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Fondo di Garanzia TFR: quando non interviene

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16832/2024, ha stabilito che il Fondo di Garanzia TFR non è tenuto a intervenire se, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è un’azienda cessionaria in bonis (solvente). Questo principio vale anche se un accordo sindacale aveva lasciato il TFR maturato a carico dell’azienda cedente, successivamente divenuta insolvente. La Corte ha sottolineato l’autonomia del rapporto previdenziale rispetto a quello civilistico, affermando che gli accordi tra le parti private non sono opponibili all’ente previdenziale.

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Fondo di Garanzia TFR: no all’intervento se il datore finale è solvente

L’intervento del Fondo di Garanzia TFR è un pilastro di tutela per i lavoratori in caso di crisi aziendale. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sulla sua applicabilità nelle complesse vicende di cessione d’azienda. La Suprema Corte ha stabilito che se il rapporto di lavoro cessa quando il dipendente è alle dipendenze di un’azienda cessionaria solvente, il Fondo non è tenuto a intervenire, anche se l’azienda cedente, originaria debitrice del TFR, è nel frattempo fallita.

I fatti di causa: la cessione d’azienda e l’insolvenza

Il caso esaminato riguarda un gruppo di lavoratori il cui rapporto di lavoro era stato trasferito, nell’ambito di una cessione di ramo d’azienda, da una società a un’altra. In sede sindacale, le due aziende avevano stipulato un accordo in base al quale il TFR maturato dai dipendenti fino alla data della cessione sarebbe rimasto a carico dell’azienda cedente.

Successivamente, l’azienda cedente veniva sottoposta a procedura concorsuale, manifestando il proprio stato di insolvenza. I lavoratori, il cui rapporto di lavoro proseguiva regolarmente con la nuova azienda cessionaria (solvente), si sono visti negare il pagamento del TFR pregresso e hanno quindi richiesto l’intervento del Fondo di Garanzia gestito dall’ente previdenziale.

Fondo di Garanzia TFR e accordi sindacali: la decisione della Corte

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici avevano dato ragione ai lavoratori, ritenendo che l’accordo sindacale fosse vincolante e che l’insolvenza dell’azienda cedente, originaria debitrice, fosse sufficiente a far scattare la garanzia del Fondo.

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente questa prospettiva. Accogliendo il ricorso dell’ente previdenziale, ha cassato la sentenza d’appello, affermando un principio fondamentale: l’obbligazione del Fondo di Garanzia TFR sorge solo se lo stato di insolvenza riguarda il datore di lavoro esistente al momento della cessazione del rapporto. Poiché i lavoratori erano ancora in servizio presso la nuova azienda solvente, il presupposto per l’intervento del Fondo non si era verificato.

Le motivazioni: l’autonomia del rapporto previdenziale

La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni giuridiche precise e consolidate.

L’irrilevanza dell’accordo sindacale per l’ente previdenziale

Il punto cruciale della motivazione risiede nella distinzione tra il rapporto di lavoro civilistico e il rapporto previdenziale. L’accordo sindacale, che scaricava la responsabilità del TFR sull’azienda cedente, regola esclusivamente i rapporti tra le due aziende e i lavoratori. Tale accordo, tuttavia, non è “opponibile” all’ente previdenziale.

L’obbligo dell’ente di intervenire con il Fondo di Garanzia non deriva da patti privati, ma discende direttamente dalla legge e si fonda su un rapporto previdenziale autonomo e distinto. L’ente non è un successore dell’azienda insolvente e non è vincolato dai contratti stipulati da quest’ultima.

Il momento determinante: lo stato del datore di lavoro alla cessazione del rapporto

La Corte ha ribadito il suo orientamento costante: il presupposto essenziale per l’attivazione del Fondo è che il rapporto di lavoro sia cessato e che, a quella data, il datore di lavoro versi in stato di insolvenza. Nel caso di specie, il TFR non era ancora “esigibile” quando l’azienda cedente è diventata insolvente, perché il rapporto di lavoro non si era interrotto, ma era proseguito senza soluzione di continuità con la nuova azienda. Al momento dell’effettiva (e futura) cessazione del rapporto, il datore di lavoro sarà l’azienda cessionaria, che al momento dei fatti era pienamente solvente.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di grande importanza pratica. I lavoratori coinvolti in operazioni di trasferimento d’azienda devono essere consapevoli che la garanzia del Fondo di Garanzia TFR è legata alla solvibilità del datore di lavoro finale. Gli accordi sindacali, pur validi tra le parti, non possono creare un’obbligazione a carico dell’ente previdenziale al di fuori dei presupposti previsti dalla legge. È importante notare che una modifica legislativa successiva ai fatti di causa (l’introduzione del comma 5-bis all’art. 47 della L. 428/90) ha innovato la disciplina per i casi futuri, ma, non avendo efficacia retroattiva, non ha potuto trovare applicazione in questa vicenda.

Quando interviene il Fondo di Garanzia TFR in caso di cessione d’azienda?
Secondo la Corte, il Fondo interviene solo se il datore di lavoro è insolvente al momento della cessazione definitiva del rapporto di lavoro. Se il rapporto prosegue con un nuovo datore di lavoro solvente, il requisito per l’intervento del Fondo non sussiste, anche se il precedente datore di lavoro (cedente) è fallito.

Un accordo sindacale che lascia il TFR a carico dell’azienda cedente è vincolante per l’ente previdenziale?
No. La sentenza chiarisce che l’accordo sindacale regola i rapporti di diritto civile tra le aziende e i lavoratori, ma non è opponibile all’ente previdenziale. L’obbligo dell’ente nasce da un autonomo rapporto previdenziale disciplinato esclusivamente dalla legge, non da accordi privati.

Perché il TFR non era considerato esigibile al momento dell’insolvenza dell’azienda cedente?
Perché il credito per il TFR diventa esigibile, cioè può essere richiesto, solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Dato che i lavoratori avevano continuato a lavorare senza interruzioni per la nuova azienda, il loro rapporto non era cessato e, di conseguenza, il TFR non poteva ancora essere richiesto all’azienda cedente quando questa è diventata insolvente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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