SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4764 2025 – N. R.G. 00005975 2020 DEPOSITO MINUTA 01 08 2025 PUBBLICAZIONE 01 08 2025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SECONDA SEZIONE CIVILE -SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
Così composta:
NOME COGNOME Presidente
NOME COGNOME Consigliere Relatore
NOME COGNOME Consigliere
riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di appello iscritta al n. 5975 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020 vertente
TRA
( C.F.
)
( C.F.
)
in qualità di eredi con beneficio di inventario di settembre 2020
deceduto il primo
elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME che li rappresenta e difende con gli Avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME per mandato in atti
E
Domiciliato presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo difende ex lege
( C.F.
)
In qualità di erede con beneficio di inventario di deceduto il primo settembre 2020
e lettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME che la rappresenta e difende con l’Avv.to NOME COGNOME per mandato in atti
Oggetto: impugnazione sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Specializzata Imprese n. 6177/2020 resa nel procedimento 6976/2018 -fermo amministrativo –
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in riassunzione notificato e iscritto a ruolo ( r.g. 6976/2018 ), a seguito di sentenza 10736/2017 con cui il TAR Lazio, precedentemente adito, aveva ritenuto il proprio difetto di giurisdizione, conveniva dinanzi al Tribunale di Roma, sezione specializzata imprese, il chiedendo la revoca del fermo amministrativo emesso da detta Amministrazione con atto Dirigenziale n. 18758 del trenta settembre 2016.
Il si costituiva, affermava l’infondatezza delle richieste di controparte e proponeva domanda riconvenzionale di condanna per l’importo di € 360.565.266,04 oltre accessori.
Con sentenza 6177/2020 pubblicata il diciannove aprile 2020 il Tribunale: a) disponeva, riguardo alla domanda riconvenzionale, la separazione del procedimento e la riunione a quello iscritto con r.g. 82893/2015 pendente tra le stesse parti avente ad oggetto i medesimi lavori e concessioni; b) respingeva la domanda di riguardo al fermo amministrativo; c) condannava quest’ultimo a pagare le spese di lite liquidate in € 25.400,00 per compensi oltre rimborso forfettario spese generali al 15%, iva e cpa.
decedeva il primo settembre 2020.
Gli eredi ed chiedendo :
‘disporre la riunione del presente giudizio a quello ‘gemello’ sul preteso credito alla base del fermo amministrativo contestato – pendente sempre avanti a codesta Sezione con R.G. n. 5976/2020 – ovvero comunque, in subordine, valutare la opportuna chiamata e trattazione congiunta dei due procedimenti che oggi si presentano in pratica in eguale stato di avanzamento (avendo il Collegio disposto anche per quel giudizio l’integrazione del contradditorio fissando udienza per il prossima 23 settembre 2025), il tutto anche previa riassegnazione del presente fascicolo o dell’altro5; anche all’esito di quanto sopra, convocare – ove ritenuto opportuno davanti a sé le parti personalmente ai fini di un’eventuale soluzione conciliativa (sul punto segnalandosi, per correttezza, che tale istanza viene avanzata in coerenza con quanto già fatto dagli esponenti avanti a codesta Sezione a mezzo delle proprie note di trattazione per la recente udienza del 21 gennaio u.s. nel ridetto parallelo procedimento). Al riguardo, si rammenta all’Ecc.mo Collegio di voler, per tale eventualità, tener presente nella tempistica di convocazione la posizione degli esponenti (quali eredi beneficiati) e la necessaria preventiva acquisizione, da parte degli stessi esponenti, dell’autorizzazione del caso da parte del competente Giudice anche per partecipare alla discussione di una ipotesi conciliativa; comunque accogliere integralmente tutte le conclusioni rassegnate dagli esponenti nel proprio atto d’appello e confermate in atti6, respingendo tutte le avverse difese e argomentazioni (comprese quelle tardive e infondate che il ha impropriamente svolto nelle ultime note autorizzate), insistendosi anche ed affinché: (i) vengano preliminarmente assunti i provvedimenti istruttori motivatamente richiesti a pag. 49 dell’atto di appello , relativi alla ricostruzione dei fascicoli del giudizio Trib. Roma R.G. n. 6976/2018 e all’ acquisizione, anche soltanto in copia, del fascicolo d’ufficio del (parallelo, allora come ora) giudizio Trib. Roma R.G. n. 82893/2015 e del fascicolo Tar Lazio R.G. n. 7360/2016; (ii) venga disposto lo stralcio dei documenti sub all. 9 (atti parlamentari) versati in atti de , per quanto già eccepito e documentale inammissibili in quanto depositati dalla controparte solo con la comparsa in appello; senza recesso da tutte le domande e istanze ribadite ai punti che precedono, in via di subordine, accertare e dichiarare per quanto evidenziato supra al § 4 la cessazione della materia del contendere, comunque con espressa declaratoria di inefficacia de , chiedendosi – per tale ipotesi e anche ai fini della condanna de appellato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio – di tener conto di tutto quanto dedotto in atti dagli esponenti e sopra riportato solo in via di sintesi e, a titolo esemplificativo, della irritualità del giudizio di primo grado (v. I° motivo di appello), del difetto di legittimazione/titolarità de (v. II° motivo di appello), dell’assenza e/o del venir meno dei presupposti del e dell’interesse allo stesso (v. motivi III° -V° di appello e supra § 4), nonché del palese errore in cui è incorso il Tribunale di Roma – da accertarsi ed emendarsi in ogni caso – là ove in Sentenza ha per errore affermato, contrariamente a quanto risulta dagli atti depositati dalla difesa del Signor e di causa, una (insussistente) mancata contestazione ‘sostanziale’ da parte del dell’inesistente controcredito (ma si v . amplius III° motivo di appello) vantato dal peraltro inammissibilmente e in violazione delle decadenze che erano già maturate nel parallelo giudizio R.G. n. 82893/2015; in ogni caso,
condannare il appellato alla refusione delle spese di giudizio anche del primo grado’ .
Si costituiva il che concludeva chiedendo :
‘rigetto dell’appello con effetto anche nei confronti d (nonché di eventuali ulteriori eredi che dovessero nelle more costituirsi ed associarsi a tale appello) e di tutte le domande ed istanze ex adverso formulate, con condanna delle controparti alla rifusione delle spese di lite’.
Si costituiva altra erede, che dichiarava di aderire tutti i motivi di impugnazione principale svolti da ed e concludeva chiedendo :
‘in via principale, accertare e dichiarare l’inefficacia sopravvenuta del Fermo amministrativo per essere la pretesa creditoria inserita con riserva nello stato di graduazione dell’eredità beneficiata di sempre in via principale e concorrente accertare e dichiarare l’inesistenza anche per effetto del giudicato e/o della prescrizione e/o l’inammissibilità del credito e/o delle ragioni di credito di cui all’atto del
Direttore generale Ing. prot. n. 0018758 del 30 settembre 2016 e/o il difetto di legittimazione e/o la carenza di interesse del e comunque dichiarare la illegittimità del ridetto atto e/o disporne la revoca o l’annullamento; in via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di mancata revoca del suddetto atto di fermo amministrativo, ridurre la somma di cui allo stesso atto di fermo amministrativo nella misura accertata e/o ritenuta di giustizia e, per l’effetto, dichiarare illegittimo e/o inefficace e comunque revocare il provvedimento di fermo per la misura eccedente; In subordine, Voglia valutare la cessazione della materia del contendere con espressa declaratoria di inefficacia del fermo amministrativo per cui è causa per effetto della sopravvenuta liquidazione concorsuale della eredità d da parte degli eredi beneficiati; in ogni caso voglia condannare parte convenuta e appellata al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio con liquidazione dei compensi professionali secondo i parametri di cui al D.M. n. 55/2014 s.m.i.’
Con ordinanza del ventotto luglio 2024 era disposta l ‘ integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri eredi di accettanti con beneficio di inventario.
Si costituiva altra erede, che dichiarava di aderire tutti i motivi di impugnazione principale svolti da ed e concludeva chiedendo :
‘in via principale, accertare e dichiarare l’inefficacia sopravvenuta del Fermo amministrativo per essere la pretesa creditoria inserita con riserva nello stato di graduazione dell’eredità beneficiata di sempre in via principale e concorrente accertare e
dichiarare l’inesistenza anche per effetto del giudicato e/o della prescrizione e/o l’inammissibilità del credito e/o delle ragioni di credito di cui all’atto del
Direttore generale Ing. prot. n. 0018758 del 30 settembre 2016 e/o il difetto di legittimazione e/o la carenza di interesse del e comunque dichiarare la illegittimità del ridetto atto e/o disporne la revoca o l’annullamento; in via subordinata, nella denegata e non creduta ipotesi di mancata revoca del suddetto atto di fermo amministrativo, ridurre la somma di cui allo stesso atto di fermo amministrativo nella misura accertata e/o ritenuta di giustizia e, per l’effetto, dichiarare illegittimo e/o inefficace e comunque revocare il provvedimento di fermo per la misura eccedente; In subordine, Voglia valutare la cessazione della materia del contendere con espressa declaratoria di inefficacia del fermo amministrativo per cui è causa per effetto della sopravvenuta liquidazione concorsuale della eredità d da parte degli eredi beneficiati; in ogni caso voglia condannare parte convenuta e appellata al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio con liquidazione dei compensi professionali secondo i parametri di cui al D.M. n. 55/2014 s.m.i.’
Si costituivano
e
esecutori testamentari di
rimettendosi a giustizia ma confidando nell’accoglimento dell’appello.
, altra erede, non si costituiva.
La Corte all’esito dell’udienza del quattordici luglio 2025, trattata in forma scritta come da decreto del ventuno maggio 2025, riservava la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere dichiarata la contumacia di cui l’ordinanza di integrazione del contraddittorio depositata il ventotto luglio 2024 e i precedenti atti sono stati ritualmente notificati ( presso il tutore trattandosi di persona interdetta ) e che non si è costituita.
Questioni preliminari.
Il deposito della documentazione a seguito del mancato ritrovamento del fascicolo di primo grado risulta ammissibile stante anche la genericità delle eccezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato. Non è ammessa la documentazione inerente il diverso fascicolo relativo al
procedimento 82893/2015 rispetto a cui mancano i presupposti di legge per l’acquisizione trattandosi di altro procedimento.
La causa non necessita di approfondimento istruttorio essendo sufficiente la documentazione depositata come si evince dalla trattazione dei singoli motivi di impugnazione.
La riunione del presente giudizio a quello ( 5976/2020 ) riguardante il corrispettivo per i lavori inerenti la ricostruzione di Ancona sopra indicati non deve essere disposta attesa la diversità dei presupposti sottesi all’istituto del fermo amministrativo rispetto alle singole ragioni di credito alla cui tutela il provvedimento è volto.
Breve ricostruzione in fatto.
Occorre premettere quanto segue ai fini del presente giudizio.
L’impresa di divenuta RAGIONE_SOCIALE e poi RAGIONE_SOCIALE era concessionaria del piano di ricostruzione della città di Ancona con riferimento ai danni creati dalla seconda guerra mondiale ( artt. 15 e 16 della l. 27 ottobre 1951, n. 1402 ), da un terremoto nel 1972 e da una frana nel 1982 ( art. 13, novies-decies, del d.l. 26 maggio 1984, n. 159, aggiunto dalla legge di conversione del 24 luglio 1984, n. 363).
In base alla normativa vigente pro tempore era stato il a individuare le opere da realizzare dal concessionario. Il provvedeva al pagamento ma non sulla base degli stati di avanzamento bensì in rate annuali ( per trenta o venticinque anni a seconda dei lavori ) comprensive del corrispettivo dell’appalto e degli interessi e oneri secondo un piano di ammortamento.
Con dm 992/S del 1992 sono stati sospesi i pagamenti dal primo novembre 1992 in poi.
Con legge 317/1993 ( oggetto di interpretazione autentica in base all’art. 44 della l. 17 maggio 1999 n. 144 ) è stata stabilita la revoca di tutte le concessioni in corso stabilendo che la definizione contabile del dare-avere fosse cristallizzata alla dat a dell’entrata in vigore
della legge sulla base degli stati di avanzamento dei lavori con recupero delle somme anticipate in eccesso.
Il dm 992/s è stato annullato dal Consiglio di Stato con sentenza 671 del 1999.
Con decreto dirigenziale 30386/1 del venti marzo 2006 il MIT ha disposto il ripristino dei pagamenti a decorrere dalle annualità sospese; il primo giugno 2006 ha di conseguenza erogato una somma ( € 167.994.87 0,78 ) pari, in linea capitale, alle annualità pregresse ossia dal primo novembre 1992 al 2006.
Con l’instaurazione del procedimento rgac 82893/2015 ritenendo dovuti anche gli interessi di mora e pertanto imputando il pagamento ex art. 1194 c.c. a parziale deconto degli interessi stessi ha chiesto la condanna del al pagamento delle annualità scadute dal primo novembre 1992 al primo giugno 2006 in linea capitale oltre interessi di mora residui per l’importo complessivo di € 568.626.022,67 oltre interessi successivi dal due giugno 2006 al saldo.
Il Ministero, costituitosi con atto datato sei maggio 2016, ha in sintesi sostenuto:
in forza della legge 317 del 1993 nulla era dovuto dal 1992 in poi per cui l’annullamento giurisdizionale del dm992/S non scalfirebbe detta norma di rango superiore;
sulla base dei calcoli effettuati sulla base dei SAL e in seguito alla redazione dello stato finale dei lavori erano risultati pagamenti in eccesso anche per il periodo antecedente il primo novembre 1992 ( per € 14.623.598,00 );
la somma erogata in forza del decreto direttoriale B3/30386/1 del 20 marzo 2006 costituiva indebito attesa l’erroneità del decreto stesso.
Proponeva quindi domanda riconvenzionale per € 210.713.155,00 (indicata poi in sede di operazioni peritali e nella domanda riconvenzionale nel presente giudizio in €360.565.266,04) oltre interessi dalle singole erogazioni fino al saldo.
Successivamente è stato emesso decreto dirigenziale 9308 del dieci maggio 2016 di annullamento del precedente decreto 30386/1 sopra indicato ed è stato quantificato il credito dell’Amministrazione, sulla base dei conteggi di cui alla legge 317 del 1993, in €206.182.566,59.
Con decreto dirigenziale 13220 del ventuno giugno 2016 è stata poi disposta, in autotutela, la parziale compensazione amministrativa tra detto credito e un debito del MIT di €8.500.539,68 liquidato con sentenza della Corte di Appello di Roma 5536/2014 in diverso giudizio, riguardante piani di ricostruzione di altri Comuni.
Con decreto dirigenziale n. 18758 del trenta settembre 2016 è stato disposto il fermo amministrativo impugnato nel presente processo con riguardo a tutti i pagamenti in favore di fino alla concorrenza di € 212.000.000,00; ciò ha comportato tra l’altro il blocco dell’esecuzione promossa da contro il MIT in forza d ella sentenza di CDA n. 5536/2014 sopra richiamata.
Il processo rgac 82893/2015 si è concluso in primo grado con sentenza ( n. 6323/2020 ) con cui è stata accolta in parte la domanda riconvenzionale del e l’attore è stato condannato a pagare € 120.604.098,00 oltre interessi legali: a) sulla somma di €92.413.048,00 dal primo giugno 2006 al trentuno dicembre 2009; b) sulla intera somma di € 120.604.098,00 dal primo gennaio 2010 al saldo. E’ stato inoltre condannato a pagare le spese di lite pari a € 195.789,00 oltre accessori e alle spese di CTU.
E’ attualmente pendente appello da parte degli eredi di con appello incidentale del MIT.
Per quanto riguarda il presente giudizio, come sopra accennato, la domanda riconvenzionale proposta dal in primo grado è stata separata e riunita a quello rgac 82893/2015 laddove pertanto è stato statuito anche su detta richiesta.
Primo motivo di appello.
‘ violazione delle disposizioni a presidio del giusto processo, del diritto di difesa e del principio del contraddittorio ‘
Sotto un primo profilo si afferma che vi sarebbe un vizio di costituzione del Giudice che non sarebbe stato individuato preventivamente rispetto al decisum in quanto nella sentenza è indicata come data della decisione il quattordici gennaio 2020 mentre ‘l’individuazione e la
composizione del Collegio che ha pronunciato la Sentenza, risultano successive di 96 giorni rispetto alla data della decisione nonché di 80 giorni rispetto al deposito della decisione ‘.
Il profilo di doglianza è infondato.
La cronologia suddetta è ricavata dalle annotazioni nel fascicolo telematico:
due ottobre 2019: rimessione fascicolo al giudice per la decisione;
trenta gennaio 2020: deposito minuta sentenza definitiva e invio sentenza al presidente per firma;
diciannove aprile 2020: designazione collegio e ritorno sentenza dal presidente per firma;
venti aprile 2020: deposito sentenza – pubblicazione
Dette annotazioni non confliggono con la data della camera di consiglio e quindi della decisione indicata nella sentenza ( quattordici gennaio 2020 ) poiché la voce ‘ designato collegio’ indica unicamente la fase in cui il Presidente ha controfirmato il provvedimento e costituisce un’annotazione che non inficia quanto indicato nell’atto pubblico costituito dalla sentenza.
Ciò è del resto comprovato dall’evento del trenta gennaio 2020 attestante come il Giudice Estensore abbia depositato la minuta ( che nel caso, come il presente, di provvedimento collegiale esige la firma digitale del suddetto ) e l’ha inviata al Presidente del Collegio per la (contro)firma.
Sotto un secondo profilo l’appellante sostiene la violazione del principio del contraddittorio ‘ per essere stata emanata senza che la questione della monocraticità o della collegialità dell’emananda decisione fosse mai stata sottoposta al contraddittorio tra le parti, e, per di più, in assenza dei presupposti normativi per una competenza collegiale ‘.
Il profilo è infondato.
La materia sottostante al fermo ( corrispettivi relativi agli appalti pubblici ) è devoluta alla sezione specializzata imprese e di ciò lo stesso appellante era consapevole tanto che nella stessa memoria conclusionale di primo grado ha indicato ‘sezione xvi ex iii imprese’ anche se accanto ha indicato come Giudice Unico; detta sezione ha correttamente deciso in forma collegiale sulla base della natura della vertenza.
La questione comunque oltre a non costituire un vizio che comporti la rimessione della causa al giudice di primo grado non incide sul diritto di difesa della parte e non è stato specificato quale ne sia il danno derivato.
Sotto un terzo profilo l’appellante sostiene che ‘L’omessa sottoposizione della questione rilevata d’ufficio dell’asserita competenza collegiale, ha impedito al Signo di poter richiedere ai dell’art. 275, secondo comma, cod. proc. civ., di discutere «oralmente dinanzi al collegio», violando i diritti della difesa ‘.
Il profilo è infondato poiché in primo luogo non è individuato quale sia il danno concreto derivante dall’asserita violazione e in secondo luogo perché neppure era stata chiesta la discussione orale che ben è possibile anche nel processo monocratico ex art. 281 quinquies c.p.c..
*
Secondo motivo di appello
‘violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402 in combinato disposto agli artt. 3 e 4 della legge 12 agosto 1993, n. 317 ed altresì all’art. 2033 cod. civ.; omessa valutazione di un punto decisivo della controversia ed errore in iudicando sotto il profilo della carenza di legittimazione e/o dell’interesse del ad emettere il provvedimento di fermo; violazione del giudicato nei riguardi de e della sentenza della corte di cassazione ss.uu. n. 10643/2001 come integrata dalla sentenza del consiglio di stato n. 671/1999 (sentenze rese anche nei confronti del ).’
Si afferma che il difetterebbe di legittimazione, in quanto mero soggetto finanziatore e delegato per il pagamento per il , unico in astratto a poter pretendere la restituzione di quanto asseritamente percepito dall’appellante in modo indebito in base agli artt. 15 e 16 l. 1402/1951.
Il motivo oltre ad essere tardivo, poiché la questione non è stata sollevata in primo grado, è comunque infondato.
Trattandosi di somme asseritamente versate in più dal MIT rispetto al dovuto le stesse esulano dal corrispettivo dell’appalto per cui non rientrano negli importi gravanti definitivamente sul che non è quindi comunque tenuto ad assumere il relativo debito.
A prescindere da tale considerazione la stessa legge 317 del 1993 sopra citata ( art. 2 comma 1 a stabilire ) stabilisce :
‘…. Il Ministero dei lavori pubblici provvede agli adempimenti necessari per la definizione dei rapporti giuridici già posti in essere con decreti ministeriali di affidamento, sia per le concessioni revocate, sia per quelle annullate con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992 ‘.
Ebbene proprio nell’ambito di detto compito spetta al verificare il saldo dare -avere e provvedere al recupero delle somme in eccesso.
A tale proposito poi in materia di delegazione di pagamento titolata, come condivisibilmente affermato da Cass. 12885 del 2021 in un caso di doppio pagamento ma con statuizione applicabile anche al caso di pagamento in eccesso, vale il seguente principio :
‘ In caso di delegazione di pagamento titolata rispetto al rapporto di valuta, il delegato che per errore esegua una seconda volta il pagamento in favore del terzo ha il diritto di ripetere tale ultimo pagamento, costituente un indebito oggettivo….perché, a norma dell’art. 1271, comma 3, c.c., dettato per la delegazione di debito ma applicabile anche alla delegazione di pagamento, ove la delegazione sia titolata rispetto al rapporto di valuta, la ripetizione dell’indebito può essere esperita anche dal delegat o’.
Atteso quanto detto risulta irrilevante l’ulteriore deduzione relativa a violazione di giudicati costituiti dalla sentenza del Consiglio di Stato 671/1999 ( che comunque , pur annullando il decreto 992/s di sospensione dei pagamenti ha espressamente indicato : ‘ fermo l ‘ annullamento ex lege 317/93 con tutti gli effetti dalla legge stessa previsti e in particolare la definitiva giuridica eliminazione degli atti amministrativi sopra citati ‘ tra cui appunto il decreto 992/s ) e Cass. 10643/2001 ( con cui asseritamente è stato respinto il ricorso del relativo ai piani di ricostruzione in oggetto ) risulta irrilevante ai fini della legittimazione del .
Terzo motivo di appello.
‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza -omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione del preteso credito posto a fondamento del provvedimento di fermo e sulle eccezioni di merito relative alla infondatezza del credito omessa pronuncia sulla domanda di inammissibilità della riconvenzionale, delle nuove eccezioni formulate dal ministero e della nuova produzione documentale – difetto di motivazione su domande ed eccezioni decisive – erroneità del punto in cui dispone la separazione e la devoluzione della riconvenzionale senza essersi pronunciato sulle domande
di prescrizione ed inammissibilità del signo Comunque il giudicato e l’intangibilità del sistema delle annualità e di tutti i pagamenti nel tempo eseguiti da ‘.
Si afferma che erroneamente il Tribunale avrebbe affermato che l’appellante si era fermato a contestare aspetti formali senza alcun rilievo rispetto all’esistenza del credito azionato.
Si sostiene che invece sarebbe stato specificamente indicato il perché dell’inesistenza di detto credito di cui era stata eccepita la prescrizione e comunque vi era stata articolata motivazione ‘ esponendo la corretta lettura di efficacia ex nunc della Legge 1993 (e relativa citata norma interpretativa), il giudicato formatosi a seguito del Decreto n. 2280 del 3 aprile 2006 del Tar Lazio, gli effetti della sentenza definitiva del Consiglio di Stato n. 671 del 2 aprile 1999, le inequivoche e reiterate condotte del , i principi costituzionali e il principio del legittimo affidamento nonché l’onere della prova (rinviandosi in tema all’atto di appello separato e qui depositato sub Doc. K), con conseguente pieno mantenimento (anche) del sistema di pagamenti in ratei annuali’.
Il Tribunale avrebbe poi del tutto omesso di considerare le eccezioni e difese riguardo alla concessione per la ricostruzione di Ancona.
Il motivo è infondato con le seguenti precisazioni.
Sebbene il Tribunale abbia affermato che le deduzioni dell’attore riguardavano aspetti formali ( mentre, al contrario, erano state svolte articolate argomentazioni in fatto e in diritto riguardo all’asserita palese insussistenza o comunque estinzione del credito vantato dal MIT ), tuttavia detto Giudice ha compiutamente motivato riguardo ai presupposti del fermo amministrativo e in particolare ha affermato che il Giudice Ordinario è Giudice del rapporto; nel caso di specie poi il aveva argomentato riguardo alla sussistenza del credito sia nella motivazione contenuta nel provvedimento di fermo sia proponendo nel giudizio domanda riconvenzionale, oggetto della pronuncia di separazione e riunione ad altro procedimento.
Del resto ai fini della legittimità della misura cautelare del fermo amministrativo per come disciplinato dal r.d. 2440/23 non rileva il periculum in mora ma unicamente una pretesa non irragionevole, anche se contestata; detta pretesa risulta comunque delineata nel provvedimento in modo sufficiente per rendere edotto il destinatario dei motivi del fermo; la ragione di credito poi è stata riscontrata dalla proposizione della domanda riconvenzionale sopra menzionata.
Le copiose argomentazioni svolte da parte appellante e mirate a scardinare le ragioni di credito del MIT non rendono poi irragionevole, ma solo contestata, la pretesa dell’amministrazione tanto che con sentenza 6323/2020 del Tribunale di Roma parte appellante è stata condannata a restituire oltre centoventi milioni di euro e accessori e la Corte di Appello deve decidere anche sull’appello incidentale avverso detta sentenza con cui l’Amministrazione ha chiesto la corresponsione di una somma tripla rispetto a quella riconosciuta in primo grado per cui non vi è, allo stato, il presupposto per ridurre l’importo massimo di credito stabilito nel fermo .
Come indicato infatti da Cass. 7320/2014 in motivazione il fermo amministrativo :
‘si traduce nell’eccezionale possibilità dell’obbligata di differire il soddisfacimento del credito liquido ed esigibile, in via provvisoria e per esigenze cautelari, fino a che la coesistenza di reciproche poste -di dare e di avere -non approdi all’estin zione (in tutto o in parte) del debito per effetto di compensazione. Come è stato evidenziato dalle sezioni unite di questa corte, la suddetta facoltà, in quanto attribuita alla pubblica amministrazione per la tutela di interessi della collettività in base a una valutazione di predominanza di esigenze erariali sul diritto soggettivo del creditore, presenta i connotati del potere autoritativo, con affievolimento di tale diritto (sia pure in via temporanea) nella componente riguardante la reclamabilità della prestazione del debitore alla prevista scadenza (v. sez. un. N. 173302)…’.
Come poi affermato condivisibilmente da Cass. 5349/2015 in motivazione ‘ il provvedimento di sospensione del pagamento (cd. fermo amministrativo) previsto dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69, u.c., costituisce una misura cautelare, espressione del potere di autotutela della P.A., rivolto a sospendere, in presenza di una ‘ragione di credito’ della P.A. stessa, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell’eventuale compensazione legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che l’amministrazione abbia, ovvero pretenda di avere, nei confronti del suo creditore: l’adozione del provvedimento richiede, pertanto, soltanto il ‘fumus boni iuris’ della ragione di credito vantata dall’amministrazione (‘fumus’ da intendere come non irragionevolezza della pretesa stessa), restando, invece, estranea alla natura ed alla funzione del provvedimento qualsiasi considerazione di un eventuale ‘periculum in mora’, senza che detta disciplina ponga dubbi di legittimità Costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. .’
