Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14990 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 12672-2021 r.g. proposto da:
NOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del Curatore AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato in via tele matica presso l’indirizzo pec EMAIL dello stesso, per procura speciale in calce al controricorso.
-controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Firenze del 02.04.2021, depositato il 13.04.2021, emesso nel giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 L.F. iscritto al n. 9737/2019 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/4/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.Con provvedimento reso in data 28.05.2019 il Giudice Delegato del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (per brevità RAGIONE_SOCIALE) dichiarava esecutivo lo stato passivo, rigettando la domanda di ammissione al passivo fallimentare proposta dall’ex socio COGNOME NOME per un credito di € 1.546.713,00 relativo a somme asseritamente versate a titolo di finanziamento soci nel corso degli anni.
2.Con ricorso depositato in data 08.07.2019 NOME NOME, quale cessionario di detto credito, proponeva opposizione ex art. 98 L.F. avverso il predetto provvedimento reso dal g.d., eccependo: (i) una carenza di motivazione del decreto di rigetto in quanto il Giudice Delegato non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali non aveva ritenuto sufficiente, per l’ammissione del credito, il bilancio relativo all’anno 2016 della società fallita prodotto con la domanda di insinuazione; (ii) nel merito, che gli immobili costituenti il patrimonio della società fallita sarebbero stati acquistati proprio grazie al finanziamento dei soci, circostanza che sarebbe dimostrata da quanto risultante dai due rogiti di acquisto, che allegava al ricorso in opposizione. Concludeva, pertanto, per l’ammissione del credito in via chirografaria.
Nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale ha respinto la proposta opposizione, confermando il provvedimento reso dal g.d. 2. Il decreto, pubblicato il 13.04.2021, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, la ‘ Violazione dell’art. 360 I° co. n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti per difetto di motivazione del provvedimento del giudice delegato che ha rigettato la domanda di insinuazione allo stato passivo per relationem, di quanto dedotto dal curatore e per violazione dell’art. 360 cpc co. n. 4 in relazione alla violazione dell’art. 51 e 52 n. 4 e 5 c.p.c. perché il giudice Relatore non si è astenuta nella presente causa avendo già conosciuto come magistrato in un altro grado del processo gli atti di causa ed assunto la decisione ‘ .
1.1 Il motivo così articolato è inammissibile.
1.1.1 Il ricorrente ripropone le censure già avanzate, per sua stessa ammissione, nel ricorso ex art. 98 L.F. avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al passivo adottato dal Giudice Delegato, che secondo la sua ricostruzione – sarebbe stato carente di motivazione in quanto non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali l’unico documento allegato all’istanza , ovvero il bilancio di esercizio al 31.12.2016 della società fallita nel quale alla voce ‘soci c/finanziamento’ era riportato il valore di € 1.546.713,45 , era stato ritenuto inidoneo a comprovare l’esistenza del credito azionato.
1.1.2 In realtà, Il Tribunale aveva esaminato tale censura ritenendola tuttavia infondata in quanto il bilancio ‘non è opponibile alla RAGIONE_SOCIALE ai fini della prova del credito vantato da parte opponente’ (pag. 3 , ultimo capoverso del decreto impugnato) e tale inopponibilità, anche se nella specie eccepita regolarmente dall’esponente, sarebbe stata comunque rilevabile d’ufficio. Allo stesso modo, il Tribunale ha rilevato che, nei partitari relativi al periodo 2010-2017, erano presenti svariate annotazioni di versamenti in cassa contante e pagamenti per complessivi € 161.513,45, ma che al contempo manca vano i documenti (quali scritture private fra società e socio o delibere assembleari) che potessero dimostrare la causa dei medesimi e dunque individuarne natura e tipologia e soprattutto consentire di identificare il soggetto finanziatore. Il Tribunale ha inoltre evidenziato che le annotazioni erano state fatte in forma anonima, non dando conto del soggetto erogante, e dunque rendendo impossibile stabilire se i finanziamenti fossero stati effettuati dal COGNOME, dante causa del ricorrente, ovvero dagli altri soci della fallita. Per quanto
riguardava, inoltre, gli importi per complessivi € 1.125.000,00 versati da COGNOME NOME, socio fondatore della RAGIONE_SOCIALE, in data antecedente alla costituzione della stessa ed alla stipula dei contratti definitivi di acquisto dei due complessi immobiliari, il Tribunale ha ritenuto di qualificarli come conferimenti del socio, osservando, peraltro, che anche a volerli ritenere erogati a titolo di finanziamento socio, la domanda avanzata dall’odierno ricorrente non potesse, comunque, trovare accoglimento, non essendo stata provata in corso di causa la ‘catena delle traslazioni derivative del credito’ azionato ovvero non avendo lo stesso assolto l’onere probatorio in ordine agli accordi intercorsi fra il COGNOME, suo dante causa, ed il COGNOME in merito al trasferimento del credito per finanziamento socio al momento della cessione delle quote.
