Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21620 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21620 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10845/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avv. NOME COGNOME ricorrente – contro
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 153/2021 della Corte d’Appello di L’Aquila , depositata il 2.2.2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (in seguito incorporata da RAGIONE_SOCIALE) chiese ed ottenne decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Spoltore per il pagamento d i € 220.557,56, in linea capitale, quale corrispettivo per servizi di progettazione, direzione lavori, coordinamento della sicurezza, rilievi planimetrici e indagini geognostiche, resi in relazione a lavori necessari ed urgenti di consolidamento, a seguito degli eventi alluvionali verificatisi in quel Comune nel gennaio del 2003.
Il Comune di Spoltore si oppose al decreto e il Tribunale di Pescara, nel contraddittorio delle parti, revocò il decreto ingiuntivo e condannò l’ente territoriale al pagamento del minore importo capitale di € 75.349,21.
La Corte d’Appello di L’Aquila, decidendo sull’appello principale del Comune e su quello incidentale della società, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarò la nullità del contratto stipulato tra le parti, per il difetto di forma scritta ad substantiam , e rigettò integralmente la domanda di RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima ha quindi proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il Comune di Spoltore si è difeso con controricorso.
Entrambe le parti hanno inoltre depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione o falsa applicazione degli artt. 16 e 17 r.d. 18.11.1923, n. 2440 in combinato disposto con gli artt. 1326 e 1362 c.c., con l’art. 27, comma 9, d.lgs. n. 77 del 25.2. 1995, nonché con l’art. 117 del d.lgs. n. 267 del 2000; violazione o falsa applicazione degli artt.
1 e 12 OPCM n. 3281 del 18.4.2003 in relazione all’art. 191, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000».
Secondo la ricorrente, la decisione della Corte d’Appello sarebbe errata sotto due profili: da un lato, per avere negato la sussistenza della forma scritta del contratto, anche con riguardo all’elemento essenziale della determinazione del corrispettivo; dall’altro lato, per avere ritenuto necessari o un correlativo impegno di spesa con autonoma voce nel bilancio dell’ente pubblico, nonostante si trattasse di prestazioni rese nell’ambito di una situazione emergenziale e in esecuzione di quanto previsto nell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (O.P.C.M.) del 18.4.2003.
2. Il motivo è infondato.
2.1. L’aspetto essenziale è quello che riguarda la forma scritta del contratto, la cui necessità ad substantiam non è messa in discussione dalla società ricorrente, in ossequio a quanto previsto dagli artt. 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923 (v., ex multis , Cass. nn. 8574/2023; 11465/2020).
È bene premettere che tale speciale disciplina sulla forma dei contratti della pubblica amministrazione (che deroga al generale principio della libertà della forma: art. 1325, n. 4, c.c.) non venne derogata dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3281 del 18.4.2003, che autorizzò la deroga, insieme alle disposizioni di altre leggi, al «decreto 18 novembre 1923, n. 2440, articoli 3, 5 e 6, comma 2, ed articoli 7, 8, 11, 13, 14, 15, 19, 20 e 36»; quindi con chiara esclusione degli artt. 16 e 17, che qui vengono in rilievo.
2.2. Nemmeno è in discussione che la forma scritta deve investire tutti gli aspetti essenziali del contratto e, tra questi, il
corrispettivo previsto per le prestazioni rese dal soggetto privato.
La Corte d’Appello ha conseguentemente osservato che la determina dirigenziale n. 226 del 24.8.2004, sebbene sottoscritta per accettazione dall’amministratore delegato della allora RAGIONE_SOCIALE non era idonea ad integrare la forma scritta del contratto, innanzitutto perché «manca la determinazione del compenso, che non può essere determinabile aliunde con riferimento alle tabelle dei professionisti od alla determinazione del giudice».
In tal modo la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui « Nei contratti in cui è richiesta la forma scritta ad substantiam , l’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile sulla base degli elementi risultanti dal contratto stesso, non potendo farsi ricorso ad elementi estranei ad esso » (Cass. n. 8731/2023).
In proposito, non può essere condivisa la tesi di parte ricorrente secondo cui , nel caso di specie, l’entità del compenso sarebbe stata oggettivamente determinabile in forza di un implicito rinvio al minimo inderogabile della tariffa professionale degli ingegneri e degli architetti. Infatti, da un lato, tale rinvio sarebbe, nel testo della determina, soltanto implicito, derivando dal richiamo dell’art. 50 de l d.P.R. n. 554 del 1999, il quale, peraltro, si limita a dare le definizioni di «prestazioni professionali speciali» (quelle «previste dalle vigenti tariffe professionali non ricomprese in quelle considerate normali») e di «prestazioni accessorie» (quelle «non previste dalle vigenti tariffe»). Dall’altro lato, e in ogni caso, il semplice rinvio alle tariffe professionali non sarebbe sufficiente per considerare il
compenso determinabile sulla base del solo contratto scritto, senza « farsi ricorso ad elementi estranei ad esso ». In tal senso è sufficiente constatare che la ricorrente aveva preteso in primo grado un diverso corrispettivo contrattuale, proponendo anche appello incidentale contro la sentenza di primo grado «nella parte in cui liquidava il rimborso forfettario delle spese nella misura del 30%» (pag. 4 del ricorso per cassazione; profilo ripreso alle pagg. da 17 a 20 del controricorso).
2.3. In tale contesto, assume rilievo anche l ‘ ulteriore considerazione utilizzata da lla Corte d’Appello per negare la sussistenza della forma scritta ad substantiam , ovverosia il fatto che l’art. 6 della determina «prevedeva espressamente di ‘rinviare a successivo atto di propria competenza la predisposizione e l’adozione di ogni atto correlato e consequenziale alla presente determinazione, quale la convenzione di incarico da stipulare a seguito della regolarità della documentazione indicata nel precedente punto 5’» .
2.4. In definitiva, fermo restando che l’interpretazione del contratto attiene al l’apprezzamento del fatto ed è riservata al giudice del merito, si deve escludere che nel caso in esame la Corte aquilana, dichiarando la nullità del contratto, abbia violato le norme di diritto indicate dalla ricorrente.
2.5. L’accertata assenza d ella forma prescritta dalla legge per i contratti della pubblica amministrazione è da sola sufficiente a sostenere la decisione che ha dichiarato la nullità del contratto per cui è causa, escludendo qualsiasi autonoma rilevanza all’ulteriore profilo pure evidenziato nella sentenza ed oggetto di censura con il motivo di ricorso -della mancanza di un preventivo impegno di spesa o, comunque, data la
situazione emergenziale, di una successiva ratifica dell’attività contrattuale conclusa, con iscrizione tardiva ed integrazione delle note di bilancio.
È dunque superfluo osservare che effettivamente, in tal modo, la Corte territoriale ha richiamato la procedura prevista dall’art. 1 91, comma 3, del d.lgs. n. 267 del 2000 («Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l ‘ ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell ‘ anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione»), la quale però rientra tra le disposizioni di legge di cui l’ art. 12 della O.P.C.M. n. 3281 del 18.4.2003 espressamente aveva autorizzato la deroga.
Rigettato il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità , liquidate in € 8.200 per compensi, oltre alle spese generali al 15% , ad € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima