Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17721 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 17721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1971/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale:
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-ricorrente-
contro
NOME COGNOME quale Commissario giudiziale del concordato minore di NOME COGNOME
-intimato- avverso il DECRETO di TRIBUNALE PALERMO in RG n. 101-2/2023 depositato il 18/12/2023;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’ inammissibilità con formulazione di principi di diritto ex art. 363 c.p.c.;
sentito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con decreto del 3 maggio 2023 il Giudice delegato del Tribunale di Palermo ha disposto l’apertura della procedura di concordato minore dell’avv ocato NOME COGNOME nominando l’avv. NOME COGNOME quale Commissario giudiziale, in sostituzione dell’OCC precedentemente incaricato dal proponente . Quindi, acquisito il parere del commissario , tra l’altro, sulla mancanza di un fondo spese per i costi di trascrizione del decreto di apertura, con successivo decreto del 30 giugno 2023 ha assegnato al proponente termine perentorio di quindici giorni per il versamento a tale titolo della somma di € 5.000,00.
1.1. -Con decreto del 18 luglio 2023 il giudice delegato ha rigettato l’istanza di revoca del provvedimento di costituzione del fondo spese -che il proponente chiedeva porsi ‘ a carico del piano ‘ , fermo restando il proprio impegno a sostenere tutte le spese via via necessarie -ritenendo che lo stesso, sebbene non espressamente previsto negli articoli 74-83 c.c.i.i., fosse comunque dovuto in forza del richiamo alle disposizioni sul concordato preventivo, in quanto compatibili, contenuto nell’art. 74, comma 4, c.c.i.i.
1.2. -In data 15 settembre 2023 il ricorrente ha presentato ulteriore istanza di rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c. (rispetto a quella già ottenuta dal giudice delegato con provvedimento del 31 agosto 2023), per provvedere al deposito del fondo spese. Con successiva memoria del 4 ottobre 2023 il ricorrente -fermo restando quanto esposto nell’istanza di concessione del termine per l’integrazione del piano e nell’istanza di rimessione in termini riguardo il versamento della somma -ha chiesto di riconsiderare la costituzione del fondo spese e, in subordine, di autorizzarne il versamento rateale.
1.3. -Con decreto del 24 ottobre 2023 il giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale, ha dichiarato la « improcedibilità della procedura di concordato minore » a causa del mancato rispetto del termine concesso al debitore per il versamento del fondo spese, ritenuto perentorio sulla scorta del combinato disposto degli articoli 74, comma 4, 47, comma 2 lett. d) e 106, comma 2, c.c.i.i.
1.4. -Il ricorrente ha proposto reclamo, chiedendo la prosecuzione della procedura di concordato minore e, in subordine, la riduzione dell’entità del fondo spese , con rimessione in termini ex art. 153, comma 2 c.p.c. per provvedere al suo deposito.
1.5. -Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Palermo ha rigettato il reclamo.
1.5.1. -In primo luogo, ha ritenuto che la differente disciplina dell’attività del commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo e in quella di concordato minore non renda incompatibili in quest’ultima, ai sensi del l’art. 74 , comma 4, c.c.i.i., le disposizioni sulla perentorietà del termine per il deposito del fondo spese dettate nella prima, essendo comuni alle due procedure l’esigenza di garantirne lo svolgimento senza ostacoli di ordine economico e la ratio di assicurare la serietà e sostenibilità della proposta concordataria, sebbene nel concordato minore l ‘ esecuzione sia affidata al debitore e non al commissario giudiziale, cui spetta un ruolo di mera vigilanza. Di qui la ritenuta applicabilità del combinato disposto degli artt. 106 comma 2, 47 comma 2 lett. d) e 44 comma 2 c.c.i.i. e la legittimità della revoca del decreto di apertura del concordato minore per il mancato deposito del fondo spese, nel termine perentorio assegnato dal giudice.
