Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23503 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1146-2022 proposto da
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocata NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’indirizzo PEC del difensore
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 1133 del 2021 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 27 ottobre 2021 (R.G.N. 411/2021).
R.G.N. 1146/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 29/4/2025
giurisdizione Intervento del Fondo di garanzia e trasferimento d’azienda. Presupposti.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 1133 del 2021, depositata il 27 ottobre 2021, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Monza, che aveva accolto le domande del signor NOME COGNOME dipendente dal primo dicembre 2013 di RAGIONE_SOCIALE e poi passato alle dipendenze della cessionaria RAGIONE_SOCIALE e aveva condannato l’Istituto al pagamento de gl’importi richiesti per quote di trattamento di fine rapporto non versate al fondo di previdenza complementare Cometa (Euro 6.777,68) e per retribuzioni non corrisposte (Euro 16.826,88).
A fondamento della decisione, i giudici d’appello osservano che legittimamente può essere invocato l’intervento del Fondo di garanzia in ordine alle somme non corrisposte dal datore di lavoro ammesso all’amministrazione straordinaria. Non rileva, in senso contrario, la prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessio nario dell’azienda, in quanto è stata concordata una deroga alla solidarietà prevista dall’art. 2112 cod. civ. e il cessionario in bonis non risponde delle obbligazioni del cedente rimaste inadempiute.
-L’INPS ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, formulando due motivi di censura, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
-Il signor NOME COGNOME resiste con controricorso, egualmente illustrato da memoria.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia la violazione degli artt. 2, commi 1 e 3, e 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, in riferimento all’art. 2112 cod. civ. e all’art. 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Avrebbe errato la Corte di merito nel reputare valide le deroghe alla solidarietà tra cedente e cessionario, benché siano state pattuite in un momento anteriore all’apertura dell’amministrazione straordinaria (15 marzo 2017) di RAGIONE_SOCIALE, società cedente. Il lavoratore, per la tutela d ei propri diritti, potrebbe rivolgersi all’attuale datore di lavoro in bonis , responsabile in solido con la società cedente alla stregua dell’art. 2112 cod. civ., e dunque difetterebbe il presupposto dell’obbligo dell’INPS di sostituirsi al datore di lavor o in caso di sua insolvenza.
-Con la seconda critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 47, comma 5, della legge n. 428 del 1990, in riferimento all’art. 2112 cod. civ.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche per aver trascurato le peculiarità della vicenda controversa, contraddistinta «da un trasferimento d’azienda e dalla successiva prosecuzione del rapporto di lavoro con il datore di lavoro cessionario in bonis » (pagina 19 del ricorso per cassazione). Sarebbe dunque applicabile l’art. 47, comma 4bis , della legge n. 428 del 1990 e non l’art. 47, comma 5, della medesima legge, disposizione richiamata dai giudici del gravame a supporto della decisione. In defi nitiva, l’intervento dell’INPS presupporrebbe l’insolvenza del datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di ammissione al passivo viene proposta e tale requisito, nel caso di specie, non sarebbe soddisfatto.
-I motivi, per la connessione che li avvince, possono essere esaminati congiuntamente e si rivelano fondati.
4. -Come l’Istituto rimarca nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’adunanza camerale, questa Corte ha definito controversie analoghe, concernenti i lavoratori dipendenti dalla medesima società, poi ammessa all’amministrazione straordinari a, e ha respinto le pretese avanzate nei confronti del Fondo di garanzia gestito dall’INPS, sulla scorta di rilievi che si attagliano anche al caso di specie e che gli argomenti della parte controricorrente non inducono a rimeditare.
5. -Quanto all’intervento del Fondo di garanzia , anche quando sia richiesto in relazione al mancato pagamento delle quote di TFR al Fondo di previdenza complementare designato dal lavoratore (Cass., sez. lav., 26 aprile 2024, n. 11198), presupposto indefettibile è l’insolvenza del soggetto titolare in atto del rapporto di lavoro, del datore di lavoro che è tale al momento in cui avviene la risoluzione del rapporto di lavoro (Cass., sez. lav., 18 febbraio 2025, n. 4265).
