Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29436 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29436 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28396/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE SANTA CROCE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n.410/2020 depositata il 21.1.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.10.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 7861/2010, emesso dal Tribunale di Roma, a titolo di compenso per prestazioni professionali svolte dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in favore dell’opponente nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo n.9142/2004 RG del Tribunale di Roma per € 4.721,20, e per interessi di mora ex D. Lgs. n. 231/2002 per € 1.298,73, per complessivi €6.010,93.
Con la sentenza n. 13870/2014 il Tribunale di Roma, nella resistenza del professionista, che aveva posto a base del ricorso monitorio il preavviso di parcella sottoscritto per visione ed accettazione dal Presidente del RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato, ed aveva sostenuto di vantare un credito complessivo per gli incarichi svolti a favore della RAGIONE_SOCIALE nell’arco di circa quattro anni e mezzo per € 167.956,35, superiore alla somma complessivamente pagatagli dalla RAGIONE_SOCIALE, pari ad € 115.503,74, producendo poi 61 fatture per dimostrare che tale ultimo importo aveva estinto suoi crediti per altre prestazioni professionali, rigettava l’opposizione, ritenendo il credito azionato provato dalla documentazione prodotta relativa all’attività giudiziale pacificamente svolta, e considerando le fatture prodotte dal professionista, dimostrative dell’imputazione della somma pacificamente pagatagli dal professionista ad altre prestazioni professionali.
RAGIONE_SOCIALE interponeva appello, deducendo che il legale aveva richiesto in suo danno trentotto distinti decreti ingiuntivi, per prestazioni effettuate in distinti procedimenti civili nell’arco di circa quattro anni e mezzo, a fronte di un unico incarico professionale poi revocatogli a seguito della revoca del RAGIONE_SOCIALE di
Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE; lamentava, pertanto, che il professionista avesse abusivamente frazionato il credito complessivamente vantato verso la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo separatamente ben 38 decreti ingiuntivi per crediti già esigibili e fondati su asseriti riconoscimenti di debito sottoscritti dal Presidente del RAGIONE_SOCIALE di Amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato.
Nella resistenza del COGNOME, con la sentenza n. 410/2020 del 6.11.2019/21.1.2020 la Corte d’Appello di Roma respingeva il gravame, ritenendo che l’attività professionale svolta dall’AVV_NOTAIO COGNOME non facesse capo ad un unico rapporto obbligatorio e che le pretese creditorie da essa derivanti non fossero soggette al divieto di parcellizzazione della domanda.
Avverso la predetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso a questa Corte, affidato a tre doglianze, e l’AVV_NOTAIO COGNOME ha resistito con controricorso.
E’ stata fissata adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis. 1 c.p.c..
All’esito della camera di consiglio del 3.4.2024, con ordinanza interlocutoria n.14835/2024 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della pronuncia RAGIONE_SOCIALE sezioni unite in merito alla questione relativa agli effetti derivanti dall’accertamento dell’abusivo frazionamento del credito, al fine di stabilire se da esso derivi l’improponibilità della domanda con le eventuali conseguenze in ordine alla possibile formazione nelle more di un giudicato su un’altra frazione del credito, preclusivo della riproposizione della domanda relativa ai crediti residui, o se da esso debbano derivare solo conseguenze sul governo RAGIONE_SOCIALE spese processuali, onde evitare pregiudizi a discapito della parte che abbia subito il frazionamento dei crediti operato dalla controparte, ma senza preclusioni per la pronuncia sul merito della domanda relativa al credito frazionato.
Intervenuta quindi la sentenza n. 7299 del 19.3.2025 RAGIONE_SOCIALE sezioni unite di questa Corte, é stata rifissata per la decisione l’adunanza camerale del 29.10.2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 5) c.p.c., la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 2909 cod. civ.. La Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda con la quale la società aveva chiesto di dichiarare l’improponibilità dell’azione monitoria per cui è causa in forza del giudicato esterno formatosi sulla sentenza n. 17156/2017, con cui il Tribunale di Roma aveva dichiarato l’improponibilità, per abusivo frazionamento del credito, di un’altra RAGIONE_SOCIALE trentotto azioni recuperatorie monitorie promosse dal professionista nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE assume l’omessa pronuncia da parte della Corte d’Appello di Roma sulla domanda con la quale avrebbe chiesto di pronunciare l’improponibilità dell’azione monitoria dell’AVV_NOTAIO in forza del giudicato formatosi tra le stesse parti sulla sentenza del Tribunale di Roma n.17156/2017, che aveva dichiarato improponibile per abusivo frazionamento del complessivo credito dell’AVV_NOTAIO COGNOME una RAGIONE_SOCIALE 38 azioni monitorie dal medesimo esercitate contro la RAGIONE_SOCIALE, e che avrebbe dovuto comportare anche l’improponibilità dell’azione monitoria esercitata dallo stesso professionista, che aveva portato all’emissione in favore dello stesso del decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma n. 7861/2010 per il pagamento dei compensi dovuti per l’attività difensiva svolta nel procedimento n. 9142/2004 RG del Tribunale di Roma a favore della RAGIONE_SOCIALE, ed assume altresì la conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. sul giudicato.
Tale motivo é inammissibile.
La sentenza impugnata non tratta affatto la questione del giudicato della sentenza del Tribunale di Roma n. 17156/2017, e la ricorrente, per evitare una statuizione d’inammissibilità per novità della questione, avrebbe dovuto indicare dettagliatamente quando e come avrebbe posto la questione e prodotto la sentenza suddetta con l’attestazione di passaggio in giudicato, mentre si é limitata ad indicare genericamente che la citata sentenza era passata in giudicato nelle more del giudizio di appello e che avrebbe rappresentato tale questione negli atti di quel giudizio senza individuare un atto specifico in cui avrebbe posto la questione previa produzione del documento, così impedendo a questa Corte di verificare la veridicità di quanto affermato. Va aggiunto che nella descrizione dello svolgimento del processo contenuta nel ricorso, la RAGIONE_SOCIALE ha indicato che nel giudizio di appello ha formulato vari motivi d’impugnazione, e che non vi é stata un’ulteriore istruttoria, salva la produzione da parte sua di copia della CTU depositata espletata in altro giudizio sull’azione di responsabilità esperita dalla RAGIONE_SOCIALE contro il RAGIONE_SOCIALE Amministrazione revocato, senza fare quindi alcuna menzione della produzione della sentenza citata, che risulta allegata al ricorso con la certificazione del passaggio in giudicato alla lettera c), né della domanda di applicazione del relativo giudicato che avrebbe proposto in secondo grado.
Va quindi ricordata la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale ‘ ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare
“ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa ‘ (vedi Cass. ord. 23.8.2025 n. 23761; Cass. ord. 24.1.2019 n. 2038).
2) Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dei principi regolatori della materia di cui agli artt. 2 e 111 Cost. nonché degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., per avere il Giudice di seconde cure erroneamente rigettato l’eccezione di improponibilità della singola azione recuperatoria per abusivo frazionamento del credito complessivo vantato dal professionista, fondando la propria decisione su elementi del tutto ininfluenti ai fini della corretta applicazione dei principi espressi in materia dalla Suprema Corte, ed omettendo di valutare l’allegazione e prova da parte del professionista di un interesse oggettivamente apprezzabile alla trattazione giudiziale separata dei crediti.
In particolare, la ricorrente lamenta la reiezione dell’eccezione d’improponibilità della domanda avanzata in sede monitoria dall’AVV_NOTAIO, sollevata in primo grado, respinta dal Tribunale di Roma, e riproposta in appello, per illegittimo frazionamento in ben 38 procedure monitorie separate del credito complessivo dal predetto vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale compenso per le attività professionali svolte nell’arco temporale di quattro anni e mezzo, a seguito della revoca da tutti gli incarichi, subita a seguito della revoca da parte dell’assemblea dei soci del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE del 14.6.2008 che lo aveva incaricato. Ciò nonostante, la contemporanea esigibilità dei singoli crediti professionali e la disponibilità per tutti, da parte del professionista, degli avvisi di parcella sottoscritti per presa visione ed accettazione dall’AVV_NOTAIO, già Presidente del suddetto consiglio, costituenti le prove scritte fatte valere nei giudizi monitori.
