Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4262 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L   Num. 4262  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso 18168-2023 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME,  NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la  CANCELLERIA  DELLA  CORTE  SUPREMA  DI  CASSAZIONE, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  NOME  COGNOME, NOME COGNOME;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/10/2024
PU
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2104/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/07/2023 R.G.N. 1805/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato COGNOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione di prime cure, ha accolto la domanda volta ad ottenere la condanna del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle ultime tre mensilità della retribuzione e del TFR all’esito dell’infruttuosa esecuzione, pe r essere risultata cancellata la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, datore di lavoro, e deceduto il socio amministratore, NOME COGNOME.
Il primo giudice aveva ritenuto non provato, dal lavoratore, un serio tentativo di esecuzione infruttuosa, condividendo l’assunto difensivo dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in ordine alla necessità della procedura di cui all’art. 499 cod.civ.
Per  la  Corte  di  merito  –  pacifiche,  in  fatto,  le  seguenti circostanze: l’esistenza di un titolo giudiziale, l’insolvenza, la cancellazione della società, il decesso del socio amministratore, la rinuncia degli eredi all’eredità, l’inesistenza  di  immobili  nel  compendio  ereditario –  la richiesta al lavoratore di esperire la procedura, ex art. 499 cod.civ., per la liquidazione dell’eredità giacente rappresentava  onere  inesigibile,  né  poteva  richiedersi
diligenza  ulteriore  rispetto  a  quella  prestata  ,  a  fronte dell’inesistenza  di beni su cui rivalersi.
Avverso tale sentenza ricorre l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con ricorso affidato a due motivi, cui resiste, NOME COGNOME, con controricorso ulteriormente  illustrato  con  memoria,  recante,  in  calce, copia dell’accoglimento della domanda, in data 5 settembre 2023.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il  secondo  motivo  di  ricorso,  il  cui  esame  preliminare assorbe ogni altra censura, con il quale l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si duole di violazione  dell’art.  2,  comma  5,  legge  n.297  del  1982, anche in relazione all’art. 2312 cod.civ., per non essere stata previamente esperita l’azione esecutiva nei confronti di tutti i soci solidalmente e illimitatamente responsabili per i debiti sociali, è da accogliere.
Costituisce principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte che, a mente del combinato disposto della L. n. 297 del 1982, art. 2 e art. 2740 c.c., nel caso di insolvenza del datore di lavoro rappresentato da una società non assoggettabile a procedura fallimentare, e con soci solidalmente ed illimitatamente responsabili, incombe, sul lavoratore, nel rispetto delle cautele di ordinaria diligenza desumibili dal citato art. 2, comma 5, esperire, al fine di accedere alle prestazioni del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, le necessarie procedure esecutive nei confronti di tutti i coobbligati solidali ed illimitatamente responsabili (Cass. n. 17643/2020 e numerose successive conformi).
Più precisamente, per ciò che riguarda il pagamento del TFR, tale fatto costitutivo consiste non già nella cessazione del rapporto di lavoro, ma nel verificarsi dei presupposti previsti dalla legge n. 297 del 1982, art. 2,
che sono rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del  lavoratore  mediante  l’insinuazione  al  passivo  del fallimento del datore di lavoro (art. 2, comma 2 e ss.) e, dall’altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, il previo esperimento dell’esecuzione  forzata  per  la  realizzazione del credito, da cui risulti l’insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5).
L’art. 2 della legge n. 297 del 1982 àncora, in definitiva, l’intervento del RAGIONE_SOCIALE non solo all’insolvenza del datore di lavoro ma, altresì, all’accertamento dell’esistenza e della misura  del  credito  in  sede  di  ammissione  al  passivo, ovvero all’esito di una procedura esecutiva.
Pertanto, prima del verificarsi dei presupposti cui la legge subordina il sorgere del diritto alla prestazione previdenziale, nessuna domanda  di  pagamento  può essere rivolta all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (Cass. n. 19277 del 2018, punto 15 delle Ragioni della decisione; nello stesso senso, Cass. n. 15384 del 2021 e n. 12971 del 2014).
La necessità di munirsi preventivamente di un accertamento nei confronti del datore di lavoro costituisce, nel sistema delineato dal legislatore, un presupposto letteralmente e logicamente necessario, giacché, da un punto di vista sistematico, l’accertamento giurisdizionale ovvero la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l’individuazione della misura stessa dell’intervento solidaristico del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, essendo l’ente previdenziale terzo rispetto al rapporto di lavoro inter partes ed essendo nondimeno la
sua obbligazione modulata sui crediti maturati in costanza di rapporto di lavoro (Cass. n. 34031 del 2022); tanto che RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE  non  può  “opporre  eccezioni  derivanti  da  ragioni interne  al  rapporto  di  lavoro  che  mirino  a  contestare esistenza  ed  entità  dei  crediti  in  ragione  del  concreto atteggiarsi delle situazioni giuridiche soggettive del lavoratore  e  del  datore  di  lavoro”  (Cass.  n.  19277  del 2018 richiamata di recente da Cass. n. 23562 del 2024).
