Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1935 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 1935 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso 23063-2022 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il suo studio in INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
P.U. 15/10/2024
7/07/2022 giurisdizione Quote di TFR da versare al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 694 del 2021 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il 21 marzo 2022 (R.G.N. 853/2018).
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa, svolta all’udienza dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito, per i ricorrenti , l’avvocat o NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Udito, per il controricorrente, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in sostituzione, per delega verbale, RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 694 del 2021, depositata il 21 marzo 2022, la Corte d’appello di Venezia ha accolto il gravame RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, in riforma RAGIONE_SOCIALEa pronuncia del Tribunale RAGIONE_SOCIALEa medesima sede, ha rigettato le domande proposte dai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME, al fine di sentir condannare l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quale gestore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dei rispettivi importi di Euro 21.446,15 e di Euro 13.373,14, «corrispondenti alle quote di pensione integrativa al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non versate dal datore di lavoro fallito, pur avendole trattenute».
La Corte di merito premette che la domanda concerne le somme non versate dal datore di lavoro fallito (la cedente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE) al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Nel caso di specie, il provvedimento di ammissione del credito al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non è vincolante per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che può contestare la sussistenza dei presupposti RAGIONE_SOCIALEa prestazione previdenziale richiesta.
Il rapporto di lavoro è proseguito con la società cessionaria RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e il TFR è esigibile soltanto al momento RAGIONE_SOCIALEa cessazione
del rapporto. L’intervento del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE può essere richiesto soltanto quando sia stato dichiarato insolvente il datore di lavoro che è tale al momento in cui il credito per TFR diviene esigibile e la domanda di ammissione al passivo viene proposta.
L’insussistenza del requisito RAGIONE_SOCIALEa «coincidenza fra datore di lavoro fallito e datore di lavoro esistente al momento RAGIONE_SOCIALEa domanda» priva di fondamento la pretesa dedotta dai lavoratori.
-I signori NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione, sulla base di due motivi, contro la sentenza d’appello.
-L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
-Dopo l’infruttuosa trattazione camerale, i l ricorso è stato fissato all’udienza pubblica del 15 ottobre 2024.
-Il Pubblico Ministero, prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di rigettare il ricorso.
-In prossimità RAGIONE_SOCIALE‘udienza, i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori RAGIONE_SOCIALEe parti hanno insistito per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEe conclusioni formulate nei rispettivi atti.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80.
La Corte territoriale avrebbe errato nel considerare necessaria la cessazione del rapporto di lavoro per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda d’integrazione, presso il RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, de lle somme non corrisposte dal datore di lavoro per l’erogazione RAGIONE_SOCIALEe prestazioni pensionistiche complementari.
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti si dolgono, sotto un distinto profilo, RAGIONE_SOCIALEa violazione del medesimo art. 5 del d.lgs. n. 80 del 1992.
La sentenza impugnata sarebbe erronea, in quanto avrebbe richiesto la prova RAGIONE_SOCIALEa cessazione del rapporto di lavoro, in contrasto con la natura previdenziale, e non retributiva, dei versamenti effettuati dal datore di lavoro al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per aver affermato l’inesigibilità RAGIONE_SOCIALEe quote di TFR, senza considerare che, per le quote di TFR destinate alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, «l’esigibilità è immediata e non posticipata alla cessazione del rapporto» (pagina 16 del ricorso, punto 3) e sarebbe comunque intervenuto un accordo derogatorio rispetto al regime di solidarietà di cui all’art. 2112 cod. civ.: la società cessionaria, in particolare, non si sarebbe accollata le quote di TFR da versare quale contribuzione nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Né si potrebbe produrre la «paradossale conseguenza» che il TFR non sia corrisposto, sino al momento RAGIONE_SOCIALEa cessazione del rapporto di lavoro, né dal cedente, in quanto il rapporto prosegue con il cessionario, né dal cessionario, che non è obbligato al pagamento in virtù di un accordo derogatorio.
Tale assunto sarebbe avvalorato dalle previsioni RAGIONE_SOCIALE‘art. 368, comma 4, lettera d ), del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che sancisce l’immediata esigibilità del TFR nei confronti del cedente RAGIONE_SOCIALE‘azienda in stato di fallimento (oggi, di liquidazione giudiziale).
Ne deriverebbe l’esigibilità tempo per tempo RAGIONE_SOCIALEe quote di TFR destinate alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che egualmente «maturano ‘tempo per tempo’», in quanto l’obbligo di versamento «ha cadenza periodica» e non ha «alcun legame con la cessazione del rapporto di lavoro» (pagina 18 del ricorso per cassazione).
-I due motivi, per l’inscindibile connessione che li lega, possono essere esaminati congiuntamente.
-Essi si dimostrano infondati.
-Come emerge dalla pronuncia impugnata, il giudizio verte sulle quote di TFR che il datore di lavoro, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, società
dichiarata fallita, non ha versato al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Per tali quote, gli odierni ricorrenti, transitati alle dipendenze RAGIONE_SOCIALEa società cessionaria RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, hanno proposto domanda nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quale gestore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e l’hanno suffragata con il provvedimento di ammissione del credito al passivo RAGIONE_SOCIALEa società cedente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
6. -A tale riguardo, devono essere ribaditi i princìpi che questa Corte ha enunciato di recente (Cass., sez. lav., 26 aprile 2024, n. 11198, che gli stessi ricorrenti richiamano nella memoria illustrativa), nell’inquadrare la natura RAGIONE_SOCIALEe somme che il datore di lavoro ha omesso di corrispondere al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e nel delineare funzione e limiti RAGIONE_SOCIALE‘intervento solidaristico del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nel peculiare contesto RAGIONE_SOCIALEa circolazione RAGIONE_SOCIALE‘azienda.
Il credito del lavoratore «al TFR accantonato presso il datore di lavoro, con la finalità di destinazione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e in origine di natura ‘ retributiva ‘ , assume natura ‘ previdenziale ‘ nel momento di attuazione del vincolo di destinazione, vale a dire con il versamento, al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALEe risorse finanziarie del lavoratore -sub specie di contribuzione o di conferimento di quote di TFR -accantonate dal datore di lavoro, su mandato del lavoratore medesimo» (sentenza n. 11198 del 2024, cit., punto 7 RAGIONE_SOCIALEe Ragioni RAGIONE_SOCIALEa decisione , sulla base RAGIONE_SOCIALEe considerazioni già svolte da Cass., sez. lav., 28 giugno 2023, n. 18477).
Ove il datore di lavoro non adempia all ‘ obbligo di versare le quote del TFR al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE prescelto dal lavoratore, il vincolo di destinazione non si attua, si scioglie il contratto di mandato e perciò si ripristina, per il lavoratore, la disponibilità piena di tali risorse.
Ne consegue che il lavoratore, nei confronti del suo datore di lavoro, vanta il credito per il corrispondente importo di natura retributiva.
Nel relativo debito, in caso di cessione d ‘ azienda, subentra il datore di lavoro cessionario (art. 2112 cod. civ.), tenuto ad adempiere nei medesimi termini.
-Non può essere, dunque, accolta la richiesta d ‘ intervento del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 del d.lgs. n. 80 del 1992 , avanzata per il fallimento del cedente, in quanto difetta il presupposto RAGIONE_SOCIALEa sottoposizione del l’attuale datore di lavoro cessionario, con cui il rapporto di lavoro prosegue, ad una RAGIONE_SOCIALEe procedure di cui all ‘ art. 1 del citato decreto legislativo.
Presupposto che la disciplina imperativa di legge considera indefettibile per il sorgere RAGIONE_SOCIALE‘autonomo diritto alle prestazioni erogate dal RAGIONE_SOCIALE (cfr., in tal senso, pagina 5 del controricorso e pagina 2 RAGIONE_SOCIALEa memoria scritta del Pubblico Ministero).
Presupposto che l’RAGIONE_SOCIALE , proprio allo scopo di salvaguardare la ‘finalità istituzionale’ propria del RAGIONE_SOCIALE che gestisce, ben può contestare, senza essere vincolato dal provvedimento di ammissione al passivo o da eventuali accordi derogatori, validi ed efficaci soltanto inter partes (di recente, per tutte, Cass., sez. lav., 24 dicembre 2024, n. 34292).
L’insussistenza di tale presupposto, profilo su cui s’incardina la decisione impugnata, si rivela dirimente.
-Come ha evidenziato l’Ufficio del Pubblico Ministero nella memoria scritta, con argomenti ribaditi nel corso RAGIONE_SOCIALEa discussione, i princìpi richiamati si attagliano anche al caso di specie.
Né sono stati addotti elementi persuasivi, che inducano a rimeditarli o ne smentiscano la pertinenza alla vicenda dedotta nell’odierno giudizio.
-La decisione impugnata si dimostra conforme a diritto, alla stregua RAGIONE_SOCIALEe considerazioni svolte, e il ricorso, in definitiva, dev’essere rigettato.
-La complessità RAGIONE_SOCIALEe questioni dibattute e il recente intervento chiarificatore di questa Corte giustificano l’integrale compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere RAGIONE_SOCIALE‘obbligo dei ricorrenti di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Quarta Sezione