Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33454 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33454 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11403/2021 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME, tutti rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, p.e.c. , elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO (p.e.c.: EMAIL
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL
-controricorrente –
nonché nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Caltanissetta n. 46/2021, pubblicata in data 6 febbraio 2021 e notificata il 17 febbraio 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME
Fatti di causa
Con distinti atti di citazione RAGIONE_SOCIALE, debitrice principale, e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME che aveva prestato fideiussione in favore della società debitrice, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso dal Tribunale di Gela su istanza di RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di Intesa Sanpaolo s.p.a., con cui si chiedeva il pagamento dell’importo di euro 73.307,40, oltre interessi , in relazione ad affidamento concesso alla garantita, eccependo, tra l’altro, la mancanza di un valido rapporto fideiussorio, il difetto di legittimazione attiva di Italfondiario s.p.a., l’intervenuta liberazione del fideiussore ai sensi dell’art. 1956 cod. civ. , nonché l’estinzione della fideiussione ex art. 1955 cod. civ.
Riunite le opposizioni, il Tribunale di Gela confermava il decreto ingiuntivo.
In esito all’appello proposto dagli eredi di NOME COGNOME nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza impugnata, disattendendo l’ eccezione di difetto di legittimazione ad
agire in giudizio di RAGIONE_SOCIALE e rigettando le eccezioni di liberazione del fideiussore ex artt. 1955 e 1956 cod. civ. e di nullità degli interessi applicati al contratto di finanziamento per superamento del tasso soglia, rilevando, da una parte, che dalla documentazione prodotta non emergeva una situazione debitoria tale che avrebbe dovuto indurre la Banca a revocare gli affidamenti e , dall’altra, che l’art. 5 del contratto di fideiussione prevedeva una deroga all’art. 1956 cod. civ., imponendo al fideiussore di tenersi aggiornato sulle condizioni economiche della società garantita; accertava, inoltre, che l’estratto conto prodotto, che riportava in modo dettagliato le rate scadute e non pagate, comprovava senz’altro l’entità del credito vantato dalla banca e la legittimità degli interessi applicati.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME propongono ricorso, con due motivi, per la cassazione della decisione d’appello.
Intesa Sanpaolo s.p.aRAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti de ducono ‹‹Liberazione dei fideiussori per effetto della nullità integrale e/o parziale delle lettere di fideiussione omnibus sottoscritte dalla signora COGNOME Italia, nonché per effetto della decadenza della garanzia ex art. 1957 cod. civ. -violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418, 1419, primo comma, 1322 e 1957 cod. civ., nonché dell’art. 2, comma 2, lett. a) , legge n. 287/1990, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.››.
Sostengono che le fideiussioni sottoscritte sono nulle in quanto riproducono, alle clausole 2, 6 e 8, lo schema ABI sanzionato dalla Banca d’Italia nel 2005 per violazione della normativa antitrust e che la nullità di dette clausole conduce alla nullità dell’intero contratto cui esse accedono, anche per immeritevolezza della causa; in via subordinata, eccepiscono la nullità parziale della fideiussione rilasciata in favo re dell’istituto di credito e, conseguentemente, la decadenza da lla garanzia rilasciata dal fideiussore per effetto dell’inoperatività della deroga di cui all’art. 1957 cod. civ.
Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Con la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che «i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) , della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3, della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti».
In motivazione tale pronuncia ha in particolare rimarcato, per quanto in questa sede importa in particolare evidenziare, che, stante la finalizzazione di tale normativa ad elidere attività e comportamenti restrittivi della libera concorrenza: a) «la forma di tutela più adeguata allo scopo , ma che consente di assicurare anche il rispetto degli altri interessi coinvolti nella vicenda, segnatamente quello degli istituti di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, espunte le clausole contrattuali illecite, la nullità parziale, limitata appunto a tali clausole; né va tralasciato il
rilievo che la nullità parziale è idonea a salvaguardare il menzionato principio generale di ‘conservazione’ del negozio» (Cass. Sez. U. n. 41994 del 2021, cit., § 2.15, pag. 30); b) «la regola dell’art. 1419, primo comma, c.c. … enuncia il concetto di nullità parziale ed esprime il generale favore dell’ordinamento per la ‘conservazione’, in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale. Da ciò si fa derivare il carattere eccezionale dell’estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all’intero contratto, con la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere in toto l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto» (ivi, pag. 3031); «i contratti a valle sono integralmente nulli … esclusivamente quando la loro stessa conclusione restringe la concorrenza, come nel caso di una intesa di spartizione, riprodotta integralmente nel contratto a valle»; «quest’ultimo è, invece, nullo solo in parte qua , laddove esso riproduca le clausole dell’intesa a monte dichiarate nulle dall’organo di vigilanza, e che sono le sole ad avere – in concreto – una valenza restrittiva della concorrenza, come nel caso dello schema ABI per cui è causa. Tutte le altre clausole, coerenti con lo schema tipico del contratto di fideiussione, restano invece valide ›› .
3.2. È opportuno ricordare, altresì, che le Sezioni Unite di questa Corte si sono occupate del problema della rilevabilità d’ufficio delle nullità contrattuali (Cass., sez. U, 12/12/2014, n. 26242), affermando , tra l’altro, che nel giudizio di appello ed in quello di cassazione il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa in primo grado di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo. Questo principio, però, deve essere applicato
tenendo presenti le regole generali del processo civile e la relativa tempistica, potendo l’esercizio di un potere officioso essere esercitato solo quando i fatti costitutivi del lamentato vizio negoziale da esaminare ex officio siano stati tempestivamente allegati, onde consentire al giudice la necessaria valutazione in diritto. Qualora i fatti costitutivi della dedotta nullità negoziale non risultino già allegati in toto dalla parte che la invoca successivamente, difatti, non è consentito al giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, procedere d’ufficio a tali accertamenti, la rilevabilità officiosa della nullità essendo circoscritta alla sola valutazione in iure dei fatti già allegati.
Come è stato rilevato nelle ordinanze nn. 36421 del 2022 e 36138 del 2022, proprio con riferimento alla stessa questione posta dal motivo in esame (v. Cass., sez. 3, 17/11/2021, n. 34799; anche Cass., sez. 3, 30/09/2021, n. 26530), la valutazione della eccezione di nullità del contratto in sede di legittimità presuppone che in sede di giudizio di merito siano stati accertati i relativi presupposti di fatto; essa è sì rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, ma solo laddove siano acquisiti agli atti del giudizio tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza, ( ex aliis , Cass., sez. 3, 19/02/2020, n. 4175; Cass., sez. 3, 13/02/2020, n. 3556; Cass., sez. 3, 10/11/2020, n. 25273).
3.3. Nel caso in esame, non emerge dalla sentenza impugnata che gli odierni ricorrenti avessero dedotto, nelle pregresse fasi del giudizio di merito, i presupposti di fatto fondanti l’eccepita nullità del contratto di fideiussione per contrasto con la normativa dettata in materia di antitrust : difatti, a fronte della eccepita nullità di una clausola contrattuale che discenderebbe dalla conformità del contratto ris petto al modello redatto dall’ABI e contenente le clausole oggetto del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia, gli odierni
ricorrenti avrebbero dovuto allegare i fatti costitutivi funzionali a fondare la legittimità di una successiva rilevazione officiosa della nullità, poiché tanto il contratto in contestazione, quanto la modulistica applicata e la delibera della Banca d’Italia suindicata erano a disposizione delle parti. La quaestio nullitatis posta dagli odierni ricorrenti, pur astrattamente proponibile, avrebbe, sì, obbligato il giudice a rilevarne l’eventuale fondatezza (con conseguente applicazione del disposto dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ.), ma sempre che, ed a condizione che, i fatti costitutivi del vizio negoziale fossero stati già tempestivamente allegati, onde legittimare una decisione fondata su quegli stessi fatti e soltanto su quelli, non essendo consentito né al giudice di appello, né tanto meno a questa Corte alcun accertamento fattuale se non in violazione del principio del contraddittorio.
Non è stato neppure allegato dai ricorrenti che, nel giudizio di merito, fossero stati ritualmente prodotti il parere dell’AGC OM ed il provvedimento n. 55 del 2.5.2005 con cui la Banca d’Italia a veva sanzionato l’intesa per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287/90, documenti indispensabili per dimostrare che il contratto di fideiussione per cui è causa fosse il prodotto dell’intesa medesima e che fosse stata elusa la possibilità di scelta nella determinazione delle singole clausole.
In difetto, dunque, di allegazione e della produzione dei documenti giustificativi della dedotta nullità dei contratti di fideiussione, perdono rilevanza, al fine della valutazione del motivo in disamina, le argomentazioni difensive concernenti la nullità totale o parziale dei contratti in oggetto, come pure la denuncia di immeritevolezza della causa del contratto, in relazione alla quale è sufficiente rilevare che il giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322, secondo comma, cod. civ. va compiuto avendo riguardo allo scopo
perseguito dalle parti, non già alla convenienza, chiarezza o aleatorietà del contratto o delle sue clausole (Cass., sez. U, 23/02/2023, n. 5657).
La censura non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità là dove si denuncia una supposta violazione dell’art. 1957 cod. civ.
Manca, invero, non solo l’allegazione dell’avvenuta deduzione della relativa questione dinanzi al giudice di merito, ma anche l’indicazione degli atti spe cifici dei gradi precedenti in cui quella è stata a quegli sottoposta, onde dare modo a questa Corte -a cui viene proposta una questione giuridica implicante accertamenti di fatto -di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. In difetto di ottemperanza ad un tale onere, non può che rilevarsi l’inammissibilità per novità della censura (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988, in motivazione; Cass., sez. 6 – 5, 13/12/2019, n. 32804).
Con il secondo motivo -rubricato: erronea pronuncia sulle spese di giudizio -i ricorrenti lamentano che, alla stregua della censura che precede, risulta ingiusto anche il capo della sentenza con cui è stata disposta la loro condanna al pagamento delle spese di lite.
Il motivo è inammissibile.
Trattasi di un ‹‹non motivo››, dato che si limita a postulare la caducazione della condanna alle spese come conseguenza della cassazione della sentenza in forza dell’accoglimento dei motivi, sebbene tale effetto operi ai sensi dell’art. 336, primo comma, cod. proc. civ.
L ‘inammissibilità e l’in fondatezza delle censure depongono per il rigetto del ricorso.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione