Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18599 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18599 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 21084/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Milano (MI), INDIRIZZO C.F.: P_IVA, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Rimini.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA, con sede legale in Rimini, INDIRIZZO in persona del curatore fallimentare dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso dal l’ Avv. NOME COGNOME come da procura in atti.
-controricorrente avverso il decreto n. 9612/2023 del 02/10/2023, pubblicato il 02/10/2023, reso dal Tribunale di Rimini;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/5/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Rimini ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE
Con ricorso ex art. 98 l. fall. la RAGIONE_SOCIALE aveva infatti proposto opposizione avverso il decreto di esecutorietà dello stato passivo, pronunciato dal giudice delegato, con il quale era stato ammesso il credito insinuato di complessivi € 36.857,79, in via chirografaria postergata ex art. 2467 c.c. e non già in via privilegiata, come richiesto.
Il Tribunale, nella resistenza della curatela fallimentare, ha rilevato ed osservato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) risultava provato per documenti e comunque non risultava in discussione fra le parti che la società RAGIONE_SOCIALE oggi fallita fosse controllata al 100% dalla società RAGIONE_SOCIALE e che quest’ultima fosse, a sua volta, controllata al 100% dalla società opponente; (ii) ai sensi dell’ art. 2359 n. 1 c.c., la società RAGIONE_SOCIALE oggi fallita era dunque soggetta al controllo mediato dell’odierna società opponente e che pertanto doveva ritenersi presuntivamente, ex art. 2497sexies c.c., la società opponente come quella esercente attività di direzione e coordinamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, oggi fallita, con conseguente configurabilità di un gruppo di società fra le stesse e con il riconoscimento della posizione di socio, per interposta società, dell’odierna opponente nella compagine della RAGIONE_SOCIALE; (iii) il credito derivante dal finanziamento alla società fallita in qualunque forma effettuata dal socio, in una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, doveva essere ammesso al concorso , ai sensi dell’art. 2467 c.c., con il rango postergato; (iv) nel caso di specie, infatti, la società controllante della controllante della società fallita aveva posto in essere un’attribuzione patrimoniale a quest’ultima con diritto alla relativa restituzione , mentre lo schermo giuridico della distinta personalità giuridica della società controllante della fallita (RAGIONE_SOCIALE e della società opponente non poteva essere
ritenuto idoneo a vanificare l’esigenza di tutela dei creditori , che il disposto di cui all’art. 2467 c.c. mira a salvaguardare , dovendosi necessariamente ritenere sussistente, nella specie, l’intento elusivo di tutte le parti rispetto al predetto disposto normativo, qui invece applicabile.
Il decreto, pubblicato il 02/10/2023, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione de ll’art. 2359 n. 1 c.c., de ll’art. 2497 sexies c.c. e d e ll’art. 12 delle preleggi.
1.1 Il motivo è infondato.
1.2 Secondo la ricorrente, il Tribunale di Rimini, nel proprio provvedimento, avrebbe fatto erroneamente riferimento all’art. 2359 n. 1 c.c., il quale dispone che debbano essere considerate controllate ‘le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria’. Risultava invece pacifico che la società odierna ricorrente non era titolare di alcuna quota della compagine sociale della fallita e che, dunque, non disponesse di alcun voto nella sua assemblea ordinaria.
1.3 Aggiunge la ricorrente che, in forza, poi, dell’art.2497 sexies c.c., anche ai fini dell’applicazione dell’art. 2497 quinquies c.c., si dovrebbe presumere, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci “o che comunque le controlla ai sensi dell’art.2359”, ma certamente tale circostanza non ricorreva nel caso di specie, in quanto RAGIONE_SOCIALE non era socia di RAGIONE_SOCIALE e non aveva mai svolto, né poteva svolgere, alcuna attività di direzione e coordinamento della detta società (poi fallita), ai sensi del richiamato art.2359 n. 1 c.c.
1.4 Le doglianze, così articolate dalla ricorrente, non sono condivisibili.
1.4.1 La vicenda che ci occupa è la seguente: la società opponente (RAGIONE_SOCIALE si era assunta il debito della società poi fallita nei confronti di
una dipendente, per retribuzioni e T.f.r.; si sostiene da parte della società ricorrente che la lavoratrice avesse surrogato l’opponente nei propri diritti nei confronti della fallita, datrice di lavoro; con la conseguenza che essa opponente – che mai era stata socia della fallita aveva diritto all’ammissione al passivo in via privilegiata ex art. 2751-bis n. 1 c.c. e non postergata ex art. 2647 c.c.
Il Tribunale ha invece accertato che la fallita RAGIONE_SOCIALE era controllata al 100% da una diversa società (RAGIONE_SOCIALE, la quale a sua volta era controllata al 100% dalla società oggi ricorrente, così individuando i presupposti della postergazione in una ipotesi di controllo cd. mediato della società finanziata, attraverso l’interposizione di altra società controllata in modo totalitario della società finanziatrice.
1.4.2 La questio iuris da affrontare deve muovere pertanto dall’esame della disciplina dei rapporti di finanziamento eseguiti in costanza di rapporti di direzione e controllo, dettata, come già sopra accennato, dall’art. 2497quinquies cod. civ., norma – si ricorda – introdotta in occasione della riforma del diritto societario del 2003.
La norma, come noto, dispone che i finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita, nei confronti della medesima, attività di direzione e coordinamento, oppure da altri soggetti sottoposti al controllo dello stesso, sono soggetti al regime della postergazione dettato dall’art. 2467 cod. civ. Ove siffatti finanziamenti siano concessi in presenza di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure in una situazione finanziaria in cui sarebbe stata ragionevole l’esec uzione di un conferimento, il diritto di credito al relativo rimborso risulta postergato alla soddisfazione degli altri creditori della società finanziata, con obbligo di restituzione delle somme indebitamente rimborsate in caso di dichiarazione di fallimento della società sovvenuta nell’anno successivo.
In realtà, il legislatore della riforma, con una tale disposizione, non ha inteso dettare -come pure sarebbe stato ipotizzabile e come è stato scelto di fare in altri ordinamenti -una disciplina generale dei rapporti finanziari infragruppo, destinata a trovare applicazione, in deroga alle norme di diritto comune solitamente applicabili in caso di finanziamenti erogati tra imprese,
a tutti i rapporti intercorrenti tra società appartenenti ad un medesimo gruppo. Al contrario, la disciplina in questione si propone unicamente di regolare i finanziamenti concessi a favore di una società controllata da parte di altra società del gruppo – sia essa la controllante, quella cioè che esercita, all’apice della struttura, l’attività di direzione e coordinamento, sia invece altra società soggetta a siffatta attività, e cioè un’altra società controllata -indipendentemente dalla collocazione della stessa nella struttura suddetta.
Il presupposto applicativo della disciplina di cui all’art. 2497 -quinquies cod. civ. risulta , dunque, costituito dall’assoggettamento a direzione unitaria della società destinataria del finanziamento: è soggetto a postergazione il finanziamento a favore della società dipendente effettuato dalla società che esercita attività di direzione e coordinamento, direttamente o per il tramite di altra società controllata.
Non vi sono dubbi neanche in dottrina nel senso di ritenere che già l ‘interpretazione letterale della disposizione in esame è diretta a supportare una soluzione volta a rendere evidente il suo ambito applicativo ai finanziamenti effettuati nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento da chi tale attività eserciti nei confronti della società che alla stessa risulti soggetta: vuoi direttamente, vuoi, invece, indirettamente, qualora il finanziamento sia erogato dal soggetto controllante alla società eterodiretta per il tramite di altra società controllata (cd. finanziamento discendente).