La ricorrente richiama la violazione e falsa applicazione dei principi regolatori della materia di cui agli articoli 2 e 111 della Costituzione, nonché degli articoli 1175 e 1375 cod. civ., ed il precedente rappresentato dall’ordinanza di questa Corte n. 31308 del 29.11.2019, che al pari di altre sopravvenute ordinanze aveva ampliato l’ambito applicativo dell’illegittimo frazionamento del credito delineato dalle sentenze RAGIONE_SOCIALE sezioni unite di questa Corte n. 23726/2007 e n. 4090/2017 relativamente a crediti distinti ed autonomi, iscrivibili nell’ambito di una relazione di durata unitaria anche di mero fatto instauratasi tra professionista e cliente, basati su fatti costitutivi analoghi per titolo e per oggetto anche se non identici (e non solo su fatti iscrivibili nell’ambito oggettivo di un potenziale giudicato, o sui medesimi fatti costitutivi).
RAGIONE_SOCIALE si duole che l’impugnata sentenza, confermando quella di primo grado, abbia ritenuto consentita la tutela frazionata del credito senza che il professionista avesse allegato e dimostrato di avere un interesse oggettivamente valutabile alla tutela frazionata.
Deduce la ricorrente che l’impugnata sentenza ha motivato solo in ordine al difetto di unitarietà del rapporto obbligatorio per il conferimento di più procure distinte e per la mancanza di una convenzione e di un rapporto di esclusiva, e sul fatto che nella lettera di revoca inviata dalla RAGIONE_SOCIALE all’AVV_NOTAIO si era fatto riferimento agli incarichi conferiti e non ad un unico incarico professionale.
Aggiunge poi la RAGIONE_SOCIALE, che secondo l’impugnata sentenza, per gli incarichi legali l’autonomia di ogni singolo incarico costituiva la regola, e che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 10326/1998) il creditore aveva facoltà di chiedere anche in via monitoria un adempimento parziale in base all’art. 1181 cod. civ., potendo il debitore ovviare al rischio di aggravamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali discendente dalla frammentazione del credito
complessivo mettendo in mora il creditore, offrendogli l’adempimento dell’intero, o chiedendo l’accertamento negativo di esso.
3) Col terzo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 2702 cod. civ. in relazione agli artt. 214 e 215 c.p.c. e dell’art. 1195 cod. civ., per avere la Corte capitolina erroneamente attribuito prevalenza probatoria a fatture autoprodotte dal professionista, prontamente contestate nella forma e nella sostanza, rispetto a quietanze di pagamento prodotte dalla RAGIONE_SOCIALE e non disconosciute, che avevano acquisito il rango di prove legali privilegiate, sottratte alla valutazione discrezionale del Giudice.
Il secondo motivo del ricorso – in conformità all’orientamento già manifestato da questa sezione proprio pronunciandosi su controversie relative ad altri crediti professionali per attività difensive azionati dall’AVV_NOTAIO nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, facenti parte RAGIONE_SOCIALE 38 procedure monitorie dallo stesso separatamente intraprese dopo la revoca dell’incarico che li aveva resi esigibili, ed asseritamente documentati dagli avvisi di parcella senza data certa sottoscritti dall’ex Presidente del RAGIONE_SOCIALE di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE revocato, AVV_NOTAIO NOME COGNOME – deve ritenersi fondato nei termini che seguono.
La sentenza impugnata alle pagine 4 e 5, omettendo qualsiasi riferimento alla giurisprudenza della Suprema Corte in tema di abusivo frazionamento del credito, ha ritenuto che esso dovesse escludersi nel caso in esame, per difetto di un unico rapporto di consulenza ed assistenza legale tra le parti, discendente dalla mancanza di una convenzione, dal riferimento a più incarichi e non ad un unico incarico nella lettera di revoca inviata dalla RAGIONE_SOCIALE all’AVV_NOTAIO e dall’assenza del rapporto di esclusiva, ed ha aggiunto che in tema di incarichi legali l’autonomia di ogni singolo
mandato conferito mediante il rilascio di procura speciale ad litem costituirebbe la regola, e che in base all’art. 1181 cod. civ. il creditore ben poteva chiedere l’adempimento parziale senza per questo commettere un abusivo frazionamento del credito, ben potendo il debitore evitare l’aggravio RAGIONE_SOCIALE spese processuali offrendo l’adempimento integrale, o agendo in prevenzione per l’accertamento negativo dell’intero credito.
