Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8153 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8153 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23328/2020 R.G. proposto da:
NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 1812/2019 depositata il 17/12/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Per quanto interessa il presente giudizio, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari di due fondi identificati con i mappali n. 995 e n. 883, hanno convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Cremona NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari del fondo limitrofo identificato con il mappale n. 1097, chiedendo di essere reintegrati nel pieno possesso della porzione dei loro fondi, indebitamente occupati dai convenuti, mediante la realizzazione di un muro. Gli attori deducevano che tra i loro fondi e il fondo dei convenuti era ubicato un fosso e che la linea di confine tra di essi andava identificata nella mezzeria del fosso medesimo.
Il Tribunale di Cremona, con sentenza n. 599/2017, ha qualificato l’azione come domanda di reintegra consequenziale a domanda ex art. 950 c.c. e ha così accertato il confine tra i mappali in base agli esiti della consulenza tecnica d’ufficio e ha rigettato la domanda relativa al muro, valorizzando gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio in ordine al posizionamento del muro sulla sponda del fosso.
La sentenza è stata impugnata da NOME e NOME COGNOME, tra l’altro censurandola nella parte in cui non aveva accertato lo sconfinamento del muro di cinta realizzato dai convenuti e nella parte in cui aveva compensato tra le parti le spese di lite. La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza 1812/2019, ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata dai controricorrenti e dai ricorrenti.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
I primi due motivi sono tra loro strettamente connessi:
il primo motivo contesta nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.; la sentenza d’appello è contraddittoria laddove si limita a riprendere l’osservazione del consulente tecnico ‘il muro di cinta eseguito a delimitazione della proprietà RAGIONE_SOCIALE è pienamente conforme alle autorizzazioni edilizie ed è stato costruito sulla sponda del fosso di proprietà’, senza spiegare per quale ragione la costruzione di un muro di cinta sulla sponda di un fosso in comunione sia legittima;
il secondo motivo contesta violazione degli artt. 1100 e segg. e 897 c.c.; considerato che il fosso è costituito dal ciglio, dall’alveo e dalle due sponde, la sponda del fosso è parte integrante del medesimo e in quanto tale non può essere di proprietà delle controparti, dato che l’art. 879 c.c. sancisce la presunzione di comunione del fosso tra fondi limitrofi e gli artt. 1100 e segg. sulla comunione stabiliscono che il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti; con l’elevazione di un muro di cinta sulla sponda del fosso si sono creati danni ai ricorrenti in quanto, essendosi in tal modo inibito l’accesso al fondo, non è più possibile effettuare lo spurgo e la regolare manutenzione dello stesso.
I motivi sono fondati.
La Corte d’appello, con motivazione apparente, si è limitata ad affermare che il consulente tecnico d’ufficio ha accertato che il muro di cinta ‘è stato costruito sulla sponda del fosso di proprietà e non quindi sulla mezzeria del fosso come sostenuto dagli appellanti’ (pag. 10 della sentenza impugnata), senza chiarire di quale proprietà si tratta e senza motivare perché il fatto che sia stato costruito sulla sponda sarebbe diverso dall’essere stato
costruito sulla mezzeria del fosso. Come sottolineano i ricorrenti, la sponda è infatti parte del fosso ed è anch’essa oggetto di comproprietà ai sensi dell’art. 897 c.c., a norma del quale ogni fosso interposto tra due fondi si presume comune (vedere al riguardo Cass. n. 19936/2007, secondo la quale il diritto di ciascun comproprietario ha ad oggetto l’area del fosso nella sua interezza); comunione che è operante anche quando il confine catastale corre lungo la mezzeria del fosso (cfr. Cass. n. 1201/1996).
Si rende pertanto necessario nuovo esame e adeguata motivazione.
L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo, che lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione al rigetto della censura rivolta alla compensazione delle spese del giudizio di primo grado.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Brescia, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione