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Fideiussione omnibus: la Cassazione e l’inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni garanti (fideiussori) contro una società cessionaria di crediti bancari. I ricorrenti contestavano la validità di una fideiussione omnibus e la legittimità del recesso della banca. La Corte ha respinto il ricorso basandosi sulla regola della “doppia conforme”, che limita l’esame dei fatti in Cassazione quando due sentenze di merito sono concordi. Inoltre, ha sottolineato che per far valere la nullità delle clausole conformi allo schema ABI, il ricorrente deve fornire prove specifiche e dettagliate, cosa che in questo caso non è avvenuta.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Fideiussione Omnibus e Clausole ABI: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La fideiussione omnibus è uno strumento contrattuale molto diffuso nel settore bancario, ma spesso fonte di complesse controversie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti processuali per contestare la validità di tali garanzie, in particolare quando si invocano la nullità delle clausole conformi allo schema ABI e l’illegittimità del recesso della banca. La decisione sottolinea il rigore richiesto al ricorrente nel presentare le proprie doglianze in sede di legittimità.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo alla Corte d’Appello

La vicenda trae origine da un’azione legale intrapresa da un istituto di credito per il recupero di una somma derivante da un’apertura di credito in conto corrente. A garanzia del debito, tre soggetti avevano prestato una fideiussione omnibus. A seguito del mancato pagamento, la banca aveva ottenuto un decreto ingiuntivo sia contro il debitore principale sia contro i fideiussori. Questi ultimi si erano opposti all’ingiunzione.

Il Tribunale di primo grado aveva revocato il decreto ma li aveva comunque condannati al pagamento di una somma ridotta. I fideiussori avevano quindi proposto appello, ma la Corte territoriale aveva respinto il gravame, confermando la loro condanna. Contro questa decisione, i garanti hanno presentato ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Nullità della Fideiussione Omnibus e Recesso Illegittimo

I ricorrenti hanno basato il loro ricorso su due motivi principali:
1. Violazione di legge e nullità delle clausole: Si lamentava la nullità di alcune clausole del contratto di fideiussione, in quanto ritenute riproduttive dello schema ABI, dichiarato contrario alla normativa antitrust da un provvedimento della Banca d’Italia del 2005. Inoltre, si contestava la validità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c.
2. Illegittimità del recesso della banca: Si sosteneva che la banca avesse esercitato il diritto di recesso dal contratto in modo illegittimo, violando i principi di correttezza e buona fede e abusando della propria posizione dominante.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni dettagliate per ciascuna delle censure sollevate dai ricorrenti.

L’ostacolo della “Doppia Conforme”

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha innanzitutto rilevato l’applicazione del principio della “doppia conforme”. Poiché la sentenza della Corte d’Appello aveva confermato la decisione del Tribunale sulla base delle stesse ragioni di fatto, era precluso ai ricorrenti contestare in Cassazione il vizio di motivazione. Essi non avevano dimostrato, come richiesto dalla giurisprudenza, che le ricostruzioni fattuali delle due sentenze di merito fossero diverse.

La questione della nullità per violazione della normativa antitrust (Schema ABI)

La Corte ha affrontato la delicata questione della nullità della fideiussione omnibus per conformità allo schema ABI. Pur riconoscendo che la nullità può essere rilevata in ogni stato e grado del processo, i giudici hanno chiarito che essa deve emergere dagli atti di causa. Nel caso di specie, i ricorrenti si erano limitati a sostenere l’esistenza di tali clausole senza fornire le prove necessarie. La giurisprudenza citata dalla Corte (in particolare Cass. n. 30383/2024) richiede che il ricorrente dimostri specificamente:
* L’esistenza del provvedimento della Banca d’Italia.
* La natura “omnibus” della fideiussione.
* L’epoca di stipulazione del contratto.
* L’esatta corrispondenza tra le clausole contrattuali e quelle sanzionate.
* La concreta ricaduta della nullità sul debito del fideiussore.
I ricorrenti non hanno adempiuto a tale onere probatorio, rendendo la loro doglianza inammissibile.

L’illegittimità del recesso: una valutazione di fatto non riesaminabile

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla legittimità del recesso della banca costituisce un’analisi di fatto, preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno inoltre notato una contraddizione nell’argomentazione dei ricorrenti: mentre lamentavano la brevità del preavviso, ammettevano che tra il recesso e l’inizio dell’azione di recupero era trascorso più di un anno, dimostrando di fatto un comportamento tollerante da parte della banca. Infine, la censura relativa all’abuso di posizione dominante è stata considerata generica e non adeguatamente specificata.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame ribadisce alcuni principi fondamentali del processo civile e del diritto bancario. In primo luogo, conferma il rigore con cui la Corte di Cassazione applica i limiti procedurali, come la “doppia conforme”, per evitare che il giudizio di legittimità si trasformi in un terzo grado di merito. In secondo luogo, definisce con chiarezza l’onere probatorio che grava sulla parte che intende far valere la nullità di una fideiussione omnibus per contrarietà alla normativa antitrust. Non è sufficiente una mera allegazione, ma è necessaria una dimostrazione puntuale e documentata di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie. Questa decisione serve da monito per i fideiussori e i loro legali sulla necessità di costruire le proprie difese in modo solido e circostanziato sin dai primi gradi di giudizio.

Quando non è possibile contestare i fatti in Cassazione se due sentenze precedenti sono uguali?
Non è possibile quando si verifica la cosiddetta “doppia conforme”, ovvero quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sulla stessa ricostruzione dei fatti. In tal caso, il ricorso in Cassazione per vizio di motivazione sui fatti è inammissibile, a meno che il ricorrente non dimostri che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni sono diverse.

È sufficiente affermare che un contratto di fideiussione omnibus è nullo perché conforme allo schema ABI anticoncorrenziale?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, la parte che invoca tale nullità ha l’onere di provare in modo specifico una serie di circostanze: l’esatta corrispondenza delle clausole contrattuali con quelle dello schema ABI sanzionato, l’epoca della stipulazione, e la concreta ricaduta della nullità sull’obbligazione di garanzia. La semplice affermazione non basta.

La Corte di Cassazione può riesaminare la legittimità del recesso di una banca da un contratto di credito?
Di norma, no. La valutazione della legittimità del recesso, inclusa la verifica del rispetto dei principi di correttezza e buona fede, costituisce un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se vengono dedotti specifici errori di diritto nell’applicazione delle norme, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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