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Forma scritta appalto pubblico: la decisione della Corte

Una ditta esegue lavori per un ente pubblico sulla base di accordi verbali e parziali pagamenti, ma si vede negare il saldo. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, dichiara inammissibile il ricorso della ditta, ribadendo il principio fondamentale che la forma scritta in un appalto pubblico è un requisito di validità del contratto. In assenza di un atto scritto, il contratto è nullo e nessuna pretesa di pagamento può essere avanzata.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Forma Scritta Appalto Pubblico: Perché un Accordo Verbale Non Basta

L’importanza della forma scritta in un appalto pubblico è un pilastro del nostro ordinamento, posto a garanzia della trasparenza e della corretta gestione delle risorse pubbliche. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito con forza questo principio, respingendo le pretese di un’impresa che aveva eseguito lavori per un ente pubblico sulla base di accordi non formalizzati in un contratto scritto. Analizziamo questa decisione per capire le implicazioni pratiche per le aziende che operano con la Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso: Lavori Eseguiti ma Pagamento Negato

Una ditta individuale aveva realizzato lavori di fornitura e posa di un ascensore per un Istituto pubblico. A fronte di un pagamento parziale, l’ente si era rifiutato di saldare l’importo rimanente, pari a circa 36.000 euro. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione all’impresa, condannando l’ente al pagamento. La decisione si basava sulle testimonianze raccolte, da cui emergeva che le parti avevano concordato verbalmente i lavori, di cui era stato versato solo un acconto.

La Decisione della Corte d’Appello e la Forma Scritta nell’Appalto Pubblico

La situazione si è capovolta in secondo grado. La Corte d’Appello, accogliendo il ricorso dell’ente pubblico, ha completamente riformato la sentenza. I giudici hanno stabilito che i contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione devono obbligatoriamente avere forma scritta, pena la nullità. Questa regola, sancita da una normativa storica (R.D. 2440/1923), serve a garantire che la volontà dell’ente sia chiaramente espressa e a consentire i necessari controlli. Di conseguenza, la Corte ha rigettato la domanda di pagamento dell’impresa, proprio per la mancanza di un contratto scritto.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’impresa ha portato il caso davanti alla Corte di Cassazione, contestando la decisione d’appello su diversi fronti. Sostanzialmente, il ricorrente lamentava un’errata interpretazione dei fatti e delle prove, sostenendo che l’esistenza di un incarico scritto potesse essere desunta da altri documenti, come delibere dirigenziali, fatture e certificati di regolare esecuzione. Inoltre, criticava la sentenza d’appello per una presunta contraddittorietà interna.

Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità e Principio di Diritto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito della questione, ma confermando in modo inequivocabile il principio di diritto applicato dalla Corte d’Appello. I giudici hanno rilevato che i motivi del ricorso erano generici e non rispettavano i requisiti di specificità richiesti dalla legge (art. 366 c.p.c.). Il ricorrente, infatti, aveva censurato l’interpretazione del contratto senza però trascrivere né il contratto stesso né altri documenti rilevanti, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza delle sue critiche.

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un concetto fondamentale: nei contratti con la Pubblica Amministrazione, la forma scritta è richiesta ad substantiam, ovvero come elemento essenziale per la validità stessa del contratto. Non è possibile superare la mancanza di un documento contrattuale formale attraverso prove indirette come testimonianze, fatture o atti interni dell’amministrazione (delibere). L’accordo verbale è, semplicemente, nullo e non produce alcun effetto giuridico.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per le Imprese

La decisione in esame è un monito per tutte le imprese che lavorano o intendono lavorare con enti pubblici. Non si può mai fare affidamento su accordi verbali, promesse o pratiche consolidate. Prima di iniziare qualsiasi prestazione, è indispensabile assicurarsi di avere in mano un contratto regolarmente redatto in forma scritta e sottoscritto da chi ha il potere di rappresentare l’ente. In assenza di questo requisito fondamentale, il rischio di eseguire lavori e non essere pagati è altissimo, poiché nessuna azione legale potrà sanare la nullità del rapporto contrattuale.

Un contratto stipulato verbalmente con la Pubblica Amministrazione è valido?
No, la Corte ha ribadito che i contratti con la Pubblica Amministrazione richiedono la forma scritta per la loro validità (ad substantiam), come previsto dagli artt. 16 e 17 del R.D. 2440/1923. Un accordo verbale è giuridicamente nullo e non produce effetti.

È possibile dimostrare l’esistenza di un contratto con la P.A. tramite fatture, testimoni o delibere interne?
No, secondo quanto emerge dalla sentenza, l’esistenza di delibere interne dell’ente, fatture emesse o testimonianze non sono sufficienti a superare la mancanza della forma scritta del contratto, che rimane un requisito essenziale e non surrogabile.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di specificità. I motivi presentati dall’azienda non erano sufficientemente dettagliati come richiesto dall’art. 366 del codice di procedura civile e miravano a una revisione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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