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Fondo di Garanzia INPS: No TFR se il lavoro continua

La Cassazione ha stabilito che il Fondo di Garanzia INPS non è tenuto a pagare il TFR se, al momento del fallimento del datore di lavoro originario, il rapporto di lavoro prosegue con una nuova società. Un accordo sindacale che lascia il TFR in capo al cedente non è opponibile all’INPS.

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Fondo di Garanzia INPS e Cessione d’Azienda: Quando il TFR non è coperto

L’intervento del Fondo di Garanzia INPS rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro. Tuttavia, la sua operatività è soggetta a precisi presupposti di legge che non possono essere derogati da accordi privati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale intervento nelle complesse vicende di cessione d’azienda, specificando che il Fondo non è tenuto a pagare il TFR se il rapporto di lavoro prosegue con la società acquirente, anche in presenza di un accordo sindacale che ponga il debito a carico dell’azienda cedente poi fallita.

I Fatti del Caso: Trasferimento d’Azienda e Fallimento

La vicenda analizzata dalla Suprema Corte riguarda due lavoratori il cui rapporto di lavoro era stato trasferito da una società a un’altra a seguito della cessione di un ramo d’azienda. In sede sindacale, le parti avevano stipulato un accordo secondo cui il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) maturato fino alla data della cessione sarebbe rimasto a carico esclusivo della società cedente, esonerando la cessionaria da ogni obbligo solidale.

Successivamente, la società cedente è stata dichiarata fallita. I lavoratori, avendo ottenuto l’ammissione del loro credito per TFR al passivo fallimentare, si sono rivolti alla Corte d’Appello, la quale ha condannato l’INPS, tramite il suo Fondo di Garanzia, a corrispondere loro le somme dovute.

L’Intervento del Fondo di Garanzia INPS e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello aveva ritenuto che l’accordo sindacale, escludendo la responsabilità della nuova azienda, facesse ricadere il rischio dell’insolvenza sul datore di lavoro originario, giustificando così l’intervento del Fondo di Garanzia INPS. L’Istituto previdenziale, tuttavia, ha impugnato tale decisione, sostenendo che i presupposti per l’attivazione della garanzia non sussistessero.

Il motivo del ricorso si basava su un punto cruciale: al momento del fallimento della società cedente, il rapporto di lavoro dei dipendenti non era cessato, ma era proseguito senza soluzione di continuità con la società cessionaria, come previsto dall’articolo 2112 del codice civile.

Le Motivazioni: Inopponibilità dell’Accordo Sindacale all’INPS

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’INPS, ribaltando la decisione di merito. Il principio di diritto affermato è chiaro: l’obbligazione del Fondo di Garanzia sorge solo quando l’insolvenza riguarda il datore di lavoro con cui il rapporto è in essere al momento in cui il TFR diventa esigibile, ovvero alla cessazione del rapporto stesso. Nel caso di specie, il rapporto di lavoro non si era interrotto ma era continuato con un nuovo soggetto. Pertanto, il fallimento del precedente datore di lavoro non costituisce il presupposto per l’intervento del Fondo.

La Suprema Corte ha inoltre sottolineato che l’accordo sindacale, pur valido tra le parti che lo hanno sottoscritto (lavoratori, azienda cedente e cessionaria), non può essere opponibile all’INPS. Questo deriva dal principio di relatività degli effetti del contratto (art. 1372 c.c.), secondo cui un accordo privato non può produrre effetti nei confronti di terzi. Il rapporto che lega il lavoratore all’INPS è di natura previdenziale, autonomo e distinto da quello civilistico di lavoro, ed è regolato esclusivamente da norme imperative di legge. Tali norme non possono essere modificate o derogate da pattuizioni private, neanche se avvenute in sede sindacale.

Le Conclusioni: Implicazioni per Lavoratori e Aziende

La decisione della Cassazione rafforza un orientamento consolidato, stabilendo un confine netto tra gli accordi di natura privatistica e gli obblighi di un ente pubblico come l’INPS. Per i lavoratori, ciò significa che in caso di trasferimento d’azienda, la tutela del Fondo di Garanzia INPS si attiverà solo in caso di insolvenza del datore di lavoro con cui cessa definitivamente il rapporto. L’accordo che libera l’acquirente dalla responsabilità solidale per il TFR pregresso sposta il rischio sul lavoratore, che potrà rivalersi unicamente sul cedente.

È importante notare che una modifica legislativa successiva (art. 47, comma 5-bis, L. 428/90), non applicabile al caso in esame perché non retroattiva, ha introdotto una disciplina specifica per queste situazioni, prevedendo l’immediata esigibilità del TFR nei confronti del cedente e l’intervento del Fondo. Questo, tuttavia, vale solo per gli accordi stipulati dopo la sua entrata in vigore.

Il Fondo di Garanzia INPS deve pagare il TFR se il mio vecchio datore di lavoro fallisce ma io ho continuato a lavorare per la società che ha acquisito l’azienda?
No. Secondo la Cassazione, l’obbligo del Fondo di Garanzia sorge solo se è insolvente il datore di lavoro con cui il rapporto di lavoro cessa. Se il rapporto prosegue con un nuovo datore, il TFR non è ancora esigibile e il fallimento del precedente datore non fa scattare l’intervento del Fondo.

Un accordo sindacale che lascia il debito del TFR al vecchio datore di lavoro fallito obbliga il Fondo di Garanzia INPS a intervenire?
No. L’accordo sindacale è un patto tra le parti (aziende e lavoratori) e non può essere opposto all’INPS. Il rapporto previdenziale con l’INPS è autonomo e regolato da norme imperative di legge, non dagli accordi civilistici tra privati.

La situazione è cambiata con le nuove leggi?
Sì. Una normativa successiva (non applicabile a questo caso perché non retroattiva) ha previsto che in queste specifiche situazioni di cessione d’azienda con accordo sindacale, il TFR diventi immediatamente esigibile nei confronti del cedente e il Fondo di Garanzia possa intervenire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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