Ritiene il collegio che il giudice di secondo grado, così motivando, non si sia uniformato alla nozione di abusivo frazionamento del credito delineata dalle sentenze RAGIONE_SOCIALE sezioni unite di questa Corte n. 23726/2007 e n. 4090/2017 ed ampliata dall’ordinanza massimata n. 18563 del 30.6.2021 di questa sezione (nello stesso senso Cass. ord. 19.10.2021 n. 28847; Cass. ord. 15.9.2021 n.24916; Cass. ord. 15.9.2021 n. 24915; Cass. ord. 9.9.2021 n.24371; Cass. ord. 8.9.2021 n. 24172; Cass. ord. 30.6.2021 n.18568; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18567; Cass. ord. 30.6.2021 n.18566; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18565; Cass. ord. 30.6.2021 n.18564; Cass. ord. 30.6.2021 n. 18563; Cass. ord. 30.6.2021 n.18562; Cass. ord. 22.6.2021 n. 17816; Cass. ord. 22.6.2021 n.17815; Cass. ord. 22.6.2021 n.17814; Cass. ord. 22.6.2021 n.17813; Cass. ord. 24.5.2021 n. 14143; Cass. ord. 29.11.2019 n.31308), poi confermata per rapporti professionali duraturi ed a contenuto ripetitivo tra AVV_NOTAIO e cliente dalla recentissima sentenza n. 7299 del 19.3.2025 RAGIONE_SOCIALE sezioni unite di questa Corte (vedi pagine 16 e 17). Tale ultima sentenza, incaricata di risolvere specificamente la questione RAGIONE_SOCIALE diverse conseguenze derivanti dall’abusivo frazionamento del credito a seconda che vi sia, o meno un giudicato in senso proprio (ossia di merito) su uno dei crediti abusivamente frazionati, ha enunciato i seguenti principi di diritto: ‘a) in tema di abusivo frazionamento del credito, i diritti di credito che, oltre a fare capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche in proiezione iscrivibili nel medesimo
ambito oggettivo di un possibile giudicato oppure fondati sul medesimo o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale, non possono essere azionati in separati giudizi, a meno che non si accerti la titolarità, in capo al creditore, di un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata, in mancanza del quale la domanda abusivamente frazionata deve essere dichiarata improponibile, impregiudicato il diritto alla sua riproposizione unitaria ;
b) qualora non sia possibile l’introduzione di un giudizio unitario sulla pretesa arbitrariamente frazionata, per l’intervenuta formazione del giudicato sulla frazione di domanda separatamente proposta, il giudice è tenuto a decidere nel merito sulla domanda anche se arbitrariamente frazionata, e terrà conto del comportamento del creditore in sede di liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, escludendo la condanna in suo favore o anche ponendo in tutto o in parte a suo carico le spese di lite, ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c., integrando l’abusivo frazionamento della domanda giudiziale un comportamento contrario ai doveri di lealtà e probità processuale’.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il difetto di unitarietà del rapporto obbligatorio discendente dalla pluralità degli incarichi conferiti dalla RAGIONE_SOCIALE al professionista mediante il rilascio di separate procure, una per ciascun procedimento patrocinato, e la mancanza di un mandato generale, o comunque di una convenzione destinata a regolare in modo uniforme i diversi incarichi per tutte le attività difensive svolte dal professionista per la RAGIONE_SOCIALE, comportassero automaticamente l’esclusione dell’abusivo frazionamento del credito complessivo del professionista, azionato nella procedura monitoria in questione solo per la parte relativa ad uno dei giudizi in cui la RAGIONE_SOCIALE era stata patrocinata, senza effettuare una valutazione in ordine
all’esistenza di un interesse oggettivamente apprezzabile in capo al professionista alla trattazione giudiziale separata.
In questo modo, però, l’impugnata sentenza non ha tenuto conto che un abusivo frazionamento di crediti che facciano capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti può aversi non solo quando i crediti siano potenzialmente iscrivibili nell’ambito oggettivo di un possibile giudicato, ma anche quando siano fondati sui medesimi, o su analoghi fatti costitutivi il cui accertamento separato si traduca in un inutile e ingiustificato dispendio dell’attività processuale.
Quando ricorre tale ultima ipotesi, pur in assenza di un rapporto obbligatorio unitario per la diversità dei titoli costitutivi dei vari crediti del professionista, si pone l’esigenza di valutare, prima di consentire la trattazione giudiziale separata dei crediti facenti parte dell’unitario credito complessivo vantato da una parte verso l’altra, se sia stato allegato e provato un interesse del preteso creditore, oggettivamente valutabile, ad azionare separatamente quel credito, valutazione nella specie totalmente mancata.
Questa Corte ha del resto già riconosciuto (si vedano le ordinanze del 2021 citate a pagina 7) che i crediti per l’attività di patrocinio svolta a favore della stessa RAGIONE_SOCIALE che il professionista ha fatto valere attraverso 38 separate procedure monitorie, a seguito della revoca degli incarichi subita in seguito alla revoca del RAGIONE_SOCIALE di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, che li aveva resi contemporaneamente esigibili ed azionabili, crediti che per di più erano tutti fondati su preavvisi di parcella sottoscritti per accettazione dal Presidente revocato di quel RAGIONE_SOCIALE, ponendo quindi la questione della riferibilità di tali riconoscimenti di debito alla RAGIONE_SOCIALE, oltre alla comune questione dell’imputazione del pagamento, pacificamente compiuto dalla RAGIONE_SOCIALE al professionista, di € 115.503,74, ai singoli crediti monitoriamente azionati, a fronte di un complessivo credito vantato dal
professionista di complessivi € 167.956,35, erano basati su fatti costitutivi simili per oggetto e per titolo.
Va aggiunto che la trattazione giudiziale separata dei crediti per attività di patrocinio del professionista verso la RAGIONE_SOCIALE procedure monitorie, non solo comporta un dispendio di attività processuale, contraria al principio costituzionale di concentrazione e ragionevole durata del processo garantita dall’art. 111 della Costituzione (si pensi ad esempio alla necessità di escutere come testimone l’ex Presidente del RAGIONE_SOCIALE di amministrazione in ogni singola procedura monitoria per confermare, o meno, e datare, la sottoscrizione dei preavvisi di parcella, al fine di riconoscere o meno la riferibilità dei riconoscimenti di debito alla RAGIONE_SOCIALE, e di acquisire in ogni procedura le fatture e le quietanze e ricevute emesse dal professionista per tutti i crediti, con eventuali approfondimenti sulle annotazioni nelle scritture contabili, per ricostruire l’imputazione del pagamento complessivamente avvenuto da parte della RAGIONE_SOCIALE di € 115.503,74), ma comporta anche il rischio di giudicati contrastanti, perlomeno sulle comuni questioni dell’attribuibilità o meno alla RAGIONE_SOCIALE dei riconoscimenti di debito sottoscritti dal Presidente del RAGIONE_SOCIALE di amministrazione revocato, e dell’imputazione della somma di € 115.503,74 ai singoli crediti del professionista, con eventuale RAGIONE_SOCIALE di alcuni crediti azionati e non di altri.
Si rende pertanto necessario un nuovo esame sulla scorta dei citati principi.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta il logico assorbimento del terzo motivo del ricorso, inerente al rigetto dell’eccezione della RAGIONE_SOCIALE per malgoverno RAGIONE_SOCIALE prove documentali acquisite e dei criteri di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove (quietanze e ricevute riconosciute e fatture contestate) seguiti dall’impugnata sentenza.
Sulle spese processuali anche del giudizio di legittimità, provvederà il giudice di rinvio (che si individua nella medesima Corte territoriale in diversa composizione) in base all’esito finale della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il primo ed assorbito il terzo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 29.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME