Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3241 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3241 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Oggetto: revocazione
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33346/2019 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c., con domicilio eletto in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
contro
GRASSO NOME COGNOME.
-INTIMATO- avverso l’ordinanza n. 26282/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 16/10/2019;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 11.1.2024 dal AVV_NOTAIO.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto di revocare l’ordinanza impugnata e di respingere il ricorso per regolamento di competenza.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
AVV_NOTAIO propone ricorso per revocazione avverso l’ordinanza n. 26282/2019, con cui questa Corte ha respinto il regolamento di competenza proposto dal ricorrente,
confermando il provvedimento impugnato con cui era stata dichiarata la competenza della Corte d’appello di Catania in base al luogo di residenza del convenuto ai sensi dell’art. 33, comma secondo, lettera u), d.lgs. 206/2005 (foro del consumatore), sulla domanda di pagamento dei compensi professionali per la difesa svolte in un giudizio dinanzi al Tribunale del lavoro di Locri e nel successivo giudizio di impugnazione dinanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
Con ordinanza interlocutoria n. 16845/2021 la causa è stata rimessa in pubblica udienza, per la ritenuta non inammissibilità del ricorso per revocazione.
Il ricorrente ha depositato duplice memoria illustrativa.
Con l’unico motivo del ricorso si denuncia la violazione dell’art. 395 n. 4 c.p.c., deducendo che il Collegio di legittimità sarebbe incorso in un errore di percezione riguardo al contenuto del primo motivo del ricorso per regolamento di competenza, avendo ritenuto che la pronuncia di appello fosse stata censurata per aver dichiarato l’incompetenza per territorio nei rapporti tra i giudici di secondo grado, mentre il ricorrente aveva inteso ottenere la declaratoria di competenza del Tribunale di Catania sulla domanda cumulata avente ad oggetto le spettanze professionali per il patrocinio espletato dinanzi ai giudici di primo e secondo grado, in adesione all’analoga soluzione adottata d alle S.U. con sentenza 4485/2018.
Il ricorso è fondato.
L’ impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa (Cass. 16003/2011; Corte Cost. 36/1991).
Si configura l’errore revocatorio anche nel caso di mancata lettura di uno o più motivi di ricorso, ipotesi equiparabile al caso in cui ne sia totalmente travisato il contenuto, dando risposta su questioni non oggetto di impugnazione, non trattandosi della omessa o erronea valutazione delle argomentazioni proposte dal ricorrente nell’ambito delle contestazioni effettivamente poste o di un mero errore di interpretazione della censura, ma nella pronuncia su deduzioni e motivi riguardanti aspetti oggettivamente diversi da quelli dedotti a causa di una non corretta percezione delle allegazioni difensive (Cass. 24369/2009; Cass. 362/2010; Cass. 22569/2013; Cass. 17163/2015).
D’altronde le S.U. hanno chiarito che l a revocazione per l’errore di fatto è ammissibile anche nel caso in cui il giudice di legittimità non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, salvo che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte sul punto (Cass. s.u. 31032/2019).
In tal caso, l’unico mezzo di impugnazione esperibile avverso la relativa sentenza è individuato, ai sensi degli artt. 391 bis e 395, primo comma, n. 4, c.p.c., nella revocazione per errore di fatto (Cass. 17163/2015).
2.1. Nel caso in esame, con il primo motivo del ricorso per regolamento di competenza l’AVV_NOTAIO aveva censurato la decisione per aver rimesso l’intera causa alla Corte d’appello di Catania in base al foro del consumatore, senza tener conto del criterio di competenza fissato dall’art. 14 d.lgs. 150/2011, secondo cui la domanda di pagamento del compenso per attività giudiziali civili è rimessa al giudice dinanzi al quale è stato svolto il patrocinio.
Più in particolare, il ricorrente aveva sostenuto che sulle spettanze per il primo grado doveva pronunciare il Tribunale di Catania per effetto dell’inderogabilità e della prevalenza del foro del
consumatore rispetto al criterio di cui al citato art. 14 d.lgs. 150/2011, occorrendo valutare prima la competenza per materia dell’ufficio giudiziario di merito e poi quella per territorio.
