Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25529 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25529 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 541/2024 R.G. proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto a ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, con diritto a ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 1270/2023 depositata il 22/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n.1270/2023 pubblicata il 22/06/2023, rigettava il gravame proposto da NOME COGNOME nella controversia con l’RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi: l’RAGIONE_SOCIALE).
La controversia ha per oggetto il diritto alla indennità sostitutiva delle ferie non godute dal COGNOME al momento del suo collocamento in quiescenza, pari a 238 giornate.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e rigettava le domande proposte dal COGNOME.
La Corte d’appello, richiamati espressamente i precedenti di Cass. Sez. Lav. 08/07/2022, n. 21780 e 05/05/2022, n. 14268, ha ritenuto che: a) il datore di lavoro sia il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite al lavoratore; b) la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie – se necessario formalmente – ; di averlo nel contempo avvisato – in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli
non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
Sulla base di queste premesse la Corte territoriale ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE avesse posto l’appellante nelle condizioni di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite mediante un’adeguata informazione nel contempo rendendolo espressamente edotto, in tempo utile, della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie retribuite ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro. Ha così integrato la motivazione della sentenza del giudice di prime cure; ed ha ritenuto assorbita la questione della irretroattività dell’articolo 5 comma 8 del d.l. 06/07/2012, n.95, anche in considerazione del fatto che l’appellante non avesse specificamente allegato e documentato quanta parte delle ferie oggetto di causa fosse effettivamente maturata prima della data di entrata in vigore di detta normativa, né il numero di giornate di ferie in concreto fruito da tale ultima data.
Per la cassazione della sentenza d’appello ricorre COGNOME, con ricorso affidato a quattro motivi. L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, la erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative, legislative e regolamentari in materia di monetizzazione delle giornate di ferie non godute da parte del pubblico dipendente; la non corretta applicazione degli artt. 2119 cod. civ., 10 d.lgs. 08/04/2003, n. 66 e 7 della direttiva 2003/88/CE, in relazione all’art. 360 comma primo num. 3) cod. proc.
civ. Lamenta che la Corte territoriale ha errato ha errato nell’invertire l’onere probatorio ponendo in capo al dipendente la prova delle esigenze di servizio che avevano precluso il godimento delle ferie, mentre spettava all’RAGIONE_SOCIALE dimostrare, in esercizio dei doveri di vigilanza ed indirizzo, di aver invitato formalmente il lavoratore a fruire delle ferie e di essersi assicurato che l’organizzazione complessiva e funzionale del servizio e le esigenze dell’attività di lavoro cui il dipendente era chiamato non fossero tali da impedire il loro godimento.
2. Con il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, la erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative, legislative e regolamentari in materia di imputabilità al dipendente della mancata fruizione delle giornate di ferie non godute, il contrasto con i principi di diritto affermati dalla costante elaborazione della giurisprudenza di legittimità, in relazione all’art. 360 comma primo num. 3 cod. proc. civ. Sostiene che la c.d. monetizzazione delle ferie e dei riposi non fruiti dal dipendente continua ad essere possibile, anche nel nuovo sistema normativo, nel caso di mancata fruizione di tali istituti per indifferibili ragioni di servizio, in ossequio alle previsioni dello specifico CCNL di categoria e di settore. Lamenta che nel caso in esame l’RAGIONE_SOCIALE è «clamorosamente ed indiscutibilmente» venuta meno agli obblighi richiamati dalle elaborazioni giurisprudenziali richiamate, laddove per un verso non si è assicurata della possibilità concreta per il ricorrente di godere delle giornate di ferie retribuite per l’ammontare sancito dalla contrattazione collettiva di riferimento, e per altro verso non ha provveduto ad informare ed avvisarlo della necessità di fruire delle giornate di ferie arretrate entro un determinato arco temporale. Sostiene che la mancata fruizione delle giornate di ferie è da correlare a motivazioni del tutto estranee alla volontà del ricorrente ed esula del tutto dalla sua responsabilità, poiché non ha concorso ad impedire e/o
precludere l’esercizio concreto del diritto a godere delle ferie nella misura fissata dal CCNL di settore. Deduce che dalla documentazione prodotta in giudizio risulta sia l’assenza di comportamenti del ricorrente orientati nella direzione di impedire la fruizione delle giornate di ferie contrattualmente spettanti in ciascun anno di servizio, sia il nesso causale tra le esigenze di servizio e l’impossibilità del dipendente di godere per intero negli anni delle ferie accumulate, nonostante le richieste avanzate; oltre che la complessità e delicatezza dei compiti operativi assegnatigli, per loro stessa natura inconciliabili con una integrale fruizione dei periodi di ferie maturati.
Con il terzo motivo deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, la erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative, legislative e regolamentari in materia di irretroattività delle previsioni di legge, la non corretta applicazione delle previsioni di cui all’art. 5 comma 8 del d.l. n. 95 del 2012, con riferimento all’art. 360 comma primo num.3 cod. proc. civ.. Sostiene l’irretroattività della disposizione dettata dall’art. 5 comma 8 cit., e dunque la sua inapplicabilità per le giornate di ferie non godute negli anni antecedenti al 2012
Con il quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, la erronea interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative, legislative e regolamentari in materia di collocamento in quiescenza del pubblico dipendente, la non corretta applicazione delle previsioni di cui alla Legge n. 214/2011.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 360 bis n.1 cod. proc. civ., perché la Corte territoriale ha deciso la questione della ripartizione degli oneri della prova in materia di indennità sostitutiva per le ferie non
godute in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento.
Giova rilevare che in motivazione: a) la Corte territoriale ha richiamato i precedenti specifici di Cass. Sez. Lav. 21/07/2021, n. 21780 e 05/05/2022, n. 14268; b) ha fatto corretta applicazione di tali principi di diritto al caso di specie ritenendo che dalla complessiva valutazione delle prove documentali risultasse provato che l’RAGIONE_SOCIALE avesse posto il ricorrente nelle condizioni di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite «mediante un’adeguata informazione nel contempo rendendolo espressamente edotto, in tempo utile, della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie retribuite ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro».
La Corte territoriale ha dunque fatto buon governo della ripartizione dell’onere della prova tra le parti secondo i principi di diritto già stabiliti da questa Corte (ribaditi dalla più recente Cass. Sez. Lav. 20/06/2023, n. 17643) ritenendo che il datore di lavoro avesse provato di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse stato effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile ex art.366 comma primo n. 4 cod. proc. civ. Il ricorrente prospetta una violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, ma non specifica quali sarebbero le norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro che si assumono violate dalla Corte territoriale. Giova rilevare che nel motivo di ricorso il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a prospettare considerazioni generali ed a riproporre le tesi difensive già svolte, in radicale difformità con il modello di impugnazione a critica vincolata proprio del ricorso per Cassazione.
Le medesime considerazioni possono essere svolte anche con riferimento al quarto motivo di ricorso, del tutto privo di svolgimento e sostanzialmente limitato alla sola esegesi della sua rubricazione.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, sia per difetto di interesse ex art. 100 cod. proc. civ., sia perchè non si confronta con la ratio decidendi nella Corte territoriale. La questione dell’applicabilità dell’art. 5 comma 8 d.l. 95/2012 è stata ritenuta assorbita dalla Corte d’appello, in quanto ha rigettato il gravame perché ha ritenuto che il COGNOME non avesse diritto alla indennità sostitutiva per le ferie non godute per ragioni diverse, ossia per il non aver mai predisposto il piano di utilizzo delle ferie non ancora fruite nonostante le reiterate richieste della RAGIONE_SOCIALE.
Per tutti questi motivi deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un, 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/09/2024.