*
Quarto motivo di appello.
‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 69 del r.d. 2440/1923 e dell’art. art. 5, all. e della l. 20 marzo 1865, n. 2248, in quanto il Tribunale di Roma avrebbe dovuto rilevare la nullità del provvedimento amministrativo e disapplicarlo’.
Occorre premettere che nel provvedimento di fermo sono stati menzionati due atti :
il decreto dirigenziale n.9308 del dieci maggio 2016 ( con cui è stato annullato il decreto 30386/1 che aveva riconosciuto il diritto della concessionaria a percepire le annualità dal 1992 al 2006 );
il decreto dirigenziale n. 13220 del ventuno giugno 2016 ( con cui è stata disposta la compensazione amministrativa del credito di restituzione con il debito di circa otto milioni e mezzo di euro derivante da sentenza ).
Il Tar Lazio, adito originariamente da per ottenere l’annullamento del fermo, con sentenza 10736/2017, dichiarando la giurisdizione del Giudice Ordinario, ha affermato che i suddetti decreti non avevano valore di provvedimento ma costituivano note interne.
Gli appellanti contestano la motivazione del Tribunale con cui è stato ritenuto che, ai fini della validità del fermo, la natura di detti decreti fosse irrilevante dovendo il Giudice Ordinario valutare il rapporto e non l’atto.
Il motivo è infondato.
In primo luogo è infondata la tesi, pure affermata dall’appellante, secondo cui detti decreti sarebbero nulli o inefficaci e, in quanto atti presupposti, comporterebbero la nullità del fermo.
Detto provvedimento in generale si fonda sul l’esistenza, anche se sub iudice, di un debito e di una ragione di credito tra un privato e la Pubblica Amministrazione e detti elementi sono stati indicati nel fermo oggetto di causa. Il fatto poi che la ragione di credito sia stata evidenziata nei decreti dirigenziali, anche a volerli ritenere inefficaci o nulli, comunque è irrilevante poiché non incide sui presupposti in questione.
Osserva la Corte come il Giudice Ordinario anche ai fini della valutazione del rapporto debba verificare la sussistenza dei requisiti formali per poter qualificare l’atto come fermo amministrativo e nel caso di specie il Tribunale ha dato compiuta motivazione affermando che ciò che rileva è esclusivamente la sussistenza o meno della ragione di credito della pubblica amministrazione opposta in compensazione, ragione che certo non può ritenersi tout court inesistente per il solo fatto di essere stata riscontr ata nell’ambito di note interne della pubblica amministrazione.
La statuizione è infatti in linea con il dettato normativo che richiede solo che l’Amministrazione abbia ‘ a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni’.
Quinto motivo di appello
‘Sulla contraddittorietà della motivazione con riguardo alla somma cautelata dal provvedimento di fermo per come riconosciuta nel diverso giudizio r.g. 82893/2015 con la sentenza ‘
Si afferma che il mantenimento del tetto di € 212.659.241,17 , compresi interessi moratori fino al trenta settembre 2016 sarebbe esorbitante rispetto al credito vantato dal MIT con domanda riconvenzionale nel procedimento definito in primo grado con sentenza del Tribunale di Roma 6323/2020 ( relativo alla restituzione di indebito compenso per la concessione ) e riconosciuto per € 120.604.098,00 oltre interessi legali.
Il motivo è infondato.
Il credito vantato dal MIT nel suddetto giudizio era di oltre trecentosessanta milioni di euro e attualmente, proposto appello dal concessionario, è stato proposto appello incidentale per l’ottenimento di detta maggior somma. La ragione di credito, da inte ndersi come sopra indicato in motivazione, continua pertanto a persistere.
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Sesto motivo di appello
‘La riforma della decisione sulle spese di lite. in ogni caso, illegittimità, erroneità ed ingiustizia di tale condanna anche in relazione alla separazione della riconvenzionale del ministero.’
L’appellante sostiene che la mancata riunione con il procedimento 82893/2015, avvenuta solo per la domanda riconvenzionale proposta nella presente causa, asseritamente al di fuori dei presupposti di legge, avrebbe comportato un danno anche riguardo alle spese processuali, con condanna doppia in quanto liquidata in ciascuno dei giudizi. Si afferma inoltre apoditticamente, che la condanna alle spese sarebbe erronea illegittima e immotivata.