Con l’ordinanza impugnata il Collegio di legittimità ha invece individuato nella Corte d’appello di Catania il giudice competente in base al foro del consumatore, esaminando i rapporti tra i giudici di secondo grado, non tenendo conto che con il regolamento era stato invece chiesto di dichiarare la competenza del Tribunale quale ufficio giudizio di merito dinanzi al quale era stata svolta parte dell’attività difensiva e perciò competente sia per materia, sia ai base al criterio fissato dell’art. 33, comma secondo, lettera u), del codice del consumo.
Deve, quindi, revocarsi l’ordinanza impugnata e procedere alla fase rescissoria.
Il primo motivo del regolamento di competenza denuncia la violazione degli artt. 28 L.P. 14 d.lgs. 150/2011, 637 c.p.c. e 111 Cost., per aver la Corte d’appello dichiarato la propria incompetenza per territorio in base al foro del consumatore, senza tener conto del criterio di competenza per materia, in base al quale la domanda doveva essere devoluta al Tribunale adito per il processo, come già sostenuto dalle S.U. con sentenza n. 4485/2015.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., censurando la pronuncia per aver posto sul ricorrente le spese processuali, nonostante l’assoluta novità delle questioni e dei principi in tema di prevalenza del foro del consumatore sui criteri di cui all’art. 14, comma secondo, d.lgs. 150/2011, espressi dalle S.U. con la pronuncia n. 4485/2018.
3.1. Il primo motivo è fondato.
Il difensore aveva chiesto il pagamento del compenso per il patrocinio svolto in più gradi, prima dinanzi al Tribunale del lavoro di Locri e alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Non è in discussione, come detto, l’applicabilità del foro del consumatore, che opera anche per le domande di pagamento dei compensi per la difesa nelle controversie di lavoro (Cass. 12685/2011; Cass. 1464/2014; Cass. 21187/2017; Cass. 7357/2022).
Ciò posto, va dichiarata la competenza del Tribunale di Catania per l’intera controversia, incluse le spettanze per le attività difensive espletate in appello.
Nel procedimento per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti di avvocato di cui all’art.28 della L. 794/1942, come sostituito dall’art.34, comma 16, lett. a), del d.lgs. n. 150 del 2011, ove il professionista, agendo ai sensi dell’art. 14 del citato decreto legislativo, chieda la condanna del cliente al pagamento dei compensi per l’opera prestata in più fasi o gradi del giudizio, la competenza è dell’ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa (Cass. s.u. 4247/2020).
Il giudice chiamato a pronunciare sui compensi dell’avvocato si identifica, anche territorialmente, con quello che abbia conosciuto per ultimo della lite, poiché questi ha una migliore visione d’insieme dell’opera prestata dall’avvocato, garantendosi in tal modo anche le ragioni di economia processuale e l’interesse ad evitare la moltiplicazioni dei giudizi in coerenza con i principi del giusto processo, sicché la possibilità di frazionare la domanda in distinte controversie è meramente residuale ed è percorribile soltanto se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata del credito (Cass. s.u. 4247/2020; Cass. 19907/2020; Cass. 8265/2021; Cass. 23465/2021; Cass. 19905/2023).
Va precisato che, nell’ipotesi in esame, l’ufficio competente non coincide necessariamente con quello di grado superiore, potendo ad es. essere anche il giudice di primo grado cui la causa sia stata rimessa ai sensi dagli artt. 353 e 354 c.p.c., purché abbia per
ultimo conosciuto della lite, il che vale a dire che la norma -a differenzia di quanto sostiene il AVV_NOTAIO generale nelle conclusioni scritte -non contempla per la domanda cumulata un’ipotesi di competenza funzionale in unico grado del giudice d’appello.
