Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22988 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22988 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27168/2022 R.G. proposto da:
COGNOME in qualità di titolare della DITTA RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale avv.EMAIL
-ricorrente-
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE MEZZOGIORNO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALEe dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale in EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1480/ 2022, depositata il 06/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, impugna per cassazione la sentenza n. 1480/2022, pubblicata il 7.4. 2022, della Corte d’Appello di Napoli, che aveva riformato la sentenza di primo grado con cui l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno era stato condannato a pagare alla ditta RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 36.069,03, oltre accessori quale corrispettivo per la fornitura e posa di un ascensore.
Il Tribunale aveva ritenuto, all’esito dell’istruttoria testimoniale, che tra le parti non fosse stato stipulato un contratto scritto, avendo le stesse convenuto solo verbalmente i lavori da eseguire, di cui era stata pagata in acconto solo una parte, residuando il saldo oggetto della condanna per le opere murarie eseguite.
La Corte d’Appello di Napoli, adita col gravame proposto dall’Istituto Zooprofilattico, che aveva censurato la ritenuta tardività delle eccezioni di nullità della citazione per carenza della vocatio in ius e quella sulla stipula in forma scritta del contratto, riformava la sentenza del primo giudice e, ritenuto inammissibile il motivo con il quale era stata appellata la sentenza, nella parte in cui aveva ritenuto il contratto stipulato in forma verbale, rigettava la domanda per mancanza della forma scritta del contratto, ritenuta necessaria ex artt. 16 e 17 R.D. 2440/1923 per i contratti con la Pubblica Amministrazione.
Con il ricorso per cassazione notificato il 6.11.2022, la sentenza d’appello pubblicata il 7.4.2022 è censurata dal COGNOME sulla base di quattro motivi, cui resiste l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno con controricorso illustrato da memoria ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’importo oggetto della condanna di primo grado era stato imputato a corrispettivo delle opere murarie eseguite per la fornitura e posa in opera di un ascensore, quest’ultima retribuita con l’importo, saldato, di euro 30.800,00.
4.1. Ad avviso del ricorrente, l’affermazione era smentita dal contenuto delle determinazioni dirigenziali riguardanti la variante oggetto di causa e l’importo era da qualificarsi quale saldo dell’incarico scritto di fornitura e posa dell’impianto ascensore.
4.2. Il motivo, che attinge la qualificazione in fatto svolta dalla Corte territoriale sulla scorta della sentenza del Tribunale che aveva affermato che le parti non avevano stipulato un atto scritto, è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366, n. 4 e n. 6 cod. proc. civ. Si censura infatti l’interpretazione del contratto, senza trascrivere né il contratto, né la variante.
Con il secondo motivo si censura la sentenza d’appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n.5 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale escluso la forma scritta del contratto, nonostante esistessero delibere dirigenziali (n. 282/2016 e 307/2016), certificato di regolare esecuzione (27.7.2006), fatture regolarmente emesse e parzialmente pagate, e dichiarazioni della stessa controparte che avevano ammesso l’esistenza di un incarico scritto.
5.1. Rilevato che, secondo il ricorrente, lo stesso committente avrebbe riconosciuto di aver ordinato la variante con determinazioni dirigenziali, la censura è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366, n. 4 e n.6 cod. proc. civ., poiché non viene indicato in quale fase ed atto avrebbe avuto luogo il riconoscimento, ed in ogni caso le determinazioni hanno natura di atto interno.
Con il terzo motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., l’erronea interpretazione del contratto di appalto: la Corte territoriale ha considerato la variante
come estranea al contratto principale, ignorando che le varianti sono ammesse per legge (art. 136 D.P.R. n. 554/1999) se giustificate da esigenze progettuali.
6.1. La censura è parimenti inammissibile, perché attinge la ricostruzione in fatto, peraltro non contestata in appello dall’odierno ricorrente.
6.2. Inoltre, posto che la variante può essere concordata tra le parti con idonea procedura, la censura è pure inammissibile per difetto di specificità, ex art. 366, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ., dal momento che non viene precisata la procedura a tal fine seguita (il cui espletamento non esclude peraltro la necessità della sottoscrizione di un atto di sottomissione), né la fase e l’atto in cui è stata dedotta tale circostanza.
Con il quarto motivo si censura, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., per contraddittorietà interna la sentenza: la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di appello, proposto dall’Istituto RAGIONE_SOCIALE, con il quale si deduce essere errata la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto stipulato il contratto in forma verbale per mancanza di specificità, ma ha poi comunque deciso nel merito sulla questione della forma scritta, violando la coerenza logico-giuridica.
7.1. La censura è inammissibile per difetto di pertinenza, oltre che per difetto di specificità ex art. 366, n. 4 cod. proc. civ.
7.2. Deve rilevarsi, infatti, che mentre la sentenza di primo grado ha ritenuto valido il contratto, nonostante l’avvenuta stipulazione dello stesso in forma orale, la sentenza di appello ha ritenuto non specifico il motivo di gravame con cui si contestava l’avvenuta stipulazione in forma orale, ma ha escluso la validità di tale stipulazione. Ciò posto, il motivo non attinge quindi la ratio decidendi della sentenza qui impugnata .
7.3. Depone a conferma dell’inammissibilità in tal senso il rilievo che parte controricorrente – che ha depositato memoria illustrativa
-ha rimarcato nel controricorso che parte ricorrente avrebbe allegato fin dal primo grado che l’accordo alla base del credito azionato era solo verbale. Ed infatti non solo non risulta aver impugnato la sentenza di primo grado sul punto, ma anzi risulta dalla sentenza d’appello che, costituendosi in secondo grado, abbia evidenziato l’inesistenza di un contratto di appalto in forma scritta, e che ciò aveva trovato conferma nelle deposizioni testimoniali.
Va, quindi, conclusivamente dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
In applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in euro 4.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025.