Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16833 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15300-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 665/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 08/11/2018 R.G.N. 5215/2016;
Oggetto
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 27/03/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Roma confermava la pronuncia di primo grado che aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da COGNOME NOME nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, e avente ad oggetto il t.f.r. non corrisposto dal datore di lavoro.
Riteneva la Corte che la visura camerale prodotta non fosse idonea a provare la non assoggettabilità al fallimento dell’impresa datrice di lavoro, considerato che il piccolo imprenditore doveva dirsi assoggettato al fallimento dopo il d.lgs. n.169/07. Né era stato dimostrato che l’impresa aveva debiti pari a un ammontare inferiore alla soglia richiesta per essere soggetta al fallimento. A ogni modo, concludeva la Corte, nemmeno il lavoratore aveva esperito l’esecuzione forzata, in quanto l’ufficiale giudiziario aveva solo tentato il pignoramento, stante l’assenza del debitore all’indirizzo di residenza.
Avverso la sentenza ricorre COGNOME NOME per quattro motivi, illustrati da memoria.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, illustrato da memoria.
All’odierna adunanza, la Corte riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.437 c.p.c., nonché dell’art.513 c.p.c. e degli artt.1176 e 1218 c.c. Con un primo argomento, si sostiene che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE solo in grado d’appello aveva eccepito il mancato esperimento dell’esecuzione forzata, e la Corte avrebbe dovuto considerare l’eccezione siccome nuova e inammissibile. Con un secondo argomento si sostiene che la desistenza dell’ufficiale giudiziario non poteva ridondare a danno del ricorrente, il quale non è chiamato a rispondere delle scelte discrezionali di terzi rispetto a cui non ha alcun potere di controllo.
Con il secondo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.2712 c.c. per non avere la Corte d’appello riconnesso rilevanza probatoria alla visura camerale.
Con il terzo motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art.2221 c.c. e degli artt.1 e 10 l. f., per non avere la Corte escluso che il piccolo imprenditore sia assoggettato al fallimento.
Con il quarto motivo di ricorso, COGNOME NOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2, co.5 l. n.297/82 e 15, co.9 l. f., per avere la Corte fatto gravare sul lavoratore l’onere di presentare istanza di fallimento nonostante l’ammontare del credito fosse inferiore alla soglia minima per l’assoggettabilità dell’imprenditore al fallimento.
Il primo motivo è infondato in ambedue gli argomenti.
Riguardo all’error in procedendo per violazione dell’art.437 c.p.c., l’infondatezza della censura deriva
dalla considerazione che in appello sono ammissibili nuove difese e nuove eccezioni in senso lato, rilevabili anche d’ufficio se basate su fatti già acquisiti al giudizio (Cass.25434/19, Cass.23815/17). Nel caso di specie, la mancanza di un’esecuzione forzata è da qualificare non come eccezione in senso proprio, poiché non è dalla legge rimessa alla sola disponibilità della parte e, ancor prima, non costituisce un fatto estintivo del diritto. Al contrario, poiché il diritto di credito verso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE presuppone quale fatto costitutivo l’insolvenza del datore di lavoro, tale insolvenza deve essere allegata e dimostrata dal lavoratore. L’insolvenza viene tipizzata dall’art.2, co.5 l. n.297/82 con riferimento al necessario esperimento dell’esecuzione forzata, all’esito infruttuoso della quale emerge l’insufficienza della RAGIONE_SOCIALE patrimoniale del datore di lavoro. Vertendosi in tema di fatto costitutivo, l’argomento proposto per la prima volta dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in appello non può qualificarsi come eccezione, ma va ricondotto alle mere difese.
Anche la seconda censura esposta nel motivo è infondata.
Questa Corte, con orientamento consolidato (Cass.4666/02, Cass.14020/20, Cass.1771/23), richiede ai fini dell’art.2, co.5 l. n.297/82, che il lavoratore si conformi all’ordinaria diligenza nell’intraprendere l’esecuzione forzata. Se è vero che il ricorrente non può rispondere della scelta dell’ufficiale giudiziario, il quale desistette dal perfezionare il pignoramento dopo aver ripetutamente suonato il campanello dell’abitazione del debitore senza aver ricevuto alcuna risposta, non è men vero che lo stesso ricorrente avrebbe dovuto poi diligentemente chiedere all’ufficiale giudizio la ripresa
dell’esecuzione, e quindi un secondo accesso in altra data per tentare nuovamente il pignoramento e sollecitandolo eventualmente all’uso della forza pubblica ai sensi dell’art.513, co.2 c.p.c. Non risulta e nemmeno è allegato, che il ricorrente si sia attivato in tal senso, sicché effettivamente non può parlarsi di un’ordinaria diligenza del ricorrente nel tentativo di realizzo della RAGIONE_SOCIALE patrimoniale a mezzo dell’esecuzione forzata.
Il rigetto del primo motivo determina l’inammissibilità dei restanti, tutti incentrati sulla questione della mancata assoggettabilità al fallimento; questione che, se in ipotesi fondata, non farebbe venir meno il rilievo dirimente e preliminare del mancato esperimento dell’esecuzione forzata, con conseguente conferma della sentenza impugnata (v. Cass.12372/06 sulla doppia ratio decidendi).
Conclusivamente, il ricorso va respinto senza pronuncia sulle spese attesa la dichiarazione prodotta ai sensi dell’art.152 d.a. c.p.c.