L ‘art. 14, comma secondo, d.lgs. 150/2011 prevede -anzi un’ipotesi di competenza derogabile, soggetta alle modificazioni per ragioni di connessione (Cass. s.u. 4485/2018; Cass. s.u. 4247/2020); la disposizione, prevedendo che la domanda può esser proposta anche con ricorso per decreto ingiuntivo, rende applicabili i criteri di competenza dell’art. 637 c.p.c. , ma solo se il difensore agisca in via monitoria o se proponga erroneamente la domanda nelle forme del rito sommario codicistico di cui agli art. 702 bis e ss. c.p.c. (Cass. s.u. 4485/2018; Cass. s.u. 4247/2020, par. 12), mentre è escluso negli altri casi che i criteri generali di competenza possano concorrere con quelli del secondo comma dell’art. 14, comma secondo, d.lgs. cit., poiché i due procedimenti (quello di cui agli articoli 633 e seguenti c.p.c. e il procedimento speciale disciplinato dall’art. 14 del d.lgs. 150/2011) sono regolati in modo differente, anche riguardo all’individuazione del giudice competente (Cass. s.u. 4247/2020).
3.2. Si deve a questo punto ricordare che la competenza di cui all’art. 33, comma secondo, lettera u), d.lgs. 150/2011 206/2005 è invece inderogabile e prevale su ogni altro criterio, compreso quella di cui al citato art. 14 (Cass. s.u. 4485/2018; Cass. Cass. 8598/2018, Cass. 38264/2021, Cass. 7357/2022 e Cass. 8406/2022; Cass. 32216/2022; Cass. 26003/2023).
Pertanto, la domanda cumulativa per la quale sia invocabile il foro del consumatore non può esser devoluta ad un giudice che risulti territorialmente diverso da quello individuato ai sensi dell’art. 33, comma secondo, lettera u) del Codice del consumo.
Nel caso in cui l’ufficio che ha conosciuto per ultimo della lite non abbia competenza anche in relazione al foro del consumatore, quest’ultimo criterio esclude l ‘applicazione dell’art. 14 , comma secondo, d.lgs. 150/2011 e del principio elaborato da Cass. s.u. 4247/2020.
Non può difatti dichiararsi la competenza di altra Corte d’appello (nella specie di Catania) nel cui distretto ricada il luogo di residenza del convenuto ai sensi dell’art. 33, secondo comma, lettera u) , d.lgs. 205/2006, per la decisiva considerazione che tale ufficio, sebbene di pari grado, non ha mai conosciuto della causa (e non potrebbe mai vantare una migliore visione d’insieme dell’attività professionale espletata), che invece si è svolta dinanzi ad altro giudice d’appello ; non pare difatti ammissibile enucleare in via interpretativa una regola di competenza che appare oggettivamente diversa da quella codificata dall’art. 14 del decreto sulla semplificazione dei riti civili (per come interpetrato dalle S.U.), in base alla quale la lite verrebbe devoluta non al giudice adito per ultimo, ma ad un giudice di pari grado poiché avente competenza per il luogo di residenza del consumatore.
L’intera causa va quindi rimessa al Tribunale territorialmente competente ai sensi dell’art. 33, comma secondo, lettera u), del d.lgs. 205/2006, restando comunque precluso il frazionamento della domanda, in assenza di un concreto interesse alla sua trattazione in separati giudizi (cfr., Cass. 32216/2022; Cass. 26003/2023; per l’analoga soluzione nel caso della domanda cumulata proposta secondo il rito sommario codicistico ai sensi dell’art. 702 bis e ss. c.p.c.: Cass. s.u. 4485/2018 , par. 16, pagg. 42 e ss.).
In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo; l’ordinanza impugnata deve essere revocata in relazione al motivo accolto e va dichiarata la competenza del Tribunale di Catania per l’intera controversia,
dinanzi al quale sono rimesse le parti con termine di legge per la riassunzione. Spese all’esito.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso per revocazione, dichiara assorbito il secondo, revoca l’ordinanza impugnata e dichiara la competenza del Tribunale di Catania per l’intera controversia, dinanzi al quale rimette le parti, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità, con termine di legge per la riassunzione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda