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Fattibilità economica concordato: il ruolo del giudice

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di una società in crisi, stabilendo che il giudice non può negare l’omologazione di un concordato preventivo basandosi unicamente su una stima dei costi più alta fornita dal commissario giudiziale, soprattutto se i creditori hanno approvato il piano. La Corte ha sottolineato che la valutazione della fattibilità economica del concordato non può ignorare le prove fornite dal debitore e la volontà del ceto creditorio, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Fattibilità Economica Concordato: Quando il Giudice non può Sostituirsi ai Creditori

La valutazione della fattibilità economica del concordato preventivo rappresenta uno dei passaggi più delicati nella gestione delle crisi d’impresa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta sui poteri del giudice in questa fase, riaffermando la centralità del voto dei creditori. La Suprema Corte ha stabilito che il diniego di omologazione non può fondarsi sulla mera preferenza per una stima dei costi più pessimistica, soprattutto quando questa ignora le prove fornite dal debitore e la volontà del ceto creditorio, che ha approvato il piano. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore del vetro, trovandosi in uno stato di crisi, presentava una proposta di concordato preventivo liquidatorio. Il piano si basava, tra le altre cose, sulla liquidazione dei beni e sull’apporto di finanza esterna. Un punto cruciale del piano era la stima dei costi per lo smaltimento di una notevole quantità di rifiuti vetrosi.

La società debitrice aveva prodotto un preventivo da un’azienda del settore che quantificava il costo in circa 1,4 milioni di euro. Di parere opposto il commissario giudiziale, il quale, basandosi su un preventivo fornito da un’altra società (peraltro interessata all’acquisto dell’azienda in crisi), stimava i costi in ben 4 milioni di euro. Questa divergenza era tale da compromettere il raggiungimento della soglia minima del 20% di soddisfacimento per i creditori chirografari, requisito imposto dalla legge.

Nonostante l’approvazione del piano da parte della maggioranza dei creditori, sia il Tribunale che la Corte d’Appello negavano l’omologazione. I giudici di merito ritenevano più attendibile la stima del commissario e, di conseguenza, giudicavano il piano privo del requisito di validità, dichiarando il fallimento della società.

La Decisione della Corte di Cassazione e la fattibilità economica del concordato

La società ricorreva in Cassazione, e la Suprema Corte ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il motivo di ricorso relativo all’erronea valutazione della non fattibilità economica del concordato.

La Corte ha chiarito che, sebbene il tribunale abbia il dovere di verificare la fattibilità del piano, questo controllo non può trasformarsi in una sostituzione della valutazione di merito che spetta primariamente ai creditori. Il giudice non può semplicemente scegliere la stima che ritiene più prudente, scartando a priori quella del debitore, senza una solida motivazione.

Il Sindacato del Giudice sulla Proposta

I giudici di legittimità hanno precisato che il tribunale non può negare l’omologazione fondando il proprio diniego su una presunta maggiore attendibilità della stima dei costi del commissario giudiziale, specialmente quando questa è “spropositatamente superiore” a quella del debitore e, implicitamente, ritenuta attendibile dai creditori che hanno votato a favore.

In questo caso, la Corte d’Appello aveva ignorato elementi cruciali portati dalla società ricorrente:
1. Conflitto di interessi: La stima più alta proveniva da una società potenzialmente interessata all’acquisto dell’azienda, un elemento che avrebbe dovuto indurre a maggiore cautela.
2. Prove a sostegno: La stima più bassa era supportata da ulteriori preventivi e confermata, a posteriori, dal prezzo di aggiudicazione del servizio di smaltimento nell’ambito della successiva procedura fallimentare, risultato essere addirittura inferiore a quello inizialmente prospettato dalla debitrice.
3. Volontà dei creditori: Il ceto creditorio, votando a favore, aveva accettato il piano e il relativo “rischio” legato ai costi, ritenendo la stima della debitrice sufficientemente attendibile.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il controllo del giudice sulla fattibilità economica del concordato deve essere un controllo di legalità e ragionevolezza, non di merito. Il giudice deve verificare che il piano non sia manifestamente irrealizzabile, ma non può arrogarsi il diritto di scegliere quale, tra diverse stime plausibili, sia quella corretta. Questo compito spetta ai creditori, che sono i principali portatori degli interessi economici in gioco.

Il sindacato giudiziale, pertanto, “esorbita dai confini tracciati dal legislatore” quando si basa su una pretesa maggiore affidabilità della stima solo perché proveniente dal commissario. Una valutazione così profonda del merito, che ignora elementi probatori contrari e la volontà dei creditori, è illegittima. Il giudice avrebbe dovuto disporre ulteriori verifiche di fronte a una così marcata discrepanza tra le stime.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione rafforza un principio fondamentale del diritto fallimentare: la centralità del ruolo dei creditori nella valutazione della convenienza economica del concordato. Il giudice agisce come garante della legalità della procedura, ma non può sostituirsi al ceto creditorio nella valutazione del rischio imprenditoriale insito nel piano. La decisione impone ai tribunali un approccio più cauto e motivato nel rigettare un concordato approvato, richiedendo una valutazione critica di tutte le prove disponibili, incluse quelle fornite dal debitore, prima di poter concludere per la manifesta impossibilità di realizzare il piano.

Il termine per opporsi all’omologazione del concordato preventivo è perentorio?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che, secondo la previgente legge fallimentare, il termine di dieci giorni prima dell’udienza per costituirsi e proporre opposizione ha natura ordinatoria. La sua inosservanza, quindi, non determina l’inammissibilità dell’opposizione.

Fino a che punto il giudice può sindacare la fattibilità economica di un piano di concordato già approvato dai creditori?
Il giudice deve verificare la fattibilità giuridica del piano (cioè la sua conformità a norme inderogabili) e l’assenza di una manifesta inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati. Tuttavia, non può spingersi a una valutazione di convenienza economica, che è rimessa alla discrezionalità dei creditori. Il suo controllo sulla fattibilità economica è un controllo ‘prima facie’, di mera ragionevolezza.

Come deve comportarsi il giudice di fronte a stime dei costi divergenti tra il debitore e il commissario giudiziale?
Il giudice non può preferire acriticamente la stima del commissario giudiziale solo perché proveniente da quest’ultimo. Deve valutare tutti gli elementi probatori offerti dalle parti, considerare eventuali conflitti di interesse e la coerenza delle stime. Di fronte a una distanza esorbitante tra le valutazioni, dovrebbe indurre a ulteriori verifiche anziché rigettare il piano basandosi su una singola stima, soprattutto se il piano è stato approvato dai creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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