Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14918 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Data pubblicazione: 04/06/2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14918 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Relatore
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Banca- Conto
corrente bancario
Ud.24/04/2025 CC
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1396 R.G. anno 2024 proposto da:
COGNOME NOME , domiciliato presso l’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
ricorrente
contro
Intesa Sanpaolo s.p.a. , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME
Maturo;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 2148/2023 emessa dalla Corte di appello di Venezia il 6 novembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ il Tribunale di Vicenza ha rideterminato in euro 12.735,36 il saldo passivo del conto orrente bancario acceso da NOME COGNOME presso la Cassa di Risparmio del Veneto, ora Intesa Sanpaolo.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 6 novembre 2023, ha respinto il gravame, disattendendo l’eccezione di prescrizione sollevata dal correntista.
NOME COGNOME ha proposto un ricorso per cassazione fondato su di un solo motivo, cui resiste, con controricorso, Intesa Sanpaolo.
2 . ─ E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-La proposta ha il tenore che segue:
«l ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione della l. n. 154 del 1992 e dell’art. 117 t.u.b., in relazione all’art. 11 preleggi, per i contratti di apertura di credito conclusi prima del 1992, nonché la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto in tema di affidamenti in conto corrente;
« il motivo verte sull’apertura di credito; dalla presenza di tale rapporto, e dalla conseguente configurabilità di rimesse ripristinatorie sul conto corrente dipende, infatti, la decisione sull’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca;
«il ricorrente non sembra cogliere il reale portato della decisione impugnata;
«la Corte di appello ha osservato che, come già evidenziato dal Giudice di primo grado, l’attore non aveva dedotto la conclusione di un contratto di apertura di credito, ‘ ma unicamente la sussistenza di un affidamento di fatto ‘ ;
«il senso di tale affermazione meglio si comprende ove si guardi a cosa intenda la Corte di merito per ‘ fido di fatto ‘ : nella sentenza
Numero registro generale 1396/2024
Numero sezionale 1733/2025
Numero di raccolta generale 14918/2025
Data pubblicazione 04/06/2025
impugnata si rileva essere necessario stabilire se, ‘ nel caso di specie, fosse stato concluso un contratto di apertura di credito, dovendosi escludere la rilevanza giuridica del c.d. fido di fatto, ossia del fatto che la banca tollerasse il saldo negativo di conto: situazione per l’appunto di mero fatto, non accompagnato dalla conclusione di un contratto di affidamento e perciò insuscettibile di far sorgere l’obbligazione in capo alla banca di tenere a disposizione del correntista una determinata disponibilità monetaria ‘ ;
«tale passaggio va posto in relazione ad altro brano della pronuncia impugnata, ove è anzitutto spiegato che l’attore non aveva dedotto la conclusione di uno o più contratti di apertura di credito, ma semplicemente una situazione fattuale caratterizzata dalla scoperto di conto, dall’applicazione di interessi ultralegali in misura variabile e di commissioni di massimo scoperto; di seguito la Corte di appello chiarisce che l’applicazione di interessi passivi e di commissioni, nonché lo scoperto di conto ‘ sono compatibili con la tolleranza della banca che permette al correntista di operare sul saldo in negativo, e non dimostra la conclusione di un contratto di apertura di credito da cui discendano reciproche obbligazioni ‘ ed evoca, infine, la giurisprudenza della S.C. per cui l’esistenza di un contratto di apertura di credito bancario non può essere ricavata dalla mera tolleranza di una situazione di scoperto;
«come è evidente, dunque, la Corte di appello ha inteso affermare che il ricorrente non aveva allegato la conclusione di un contratto di apertura di credito, ma l’esistenza di una mera situazione di tolleranza della banca quanto agli scoperti di conto: e sul punto merita condivisione il rilievo, espresso dal Giudice del gravame, per cui l’applicazione di interessi e di commissioni di massimo scoperto non è un elemento univocamente rappresentativo della stipula del contratto di apertura di credito: infatti, gli uni e gli altri possono essere pattuiti in ragione del semplice maturare di un’esposizione debitoria (in particolare, nella prassi del passato, era diffusa la pratica di commissioni di massimo
