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Frazionamento abusivo del credito: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha stabilito che un professionista non può avviare decine di cause separate per recuperare i propri onorari da un unico cliente, anche se derivanti da incarichi diversi. Questa pratica costituisce un frazionamento abusivo del credito, contrario ai principi di buona fede e correttezza processuale. La Corte ha cassato la sentenza d’appello che aveva dato ragione al legale, rinviando il caso per un nuovo esame che tenga conto della necessità di una tutela giudiziaria unitaria, a meno che il creditore non dimostri un interesse apprezzabile alla separazione delle azioni.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Frazionamento Abusivo del Credito: la Cassazione mette un freno all’abuso del processo

Quando un credito può essere richiesto in un’unica soluzione, è legittimo suddividerlo in decine di cause diverse? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito una risposta chiara, intervenendo su un caso emblematico di frazionamento abusivo del credito. La pronuncia ribadisce che la moltiplicazione ingiustificata delle iniziative giudiziarie è contraria ai principi di correttezza e buona fede e rappresenta un abuso del processo, anche quando i crediti derivano da incarichi professionali formalmente distinti ma inseriti in un rapporto continuativo.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa si è trovata a fronteggiare ben 38 decreti ingiuntivi richiesti dal suo ex avvocato per il pagamento di compensi professionali. Sebbene ogni decreto si riferisse a un singolo e distinto incarico legale svolto nel corso di un rapporto durato oltre quattro anni, la cooperativa ha sostenuto che tale modalità di recupero del credito fosse illegittima. L’importo complessivo richiesto era ingente, ma il professionista aveva scelto di agire separatamente per ogni singola prestazione, basandosi su riconoscimenti di debito firmati dall’allora presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa.

Nei primi gradi di giudizio, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’avvocato, ritenendo che la pluralità di incarichi distinti giustificasse le azioni separate e che non si potesse parlare di un unico rapporto obbligatorio. Di conseguenza, secondo i giudici di merito, non sussisteva alcun divieto di parcellizzazione delle domande giudiziali.

L’Analisi della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione sulla mancanza di un rapporto di consulenza unitario e sull’autonomia di ogni singolo incarico legale. Aveva inoltre sottolineato l’assenza di un accordo di esclusiva, concludendo che il professionista fosse legittimato a richiedere l’adempimento parziale secondo l’articolo 1181 del codice civile. Contro questa decisione, la società cooperativa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la violazione dei principi di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.) e del giusto processo (art. 111 Cost.), configurando un vero e proprio frazionamento abusivo del credito.

Le motivazioni della Cassazione sul frazionamento abusivo del credito

La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso della cooperativa, ribaltando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno chiarito che la nozione di frazionamento abusivo del credito va oltre la mera esistenza di un unico contratto. Si configura un abuso anche quando i crediti, pur derivando da titoli diversi, sono riconducibili a un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti e si fondano su fatti costitutivi analoghi.

La Corte ha specificato che la separazione delle azioni processuali, in questi casi, si traduce in un inutile e ingiustificato dispendio di attività processuale, contrario ai principi di efficienza e ragionevole durata del processo. Il creditore può agire separatamente solo se dimostra di avere un interesse oggettivamente apprezzabile alla tutela frazionata. Nel caso di specie, l’avvocato non aveva fornito alcuna prova di tale interesse.

La Suprema Corte ha evidenziato come la trattazione separata di 38 procedure monitorie comporti non solo un aggravio di costi, ma anche il rischio di giudicati contrastanti su questioni comuni, come la validità dei riconoscimenti di debito o l’imputazione dei pagamenti parziali già effettuati dalla cooperativa. Pertanto, la Corte d’Appello ha errato nel non valutare la vicenda nella sua globalità, limitandosi a considerare l’autonomia formale dei singoli incarichi.

Le conclusioni: L’impatto della decisione sul frazionamento del credito

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale: il processo non può essere utilizzato in modo strumentale per aggravare la posizione del debitore. Anche in presenza di più crediti autonomi, se questi nascono all’interno di una relazione commerciale o professionale unitaria e continuativa, il creditore è tenuto, in linea di principio, a chiederne il pagamento in un unico giudizio. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo principio, valutando se il comportamento del creditore abbia costituito un abuso del diritto e, di conseguenza, dichiarando la domanda improponibile.

È sempre vietato per un creditore avviare più cause per crediti diversi verso lo stesso debitore?
No, non è sempre vietato. Tuttavia, se i crediti, pur avendo origine da titoli diversi (es. più contratti o incarichi), sorgono nell’ambito di un unico rapporto di durata e si basano su fatti simili, il creditore deve agire con un’unica causa. Può frazionare le azioni solo se dimostra di avere un interesse specifico e oggettivamente apprezzabile a farlo, che vada oltre la semplice comodità.

Cosa rende “abusivo” il frazionamento di un credito?
Il frazionamento diventa abusivo quando viola i doveri di correttezza e buona fede e si traduce in un abuso degli strumenti processuali. Ciò accade quando la moltiplicazione delle cause non è giustificata da un interesse meritevole di tutela del creditore e comporta un ingiustificato aggravio per il debitore e un dispendio di risorse per il sistema giudiziario.

Quali sono le conseguenze se un giudice accerta un frazionamento abusivo del credito?
Se un giudice rileva che una domanda giudiziale costituisce un frazionamento abusivo del credito, deve dichiararla improponibile. Questo non estingue il diritto del creditore, il quale però dovrà riproporre la sua domanda in modo unitario, chiedendo il pagamento dell’intero credito in un’unica soluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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