1.4.3 Ed è proprio questa seconda ipotesi quella oggetto di esame nella fattispecie concreta qui in discussione, e cioè l’ipotesi di finanziamento operato in via mediata tramite l’intervento finanziario di società controllata dalla società esercitante l’attività di direzione e coordinamento.
Ritiene la Corte che l’unica interpretazione ragionevole che eviti l’elusione del divieto previsto dal combinato disposto degli artt. 2467 e 2497quinquies c.c. sia quella di estendere l’ambito applicativo di quest’ultima disposizione normativa anche all’ipotesi del cd. finanziamento discendente operato dalla società controllante nei confronti della società finanziata (e controllata) per il tramite di altra società, a sua volta controllata della prima. Diversamente ragionando, sarebbe gioco facile aggirare il divieto di finanziamento da parte
del socio e di pregiudizio delle ragioni dei creditori sociali, con conseguente sottocapitalizzazione della società che versi in una situazione di ‘eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto ovvero in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento’ . Basterebbe, cioè, da parte della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento operare il finanziamento della società sottoposta al suo controllo per il tramite di altra società del gruppo dalla stessa controllata (e controllante la finanziata) per poter concorrere con gli altri creditori nell’ambito del passivo fallimentare alla restituzione del finanziamento e per eludere la finalità protettiva delle norme da ultimo citate. 1.4.4 Alla luce delle osservazioni sopra riportate non sono pertanto condivisibili le ulteriori obiezioni sollevate dalla società ricorrente. Secondo quest’ultima , ricorrerebbe, innanzi tutto, l’attività di direzione e coordinamento, ai sensi degli art.2497 e 2497 quinquies c.c., solo in presenza di un accentramento nella capogruppo delle funzioni gestorie fondamentali, inerenti alla società controllata, in grado di imporre l’unità dell’indirizzo amministrativo-gestionale attraverso l’esercizio di un’influenza dominante. Fattispecie che, tuttavia, non sarebbe emersa dagli atti di causa, riguardo ai rapporti intercorrenti tra dette società. Si avrebbe, sempre secondo la ricorrente , ai sensi dei richiamati artt.2497 sexies e 2359 n. 1 c.c., ‘controllo’ quando una società è in condizioni di esercitare un’influenza dominante su un’altra società, per effetto del possesso della quota maggioritaria di partecipazione nella stessa o per la sussistenza della richiamata condizione di cui all’art.2359 c.c. n. 1, situazioni anch’esse non ricorrenti nel caso di specie. Sul punto soccorrono, infatti, due argomentazioni dirimenti per superare le predette obiezioni.
Da un lato, l’interpretazione dei sopra richiamati artt. 2497 sexies e 2359 n. 1 c.c., perorata dalla ricorrente, scopre il fianco alle già sopra riferite possibili applicazioni elusive dei divieti disposti dagli artt. 2467 e 2497 quinques c.c., in tema di finanziamento da parte del socio della società in crisi finanziaria, sol che si preveda tale finanziamento operato per il tramite dello schermo della società controllata dalla finanziatrice.
E dall’altro, non può neanche ritenersi strutturalmente inidoneo un meccanismo di ‘direzione e coordinamento’ – realizzato per il tramite della intermediazione di altra società controllata – ad integrare proprio quella fattispecie di ‘controllo’ delineata dal combinato disposto degli artt. 2497 sexies e 2359, primo comma, n. 1, c.c. per evitare conferimenti mascherati da finanziamenti , posto che quest’ultima disposizione prevede la possibilità del ‘ controllo ‘ attraverso il possesso del voto di maggioranza della società controllata. Ebbene, tale meccanismo risulta, invero, concretamente realizzabile anche attraverso un sistema di controlli ‘a catena’ discendenti all’interno di una dinamica ‘infragruppo’ di direzione delle società appartenenti al gruppo stesso, proprio come avvenuto nel caso di specie. Ne consegue il rigetto del primo motivo.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., de ll’art. 2467 c.c., d egli artt. 1201 e 1203 c.c. e de ll’art. 12 delle preleggi.
2.1 Osserva sempre la società ricorrente che risulterebbe documentalmente provato che la società RAGIONE_SOCIALE non era socia della società RAGIONE_SOCIALE e che, c ome noto, l’art. 2467 c.c. richiede, ai fini della sua applicabilità, la qualità di socio in capo al soggetto che effettua il finanziamento. Con la conseguenza che, a prescindere dalla configurabilità del pagamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE quale finanziamento, mancherebbe un elemento essenziale, ovvero la qualità di socio, affinché potesse essere correttamente richiamato l’art. 2467 c.c.
2.2 Aggiunge, inoltre, la ricorrente che il pagamento della somma di € 36.857,79 non poteva comunque essere considerato quale finanziamento, derivando, come risultante dalla documentazione agli atti, dal versamento effettuato da RAGIONE_SOCIALE in favore della COGNOME, con espressa volontà di surrogazione. Si evidenzia, infatti, che, al punto c) della comunicazione di impegno al pagamento del debito della società RAGIONE_SOCIALE, l’odierna ricorrente aveva espressamente specificato che ‘al momento d el versamento della somma di euro 36.857,79 si surrogherà ex art. 1203 n. 3 c.c., nella posizione della signora COGNOME (e, quindi, con il medesimo grado di privilegio) e avrà diritto di ottenere da NOME COGNOME non appena ne avrà la disponibilità
(e comunque con modalità tali da non ledere la par condicio creditorum), il rimborso delle spese corrisposte’. Secondo la ricorrente, avrebbe conseguentemente dovuto trovare applicazione la disciplina prevista dagli artt. 1201 e 1203 c.c. e non certamente l’art. 2467 c.c.
2.3 Il secondo motivo è infondato sia perché ripropone, nella sua prima parte, le medesime doglianze già proposte nel primo motivo e per le quali è doveroso rimandare alle osservazioni già sopra riportate, che devono dunque ritenersi assorbenti dell’esame delle qui riproposte censure circa la contestata applicabilità della postergazione del finanziamento del socio; e sia perché lo stesso motivo risulta decentrato rispetto alla ratio decidendi che sorregge il provvedimento impugnato, ratio che, sul punto qui in discussione, ha ritenuto non applicabile il meccanismo della surrogazione proprio perché ha diversamente qualificato il pagamento nei termini di un finanziamento del socio alla società già in crisi finanziaria, nei termini previsti da ll’art. 2467 c.c. La predetta ratio decidendi ha peraltro resistito alle censure mosse nel primo motivo di ricorso, con la conseguenza che le ulteriori obiezioni sollevate dalla ricorrente risultano del tutto irrilevanti per la complessiva censura del provvedimento impugnato.
Con il terzo motivo si contesta il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 111 l.fall. e de ll’art. 182 quater, co. 1 l.fall.
3.1 Il terzo motivo è invece inammissibile perché propone una questione nuova, non introdotta nel dibattito processuale prima di questo giudizio in cassazione. Ed invero, l’applicazione dell’invocato art. 182 quater, primo comma, l. fall., non emerge, come argomento di discussione tra le parti, né dalla lettura del decreto impugnato né dal ricorso introduttivo, con la specifica indicazione della sua allegazione negli atti di causa.
In relazione al primo motivo di ricorso, va pertanto affermato il seguente principio di diritto:
‘ Ai sensi degli artt. 2467 e 2497 quinques c.c., devono considerarsi postergati anche i finanziamenti effettuati, nell’ambito dell’attività di direzione e coordinamento infragruppo, da parte della società controllante in favore della società controllata tra mite l’intermediazione di altra società
contro
llante la società finanziata e a sua volta controllata dalla società finanziatrice (cd. finanziamento discendente) ‘.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2025