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Numero di raccolta generale 14918/2025
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scoperto su conti ‘ non affidati ‘ );
«non è allora concludente la deduzione, formulata dal ricorrente, per cui il contratto di apertura di credito non avrebbe dovuto essere necessariamente documentato per iscritto;
« andava semmai aggredita l’affermazione secondo cui l’odierno ricorrente si era limitato ad allegare una situazione di mera tolleranza, e ciò andava fatto denunciando, anzitutto, un error in procedendo e riproducendo, in secondo luogo, le parti degli atti processuali che dessero ragione del vizio in questione: infatti, la deduzione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il «fatto processuale» (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181);
«merita aggiungere che, del resto, quanto rilevato dalla Corte di merito in ordine al valore dell’atteggiamento tollerante della banca nei confronti di situazioni di scoperto non si espone a censura: infatti, una situazione di fatto caratterizzata dallo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati, da parte della banca, di ordini di pagamento del correntista, anche in assenza di provvista e nell’ambito dei limiti di rischio dalla stessa banca preventivamente valutati, non dimostra in sé la stipulazione, per fatti concludenti, di un contratto di apertura di credito in conto corrente, con obbligo della banca di eseguire operazioni di credito passive, potendo la suddetta situazione di fatto trovare fondamento in una posizione di mera tolleranza da parte della banca stessa (Cass. 5 dicembre 1992, n. 12947): l’esistenza di un contratto di apertura di credito bancario non può essere, cioè, ricavata, per facta concludentia , dalla mera tolleranza di una situazione di scoperto (Cass. 28 luglio 1999, n. 8160);
«né vale invocare, in contrario, specifiche risultanze processuali (come le annotazioni presenti sugli estratti conto acquisiti al giudizio);
« anzitutto – e in via assorbente – tali elementi non varrebbero a superare il dato dell’assenza di allegazione quanto alla stipula del
contratto di apertura di credito;
« in secondo luogo – e comunque – non compete alla Corte di legittimità il riesame delle risultanze di causa: la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 28 novembre 2014, n. 25332) ; d’altro canto, il vizio di violazione di legge, fatto valere dal ricorrente, consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass.5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315)».
-Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni, che resistono ai rilievi formulati dalla parte ricorrente nella sua istanza di decisione della causa e nella successiva memoria.
In particolare, non è in gioco, nella presente sede, il principio, enunciato a pag. 9 della detta istanza, per cui, in tema di prescrizione del diritto alla ripetizione di somme affluite sul conto corrente, la prova della natura ripristinatoria delle rimesse, di cui è onerato il correntista, possa essere fornita dando riscontro, attraverso presunzioni, della conclusione del contratto di apertura di credito, quando tale contratto sia stato concluso prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 e del testo unico bancario, o quando, pur operando, per il periodo successivo a quest’ultima disciplina, la nullità del contratto per vizio di forma, il correntista o il suo avente causa non facciano valere, a norma dell’art. 127, comma 2, t.u.b., la nullità stessa . E’ in gioco, invece, la tempestiva prospettazione dell’apertura di credito e l’accertamento in
fatto della conclusione del relativo contratto: conclusione che, in linea di principio, ben può attuarsi verbis tantum o per facta concludentia. Ebbene, la decisione della Corte territoriale è censurata in modo inefficace, denunciando la violazione e falsa applicazione della l. n. 154 del 1992 e dell’art. 117 t.u.b. , giacché la decisione impugnata non è incentrata sul tema della forma del nominato contratto, quanto piuttosto, su di un deficit di allegazione e di prova (essendosi correttamente rilevato, a quest’ultimo riguardo, che il perfezionamento dell’apertura di credito non può desumersi dalla tolleranza della banca rispetto a scoperture del conto).
3. -Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Tr ovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 8.000,00 in favore della controricorrente; condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile, in data 24 aprile 2025. Il Presidente
NOME COGNOME