Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1393 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1393 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18894/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME
(BMBSVN64B44H501B),
(CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOMECOGNOME ARYEETEY NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 646/2021 depositata il 31/05/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023
dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
-In data 01/04/2019 RAGIONE_SOCIALE ha depositato ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall. e, nel termine assegnato dal Tribunale di Mantova, ha depositato una proposta di concordato preventivo liquidatorio che prevedeva, tra l’altro, il pagamento del 20% dei crediti chirografari, sulla base di un piano che contemplava: i) la liquidazione della massa attiva mobiliare; ii) la liquidazione, a titolo di ‘finanza esterna’, dei patrimoni di RAGIONE_SOCIALE (società controllante di RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEaltre società controllate da RAGIONE_SOCIALE), per un valore complessivo stimato in 4,9 milioni di euro, subordinatamente all’omologazione definitiva del concordato; iii) la transazione fiscale per i crediti tributari e contributivi ex art. 182 ter l.fall.
1.1. -Dopo l’ammissione della società alla procedura di concordato preventivo, il commissario giudiziale ha formulato nella relazione ex art. 172 l.fall. parere di non fattibilità del piano, soprattutto a causa della maggiore quantificazione dei costi di
smaltimento di 63 mila tonnellate di rifiuti vetrosi, stimati in 4 milioni di euro sulla base del preventivo di € 65,00 per tonnellata reso da RAGIONE_SOCIALE (società che aveva sottoscritto un patto di riservatezza per l’ accesso ai documenti aziendali, in quanto i nteressata a valutare l’acquisto dell’azienda poi fallita), a fronte della stima di 1,4 milioni di euro effettuata dalla debitrice sulla base del preventivo di € 20,00 /25,00 per tonnellata reso da RAGIONE_SOCIALE (società a partecipazione pubblica operante nel settore, risultato in linea con precedenti smaltimenti e ritenuto congruo dal l’attestatore) .
1.2. -All’esito delle operazioni di voto, il concordato preventivo è risultato approvato dal ceto creditorio e il tribunale ha fissato l’udienza del 10 /09/ 2020 per l’omologazione del concordato preventivo, ai sensi dell’art. 180 l.fall.
1.3. -In data 26/08/2020 gli ex dipendenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno depositato opposizione ex art. 180, comma 2, l.fall., chiedendo il fallimento della societ à , in quanto il piano concordatario non sarebbe stato fattibile e l’ammissione alla procedura avrebbe potuto pregiudicare l’integrale recupero dei crediti derivanti dal rapporto di lavoro, degradati al chirografo in misura di poco inferiore all’80%, essendo dubbio, alla luce di quanto sostenuto dall’INPS, che il Fondo di Garanzia ex art. 2, l. n. 297/82 avrebbe garantito il pagamento del T.F.R. in misura integrale, piuttosto che nei limiti della proposta concordataria.
1.4. -La debitrice ha chiesto l’omologazione, evidenziando la tardivit à e l’infondatezza dell’opposizione , mentre il commissario giudiziale ha confermato nel suo parere il giudizio di non fattibilità.
1.5. -Il tribunale, premesso che la domanda di concordato preventivo era sopravvenuta alle istanze di fallimento proposte nel 2018 e 2019, nel corso de ll’udienza ex art. 15 l.fall., ha dichiarato il fallimento della società debitrice all’esito della ritenuta inammissibilità della domanda di concordato, per impossibilità di soddisfazione dei creditori chirografari nella percentuale minima di legge prevista dall’art. 160, ultimo comma, l.fall., con assorbimento dei restanti profili.
1.6. -Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Brescia ha rigettato il reclamo della debitrice ex art. 18 l.fall., ritenendo: i ) la tempestività dell’opposizione proposta ex art. 180 l.fall., stante la natura ordinatoria del termine di dieci giorni prima dell’udienza fissato per la costituzione degli opponenti; ii) la legittimità del sindacato del tribunale, che aveva escluso il requisito di validità di cui all’art. 160 , ultimo comma, l.fall. sulla base della diversa quantificazione dei costi per lo smaltimento dei rifiuti vetrosi operata dal commissario giudiziale.
-Avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione in tre motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi il Fallimento RAGIONE_SOCIALE e i creditori COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME. I restanti intimati non hanno svolto difese. Tutte le parti costituite hanno depositato memorie.
CONSIDERATO CHE
2.1. -Il primo motivo denuncia « violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., quanto al rigetto dell’eccezione di tardività rispetto al termine per la proposizione di opposizione ex art. 180 L.F. », sul rilievo che l’udienza ex art. 180 l.fall. era fissata per il giorno 10/09/2020 e il termine per la costituzione in giudizio e per la proposizione di eventuali opposizioni scadeva, considerato il periodo feriale, il 31/07/2020, mentre l ‘opposizione è stata proposta i l 26/08/2020.
2.2. -Il secondo mezzo lamenta « violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., per valutazione della fattibilità economica del piano concordatario in contrasto con l’art. 180, comma 4, L.F. », norma che, in caso di contestazione della convenienza da parte di creditori appartenenti a una classe dissenziente, non consente al tribunale di svolgere un sindacato sulla fattibilit à̀ economica, ma solo di valutare se il credito dell’opponente possa risultare soddisfatto in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili, nel caso di specie però palesemente meno convenienti, a fronte del rilevante apporto di finanza esterna condizionato alla definitiva omologazione del concordato (infatti approvato dai creditori).
2.3. -Il terzo motivo deduce « violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, c.p.c., quanto all’art. 160, ultimo comma, L.F. per erronea valutazione della non fattibilità economica del piano concordatario », per avere il tribunale, arrogandosi valutazioni non di sua competenza, ma spettanti al ceto creditorio, ritenuto aprioristicamente corretto il più oneroso preventivo presentato dal commissario giudiziale ed invece inattendibile, solo perché notevolmente inferiore, quello presentato dalla debitrice, nonostante la provenienza dei due preventivi inducesse alla conclusione opposta (tanto che, all’esito della gara pubblica espletata dalla sopravvenuta curatela fallimentare, il costo di smaltimento è risultato pari alla metà di quello prospettato dalla debitrice concordataria, come dedotto in memoria).
-Il primo motivo è infondato ed il secondo è inammissibile, mentre il terzo è fondato e va accolto.
-L’infondatezza del primo motivo discende dalla lettura delle norme implicate, a cominciare dall’art . 152 c.p.c. (rubricato ‘ Termini legali e termini giudiziari ‘) il quale, dopo aver disposto, al primo comma, che «i termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente», aggiunge, con il secondo comma, che «i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori».
4.1. -Ebbene, l ‘art. 180, comma 2, l.fall. non fissa alcun termine perentorio, ma si limita a prevedere che il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato «devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata» e che, nel medesimo termine, il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Va allora data continuità al principio per cui l’omessa previsione della perentorietà del termine fissato per la costituzione delle parti nel giudizio di omologazione del concordato preventivo osta alla sua qualificazione come termine perentorio, tali essendo solo i termini processuali così espressamente dichiarati dal legislatore, con la conseguenza che deve ritenersi ammissibile la costituzione
«benché avvenuta oltre il termine di dieci giorni prima della data fissata per l’udienza, non solo in considerazione del predetto silenzio serbato dall’art. 180, secondo comma, legge fall. e dell’assenza di sanzione in caso di mancata osservanza, ma anche tenuto conto che le modifiche introdotte dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 hanno improntato il procedimento di omologa ad una libertà di forma, nella fase introduttiva, cui non risulta funzionale la previsione di una rigidità dei tempi di costituzione, tanto più che alle parti è consentito anche successivamente integrare le proprie allegazioni» (Cass. 18987/2011).
4.2. -Si tratta del resto di principio ripetutamente affermato da questa Corte nei più disparati settori dell’ordinamento, e fondato appunto sul disposto dell’art. 152, comma 2, c.p.c., in base al quale deve conferirsi natura ordinatoria al termine che la legge non qualifichi espressamente come perentorio (Cass. 36390/2021, 14061/2021, 2761/2021, 2299/2020, 9545/2018, 10481/2017, 16853/2016, 10607/2016, 19203/2014, 20777/2012) o alla cui violazione non attribuisca conseguenze invalidanti (Cass. 17002/2012, 11791/2011, 24250/2010, 8249/2008).
