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Fondo di Garanzia INPS: obblighi del lavoratore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4262/2025, ha stabilito che per accedere al Fondo di Garanzia INPS, il lavoratore di una società di persone insolvente deve prima tentare l’esecuzione forzata nei confronti di tutti i soci illimitatamente responsabili. La cessazione dell’attività aziendale o il decesso di un socio non esonerano da questo onere, che costituisce un presupposto indispensabile per ottenere la prestazione previdenziale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Fondo di Garanzia INPS: quando è obbligatorio agire prima contro i soci?

Il Fondo di Garanzia INPS rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, assicurando il pagamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e delle ultime retribuzioni. Tuttavia, l’accesso a questa prestazione non è automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4262 del 2025, ha ribadito con forza i presupposti necessari, delineando con precisione gli oneri a carico del lavoratore, specialmente quando il datore di lavoro è una società di persone.

I fatti di causa

Un lavoratore, dopo la cessazione del rapporto di lavoro con una società in nome collettivo, si trovava impossibilitato a recuperare il proprio TFR e le ultime mensilità. La società era stata cancellata dal registro delle imprese e il socio amministratore era deceduto. Di fronte a questa situazione, il lavoratore si era rivolto direttamente al Fondo di Garanzia INPS per ottenere quanto gli spettava. La Corte d’Appello, in un primo momento, gli aveva dato ragione, ritenendo inesigibile pretendere ulteriori azioni legali data la situazione complessa, come la rinuncia all’eredità da parte dei familiari del socio defunto e l’assenza di beni immobili. L’INPS, però, ha impugnato questa decisione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione.

L’accesso al Fondo di Garanzia INPS e la responsabilità dei soci

La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda l’interpretazione dell’art. 2, comma 5, della legge n. 297/1982. Questa norma stabilisce che, se il datore di lavoro non è soggetto a fallimento (come nel caso delle società di persone), il lavoratore deve prima tentare l’esecuzione forzata sui beni del datore stesso. La Corte ha chiarito che, nel caso di società di persone, l’obbligo di diligenza del lavoratore non si esaurisce nel tentativo di agire contro la società, ma si estende a tutti i soci solidalmente e illimitatamente responsabili. Questi ultimi, infatti, rispondono dei debiti sociali con il proprio patrimonio personale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS, cassando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si fonda su principi consolidati:
1. Onere della Prova: L’intervento del Fondo di Garanzia ha natura sussidiaria. Spetta al lavoratore dimostrare di aver esperito, con ordinaria diligenza, tutte le procedure esecutive necessarie per recuperare il proprio credito. L’infruttuosità di tali azioni è un elemento costitutivo del diritto alla prestazione del Fondo.
2. Responsabilità dei Soci: In una società di persone, il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili funge da garanzia per i creditori sociali. Pertanto, il lavoratore non può limitarsi a constatare l’incapienza della società, ma deve necessariamente agire anche nei confronti dei singoli soci.
3. Necessità del Titolo Esecutivo: Prima di avviare l’esecuzione, è indispensabile che il lavoratore si munisca di un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo o una sentenza) non solo verso la società, ma anche verso tutti i soci coobbligati.
4. Irrilevanza di Eventi Estintivi: La cancellazione della società o il decesso di un socio non eliminano questo onere. Anche in caso di decesso e successiva rinuncia all’eredità da parte dei chiamati, il lavoratore avrebbe dovuto attivare le procedure concorsuali previste per la liquidazione dei beni ereditari (art. 499 c.c.) per dimostrare l’effettiva incapienza del patrimonio.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale: il Fondo di Garanzia INPS interviene solo come extrema ratio. Il lavoratore non può scegliere la via più semplice rivolgendosi direttamente all’ente previdenziale. Deve, invece, dimostrare concretamente di aver percorso tutte le vie legali a sua disposizione per recuperare il credito dal datore di lavoro e dai suoi soci illimitatamente responsabili. Questa pronuncia serve da monito: la tutela previdenziale è garantita, ma solo a condizione che il lavoratore abbia adempiuto con diligenza al proprio onere di agire in via esecutiva contro tutti i soggetti debitori.

Se il mio datore di lavoro è una società di persone che ha chiuso, posso chiedere subito TFR e stipendi al Fondo di Garanzia INPS?
No. Secondo la sentenza, prima di rivolgersi all’INPS è necessario dimostrare di aver tentato senza successo l’esecuzione forzata per recuperare il credito non solo nei confronti della società, ma anche di tutti i soci personalmente responsabili.

Sono obbligato a fare causa a ogni singolo socio della società prima di accedere al Fondo di Garanzia?
Sì. La Corte ha stabilito che incombe sul lavoratore l’onere di esperire le necessarie procedure esecutive nei confronti di tutti i soci solidalmente e illimitatamente responsabili. Questo è un presupposto fondamentale per poter poi richiedere l’intervento del Fondo.

Cosa succede se un socio muore e i suoi eredi rinunciano all’eredità? Questo mi esonera da ulteriori azioni?
No. La sentenza chiarisce che anche in questo caso il lavoratore non è esonerato. Avrebbe dovuto attivarsi per l’apertura della procedura di liquidazione concorsuale dell’eredità (prevista dall’art. 499 del codice civile), al fine di dimostrare l’insufficienza dei beni del defunto a soddisfare il suo credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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