Nel caso di specie, tale presupposto non sussiste.
Invero, non è controverso che il rapporto di lavoro del controricorrente, originariamente instaurato con la società ammessa all’amministrazione straordinaria, sia proseguito con una società in bonis , RAGIONE_SOCIALE che ha acquistato il ramo d’azienda (Cass., sez. lav., 25 novembre 2024, n. 30259) .
6. -Né la legge correla il presupposto di cui si discorre all’applicabilità delle tutele di cui all’art. 2112 cod. civ., al contrario di quel che prospetta la sentenza d’appello (pagina 4), nel propugnare un’interpretazione riduttiva delle enunciazioni di principio di questa Corte.
Il profilo dirimente è che il credito del lavoratore non può essere agganciato «senza limiti temporali e prescindendo dalla attuale individuazione dei soggetti del rapporto di lavoro, ad uno degli ex datori di lavoro, interessati dalle vicende circolatorie pregresse, che viene dichiarato fallito in epoca in cui il rapporto di lavoro non è più in essere
nei confronti del lavoratore istante perché proseguito con altro soggetto» (Cass., sez. lav., 19 luglio 2018, n. 19277, punto 32 delle Ragioni della decisione ).
7. -Una diversa interpretazione, che riconoscesse la doverosità dell’intervento del Fondo anche a fronte della prosecuzione del rapporto di lavoro con il cessionario dell’azienda o di un suo ramo, sol perché è stata concordata una rinuncia alla solidarietà di cui all’art. 2112 cod. civ., svierebbe il Fondo dalla sua finalità istituzionale (Cass., sez. lav., 28 gennaio 2025, n. 1951, punto 5 delle Ragioni della decisione ; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 24 dicembre 2024, n. 34292).
8. -Né gioverebbe opporre la definitività dello stato passivo, posta in risalto dal controricorrente nella memoria illustrativa. Tale definitività non preclude all’Istituto di contestare i presupposti di operatività dell’intervento del Fondo che gestisce.
A diverse conclusioni non possono condurre neppure gli accordi derogatori, che costituiscono l’asse portante della decisione impugnata e che anche la memoria illustrativa del controricorrente, da ultimo, valorizza.
L’intervento del Fondo di garanzia, che rappresenta adempimento di un’obbligazione pubblica assoggettata alla disciplina cogente della legge, non può essere condizionato dalle eventuali pattuizioni che deroghino alla garanzia apprestata dall’art. 2112 cod. civ., come l’Istituto ha evidenziato anche nel giudizio di gravame (pagina 3 della sentenza impugnata).
Le pattuizioni in esame, invero, configurano res inter alios acta e non dispiegano effetti di sorta sul rapporto previdenziale (sentenza n. 1951 del 2025, cit., punto 9 delle Ragioni della decisione , in linea con Cass., sez. lav., 17 giugno 2024, n. 16740; di recente, Cass., sez. lav., 4 febbraio 2025, n. 2639).
Tali conclusioni s’impongono anche per le quote non versate al Fondo di previdenza complementare (sentenze n. 4265 e n. 1951 del 2025, cit.).
L’inopponibilità degli accordi, in definitiva, è ragione prioritaria e assorbente, che le argomentazioni delineate dal controricorrente, anche nella memoria illustrativa, non valgono a scalfire, e consente di soprassedere alla disamina delle contestazioni sulla compatibilità con le prescrizioni dell’art. 47 della legge n. 428 del 1990.
-Dalle considerazioni svolte discendono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.
-La causa è rinviata alla Corte d’appello di Milano, che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame della fattispecie controversa alla luce dei princìpi ribaditi nella presente ordinanza.
Al giudice di rinvio è rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione