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Fondo di Garanzia TFR: diritto anche se fallimento revocato

La Corte di Cassazione ha stabilito che i lavoratori hanno diritto alla prestazione del Fondo di Garanzia TFR anche se la sentenza di fallimento del loro datore di lavoro viene successivamente revocata. Il diritto sorge nel momento in cui, pendente la procedura fallimentare, il credito del lavoratore viene ammesso allo stato passivo e viene presentata la domanda all’ente previdenziale. La successiva revoca del fallimento, non avendo effetto retroattivo sui diritti già perfezionati, non può annullare la prestazione richiesta, poiché al momento della domanda sussistevano tutti i presupposti di legge.

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Fondo di Garanzia TFR: Il Diritto Resta Anche se il Fallimento è Revocato

Il diritto a ottenere il pagamento del TFR dal Fondo di Garanzia TFR non viene meno se la sentenza di fallimento del datore di lavoro viene successivamente revocata. Questo è il principio fondamentale affermato dalla Corte di Cassazione con una recente sentenza, che chiarisce un punto cruciale a tutela dei lavoratori. La pronuncia sottolinea che il diritto alla prestazione previdenziale si perfeziona nel momento in cui sussistono i requisiti di legge, indipendentemente dalle vicende successive della procedura concorsuale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un gruppo di lavoratori che, a seguito della dichiarazione di fallimento della società per cui lavoravano, avevano visto i loro crediti da TFR ammessi allo stato passivo della procedura. Di conseguenza, avevano presentato domanda all’ente previdenziale per ottenere l’intervento del Fondo di Garanzia, come previsto dalla legge.

Tuttavia, nelle more della procedura di pagamento da parte del Fondo, la sentenza di fallimento della società veniva revocata dalla Corte d’Appello, poiché era stato accertato che l’azienda non possedeva i requisiti per essere soggetta a fallimento (nello specifico, non era un’impresa commerciale). L’ente previdenziale, a questo punto, negava la prestazione ai lavoratori, sostenendo che, con la revoca del fallimento, erano venuti meno i presupposti per l’intervento del Fondo. Secondo l’ente, i lavoratori avrebbero dovuto prima tentare un’azione esecutiva individuale contro il loro ex datore di lavoro per dimostrarne lo stato di insolvenza.

La Decisione della Corte sul Fondo di Garanzia TFR

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dei lavoratori. Gli Ermellini hanno affermato un principio di diritto chiaro: una volta che il rapporto previdenziale con il Fondo di Garanzia è validamente instaurato perché al momento della domanda sussistono tutti i presupposti di legge, il diritto alla prestazione è perfetto e non può essere cancellato dalla successiva revoca della sentenza di fallimento.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su diverse argomentazioni giuridiche interconnesse. In primo luogo, ha ribadito che il diritto del lavoratore a ottenere la prestazione dal Fondo di Garanzia è un diritto di credito previdenziale, autonomo e distinto rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro. Le condizioni per il suo sorgere sono definite dalla legge e includono, in caso di fallimento, l’ammissione del credito allo stato passivo.

Al momento della presentazione della domanda da parte dei lavoratori, queste condizioni erano pienamente soddisfatte: la società era stata dichiarata fallita e i loro crediti erano stati formalmente accertati e ammessi nella procedura. In quel preciso contesto, ai lavoratori era peraltro preclusa qualsiasi azione esecutiva individuale contro il patrimonio del datore di lavoro.

Il punto cruciale della motivazione risiede nel fatto che la revoca della sentenza di fallimento non ha efficacia retroattiva tale da travolgere i diritti già sorti e perfezionatisi. Gli effetti della sentenza di fallimento, infatti, cessano solo con il passaggio in giudicato della decisione di revoca. Di conseguenza, tutti gli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura fallimentare fino a quel momento restano validi, inclusa l’ammissione dei crediti allo stato passivo, che costituisce l’accertamento necessario per attivare il Fondo.

La Corte ha quindi concluso che la Corte territoriale aveva errato nel far retroagire gli effetti della revoca, pretendendo dai lavoratori una prova dell’insolvenza tramite un’azione esecutiva che, al momento della domanda al Fondo, non solo non era necessaria, ma era addirittura impossibile da esperire.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza significativamente la tutela dei lavoratori in caso di crisi aziendale. Stabilisce che la certezza del diritto prevale sulle vicende procedurali successive e che, una volta maturati i requisiti per l’accesso al Fondo di Garanzia TFR, la prestazione è dovuta. La revoca del fallimento non può essere utilizzata come pretesto per negare un diritto di natura previdenziale già perfezionato, evitando così di lasciare i lavoratori in un limbo giuridico e privi di tutela.

Se il fallimento del datore di lavoro viene revocato, perdo il diritto al TFR dal Fondo di Garanzia?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se al momento della presentazione della domanda al Fondo di Garanzia sussistevano tutti i presupposti legali (come la dichiarazione di fallimento e l’ammissione del credito allo stato passivo), il diritto alla prestazione è perfezionato e non viene meno a causa della successiva revoca della sentenza di fallimento.

Quali sono i presupposti per accedere al Fondo di Garanzia TFR in caso di fallimento?
Il presupposto fondamentale è l’accertamento del credito del lavoratore nell’ambito della procedura fallimentare. In particolare, il lavoratore può presentare domanda al Fondo trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo reso esecutivo, che certifica l’esistenza e l’ammontare del suo credito.

La revoca del fallimento ha effetto retroattivo sui diritti già sorti, come quello alla prestazione del Fondo di Garanzia?
No, la revoca della sentenza di fallimento non ha un’efficacia retroattiva tale da annullare i diritti che si sono già perfezionati durante la pendenza della procedura. Gli effetti della sentenza di fallimento cessano solo con il passaggio in giudicato della decisione di revoca, e gli atti legalmente compiuti fino a quel momento, come l’ammissione dei crediti, restano validi ai fini della domanda al Fondo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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