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Fideiussione ABI nulla: la Cassazione chiarisce i limiti

Una società e il suo garante hanno contestato un debito bancario, sostenendo la nullità di una fideiussione basata sullo schema ABI anticoncorrenziale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio chiave: la “Fideiussione ABI nulla” comporta una nullità solo parziale, limitata alle clausole illecite, senza invalidare l’intero contratto. Inoltre, ha chiarito che l’eccezione di decadenza del creditore non può essere sollevata per la prima volta in appello, in quanto costituisce una domanda nuova.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Fideiussione ABI nulla: la Cassazione traccia i confini tra nullità e nuove domande

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16119/2024, è intervenuta su una questione di grande rilevanza nel diritto bancario: le conseguenze della Fideiussione ABI nulla. La vicenda riguarda la validità di una garanzia prestata a favore di un istituto di credito, basata su uno schema contrattuale sanzionato dall’Autorità Garante per la Concorrenza. La Corte ha colto l’occasione per ribadire il principio della nullità parziale e per tracciare una linea netta tra l’accertamento di tale nullità e la proposizione di domande nuove in appello, come l’eccezione di decadenza.

I Fatti di Causa

Una società e il suo legale rappresentante, in qualità di fideiussore, convenivano in giudizio un istituto di credito chiedendo di accertare la nullità di un contratto di conto corrente e della relativa fideiussione per diverse ragioni, tra cui l’applicazione di tassi usurari. La banca, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna dei ricorrenti al pagamento del saldo debitore.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano le domande principali, accogliendo invece la richiesta della banca. In particolare, la Corte territoriale riteneva generici i motivi di appello relativi all’usura e ad altre presunte nullità. Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, i ricorrenti insistevano sulla nullità della fideiussione, in quanto conforme allo schema ABI censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005 per violazione della normativa antitrust.

La questione della Fideiussione ABI nulla e la decisione della Corte

Il cuore della controversia portata all’attenzione della Suprema Corte riguarda le sorti del contratto di fideiussione stipulato “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale “a monte”. I ricorrenti sostenevano che la nullità delle clausole incriminate dovesse travolgere l’intero contratto o, in subordine, che la nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. rendesse applicabile la disciplina sulla decadenza, non rispettata dalla banca.

La Cassazione, pur correggendo la motivazione della Corte d’Appello, ha rigettato il ricorso, offrendo importanti chiarimenti.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Fideiussione ABI nulla

La Corte ha innanzitutto confermato l’orientamento consolidato secondo cui i contratti di fideiussione che riproducono le clausole dello schema ABI, dichiarate lesive della concorrenza, sono affetti da nullità parziale. Questo significa che la nullità non colpisce l’intero contratto, ma solo le singole clausole illecite (in questo caso, le clausole 2, 6 e 8 dello schema ABI). Il resto del contratto di garanzia rimane pienamente valido ed efficace, a meno che la parte interessata non dimostri che non avrebbe concluso il contratto senza quelle specifiche clausole.

Il punto più innovativo della decisione, tuttavia, riguarda la questione della decadenza ex art. 1957 c.c. I ricorrenti avevano eccepito, tardivamente, che una volta dichiarata nulla la clausola di deroga a tale articolo, il giudice avrebbe dovuto applicare la norma di legge e, di conseguenza, dichiarare la banca decaduta dal suo diritto per non aver agito contro il debitore principale entro i termini.

La Cassazione ha respinto questa tesi, qualificandola come una domanda nuova, inammissibile in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c. La Corte ha spiegato che una cosa è chiedere la declaratoria di nullità parziale di una clausola; altra cosa è chiedere l’applicazione delle conseguenze giuridiche che derivano dall’integrazione del contratto con la norma di legge (in questo caso, l’art. 1957 c.c.). Questa seconda richiesta non è una mera conseguenza automatica della nullità, ma una domanda autonoma che modifica il petitum e la causa petendi, e che deve essere tempestivamente introdotta nel giudizio di primo grado.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio: la Fideiussione ABI nulla non è sinonimo di contratto integralmente nullo. La sanzione è la nullità parziale, limitata alle clausole anticoncorrenziali. Per il fideiussore, ciò significa che la garanzia rimane in piedi, sebbene depurata dalle clausole più vessatorie. La decisione rappresenta inoltre un monito processuale fondamentale: le conseguenze derivanti dalla sostituzione di diritto delle clausole nulle con le norme di legge, come l’eccezione di decadenza, devono essere formulate come specifiche domande o eccezioni fin dal primo grado di giudizio. Proporle per la prima volta in appello equivale a introdurre una domanda nuova, destinata a essere dichiarata inammissibile.

Una fideiussione basata sullo schema ABI dichiarato anticoncorrenziale è completamente nulla?
No, la Cassazione chiarisce che la nullità è solo parziale. Riguarda unicamente le clausole che riproducono l’intesa vietata, mentre il resto del contratto di fideiussione rimane valido, salvo che la parte interessata provi che non avrebbe concluso il contratto senza quelle clausole.

Se la clausola che deroga all’art. 1957 c.c. è nulla, il fideiussore può sempre far valere la decadenza del creditore?
No. Secondo la Corte, l’eccezione di decadenza del creditore è una domanda autonoma che non può essere proposta per la prima volta in appello. Deve essere sollevata tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado, in quanto non è una conseguenza automatica della nullità della clausola.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso (es. usura)?
Perché la Corte d’Appello li aveva già rigettati giudicando l’atto di appello “generico” su quei punti. Il ricorso per cassazione non ha contestato questa specifica motivazione processuale (la ratio decidendi), ma ha riproposto le questioni di merito, risultando quindi inammissibile per difetto di aderenza alla decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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