Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31338 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 31338 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 25546-2022 proposto da:
COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 539/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 03/06/2022 R.G.N. 1028/2021;
Oggetto
Fondo di garanzia INPS, cessione di azienda, rinuncia alla solidarietà del cessionario per il TFR
R.G.N. 25546/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda svolta da COGNOME Margherita volta a conseguire dal Fondo di garanzia presso l’INPS il TFR maturato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE in epoca anteriore alla cessione del ramo d’azienda in cui prestava servizio, avvenuta con decorrenza dal 1°.1.2015 e con sottoscrizione di accordo ex art. 47, l. n. 428/1990, in virtù del quale aveva rinunciato a chiederlo al cessionario.
I giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che l’intervento del Fondo di garanzia fosse in specie precluso per difetto del requisito della cessazione del rapporto di lavoro, che era continuato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE Palermo s.c.p.a., cession aria del ramo d’azienda presso cui l a lavoratrice era stata addetta; sotto altro profilo, hanno reputato che, non essendo la cedente sottoposta a procedura concorsuale all’epoca della sottoscrizione dell’accordo sindacale, nessuna efficacia derogatoria poteva ascriversi a quest’ultimo rispetto all’assunzione dell’obbligazione del TFR in capo al cessionario.
Avverso tale pronuncia COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di gravame, con cui – oltre a censurare in diritto la sentenza impugnata – ha proposto istanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE. L’INPS ha
resistito con controricorso. Entrambe le parti, in vista della discussione orale, hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura, l a ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 47, commi 4 -bis e 5, l. n. 428/1990, in relazione agli artt. 3, 4 e 5 della Direttiva 2001/23/CE, per avere la Corte di merito ritenuto precluso l’intervento del Fondo di garanzia per il pagamento del TFR in assenza dell’indefettibile requisito della cessazione del rapporto di lavoro, nella specie proseguito con la cessionaria del ramo d’azienda presso cui li era stato addetto: ad avviso di parte ricorrente, infatti, rileverebbe nella specie la pattuizione collettiva ex artt. 2112 c.c. e 47, l. n. 428/1990, stipulata in data 30.12.2014 tra il Comune di Palermo, la cedente RAGIONE_SOCIALE, la cessionaria RAGIONE_SOCIALE e le RAGIONE_SOCIALE, in virtù della quale, essendo la cedente in situazione di crisi aziendale, si era convenuto che i lavoratori interessati dal trasferimento sottoscrivessero un accordo di rinuncia ad agire nei confronti della cessionaria per il TFR maturato alle dipendenze della cedente alla data del trasferimento, atteso che, pur non essendo ancora a tale data la cedente sottoposta a procedura concorsuale, l’art. 5, paragrafo 1, della Direttiva 2001/23/CE andrebbe interpretato -giusta da ult. CGUE, 28.4.2022, C-237/20 -nel senso che il presupposto da esso previsto, secondo cui i precedenti artt. 3 e 4 non si applicano al trasferimento di un’impresa ove il cedente sia stato sottoposto a procedura fallimentare aperta in vista della liquidazione dei beni, sarebbe integrato anche nel caso in cui il trasferimento dell’impresa sia predisposto anteriormente all’apertura della procedura fallimentare diretta alla liquidazione dei beni medesimi.
Il motivo è infondato.
Come ricordato dal Pubblico ministero nella sua requisitoria e rimarcato dall’INPS nella memoria dep. ex art. 378 c.p.c., questa Corte, a far data da Cass. n. 19277 del 2018, ha consolidato un orientamento, relativamente all’intersecarsi di vicende circola torie di un’azienda e sottoposizione a procedura concorsuale di alcuno dei datori di lavoro cedenti e/o cessionari, con contestuale richiesta di intervento del Fondo di garanzia, al quale anche in questa sede va data continuità, con le precisazioni che seguono.
Va premesso, al riguardo, che il diritto del lavoratore di ottenere la corresponsione del TFR dallo speciale Fondo di cui all’art. 2, l. n. 297/1982, si configura come il diritto di credito a una prestazione previdenziale, distinto e autonomo rispetto al credito retributivo vantato nei confronti del datore di lavoro e rimasto insoddisfatto (così, tra le più recenti, Cass. n. 3165 del 2022), che si perfeziona al verificarsi della condizione di insolvenza del datore di lavoro e all’accertamento dell’esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all’esito di una procedura esecutiva.
