Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9485 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9485 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
Oggetto: obbligazioni
pecuniarie – interessi –
fondamento autonomo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25154/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente, ricorrente in via incidentale – avverso la sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 180/2018, depositata il 26 gennaio 2018
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di
RAGIONE_SOCIALE, depositata il 26 gennaio 2018, che, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, la ha condanna al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della minor somma di euro 484.947,04, ‘ oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo’ , quale importo riscosso dalla società per conto dell’ente locale a titolo di tributo provinciale per le funzioni di tutela e protezione dell’igiene ambientale;
la Corte di appello ha riferito che il giudice di prime cure aveva riconosciuto il credito vantato dall’ente locale, per un importo di euro 9.397.445,65, e condannato la società al pagamento della somma di euro 4.896.531,35, previa compensazione con i crediti eccepiti da quest’ultima per quota parte di costi di gestione, tariffa rifiuti su immobili provinciali e quota parte di somme dovute a seguito di aumento di capitale, oggetto di domanda riconvenzionale;
la Corte di appello ha accolto in parte qua il gravame riducendo il credito fatto valere dall’ente locale all’importo suindicato, pari alle somme effettivamente riscosse dalla società per suo conto a titolo di tributo provinciale per le funzioni di tutela e protezione dell’igiene ambientale e operando la corrispondente compensazione con il credito della società riconosciuto dal giudice di primo grado con statuizione non raggiunta da impugnazione, aggiungendovi il riconoscimento degli interessi;
ha, inoltre, confermato la decisione di prime cure nella parte relativa al rigetto della domanda riconvenzionale avente a oggetto la condanna dell’ente locale al pagamento di quota parte dei disavanzi di bilancio al 32 dicembre 2009;
il ricorso è affidato a cinque motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale propone ricorso incidentale;
avverso tale ricorso incidentale resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.; CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente principale denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nella parte in cui la ha condannato al pagamento degli interessi legali, decorrenti dalla data della domanda, sulla somma liquidata, benché la sentenza di primo grado non contenesse la condanna al pagamento anche di tali accessori e la statuizione non era stata oggetto di gravame da parte dell’ente locale;
con il secondo motivo aggredisce la medesima statuizione sotto il diverso paradigma della violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.;
i due motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati;
-benché l’ente locale attore avesse chiesto la condanna della società al pagamento anche degli interessi legali sulla somma richiesta quale tributo fatturato e non riscosso per il periodo 2004-2009 maturati dalla domanda al soddisfo, la sentenza di primo grado, pur riconoscendo il credito dell’ente locale, ha omesso di condannare la società debitrice al pagamento degli interessi richiesti;
l ‘omessa impugnazione sul punto della sentenza osta a che la Corte di appello possa riconoscere d ‘ ufficio, peraltro senza alcuna motivazione, gli interessi legali;
in tema di obbligazioni pecuniarie, infatti, gli interessi hanno fondamento autonomo rispetto al debito cui accedono e, pertanto, possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., soltanto su espressa domanda della parte (cfr. Cass. 25 novembre 2021, n. 36659; Cass. 19 settembre 2016, n. 18292), per cui la mancata proposizione di impugnazione avverso la statuizione del giudice di primo grado che non li riconosca o non provveda sulla
domanda medesima, non consente al giudice di appello di pronunciarsi sul punto;
né giova alla controricorrente dedurre che nella motivazione della sentenza di primo grado era contenuta la statuizione sulla spettanza degli interessi, non contenuta, invece, nel dispositivo, atteso che la mancata statuizione nel dispositivo configura il vizio di omessa pronuncia, non potendo l’esistenza della relativa decisione desumersi dalla sola motivazione (Cass. 9263/2017; Cass. 651/2022);