In senso  contrario non  possono  essere  invocate  le pronunce di questa Corte che hanno escluso, in relazione alle  peculiarità  delle  singole  vicende,  “la  necessità  del preventivo esperimento di un’azione esecutiva di volta in volta mobiliare o immobiliare, non anche la necessità che il  lavoratore assicurato si munisse di un titolo esecutivo nei confronti del proprio datore di lavoro” (Cass. n. 1886 del 2020).
La modulazione dell’onere di agire in executivis nei confronti del datore di lavoro secondo un criterio che va conformato, sia nei tempi che nei modi, alla misura dell’ordinaria diligenza (in argomento, Cass. n. 34358 del 2022 e Cass. n. 14020 del 2020) e, in definitiva, l’aleatorietà delle azioni esecutive riguarda un posterius, laddove il requisito pregiudiziale è pur sempre la sussistenza di un titolo che a quelle azioni consenta di dare impulso o che ne dimostri per tabulas l’impraticabilità, pur contenendo l’indispensabile accertamento della sussistenza e della misura del credito.
La  legge  è  chiara  nel  sancire  “la  funzione  legale  di elemento costitutivo  per  l’accesso  al  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’accertamento  in  via  giudiziale  del  credito  preteso
(nell’an e nel quantum debeatur) nei confronti dell’impresa inadempiente” (Cass. n. 9284 del 2023).
La conclusione è imposta dal delineato sistema normativo e dalla già evidenziata considerazione che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, quale gestore del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, è un soggetto terzo che non ha alcun titolo per contestare l’avvenuto adempimento, anche parziale (es. anticipazioni del t.f.r.), del credito.
Per  altro  verso,  l’accertamento  è  funzionale  alla  più efficace  salvaguardia  del  diritto  di  surroga  che,  per  le somme erogate, compete al RAGIONE_SOCIALE nel privilegio attribuito al  lavoratore  sul  patrimonio  dei  datori  di  lavoro  e  degli eventuali condebitori solidali.
Né  la  formazione  di  un  titolo  che  accerti  il  credito  è preclusa dall’estinzione della società debitrice.
In tale fattispecie, i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata e non  definiti  all’esito  della  liquidazione  e,  anche  ai  fini processuali, non cessano di ricoprire la qualità di successori,  pur se rispondono  intra vires dei debiti trasmessi.
Il  riparto  effettuato  sulla  base  del  bilancio  finale  di liquidazione non costituisce, infatti, una condizione per la successione, che si verifica in ogni caso.
L’eventuale  infruttuosità dell’azione, per l’assenza di riparto  in  base  al  bilancio  finale  di  liquidazione,  non  si riverbera sulla legittimazione passiva del socio e di per sé non esclude l’interesse ad agire del creditore (Cass., S.U., n. 6070 del 2013, punto 3) che permane intatto allorché sia necessario, come avviene nel caso di specie, ottenere
l’accertamento  della  pretesa  nel  contraddittorio  con  il datore di lavoro.
In applicazione di tali principi, nel caso d’insolvenza del datore di lavoro rappresentato da una società non assoggettabile a procedura fallimentare, e con soci solidalmente ed illimitatamente responsabili, incombe, sul lavoratore, nel rispetto delle cautele di ordinaria diligenza desumibili dal citato art. 2, comma 5, esperire, al fine di accedere alle prestazioni del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, le necessarie procedure esecutive nei confronti di tutti i coobbligati solidali ed illimitatamente responsabili (v. Cass. 28091/2017).
Ulteriormente, in caso di decesso di un socio, come nella vicenda all’esame, in caso di rinuncia dei chiamati all’eredità, il lavoratore avrebbe potuto accedere alla tutela del fondo solo qualora si fosse munito di titolo esecutivo e fosse stata aperta la procedura di liquidazione prevista dall’art. 499 cod.civ. (liquidazione concorsuale) e se, al termine della liquidazione stessa, il credito del lavoratore fosse rimasto in tutto o in parte insoddisfatto per incapienza dei beni ereditari.
L a diligenza nell’azione esecutiva prescritta dal legislatore impone,  pertanto, l’acquisizione  del  titolo  non  solo  nei confronti del socio amministratore ma nei confronti di tutti i  soci  della  società  di  persone e, in caso di decesso del socio, la dimostrazione dell’attivazione della procedura di liquidazione concorsuale (art. 499 cod.civ.).
La sentenza impugnata, che non si è attenuta agli esposti principi  va,  pertanto,  cassata  e,  per  essere  necessari nuovi accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla stessa
Corte  d’appello,  in  diversa  composizione,  anche  per  la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’ appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così  deciso  in  Roma  nella  camera  di  consiglio  del  15