Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15345 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15345 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20016-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOMECOGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente – contro
NOME COGNOME
-intimato –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE DI GELA, depositata il 04/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
L’avvocato NOME COGNOME chiedeva e conseguiva un decreto ingiuntivo nei confronti di COGNOME per la liquidazione dei compensi maturati in relazione all’attività professionale consistita nell’assistenza in numerosi procedimenti in sede civile, svolta nell’interesse della madre dell’ingiunto, NOME NOMECOGNOME della quale era erede.
Il Tribunale di Gela con ordinanza collegiale del 4 marzo 2020, disposta la conversione del rito nel sommario speciale di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 150 del 2011, disattendeva l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito, rilevando che ai sensi dell’art. 14 co. 2 richiamato la competenza si radica presso il Tribunale ove ha sede il giudice presso cui è stata svolta l’attività professionale.
Disattese le eccezioni tardivamente proposte dall’opponente, il Tribunale riteneva che la richiesta del professionista, pari ad € 4.465,87 dovesse però essere ridotta, avuto riguardo alla natura ed alla qualità dei giudizi interessati dalla domanda di pagamento.
Il credito complessivo del COGNOME ammontava quindi ad € 6.402,00, sicché la quota da addebitare al COGNOME, quale coerede (unitamente a NOME NOME e NOME), era pari ad € 2.134,00 oltre spese generali ed accessori di legge.
In particolare, emergeva che la de cuius, talvolta tramite la figlia NOME aveva conferito all’opposto la procura alle liti per i vari giudizi oggetto di causa, essendo quindi da riconoscere il compenso, avendo il professionista anche dimostrato l’effettivo svolgimento dell’attività professionale.
Il decreto ingiuntivo andava quindi revocato, dovendosi però condannare l’opposto alla somma sopra indicata.
Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso COGNOME Vincenzo, sulla base di quattro motivi.
L’intimato non ha svolto difese in questa fase.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 14 del
Lgs. n. 150/2011 nonché dell’art. 28 della legge n. 794/1942
per il difetto di legittimazione passiva del ricorrente.
Questi assume che non ha mai rilasciato alcuna procura al COGNOME, essendo stato evocato in giudizio quale erede della madre, che avrebbe invece conferito mandato all’intimato.
Ciò esclude che possa farsi applicazione delle norme indicate in rubrica, e che per l’effetto il ricorrente è stato privato delle garanzie che invece sono offerte dal processo ordinario a cognizione piena.
Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c. in quanto l’ordinanza impugnata ha deciso in conformità della giurisprudenza di questa Corte che, in relazione alla previsione di cui all’art. 28 della legge n. 794/1942, ha affermato che nella incontestata sussistenza del rapporto di clientela cui risulta correlata la pretesa azionata dall’avvocato istante, la liquidazione dei compensi spettantigli per prestazioni giudiziali in materia civile, in caso di morte del cliente, va trattata e definita,
sussistendone i presupposti di legge, nelle forme speciali previste dagli articoli 28 e segg. legge 13 giugno 1942 n. 794 anche nei confronti dell’erede (continuatore della personalità del “de cuius”), che tale rapporto non abbia mai posto in discussione. (Sez. 2, Sentenza n. 1198 del 30/01/2002).
Non avendo il ricorrente contestato che il mandato fosse stato inizialmente conferito dalla madre, sostenendo invece unicamente che dopo la morte della stessa, il rapporto professionale fosse stato proseguito solo dalla sorella NOME (cfr. il contenuto del terzo motivo di ricorso), ne consegue che risulta applicabile alla fattispecie il disposto di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011.
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18 e 20 c.p.c. nonché dell’art. 33 co. 2 lett. u) del D. Lgs. n. 205/2006 con la conseguente incompetenza del giudice adito.
Si evidenzia che in citazione era stata eccepita l’incompetenza del Tribunale di Gela, sia in ragione del fatto che la domanda aveva ad oggetto un credito illiquido, sicché ai sensi dell’art. 18 e 20 c.p.c. era competente il Tribunale di Reggio Calabria ove risiede il ricorrente, sia quale foro generale della persona fisica sia quale luogo di residenza del debitore, sia in applicazione della regola del cd. foro del consumatore.
Il motivo è fondato quanto alla deduzione della ricorrenza del foro del consumatore di cui all’art. 33 co. 2 lett. u) del D. Lgs. n. 205/2006.
Trattasi di deduzione che risulta essere stata sviluppata con la citazione in opposizione (cfr. pag. 3 del ricorso) e che non ha
trovato una sostanziale risposta nell’ordinanza impugnata che si è limitata a richiamare la regola di competenza posta dall’art. 14 citato che attribuisce la cognizione del procedimento di liquidazione al giudice del luogo ove sono state espletate le attività professionali.
Tuttavia, questa Corte ha in più occasioni affermato che, in tema di competenza per territorio, ove un avvocato abbia presentato ricorso per ingiunzione per ottenere il pagamento delle competenze professionali da un proprio cliente (ovvero per quanto sopra detto, nei confronti dell’erede del cliente), avvalendosi del foro speciale di cui agli art. 637, terzo comma, cod. proc. civ., e 14, comma 2, del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, il rapporto tra quest’ultimo ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dall’art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, va risolto a favore del secondo, in quanto di competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, in virtù delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore. (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5703 del 12/03/2014; conf. Cass. n. 12685/2011 ed in motivazione Cass. S.U. n. 4485/2018).
Il principio è stato anche di recente ribadito, essendosi affermato che, in tema di competenza per territorio, ove un avvocato abbia presentato ricorso per ingiunzione per ottenere il pagamento delle competenze professionali da un proprio cliente, avvalendosi del foro speciale di cui agli art. 637, comma 3, c.p.c. e 14, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2011, il rapporto tra quest’ultimo ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dall’art. 33, comma 2, lettera u), del d.lgs.
n. 206 del 2005, va risolto a favore del secondo, in quanto di competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, in virtù delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore (Cass. n. 8406/2022; Cass. n. 3241/2024).
Il motivo deve quindi essere accolto e l’ordinanza impugnata va cassata dovendosi affermare la competenza del Tribunale di Reggio Calabria, luogo di residenza del ricorrente e corrispondente al domicilio del consumatore.
La riassunzione dovrà avvenire nel rispetto del termine di cui all’art. 50 c.p.c., rimettendosi al giudice poi adito anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
L’accoglimento del secondo motivo determina poi l’assorbimento del terzo motivo di ricorso che lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 752 e 754 c.c., per avere il Tribunale ritenuto che il credito azionato rientrasse tra quelli esigibili nei confronti degli eredi, dovendosi invece avere riguardo alla prosecuzione del rapporto, dopo la morte della madre, ad iniziativa della sola NOME nonché del quarto motivo di ricorso che denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., quanto alla mancata compensazione delle spese di lite, in ragione dell’esistenza di una soccombenza reciproca.
PQM
Accoglie il secondo motivo di ricorso, e, dichiarato inammissibile il primo motivo ed assorbiti i restanti, cassa la pronuncia impugnata per essere competente a decidere la causa il Tribunale di Reggio Calabria;
dispone che la riassunzione della causa avvenga nel rispetto del termine di cui all’art. 50 c.p.c. e rimette al Tribunale competente anche la liquidazione delle spese del presente giudizio. Così deciso nella camera di consiglio del 22 maggio 2025