambito applicativo dell’illegittimo frazionamento del credito delineato dalle sentenze delle sezioni unite di questa Corte n. 23726/2007 e n. 4090/2017 relativamente a crediti distinti ed autonomi, iscrivibili nell’ambito di una relazione di durata unitaria anche di mero fatto instauratasi tra professionista e cliente, basati su fatti costitutivi analoghi per titolo e per oggetto anche se non identici (e non solo su fatti iscrivibili nell’ambito oggettivo di un potenziale giudicato, o sui medesimi fatti costitutivi), si duole che l’impugnata sentenza abbia ritenuto consentita la tutela frazionata del credito senza che il professionista avesse allegato e dimostrato di avere un interesse oggettivamente valutabile alla tutela frazionata.
Ulteriormente la ricorrente incidentale lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2909 cod. civ., in quanto la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del passaggio in giudicato della sentenza n. 17156/2017 del Tribunale di Roma, che decidendo su una delle opposizioni a decreto ingiuntivo emesso a favore dello stesso professionista proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, ricompresa tra le 38 procedure monitorie intraprese dall’AVV_NOTAIO dopo la revoca dell’incarico, aveva dichiarato improponibile l’azione monitoria per abusivo frazionamento del credito complessivo del professionista.
Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.
La lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c. é infondata, in quanto non é ravvisabile un’omessa pronuncia della Corte d’Appello di Roma sulla sollevata eccezione di improponibilità, dedotta dalla RAGIONE_SOCIALE per la prima volta nella comparsa conclusionale del
giudizio di secondo grado e quindi tardivamente, non avendo il giudice di secondo grado ritenuto di rilevare d’ufficio l’abusivo frazionamento del credito da parte dell’AVV_NOTAIO, considerando la questione relativa assorbita (vedi pagina 7 terzo capoverso) in ragione della reiezione nel merito dell’appello del professionista avverso la sentenza di primo grado, che già aveva ritenuto dimostrato il pagamento del credito da lui separatamente azionato in sede monitoria, revocando quindi il decreto ingiuntivo opposto.
Il secondo motivo del ricorso incidentale, tuttavia, non si limita a lamentare la violazione dell’art. 112 c.p.c. e ripropone anche in questa sede, condizionatamente all’accoglimento anche solo parziale del ricorso principale, la questione dell’abusivo frazionamento del credito complessivo del professionista.
Sotto questo aspetto tale motivo deve ritenersi fondato nei termini di seguito esposti, in conformità all’orientamento già manifestato da questa sezione (vedi Cass. ord. 29.11.2019 n. 31308, relativa al rapporto tra una banca ed un AVV_NOTAIO incaricato di più azioni giudiziali distinte; Cass. ord. 19.10.2021 n. 28847; Cass. ord. 15.9.2021 n. 24916; Cass. ord. 9.9.2021 n. 24371; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18566; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18563; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143, tutte relative al rapporto di fatto costituitosi fra le parti in causa) proprio pronunciandosi su controversie relative ad altri crediti professionali per attività difensive azionati dall’AVV_NOTAIO nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, facenti parte delle 38 procedure monitorie dallo stesso separatamente intraprese dopo la revoca dell’incarico che li aveva resi esigibili, ed asseritamente documentati dagli avvisi di parcella senza data certa sottoscritti dall’ex Presidente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Va anzitutto sgombrato il campo dall’infondata eccezione di giudicato sollevata dalla ricorrente incidentale.
Occorre, infatti, escludere ogni rilievo alla sentenza n. 17156/2017, passata in giudicato, con la quale, in data 13.9.2017, il Tribunale di Roma ha accertato l’esistenza di un unico rapporto professionale tra l’opponente e l’AVV_NOTAIO pur a fronte di distinte procure difensive ed ha, quindi, dichiarato l’improponibilità di una delle azioni recuperatorie proposte da quest’ultimo proprio in quanto frutto dell’indebito frazionamento dell’unico credito ad esso riconducibile. La natura meramente processuale del vizio conseguente alla violazione del divieto di frazionamento del credito, vale a dire l’improponibilità della domanda, esclude, invero, che la statuizione la quale ne abbia affermato la sussistenza, contenuta in una sentenza pronunciata in altro giudizio tra le stesse parti e passata in giudicato, possa esplicare efficacia preclusiva di una sua differente soluzione in altro giudizio, pendente tra le stesse parti, in cui, come quello in esame, la medesima questione sia stata dedotta o, comunque, rilevata. La statuizione su una questione processuale dà luogo, in effetti, ad un giudicato meramente formale ed ha, come tale, un’efficacia preclusiva limitatamente al giudizio in cui è stata pronunciata (Cass. ord. 30.6.2021 n.18563 ed altre pronunce in essa richiamate) ma non impedisce che la medesima questione sia riproposta in un successivo giudizio tra le stesse parti nè a fortiori , che, in quest’ultimo giudizio, la predetta questione sia, come è accaduto nel caso in esame, diversamente risolta, dichiarando, cioè, la proponibilità della domanda.
Passando al merito della questione del frazionamento del credito, una volta che si é reso necessario il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma ai fini della corretta applicazione dell’onere probatorio gravante sul debitore sia in ordine all’effettuazione del pagamento a favore del creditore, sia in ordine alla sua effettiva destinazione all’estinzione del debito azionato dal professionista in sede monitoria, data la molteplicità dei rapporti di debito/credito esistenti tra le parti, la questione non può considerarsi assorbita e
si rende necessario seguire la giurisprudenza di questa Corte in materia di frazionamento abusivo del credito e valutare, da parte del giudice di merito, se l’AVV_NOTAIO abbia dedotto e provato di avere un interesse oggettivamente apprezzabile alla tutela separata del credito.
Si deve in particolare tenere conto della nozione di abusivo frazionamento del credito delineata dalle sentenze delle sezioni unite di questa Corte n.23726/2007 e n. 4090/2017 ed ampliata dall’ordinanza massimata n. 18563 del 30.6.2021 di questa sezione (nello stesso senso Cass. ord. 19.10.2021 n.28847; Cass. ord. 15.9.2021 n.24916; Cass. ord. 9.9.2021 n. 24371; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18566; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143; Cass. ord. 29.11.2019 n. 31308), poi confermata per rapporti professionali duraturi ed a contenuto ripetitivo tra AVV_NOTAIO e cliente dalla recentissima sentenza n. 7299 del 19.3.2025 delle sezioni unite di questa Corte (vedi pagine 16 e 17). Tale ultima sentenza, incaricata di risolvere specificamente la questione delle diverse conseguenze derivanti dall’abusivo frazionamento del credito a seconda che vi sia, o meno un giudicato in senso proprio (ossia di merito) su uno dei crediti abusivamente frazionati, ha enunciato i seguenti principi di diritto:
‘a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve
essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria ;
b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione delle spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale’.
Venendo in rilievo crediti omogenei per titolo e per oggetto riconducibili ad una relazione di fatto protrattasi per quattro anni e mezzo tra la RAGIONE_SOCIALE ed il professionista, crediti divenuti contemporaneamente esigibili per effetto della revoca di tutti gli incarichi, per di più basati su preavvisi di parcella sottoscritti dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato e comportanti la comune questione dell’imputazione del pagamento complessivo effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE per €115.503,74, la trattazione giudiziale separata può avvenire solo passando attraverso la valutazione positiva circa la sussistenza di un interesse oggettivamente apprezzabile del creditore a tale trattazione separata.
Un abusivo frazionamento di crediti che facciano capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti può aversi, infatti, non solo quando i crediti siano potenzialmente iscrivibili nell’ambito oggettivo di un possibile giudicato, ma anche quando siano fondati sui medesimi o analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale.
Sulle spese di questo giudizio di legittimità provvederà il giudice di rinvio (stessa Corte territoriale in diversa composizione) in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale condizionato e dichiara assorbito il restante motivo del ricorso principale, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 29.10.2025
Il Presidente
NOME COGNOME