Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1804 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20504/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e domiciliata digitalmente presso il suo indirizzo pec: ;
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI DIREZIONE GENERALE RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ‘ex lege’ in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587), che lo rappresenta e difende; -controricorrente- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE MILANO n. 533/2022, pubblicata il 25/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dall’opposizione ad ordinanza -ingiunzione proposta innanzi al Giudice di Pace di Milano dalla RAGIONE_SOCIALE relativa alla infrazione prevista dall’ art. 7, comma 1 lett. c), d. lgs. n. 285/05, per avere violato – in qualità di impresa di trasporto di persone, nonché di obbligata in solido del veicolo titolare di autorizzazione al servizio di linea interregionale da Chieti a Torino – le prescrizioni di cui al d. lgs. 285/05, poiché – in data 13/10/2017 alle ore 14,47 circa – aveva utilizzato la fermata presso la stazione ferroviaria di Milano Rogoredo per la salita e discesa passeggeri, fermata che non era consentita dall’autorizzazione.
Il Giudice di Pace rigettò l’opposizione.
Adito in sede d’appello dalla RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Milano confermò la decisione di primo grado con la sentenza indicata in epigrafe.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello sulla base di tre motivi.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc con carente e/o insufficiente motivazione in ordine all’applicazione ed all’interpretazione delle norme di diritto richiamate ed alla documentazione in atti relativi al caso di specie e con omesso esame e valutazione di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti’. La società ricorrente lamenta che il Tribunale di Milano non avrebbe statuito sull’intera domanda, con particolare riferimento all’eccezione di nullità dell’ordinanza -ingiunzione originariamente impugnata per omessa e/o carente motivazione, oltre che per l’insussistenza del fatto contestato.
Il motivo è infondato.
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda o di eccezione (cfr., per tutte, Cass. n. 28308/2017).
Nel caso di specie, il Tribunale ha esaminato i motivi di opposizione così come veicolati con l’atto di appello e la contestazione è stata correttamente incasellata nel citato art. 7 d. lgs. n. 285/2005, siccome la condotta era consistita nella violazione dell’autorizzazione concessa con l’indicazione delle fermate consentire, tra le quali non era compresa quella di Rogoredo-v. Cassinis (pagg. 3-4 della sentenza di appello).
Il Comune di Milano aveva legittimamente escluso come area di fermata per le autolinee di media e lunga percorrenza la citata fermata di Milano- Rogoredo e la ricorrente, a seguito della modifica operata dal Comune di Milano, non aveva ottenuto l’assenso all’utilizzo delle aree di fermata da parte dell’ente proprietario della strada.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 179 , comma 1, lettera C, del d. lgs. n. 285/2005, anche in relazione al regolamento comunitario n. 1191/69, alla legge n. 122/2010, all’art. 54 ter ed all’art. 3 L.689/91, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, con carente e/o insufficiente
motivazione in ordine all’applicazione ed all’interpretazione delle norme di diritto richiamate e con omesso esame e valutazione di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
In particolare, l a società ricorrente si duole dell’errata interpretazione da parte del Tribunale delle prescrizioni essenziali contenute nell’ autorizzazione ministeriale, sostenendo che il percorso svolto ricalcava esattamente quello previsto come sicuro per i servizi di linea urbani ed extraurbani, così come la fermata di Milano Rogoredo era quella autorizzata dalla Polizia Municipale, a nulla rilevando le diverse indicazioni contenute nel portale dell’automobilista.
Con lo stesso motivo, la COGNOME contesta l’illegittimo comportamento del Comune di Milano nell’aver sostituito la fermata di Milano Rogoredo con quella di San Donato, inidonea a svolgere in modo ottimale le necessità del pubblico servizio.
Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 e 116 cpc., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per non avere il Tribunale di Milano ammesso i mezzi di prova correttamente articolati nel giudizio di primo grado e reiterati nel giudizio di gravame.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Il Tribunale di Milano ha accertato che a seguito di trasformazione della linea da Avezzano Milano a Chieti-Milano, la fermata Milano Rogoredo -già indicata nella precedente autorizzazione – non era più prevista nel successivo provvedimento autorizzatorio.
RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza della modifica della fermata tanto che nel marzo 2014 aveva inviato una lettera al Ministero, per esprimere il proprio dissenso in ordine alla decisione del Comune.
Alla luce di tali accertamenti, non può escludersi la colpa della ricorrente, ben consapevole dell’intervenuto cambiamento di fermata; peraltro, il giudice di appello ha anche dato atto che la ricorrente, pur essendo stata trasformata la linea Chieti-Milano, non aveva al seguito la copia del provvedimento autorizzativo indicante il nuovo percorso escludente la menzionata fermata, come prescritto dall’art. 5, comma 2, lett. c), d. lgs. n. 285/2005.
Infondata è la doglianza relativa alla violazione dell’art. 115 c.p.c., che è ravvisabile solo ove il giudice abbia deciso in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, ponendo a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza consistente nella circostanza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.
Quanto alla dedotta violazione d i quest’ultimo articolo, infatti, va osservato che essa è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della
prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art.360, comma 1, n.5 c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione , nell’alveo del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (v., per tutte, Cass. SU n. 20867/2020).
Nel caso di specie, il motivo, sotto lo schermo della violazione di legge, censura la valutazione delle prove, che spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e il riconoscimento del compenso seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
La condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore di un’amministrazione dello Stato deve essere limitata, riguardo alle spese vive, al rimborso delle somme prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, dei compensi del giudizio di legittimità, che liquida in € 550,00 , oltre eventuali spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione