Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1870 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L   Num. 1870  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
SENTENZA
sul ricorso 4232-2019 proposto da:
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliata  in INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1049/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 25/07/2018 R.G.N. 109/2016;
R.G.N. 4232/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/10/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2024 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito  il  P.M.  in  persona  del  AVV_NOTAIO  Procuratore  AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Milano, in riforma  della pronuncia del Tribunale di Como, ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente  volta  ad  accertare  il  diritto  alle  prestazioni  del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 2 della legge nr. 297 del 1982, in difetto di un provvedimento di formazione giudiziale che riconoscesse il credito.
Il Tribunale aveva, invece, ritenuto che la ricorrente, attraverso le istanze di fallimento respinte per causa a lei non imputabile, si fosse adeguatamente adoperata per il recupero del credito e che la disposizione di cui all’art. 2 della legge nr. 297 del 1982 -che sancisce la necessità dell’esperimento di esecuzione forzata in danno della parte non assoggettabile a fallimentofosse stata nella specie soddisfatta dalla produzione dei bilanci della debitrice dai quali emergeva l’assenza di beni escutibili, circostanza equivalente al presupposto dell’infruttuosa esecuzione stabilito dalla norma.
La  Corte  d’appello,  di contro,  ha  conferito  rilievo decisivo al mancato accertamento giudiziale, in via preventiva, del credito azionato. Ha ritenuto, infatti, che  la lavoratrice,  in  assenza  di  fallibilità  del  debitore,    potesse chiedere l’intervento del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a condizione che il  credito  risultasse  già  accertato,  sulla  base  di  quanto previsto dalla legge. nr. 297 del 1982, art. 2, comma 5, da
un provvedimento giudiziale. Ha escluso che detto accertamento  potesse  effettuarsi, incidenter  tantum ,  nel giudizio intrapreso nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  sulla base del CUD rilasciato alla lavoratrice.
Avverso  la  pronuncia  ha  proposto  ricorso  la  parte indicata in epigrafe, con due motivi, successivamente illustrati con memoria.
5. Ha resistito, con controricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Il  PM,  con  memoria ex art.  378  cod.proc.civ.,  ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. Con il primo motivo, è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della legge nr. 297 del 1997, in relazione agli artt. 2, 3 e 9 della direttiva CE nr. 987 del 1980 per avere la sentenza impugnata negato il diritto di accesso al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in difetto di una azione esecutiva da parte della lavoratrice istante, nonostante la proposizione di atti esecutivi fosse, in concreto, divenuta impossibile. Nello specifico, la società di capitale, datrice di lavoro, era stata cancellata dal registro delle imprese; vi era, pertanto, l’oggettiva impossibilità di ottenere un titolo esecutivo. Non era stato possibile ottenere la dichiarazione di fallimento della società medesima, ai sensi dell’art. 10 della legge fallimentare, perché era decorso più di un anno dalla cancellazione. La proposizione dell’azione espropriativa non era esigibile nei confronti dei soci, nei limiti della ordinaria diligenza, per mancanza e/o insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore.
8. Per la ricorrente, i giudici territoriali avrebbero dovuto ritenere possibile l’accertamento del credito direttamente nel giudizio intrapreso nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e non richiedere la
previa formazione di un titolo giudiziale che riconoscesse e quantificasse il credito.
Il  motivo è infondato nei termini e per le ragioni che seguono.
La peculiarità della fattispecie concreta è data dal fatto  che  il  datore  di  lavoro  insolvente  è  una  società  di capitale, cancellata dal registro delle Imprese e non fallibile ai  sensi  dell’art.  10  della  legge  fallimentare.  Per  i  soci,  è risultata accertata l’incapienza del bilancio finale di liquidazione e quindi l’assenza di un attivo da distribuire.
Ciò posto in fatto, occorre stabilire se, in questo caso, condizione necessaria per agire nei confronti del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, resta comunque la sussistenza di un titolo giudiziale che accerti il credito, nei confronti dei soci, così come ritenuto dalla Corte di appello, o se, invece, come dedotto dalla ricorrente, in tale ipotesi, possa prescindersi dalla previa formazione di un provvedimento giurisdizionale e ottenere , incidenter tantum , direttamente nel giudizio intrapreso nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’accertamento del credito preteso.