È stato inoltre precisato che la definitività dello stato passivo, mentre impedisce all’INPS di opporre eccezioni derivanti da ragioni volte a contestare l’esistenza o l’entità del credito in ragione del concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro, non pre clude all’Istituto di contestare i presupposti d’intervento del Fondo e gli elementi costitutivi della propria obbligazione previdenziale, che resta appunto autonoma rispetto a quella del datore di lavoro, oramai accertata in maniera incontrovertibile (Cass. n. 19277 del 2018, cit.): le risultanze dello stato passivo non sono infatti opponibili all’INPS in ordine agli elementi soggettivi e oggettivi al cui ricorrere venga ad esistenza l’obbligo della tutela previdenziale (Cass. n. 38696 del 2021), ché altrimenti, in considerazione dell’estraneità dell’ente al rapporto di lavoro e alle procedure
esecutive (anche concorsuali) intentate dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro, verrebbe ad essere vulnerato il diritto dell’ente alla difesa in giudizio, sancito per tutti dall’art. 24 Cost. (così, espressamente, ancora Cass. n. 19277 del 2018, cit.).
D’altra parte, le condizioni di intervento del Fondo di garanzia risultano tassativamente indicate dall’art. 2, l. n. 297/1982, emanato in attuazione della Direttiva 80/987/CEE, e presuppongono che sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui il TFR diviene esigibile per effetto della cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 19277 del 2018, più volte cit.): scopo della direttiva europea è infatti l’assicurazione di una copertura de l Fondo di garanzia per i crediti insoddisfatti che siano maturati in quel determinato periodo di tempo in cui si può ragionevolmente presumere che l’inadempimento datoriale sia conseguenza della sua condizione di insolvenza, non anche la copertura di un qualsiasi inadempimento verificatosi in danno del lavoratore (così, in motivazione, Cass. n. 4897 del 2021); ed è per contro evidente che, ammettendo l’intervento del Fondo anche in fattispecie come quella per cui è causa, in cui il rapporto di lavoro è proseguito alle dipendenze del cessionario e il lavoratore ceduto ha semplicemente rinunciato alla solidarietà passiva di quest’ultimo per il TFR maturato alle dipendenze del cedente, si graverebbe il Fondo del pagamento di una prestazione che non può considerarsi dovuta né dal punto di vista oggettivo (perché il credito al TFR non è ancora sorto, essendo il lavoratore transitato alle dipendenze del cessionario), né dal punto di vista soggettivo (perché ad essere fallito o comunque sottoposto a procedura concorsuale è colui che non è più datore di lavoro dell’assicurato); e mancando in radice il legame
necessariamente postulato dalla Direttiva 80/987/CEE tra l’insolvenza datoriale e l’inadempimento del credito retributivo, si verrebbe necessariamente a sviare il patrimonio del Fondo di garanzia dalla causa che ne ha determinato l’istituzione, in contrast o con la precisa lettera dell’art. 2, comma 8°, l. n. 297/1982, che vieta d’impiegare le disponibilità del Fondo ‘al di fuori della finalità istituzionale del fondo stesso’ (così ancora Cass. n. 19277 del 2018, cit., nonché da ult. Cass. n. 37789 del 2022).
Contrari argomenti non possono trarsi dal fatto che la rinuncia alla solidarietà passiva del cessionario abbia avuto luogo in esecuzione di un accordo sindacale concluso ex art. 47, l. n. 428/1990: l’intervento del Fondo di garanzia costituisce infatti ade mpimento di un’obbligazione pubblica che trova nella legge di derivazione comunitaria la propria disciplina e non può che rimanere insensibile ad eventuali pattuizioni intercorse tra le parti private con cui -in deroga alla garanzia apprestata dall’art. 2 112 c.c. -si sia esclusa la solidarietà dell’impresa cessionaria, trattandosi di res inter alios actae (così da ult. Cass. n. 6842 del 2023).
Si deve piuttosto aggiungere che non induce a diverse conclusioni la disciplina che, successivamente ai fatti per cui è causa, è stata dettata dal comma 5bis dell’art. 47, l. n. 428/1990 (per come introdotto dall’art. 368, comma 4, lett. d , d.lgs. n. 14/2019, c.d. codice della crisi d’impresa), secondo cui ‘nelle ipotesi previste dal comma 5, non si applica l’articolo 2112, comma 2, del codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell ‘azienda’ anche da parte ‘dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente’, tenendo luogo ‘la data del trasferimento’ di quella ‘della cessazione del rapporto di lavoro’: fermo restando che il codice della crisi d’impresa e
dell’insolvenza, in linea generale, non è applicabile alle procedure aperte prima della sua entrata in vigore e che le sue norme possono se del caso rappresentare un utile criterio interpretativo degl’istituti della legge fallimentare solo allorché, nello specifico caso considerato, si riscontri una linea di continuità tra il regime vigente e quello a venire (così Cass. S.U. n. 8504 del 2021), è sufficiente nella specie rilevare che il comma 5bis ha introdotto una previsione in chiara e consapevole discontinuità con il diritto vivente siccome sopra ricostruito, all’evidente scopo di sancire, a determinate condizioni, l’immediata esigibilità del credito del TFR nei confronti del cedente dell’azienda e di equiparare ad una cessazione del rapporto di lavoro il trasferimento dei lavoratori all’impresa cessionaria; e in disparte la possibilità (già paventata da Cass. n. 6842 del 2023, cit.) che la nuova disciplina possa surrettiziamente mettere capo ad un inammissibile aiuto di Stato, è evidente che da essa non si può ricavare alcun utile spunto ermeneutico per l’interpretazione di quella previgente (cfr. in tal senso Cass. n. 37789 del 2022, già cit.).
Resta da dire che, alla stregua delle anzidette considerazioni, affatto irrilevante si appalesa la richiesta di rinvio pregiudiziale, ex art. 267 TFUE, finalizzato a richiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea l’interpretazione degli artt. 3, 4 e 5 della Direttiva 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese o di parti di imprese, e segnatamente se l’art. 5 debba essere intes o nel senso che il presupposto da esso previsto, secondo cui i precedenti artt. 3 e 4 non si applicano al trasferimento di un’impresa ove il cedente sia stato sottoposto a procedura fallimentare aperta in vista della liquidazione dei beni, sarebbe integrato anche
nel caso in cui il trasferimento dell’impresa sia predisposto anteriormente all’apertura della procedura fallimentare diretta alla liquidazione dei beni medesimi: questa Corte, a far data da Cass. n. 19277 del 2018, più volte cit., ha infatti già chiarito, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che gli ambiti delle tutele previste dalla Direttiva 987/80/CEE e dalla Direttiva 2001/23/CE si pongono tra loro in netta alternativa, la prima intendendo proteggere i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro e la seconda garantire i diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, stabilimenti o loro parti (così specialmente Cass. nn. 39698 del 2021 e 1861 del 2022, che in motivazione hanno rimarcato come deponga chiaramente in tal senso la previsione dell’art. 5, comma 2, lett. a , della Direttiva 2001/23/CE, secondo cui la possibilità che gli Stati membri introducano deroghe al principio che gli obblighi del cedente sono normalmente trasferiti al cessionario dipende per un verso dall’assoggettamento del cedente ad una procedura di insolvenza gestita da una pubblica autorità e dall’altro che tale procedura metta capo ‘ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE’); e dovendo pertanto escludersi che una qualunque risposta della Corte di Giustizia circa l’interpretazione della Direttiva 2001/23/CE possa aver rilievo ai fini dell’intervento del Fondo di garanzia, i cui presupposti risultano invece scolpiti nella Direttiva 80/987/CEE, la richiesta di rinvio pregiudiziale non può che risultare irrilevante.
Il ricorso, pertanto, va rigettato. La complessità e parziale novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, mentre, tenuto conto del rigetto del ricorso, va dichiarata la sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11.6.2024.