con il terzo motivo la ricorrente principale deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all ‘insanabile contrasto tra la sua premessa, in cui dà atto che ogni competenza in materia di gestione dei rifiuti spettante alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sia ex contractu transitata alla RAGIONE_SOCIALE, e la sua conclusione, in cui afferma che la t.i.a. spetta all’ente locale;
il motivo è infondato;
-la Corte ha argomentato la sua decisione sul punto con la considerazione che, in difetto di abrogazione della norma di cui all’art . 19 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, il tributo continua a spettare alle RAGIONE_SOCIALE, che ne determina l’aliquota, ment re la sola riscossione è affidata al l’odierna ricorrente;
siffatta argomentazione si presenta priva del denunciato vizio, essendo fondata sulla distinzione -del tutto comprensibile e coerente sotto il profilo logico-giuridico -tra la titolarità di un tributo e la titolarità del potere di procedere alla sua riscossione;
con il quarto motivo la ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 19 d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per aver la sentenza impugnata escluso che l’entrata in vigore del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e del codice dell’ambiente, istitutivo degli Ambiti Territoriali Ottimali per la gestione dei rifiuti, avesse determinato la tacita
abrogazione del predetto art. 19, nella parte in cui prevede l’obbligo di riversare il gettito del tributo alle RAGIONE_SOCIALE;
il motivo è inammissibile;
la doglianza è priva della necessaria concludenza, in quanto la prospettata tacita abrogazione del tributo non è idonea, anche laddove ritenuta sussistente, a far venir meno il diritto dell’ente locale al versamento delle somme riscosse dall’ente a tale titolo , essendo tenuto a rimettergli ciò che ha ricevuto a causa dell’affidamento del servizio ; – si osserva, in ogni caso, che, quanto al d.lgs. n. 22 del 1997, il suo art. 49, nel l’istituire e disciplinare la tariffa per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti, fa espressamente salva, al comma 17, l ‘ applicazione del tributo ambientale di cui all’art. 19 d.lgs. n. 504 del 1992 , per cui la tesi dell’abrogazione tacita di quest’ultima disposizione risulta smentita;
in ordine, poi, alla compatibilità d ell’art. 19, d.lgs. n. 504 del 1992 con le sopravvenute disposizioni del codice dell’ambiente , la questione non è concludente, atteso che la Corte di appello si è limitata ad accertare il diritto dell’ente locale alla restituzione delle somme riscosse dalla società sino al 2006 e, dunque, prima dell’entrata in vigore del codice dell’ambiente;
con il quinto motivo la ricorrente principale si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio;
-evidenzia l’avvenuta allegazione di costi di gestione non ripianati dal gettito tariffario, del carattere «quasi strutturale» di tale circostanza e, più in generale, del l’insufficienza dei ricavi derivanti dalla riscossione del tributo per l’erogazione del servizio;
il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una critica delle risultanze probatorie operata dalla Corte di appello, la quale ha ritenuto che non vi fosse prova del fatto costitutivo della pretesa vantata dalla società, anche in ragione della mancata produzione di un bilancio
approvato idoneo a consentire il puntuale accertamento dell’entità d ei costi da imputare agli enti pubblici partecipanti al suo capitale;
una siffatta critica non può essere avanzata in questa sede, attenendo a valutazioni rimesse al giudice di merito (cfr. Cass., Sez. Un., 29 dicembre 2017, n. 34476);
il ricorso incidentale è inammissibile, poiché privo della indicazione il vizio dal quale sarebbe stata affetta la sentenza di appello;
la sentenza impugnata va, dunque, cassata con riferimento ai motivi accolti e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatti, questa Corte può decidere nel merito, escludendo gli interessi legali dalla statuizione di condanna pronunciata dalla Corte di appello;
in considerazione della cassazione solo parziale del l’appello e del non integrale accoglimento della domanda attorea appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio. In assenza della necessità di ulteriori accertamenti in fatto, punò pronunciarsi decisione nel merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso principale, respinge i restanti e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, esclude dal capo di sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di appello la voce relativa agli interessi legali; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio .
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 17 gennaio 2024.
Il Presidente