Va premesso che le prestazioni erogate dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE gestito dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE hanno natura previdenziale e non retributiva (così, tra le tante, Cass. nn 1886 e 1887 del 2020): si tratta infatti di obbligazioni autonome rispetto a quelle gravanti sul datore di lavoro e inserite nell’ambito di un RAGIONE_SOCIALE assicurativo contributivo-previdenziale, ancorché nella loro misura coincidenti, per ciò che specialmente riguarda il TFR, con le obbligazioni di cui è debitore il datore di lavoro, di talché il loro sorgere è connesso ad un fatto costitutivo differente rispetto a quello che ne determina la genesi nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE di lavoro.
Più precisamente, per ciò che riguarda il pagamento del TFR ( rectius: della prestazione previdenziale
modulata sul TFR spettante al lavoratore assicurato), tale fatto costitutivo consiste non già nella cessazione del RAGIONE_SOCIALE di lavoro, ma nel verificarsi dei presupposti previsti dalla legge nr. 297 del 1982, art. 2, che sono rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del lavoratore mediante l’insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (art. 2, comma 2 e ss.) e, dall’altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, il previo esperimento dell’esecuzione forzata per la realizzazione del credito, da cui risulti l’insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5).
L’art. 2 della legge nr. 297 del 1982 àncora, in definitiva, l’intervento del RAGIONE_SOCIALE non solo all’insolvenza del datore di lavoro ma, altresì, all’accertamento dell’esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di una procedura esecutiva. Pertanto, prima del verificarsi dei presupposti cui la legge subordina il sorgere del diritto alla prestazione previdenziale, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (Cass. nr. 19277 del 2018, punto 15 delle Ragioni della decisione; nello stesso senso, Cass. nr. 15384 del 2021 e nr. 12971 del 2014).
La necessità di munirsi preventivamente di un accertamento nei confronti del datore di lavoro costituisce, nel sistema delineato dal legislatore, un presupposto letteralmente e logicamente necessario, giacché, da un punto di vista sistematico, l’accertamento giurisdizionale ovvero la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l’individuazione della misura stessa dell’intervento solidaristico del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, essendo l’ente previdenziale terzo rispetto al RAGIONE_SOCIALE di lavoro inter partes ed essendo nondimeno la sua obbligazione modulata
sui crediti maturati in costanza di RAGIONE_SOCIALE di lavoro (Cass. n. 34031 del 2022); tanto che RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non può «opporre eccezioni derivanti da ragioni interne al RAGIONE_SOCIALE di lavoro che mirino a contestare  esistenza  ed  entità  dei  crediti  in  ragione  del concreto atteggiarsi delle situazioni giuridiche soggettive del lavoratore e del datore di lavoro» (Cass. nr. 19277 del 2018 richiamata di recente da Cass. nr. 23562 del 2024).
In senso contrario non possono essere invocate le pronunce di questa Corte che hanno escluso, in relazione alle peculiarità delle singole vicende, «la necessità del preventivo esperimento di un’azione esecutiva di volta in volta mobiliare o  immobiliare,  non  anche  la  necessità  che  il  lavoratore assicurato si munisse di un titolo esecutivo nei confronti del proprio  datore  di  lavoro»  (sentenza  nr.  1886  del  2020,  in motivazione).
La modulazione dell’onere di agire in executivis nei confronti del datore di lavoro secondo un criterio che va conformato, sia nei tempi che nei modi, alla misura dell’ordinaria diligenza (in argomento, Cass. nr. 34358 del 2022 e Cass. nr. 14020 del 2020) e, in definitiva, l’aleatorietà delle azioni esecutive, che parte ricorrente valorizza, riguarda un posterius , laddove il requisito pregiudiziale è pur sempre la sussistenza di un titolo che a quelle azioni consenta di dare impulso o che ne dimostri per tabulas l’impraticabilità, pur contenendo l’indispensabile accertamento della sussistenza e della misura del credito.
La legge è chiara nel sancire «la funzione legale di  elemento  costitutivo  per  l’accesso  al  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’accertamento in via giudiziale del credito preteso (nell’ an e nel quantum debeatur ) nei confronti dell’impresa inadempiente» (Cass. nr. 9284 del 2023).
La conclusione è imposta dal delineato  sistema normativo e dalla già evidenziata considerazione  che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,
quale gestore del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, è un soggetto terzo che non ha alcun titolo per contestare l’avvenuto adempimento, anche  parziale  (es.  anticipazioni  del  t.f.r.),  del  credito.  Per altro  verso,  l’accertamento  è  funzionale  alla  più  efficace salvaguardia del diritto di surroga che, per le somme erogate, compete  al  RAGIONE_SOCIALE  nel  privilegio  attribuito  al  lavoratore  sul patrimonio dei datori di lavoro e degli eventuali condebitori solidali.