1.5.2. -In secondo luogo, il tribunale ha ritenuto non meritevole di accoglimento l’istanza di rimessione in termini, atteso che la disposizione dettata dall’art. 106 , c.c.i.i. prevede la revoca del decreto di apertura del concordato qualora il debitore non abbia effettuato tempestivamente il deposito del fondo spese previsto dall’art. 47 , comma 2, lett. d) c.c.i.i., e un ulteriore accoglimento della seconda istanza di rimessione in termini, per le stesse ragioni addotte a giustificazione della prima (mancata riscossione di crediti professionali), avrebbe comportato una ulteriore dilazione, incompatibile con la ratio della disposizione.
1.5.3. -Infine, il tribunale ha respinto il reclamo anche relativamente all’istanza di riduzione del fondo spese, tenuto conto della sua congruità in ragione dell’elevata esposizione debitoria (€ 2.368.536,66) e della prevista attività di liquidazione dei beni.
1.6. –NOME COGNOME ha impugnato la decisione con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. in due motivi.
1.7. -L’intimato commissario giudiziale non ha svolto difese.
1.8. -Il P.M. ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con richiesta di formulazione dei seguenti principi di diritto, ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c.:
« Nel concordato minore va affermata l’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. non solo nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di contenuto latamente omologatorio, ma anche nei casi in cui, a prescindere dalla formula lessicale utilizzata (improcedibilità e/o inammissibilità della domanda e/o della proposta), il giudice abbia emesso un provvedimento sostanzialmente riconducibile ad un diniego di omologazione. Ammissibilità che va esclusa per quei provvedimenti, pur successivi al decreto di apertura della procedura di cui all’art. 78 C.C.I.I., che sono sostanzialmente riconducibili ad una revoca dell’ammissione, per le ragioni che avrebbero dovuto condurre alla declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 77 C.C.I.I. »; ii) « In tema di concordato minore, il giudice non può imporre al debitore, a pena di inammissibilità e/o improcedibilità della domanda, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura ».
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. è inammissibile perché rivolto contro un provvedimento -il rigetto del reclamo avverso la declaratoria di improcedibilità del concordato minore -che difetta di decisorietà.
2.1. -Sul punto il ricorrente deduce espressamente che il decreto impugnato rivestirebbe il carattere della decisorietà e della definitività « poiché regola in modo incontrovertibile lo stato di sovraindebitamento del ricorrente incidendo sul suo diritto soggettivo di accedere alla procedura prevista dal Codice della Crisi D’Impresa e dell’Insolvenza e non è soggetto a ulteriore gravame », osservando che « la mancata risoluzione della problematica di diritto oggetto della pronuncia impugnata col presente ricorso
precluderebbe la riproposizione di un nuovo piano concordatario da parte del ricorrente, riproponendosi la stessa problematica in caso di presentazione di una nuova istanza di accesso alla procedura ».
La tesi non è condivisibile.
2.2. -In tema di concordato preventivo, risponde a consolidato indirizzo nomofilattico di questa Corte che il decreto con cui il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato, ai sensi dell’art. 162, comma 2, l.fall. (eventualmente, anche a seguito della mancata approvazione della proposta, ai sensi dell’art. 179, comma 1 l.fall.), ovvero revoca l’ammissione alla procedura di concordato, ai sensi dell’art. 173 l.fall., senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, non è soggetto a ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., non avendo carattere decisorio, in quanto, non decidendo nel contraddittorio tra le parti su diritti soggettivi, non è idoneo al giudicato (Cass. Sez. U, 27073/2016; conf. ex plurimis Cass. 211/2019, 22442/2021).
2.3. -Lo stesso indirizzo è stato adottato in tema di procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, sul rilievo che, ove la proposta di accordo sia dichiarata inammissibile, «il provvedimento del giudice non ha natura decisoria, atteso che non decide su diritti contrapposti, e dunque non è ricorribile in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., mentre sono ricorribili ai sensi del predetto articolo i provvedimenti resi in sede di reclamo avverso l’omologazione della proposta o il suo diniego, atteso che essi integrano una decisione su diritti soggettivi contrapposti resa nel contraddittorio delle parti e divengono come tali suscettibili di tendenziale stabilizzazione equipollente a un giudicato allo stato degli atti» (Cass. 30529/2024; negli stessi termini Cass. 22797/2023, 4442/2024, 11448/2025, 11451/2025).
2.4. -Non v’è ragione per cui i medesimi principi non debbano valere anche nella procedura di concordato minore disciplinata dal Codice della crisi e dell’insolvenza, ove perciò devono ritenersi ricorribili per cassazione solo i provvedimenti che -a prescindere in concreto dalla formula lessicale utilizzata -decidendo su diritti soggettivi contrapposti, nel contraddittorio delle parti, affermano o
negano l’ omologabilità della proposta, e non anche quelli che, in ogni fase della procedura, si limitano a rilevarne l’inammissibilità o improcedibilità.
-Per completezza va altresì rilevato d’ufficio il difetto di legittimazione passiva dell’intimato commissario giudiziale, poiché le controparti da intimare sarebbero state, semmai, i creditori del proponente. Ne consegue un ulteriore profilo di concorrente inammissibilità del ricorso, per come non notificato ad alcun soggetto legittimato (v. Cass. 26399/2021 in tema di revoca del commissario giudiziale di concordato preventivo; cfr. Cass. Sez. U, 12925/2014 e 4209/1982 in materia disciplinare; Cass. 8291/2005 nei procedimenti in camera di consiglio).
-Nonostante l’inammissibilità del ricorso , il Collegio reputa opportuno formulare un principio di diritto nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., stante la rilevanza nomofilattica della questione: se, nel concordato minore e in caso di nomina del commissario giudiziale, il giudice possa imporre il deposito di un fondo spese di procedura e se, in caso positivo , all’inottemper anza della parte segua una necessaria statuizione di improcedibilità o analogo atto di arresto della procedura.
A tale quesito complessivo il Collegio ritiene di dare risposta negativa per la seconda vicenda tratteggiata.
-Viene qui in rilievo l’applicabilità al concordato minore del combinato disposto de ll’ att. 106, comma 2, e dell’art. 47, comma 2, lett. d), c.c.i.i., laddove prevedono, nel concordato preventivo, che il mancato deposito del fondo spese entro il termine perentorio stabilito dal tribunale comporta la revoca del decreto di apertura della procedura ex art. 47 c.c.i.i.
Il criterio regolatore della fattispecie risiede nell ‘art. 74, comma 4, c.c.i.i. in base al quale, «per quanto non previsto nella presente sezione» (concordato minore), «si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo» (concordato preventivo) «in quanto compatibili».
I presupposti per l’applicazione delle norme sul concordato preventivo al concordato minore sono quindi due: i) la mancanza di
una specifica disciplina (lacuna); ii) la compatibilità delle disposizioni tratte dal diverso plesso normativo con la disciplina e la ratio del l’istituto di riferimento (clausola di compatibilità).
5.1. -La presenza di questo esplicito criterio regolatore supera il più generale meccanismo integrativo dell’analogia contemplato dall’art. 12, comma 2, preleggi, in base al quale, quando una controversia non può essere decisa in base ad una specifica disposizione -da interpretarsi, ai sensi del comma 1, secondo i canoni ermeneutici letterale, sistematico, teleologico e storico -il giudice deve ricorrere innanzitutto alla analogia legis , al fine di estendere al caso non previsto la norma positiva dettata per casi simili o materie analoghe, e poi, ove permanga il dubbio interpretativo, alla analogia iuris , attingendo ai principi generali dell’ordinamento giuridico ( ex multis , Cass. 15790/2023).
Difatti, lo strumento della interpretazione analogica presuppone l’individuazione di una lacuna nell’ordinamento e la conseguente necessità di colmarla, ricorrendo all’applicazione di una norma che disciplina un caso simile, di cui si possa argomentare un’associazione secondo il criterio della eadem ratio (Cass. 2852/2002, 9549/2025), mentre nella specie è la stessa legge a dettare una norma di raccordo, individuando l’istituto più affine cui attingere per colmare eventuali vuoti normativi, rimettendo in ogni caso all’interprete la valutazione della compatibilità delle norme da importare nel comparto di riferimento.
Vale in ogni caso l’ammoni mento delle Sezioni unite di questa Corte che il ricorso all’analogia non può mai giustificarsi in funzione ‘creativa’ da parte del giudice , in quanto « non semplicemente perché una disposizione normativa non preveda una certa disciplina, in altre invece contemplata, costituisce ex se una lacuna normativa, da colmare facendo ricorso all’analogia ai sensi dell’art. 12 preleggi » (Cass. Sez. U, 38596/2021; conf. Cass. 6850/2025).
5.2. -Ebbene, l ‘ istituto del concordato minore, pur essendo stato dal legislatore delle riforme differenziato dal l’accordo di ristrutturazione dei debiti disciplinato dalla l. n. 3 del 2012 sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, e progressivamente assimilato al concordato preventivo nel Codice della crisi d’impresa
e dell’insolvenza , risulta tuttavia caratterizzato, rispetto a quest’ultimo, da una significativa semplificazione procedurale, giustificata dalla minore entità o comunque tipologia della crisi che si prefigge di regolare, quale strumento dedicato alle imprese minori, alle imprese agricole e alle start-up innovative, oltre che ai professionisti (come nel caso in esame).
5.3. -Il primo tratto di questa minore entità e diversità è la netta distinzione di ruolo tra l’organo tramite il quale il debitore è tenuto a presentare la proposta di concordato minore -l’OCC e il commissario giudiziale che deve essere necessariamente nominato nel concordato preventivo, i cui compiti e funzioni divergono notevolmente dal primo, sotto il profilo qualitativo e quantitativo.
Difatti, nel concordato preventivo il commissario può essere nominato sin dalla fase del deposito della domanda ‘con riserva’, per svolgere i compiti di cui all’art. 44, comma 1, lett. b) c.c.i.i., ed è gravato da numerose e complesse funzioni lungo tutto l’iter e nelle varie fasi della procedura (v. artt. 92, 94, 95, 99, 103, 104, 105, 106, 107, 110, 114, 118, 118-bis, 119, 120).
Nel concordato minore, invece, il commissario giudiziale può essere nominato solo ai sensi dell’art. 78, comma 2-bis c.c.i.i. -comma introdotto al dichiarato scopo di dare attuazione anche nel concordato minore all’art. 5, par. 3 della direttiva (UE) 2019/1023, di cui ripete sostanzialmente i casi delle corrispondenti lettere a), b) e c) -e cioè quando « a) è stata disposta la sospensione generale dalle azioni esecutive e cautelari e la nomina appare necessaria per tutelare gli interessi delle parti » (come nel caso in esame), o « b) è proposta domanda di concordato in continuità aziendale con omologazione da pronunciarsi ai sensi dell’articolo 112, comma 2 » o infine « c) la nomina è richiesta dal debitore ».
Quella nomina non comporta uno stravolgimento di ruoli, poiché, « a partire da quel momento », il commissario giudiziale dovrà semplicemente svolgere, né più né meno, « le funzioni dell’OCC », che avrà già provveduto a redigere la fondamentale « relazione particolareggiata » da allegare alla domanda del debitore, ai sensi dell’art. 76, comma 2 c.c.i.i.
I compiti del commissario giudiziale così nominato in sostituzione dell’OCC si circoscrivono allora, sostanzialmente, alla vigilanza sull’esecuzione del piano omologato, effettuata a cura e spese del debitore -che provvede « alle vendite e alle cessioni, se previste dal piano (…) tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzat i, sotto il suo controllo e con la collaborazione dell’OCC , sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati » -dovendo egli riferire per iscritto al giudice ogni sei mesi sullo stato dell’esecuzione , dare eventualmente parere sulla conformità degli atti compiuti al piano e, terminata l’esecuzione, presentare la relazione finale.
Certo è che l’esecuzione del concordato minore è affidata al debitore, non essendo nemmeno previsto che il tribunale possa « attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti », come prevede l’art. 118 comma 4 c.c.i.i. nel concordato preventivo.
Peraltro, con il d.lgs. 13 settembre 2024 n. 136 il legislatore ha ulteriormente ridotto i compiti dell’OCC e del commissario giudiziale nominato in sua sostituzione, eliminando l’obbligo di « segnalare al giudice ogni fatto rilevante ai fini della revoca dell’omologazione », prima previsto dal quarto comma de ll’art. 82 c.c.i.i., ora abrogato.
5.4. -La diversità di funzioni e compiti svolti dal commissario giudiziale nel concordato preventivo e nel concordato minore esclude che debba essere necessariamente importato in quest’ultimo l’intero statuto normativo riservato nel primo all’organo concorsuale, specie sotto il profilo dei compensi.
Difatti, la maggiore semplicità della procedura di concordato minore e i ben più penetranti compiti svolti dal commissario giudiziale nel concordato preventivo ben giustificano un differente regime sulle spese e i compensi spettanti allo stesso commissario.
Non è un caso che l’art. 81 c.c.i.i. preveda la liquidazione del compenso all’OCC , così come del commissario giudiziale, solo « se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito » (comma 4) e
tenendo conto della diligenza impiegata nello svolgimento dell’incarico (comma 6).
Va allora detto, in corrispondenza positiva alla prima parte della questione tematizzata, che in linea generale la costituzione di un fondo spese è compatibile con lo svolgimento delle operazioni e il rispetto delle relazioni fra organi anche del concordato minore, posto che esso mira a garantire l ‘avanzamento della procedura senza ostacoli di ordine economico in relazione alle spese occorrenti, compreso il compenso del commissario giudiziale che sia stato nominato in sostituzione dell’OCC . Non sussistono dunque impedimenti che, in relazione alla citata nomina sostitutiva e in applicazione di un istituto presente nel concordato maggiore, il giudice fissi al debitore il versamento di una somma che qualifichi la tipologia di controllo sulla procedura, evidentemente di ritenuto raccordo più opportuno con le prerogative di selezione professionale fiduciaria assunte dal giudice stesso.
5.5. -Un altro aspetto importante e più direttamente legato al secondo interrogativo posto dalla questione può ora essere rimarcato.
Analizzando il diverso contenuto dei decreti di apertura del concordato preventivo (art. 47, comma 2) e del concordato minore (art. 78, commi 1 e 2) alla luce delle diverse caratteristiche dei due istituti, emerge che nel concordato minore il decreto è alquanto dettagliato e dunque non pare costituire una dimenticanza, o comunque una omissione da consegnare al rinvio ex art. 74 comma 4 c.c.i.i., la mancata previsione del termine perentorio imposto nel concordato preventivo per il deposito della « somma ulteriore rispetto a quella versata ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), pari al 50 per cento delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura ovvero la diversa minor somma, non inferiore al 20 per cento di tali spese, che sia determinata dal tribunale ».
Infatti, per un verso si tratta di una disposizione testualmente agganciata all’ istituto del concordato preventivo ‘con riserva’, che è estraneo al concordato minore, come ribadito dal d.lgs. n. 136 del 2024, che lo ha espressamente escluso dal novero delle disposizioni del titolo III che l’art. 65, comma 2, c.c.i.i. dichiara applicabili –
sempre per quanto non specificamente previsto, e in quanto compatibili -nelle varie procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui al capo II, come il concordato minore.
Per altro verso, più decisivamente e così nella prospettiva di scrutinio del l’apposito regime specifico delle inammissibilità, questo risulta compiutamente disciplinato nel concordato minore dall’art. 77 c.c.i.i., che annovera una serie di cause di diversa natura, processuale e sostanziale, quali il mancato deposito dei documenti previsti dagli artt. 75 e 76, il difetto dei requisiti dimensionali dell’impresa minore ex art. 2, comma 1, lett. d), una precedente esdebitazione infraquinquennale o l’avvenuta fruizione del relativo beneficio per due volte, e infine il compimento di atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. Si tratta di previsioni che scoraggiano, tenuto conto della severità descrittiva cui debbono corrispondere le norme interruttive de ll’iter del processo concorsuale, la ricerca altrove, e sia pur nel contesto della compatibilità, di ulteriori ragioni di inammissibilità in thesi rimaste inespresse, e perciò tali da integrarsi attraverso l’applicazione di una norma, l’art. 106 c.c.i.i., il cui sostrato è, a ben vedere, alquanto composito.
5.6. -Nel concordato preventivo, invero, l ‘art. 106 (rubricato « atti di frode e apertura della liquidazione giudiziale ») accorpa sotto una medesima sanzione processuale -la revoca dell’apertura della procedura -una serie di fattispecie, regolate nel primo e nel secondo comma, alcune delle quali (in particolare atti di frode, occultamenti, dissimulazioni ecc.) trovano già nel concordato minore una autonoma, completa e diversa disciplina : così all’ art. 77 la inammissibilità della domanda di concordato minore; all’ art. 80, comma 6, la possibilità per creditori e pubblico ministero di presentare istanza di liquidazione controllata in caso di rigetto della domanda di omologa del concordato minore « in caso di frode »; all’ art. 82, comma 1, la revoca dell’ omologazione del concordato minore « quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero quando è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero quando sono state dolosamente simulate attività inesistenti o quando risultano commessi altri atti diretti a frodare i creditori ».
Non sembra allora plausibile che solo per la fattispecie del mancato deposito del fondo spese, contemplata accanto alle altre nell’art. 106, il legislatore abbia abdicato ad una regolamentazione specifica nel concordato minore, per affidarsi al meccanismo di rinvio ex art. 74, comma 4 e proprio collegando solo per questa via la condotta omissiva ad una sanzione nell’iter processuale , figura per la quale la chiarezza normativa delle prospettive di avanzamento della procedura impone, in generale, una caratterizzazione orientata al comando esplicito, se non alla tassatività.
-Riepilogando, il dato sistematico che esclude l’attivazione del meccanismo di rinvio ex art. 74, comma 4, c.c.i.i. è conducente nella sua duplicità e concomitanza.
Appare infatti una precisa scelta del legislatore, da un lato, il non includere, tra i dettagliati contenuti del decreto di apertura della procedura di concordato minore, l’imposizione di un termine perentorio per il deposito di un fondo spese; dall’altro lato, il non annoverare, tra le plurime e variegate ipotesi di inammissibilità della domanda di concordato minore, il mancato deposito di un fondo spese per lo svolgimento della procedura.
6.1. -E’ quest a una conclusione cui, in tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012, questa Corte già è giunta affermando che «il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura, potendo semmai disporre acconti sul compenso finale spettante all’organismo di composizione della crisi, ai sensi dell’art. 15 del d.m. n. 202 del 2014, tenendo conto delle circostanze concrete e, in particolare, della consistenza dei beni e dei redditi del debitore in vista della fattibilità della proposta di accordo o del piano del consumatore, anche ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge n. 3 del 2012» (Cass. 34105/2019).
6.2. -Difatti, l’imposizione di oneri economici che pongono una condizione di accesso non espressamente prevista dalla legge finisce per incidere sul diritto del debitore di avvalersi degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, senza che ciò nella vicenda
-sia proporzionatamente giustificabile con l’esigenza di tutelare il diritto al compenso dell’organo concorsuale -OCC o commissario giudiziale -già protetto dal beneficio della prededuzione a norma dell’art. 6, comma 1, lett. a) o lett. d), c.c.i.i.
Il rinvio normativo per compatibilità alle norme sul concordato maggiore appare, per altro verso, razionalmente bilanciato valorizzando il diritto di accesso a un tribunale, garantito dall’art. 6 CEDU (Corte Edu, 28 giugno 2005, Zednik c. Repubblica Ceca , in causa n. 74328/2001; 21 febbraio 2008, Koshina c. Grecia , in causa n. 2602/06) e segnalando come l’istituto in esame, se ripreso fino alla sua finale declinazione quale fattore ostativo alla procedibilità della procedura, non intercetta alcuna indispensabilità di funzionamento. Si può anzi affermare, conclusivamente, che la censurata prospettiva sanzionatoria risulta ostativa al procedere fisiologico del concordato minore, invero già presidiato da una progressività di imposizioni finalizzate al medesimo scopo di assicurazione di serietà della iniziativa del debitore.
-Deve infatti aggiungersi -completando la risposta alla prima parte del quesito – che il legislatore, pur scegliendo di non includere tra le ragioni di inammissibilità o improcedibilità del concordato minore il mancato deposito di un fondo spese, non ha certo ritenuto irrilevant e l’inter a figura dei costi della procedura.
E infatti, sebbene il ‘ fondo spese ‘ non sia menzionato in una norma del plesso di riferimento, vi è una specifica disposizione, l’art. 76 , comma 2, lett. e), che impone all’OCC di fornire « l’indicazione presumibile dei costi della procedura » nella relazione particolareggiata da allegare alla domanda di concordato minore.
7.1. -Ciò significa che già in sede di valutazione della ammissibilità della domanda, ai sensi dell’art. 78, comma 1 , il giudice può sindacare la congruità della somma così quantificata dall’OCC, in relazione alle risorse del debitore e alle concrete previsioni del piano, tanto più che il decreto legislativo n.136 del 2024 ha integrato la norma con la facoltà per il giudice di « concedere al debitore un termine non superiore a quindici giorni per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti »; e dunque, anche attivando questa fase interlocutoria, ben potrebbe il giudice invitare il debitore
a integrare il piano con un meglio appropriato ‘ fondo spese ‘ , in chiave di rettifica più realistica dei costi della procedura, specie ove sottostimati o carenti della previsione di fattori generativi di plausibili uscite.
In ogni caso, l’aspetto delle spese necessarie per lo svolgimento della procedura rientra a pieno titolo nella valutazione di fattibilità demandata al giudice ai fini dell’omologazione del concordato minore, ex art. 80 c.c.i.i., dovendosi evidentemente valutare la concreta e prevedibile capacità del debitore di pagare quantomeno le spese della procedura funzionali alla completa esecuzione del piano, tenuto conto dell’attivo disponibile.
E ancora, in fase di esecuzione, quando il piano risulti per quello stesso motivo inattuabile, ai sensi dell’art. 82, comma 2, c.c.i.i., ben può il giudice revocare l’omologazione del concordato minore.
-In conclusione viene affermato il seguente principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363 c.p.c.:
‘ In tema di concordato minore, nella specie con prosecuzione dell’attività professionale, per il caso di nomina del commissario giudiziale in sostituzione dell’OCC, ai sensi dell’art. 78 , comma 2-bis, c.c.i.i., il giudice può prescrivere al debitore il deposito di un fondo spese, senza che la sua inottemperanza (ovvero inosservanza del termine assegnato e pur se qualificato come perentorio dal giudice) integri in sé una causa di inammissibilità (o improcedibilità) della domanda, con automatica revoca del decreto di apertura della procedura, ferma la possibilità per il giudice di valutare, anche da tale condotta, la eventuale mancanza di fattibilità del piano alla luce dei costi presumibili della procedura indicati nella relazione particolareggiata dell’OCC ai sensi dell’art. 76, comma 2, lett. e) , c.c.i.i.’ .
-Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso senza statuizione sulle spese, mentre deve darsi atto che sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 363 c.p.c., formula i principî di diritto indicati al punto 8.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28/05/2025.