Il motivo è infondato.
Del tutto correttamente il Tribunale, per i motivi già evidenziati, ha ritenuto di dover tenere separato il giudizio riguardante il fermo, in quanto basato su precipue esigenze cautelari e già oggetto di impugnazione presso il TAR conclusa con sentenza di difetto di giurisdizione, rispetto alla domanda riconvenzionale del MIT che non riguardava direttamente l ‘ aspetto cautelare della vertenza ed era per causa petendi a quella già esercitata nel giudizio 82893/2015.
La riunione di entrambi i giudizi nella loro totalità invece sarebbe stata contraria ad esigenze di economia processuale poiché si trattava di questioni di diritto diverse e comunque costituisce una scelta motivata dal Tribunale ciò che esclude l’esistenza di un danno.
Per il resto la quantificazione è in linea con le tariffe e non vi è contestazione specifica.
Richiesta di cessazione della materia del contendere.
Parte appellante per la prima volta nelle note conclusive depositate il tredici giugno 2025 ha ritenuto rilevante l’apertura della procedura di liquidazione ex art. 499 c.c. per la successione di accettata dagli eredi con beneficio di inventario con pubblicazione dell’avviso e dello stato di gradazione in G.U., laddove il MIT ha insinuato la richiesta di pagamento con nota dell’undici giugno 2021 per € 243.131.891,28 ‘ con riserva di eventuali richieste di crediti che dovessero scaturire da altri atti di qualsiasi natura anche giudiziari ‘
Afferma a tale proposito che vi sarebbe cessazione della materia del contendere in quanto la procedura concorsuale garantirebbe le esigenze cautelari connesse al fermo tanto che il MIT nell’atto di insinuazione non ha fatto alcun riferimento a detto provve dimento.
La domanda è infondata.
In primo luogo l’insinuazione non è avvenuta per tutti i crediti vantati dal MIT tanto che è stata effettuato in detta domanda un rinvio a richieste successive relative a procedimenti giudiziari.
L’art. l’art. 506 c.c., al contrario della normativa in sede fallimentare, stabilisce poi unicamente il divieto di promozione di nuove azioni esecutive da parte del creditore ma non comporta il divieto di proseguire quelle già iniziate e soprattutto, per quanto rileva in questa sede, non preclude l’esercizio e la prosecuzione delle azioni cautelari, di accertamento e
condanna. La concorsualità in caso di eredità beneficiata in buona sostanza non impedisce il mantenimento del fermo e non incide ai fini della persistenza dell’interesse a mantenerlo.
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Spese del presente grado e contributo unificato
Le spese del presente grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ( valori medi di causa di valore indeterminabile ad alta complessità ) senza fase istruttoria in quanto non tenuta a carico di e in solido in favore del MIT.
Per tutte le altre posizioni ( esecutori testamentari ) la qualità delle parti interessate al giudizio in via meramente indiretta e il tenore delle difese volte unicamente ad aderire per quanto di competenza alle tesi degli appellanti giustificano l’integr ale compensazione come anche l’assenza di impugnazione dell’erede contumace giustifica analoga compensazione.
Per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 13 comma 1 quater dpr 115del 2002 ( introdotto dall’art 1 comma 17 l. 228/2012 ) la Corte deve dare atto della sussistenza del presupposto processuale a seguito della presente statuizione di rigetto; sono peraltro sempre fatti salvi gli accertamenti successivi demandati all’amministrazione giudiziaria.
Come infatti affermato da Cass. ss. UU 4315/2020 con statuizione che il Collegio ritiene di adottare ‘ In tema di raddoppio del contributo unificato a carico della parte impugnante ex art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, l’attestazione del giudice dell’impugnazione della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore (c.d. doppio contributo) può essere condizionata all’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, che spetta all’amministrazione giudiziaria accertare, tenendo conto di cause di esenzione o di prenotazione a debito, originarie o sopravvenute, e del loro eventuale venir meno .’
La Corte, definitivamente pronunciando, dichiara la contumacia di e respinge l’appello confermando per l’effetto la sentenza 6177/2020 del Tribunale di Roma.
Condanna e in solido a pagare al le spese del presente grado liquidate in complessivi € 17.127,00 oltre rimborso forfettario del 15%, accessori di legge ( CONTROLLARE )
Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento a carico di parte appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ( art. 13 comma 1 quater dpr 115 del 2002 introdotto dall’ art. 1 comma 17 l. 228/2012 ) salvo l’accertamento dell’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, demandato all’amministrazione giudiziaria
Roma camera di consiglio del ventuno luglio 2025
IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE
NOME COGNOME NOME COGNOME de Courtelary