20. Né la formazione di un titolo che accerti il credito è preclusa dall’estinzione della società debitrice. In tale fattispecie, i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata e non definiti all’esito della liquidazione e, anche ai fini processuali, non cessano di ricoprire la qualità di successori, pur se rispondono intra vires dei debiti trasmessi. Il riparto effettuato sulla base del bilancio finale di liquidazione non costituisce, infatti, una condizione per la successione, che si verifica in ogni caso. L’eventuale infruttuosità dell’azione, per l’assenza di riparti in base al bilancio finale di liquidazione, non si riverbera sulla legittimazione passiva del socio e di per sé non esclude l’interesse ad agire del creditore (Cass., S.U., nr. 6070 del 2013, punto 3) che permane intatto allorché sia necessario, come avviene nel caso di specie, ottenere l’accertamento della pretesa nel contraddittorio con il datore di lavoro.
21. Non colgono nel segno, dunque, le censure di parte ricorrente, volte ad avvalorare la tesi dell’impossibilità di agire nei confronti di un datore di lavoro, quando si tratti di una società cancellata dal registro delle imprese e, dunque, estinta e, nel caso concreto, non più fallibile. Devono, piuttosto, condividersi le argomentazioni dei giudici di merito che qualificano l’accertamento del credito come elemento imprescindibile per accedere alla tutela del RAGIONE_SOCIALE, requisito che deve preesistere alla presentazione della domanda.
In altre parole, allorché il lavoratore aziona la sua pretesa  verso  il  RAGIONE_SOCIALE,  con  una  domanda  che  fa  sorgere l’obbligo del RAGIONE_SOCIALE di provvedere, devono sussistere tutti gli elementi costitutivi della pretesa. Tra i requisiti indefettibili, vi  è  l’accertamento  del  credito,  propedeutico  alle  azioni esecutive  che  la  legge menziona,  allorché  non  operino  le regole del concorso (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267).
Tale scansione non solo si raccorda alla fattispecie costitutiva del diritto, nella complessità degli elementi che la compongono e che hanno nella domanda uno snodo saliente, ma  si  prefigge,  altresì,  di  rendere  più  spedita  l’attività dell’RAGIONE_SOCIALE, chiamato alla doverosa verifica dei presupposti di legge e alla sollecita erogazione del RAGIONE_SOCIALE insoluto, «ove non sussista contestazione in materia» (art. 2, quinto comma, della legge n. 287 del 1982).
Per  questa  via,  il  legislatore  garantisce  che  le risorse pubbliche destinate al RAGIONE_SOCIALE siano impiegate per la «finalità istituzionale» (art. 2, ottavo comma, della legge n. 297  del  1982)  e  scongiura  il  rischio  del  moltiplicarsi  di domande meramente esplorative, carenti di requisiti imprescindibili  e  prevedibilmente  destinate  a  un  approdo contenzioso.
Né il bilanciamento attuato dalla legge determina un  irragionevole  e  sproporzionato  aggravio  a  danno  dei lavoratori.
Le censure mosse alla sentenza d’appello sono, dunque, da respingere  in applicazione del seguente principio di  diritto:  «Allorché  il  lavoratore  presenti  all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  quale gestore  del  ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘,  la  domanda  volta  ad  ottenere  il  RAGIONE_SOCIALE insoluto, devono sussistere tutti i requisiti previsti dalla legge per il perfezionarsi del diritto del lavoratore e per il sorgere del connesso obbligo dell’RAGIONE_SOCIALE di adempiere
tempestivamente, ove non sussistano contestazioni. Tali requisiti includono, anzitutto, il preventivo accertamento della sussistenza e della misura del credito, in quanto su tale misura la stessa prestazione previdenziale del RAGIONE_SOCIALE è modulata. Ove il datore di lavoro sia una società cancellata dal registro delle imprese e quindi estinta (art. 2495 cod. civ.) e tale società non sia più fallibile, l’accertamento in esame può essere conseguito nei confronti dei soci, in quanto successori della società e dotati della legittimazione passiva, a prescindere dall’effettiva riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione».
Resta assorbito il secondo motivo, con cui parte ricorrente  imputa  alla  sentenza  impugnata  di  non  aver esaminato il CUD e attribuito al documento valore di prova del credito, ai fini dell’accesso alla tutela previdenziale.
La complessità e novità di alcuni profili esaminati giustificano la compensazione delle spese di lite.
Sussistono, invece, i presupposti per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite.
Ai  sensi  del  D.P.R.  n.  115  del  2002,  art.  13,  comma  1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per  il  versamento,  da  parte  della  ricorrente,  dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  15