1.1.3 Come è dato riscontrare dalla sopra riportata esposizione del contenuto della motivazione qui impugnata, il Tribunale non solo ha effettuato un approfondito esame del corredo probatorio allegato dalle parti, ma ha anche ampiamente argomentato in ordine alle ragioni che, alla luce della valutazione dello stesso, avevano determinato il rigetto dell’opposizione.
Ne consegue che le doglianze articolate contro il provvedimento reso dal g.d., di cui si assume una carenza assoluta di motivazione, diventano del tutto irrilevanti se veicolate con l’odierno ricorso per cassazione perché il ricorrente non ha interesse ad impugnare il dedotto profilo di nullità del provvedimento reso dal g.d., la cui motivazione è stata integrata e sostituita con quella resa dal Tribunale.
A ciò va anche aggiunto che, come correttamente rilevato anche dal Tribunale, risulta consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui il decreto di rigetto della domanda di insinuazione al passivo che operi un rinvio “per relationem” alle motivazioni esposte dal curatore fallimentare nel progetto di cui all’art. 95 l.fall., può ritenersi adeguatamente motivato a condizione che il richiamo sia univoco e che le contestazioni del curatore siano sufficientemente specifiche, in modo da garantire pienamente il diritto di difesa del creditore (Cass. 24794/2018; Cass. Sez. 1 , Ordinanza n. 16706 del 05/08/2020).
1.1.4 In ordine, poi, alla denunciata violazione dell’obbligo di astensione , NE risulta evidente la manifesta infondatezza perché non ricorre la fattispecie di cui all’art. 51, comma 1 n. 4), c.p.c. in quanto il Giudice relatore, AVV_NOTAIO, si è limitata solo a far parte del Collegio che aveva dichiarato il fallimento della RAGIONE_SOCIALE Invero la norma da ultimo ricordata stabilisce l’obbligo di astensione esclusivamente se il giudice abbia avuto cognizione della causa in un altro grado del procedimento , fattispecie all’evidenza non ricorrente nel caso di specie.
Occorre comunque ricordare che la contestazione qui in esame sarebbe dovuta, al più, essere fatta valere mediante tempestiva e rituale istanza di ricusazione ex art. 52 c.p.c. (Cass. 31.10.2018 n. 27924), ipotesi non verificatasi invece nella vicenda.
Con il secondo mezzo si deduce vizio di ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in violazione dell’art. 2424 c.c. lettera D) n. 3 per finanziamenti dei soci, anche in considerazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. e vizio del procedimento in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c. per avere il tribunale di Firenze rigettato l’opposizione allo stato passivo su un fatto non controverso nel giudizio, per avere trasformato autonomamente il finanziamenti soci in conferimento’ .
2.1 Il motivo risulta, già dalla lettura della rubrica, all’evidenza inammissibile. In primo luogo, il ricorrente non spiega quale sia stato il fatto decisivo che non sarebbe stato preso in esame dal Tribunale, né come sia stata integrata la violazione dell’art. 116 c.p.c.
Il ricorrente, dopo aver ribadito che i bilanci della società fallita erano stati redatti a norma di legge (circostanza non oggetto di causa e non controversa), sostiene che il rigetto dell’opposizione allo stato passivo sarebbe derivato dalla qualificazione della maggior parte delle somme erogate (e precisamente di quelle versate dal socio fondatore COGNOME a fronte dei due preliminari sottoscritti per l’acquisto dei complessi immobiliari, poi definitivamente acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE), come conferimenti, anziché come finanziamento soci.
Le censure, così peraltro genericamente proposte dal ricorrente, sono inammissibili perché non si confrontano con le rationes decidendi .
Va infatti evidenziato che il Tribunale, come già rilevato in relazione al primo motivo di doglianza, aveva ampiamente motivato in ordine alle ragioni per le quali, anche a qualificare dette erogazioni come finanziamento soci, in ogni caso la domanda non sarebbe potuta essere accolta (cfr. pag. 9 del decreto impugnato), e ciò in quanto avrebbe operato la postergazione ex art. 2467 cod. civ. e perché comunque era mancante la documentazione attestante il trasferimento del credito insinuato al passivo.
Ebbene, tali ragioni decisorie non sono state scalfite dalle doglianze sopra ricordate.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17.04.2024