4.3. -Né vale invocare, sul punto, le diverse disposizioni dettate dal Codice della crisi e dell’insolvenza di cui al d.lgs. n. 14 del 2019 e succ. mod., che le Sezioni unite di questa Corte hanno più volte ritenuto non applicabile, in generale, alle procedure aperte anteriormente alla sua entrata in vigore, e semmai utilizzabile come criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare solo ove ricorra, nello specifico segmento considerato, un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro (Cass. Sez. U, 12476/2020, 8504/2021, 35954/2021, 42093/2021).
Difatti, l’art. 48, comma 2 , CCI sancisce espressamente la perentorietà del termine, sempre di dieci giorni prima dell’udienza, fissato per il deposito della memoria di opposizione dei creditori dissenzienti e di qualsiasi interessato, mentre utilizza la stessa formula della legge fallimentare per gli ulteriori termini ivi stabiliti («Il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere almeno cinque giorni prima dell’udienza. Il debitore può depositare memorie fino a due giorni prima dell’udienza»).
Si è dunque di fronte non solo all ‘espressa previsione di perentorietà del termine, ma anche a un diverso assetto procedurale, più procedimentalizzzato rispetto a quello della legge fallimentare, e che, diversamente da quest’ultim o, non contempla più il ‘doppio binario’ di un giudizio semplificato nel caso in cui non siano proposte opposizioni, nel quale il tribunale si limita a verificare la regolarità della procedura e l’esito della votazione, procedendo all’ omologa del concordato con decreto motivato non soggetto a gravame (art. 180, comma 3, l.fall.). Elementi, questi, che inducono ad escludere la continuità fra i due regimi.
4.4. -E’ appena il caso di aggiungere , nonostante la corte territoriale, seppure interpellata, non abbia preso posizione al riguardo, che nella fattispecie in esame non era applicabile la sospensione feriale dei termini, in forza di quanto previsto dall’art. 3 della l. n. 742 del 1960 (che, attraverso il richiamo all’art. 92 del r.d. n. 12 del 1941, la esclude per i procedimenti relativi alla dichiarazione e revoca di fallimenti), poiché la domanda di concordato ex art. 161, comma 6, l.fall. era stata pacificamente depositata in pendenza di ricorsi per la dichiarazione di fallimento della stessa debitrice (Cass. 15435/2018; cfr. Cass. 17145/2022).
4.5. -A tali fini è anche ravvisabile quella continuità di regimi che consente di utilizzare il Codice della crisi e dell’insolvenza come criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare, poiché, mentre quest’ultima prescrive semplicemente che «tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale» (art. 36-bis l.fall.), il primo ha inteso chiarire più in generale che «la sospensione feriale dei termini di cui all’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n.742 non si applica ai procedimenti disciplinati dal presente codice, salvo che esso non disponga diversamente» (art. 9, comma 1, CCI).
-L’inammissibilità del secondo mezzo deriva dalla inesatta comprensione della ratio decidendi della sentenza impugnata.
5.1. -Secondo la corte d’appello, infatti, il tribunale non si era spinto a valutare la fattibilità economica e la convenienza del piano concordatario, ma si era limitato ad affermare che, « essendo stata proposta opposizione da parte di creditori inseriti in una
classe dissenziente, il sindacato che il Tribunale è chiamato a svolgere in questa fase attiene sia alla fattibilità giuridica, intesa come verifica della non incompatibilità del piano con norme inderogabili, sia alla verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine della proposta concordataria a raggiungere gli obiettivi prefissati (cfr. Cass. 15-6-2020 n. 11522; Cass. 7-42017 n. 9061; Cass. 27-2-2017 n. 4915; Cass. 23-1-2014 n. 11497; Cass. 22-5-2014 n. 11423; Cass. 6-11-2013 n. 24970; Cass. S.U. 23-1-2013 n. 1521) sia, infine, della convenienza, secondo il parametro di giudizio di cui all’art. 181 IV co. l.f. ».
5.2. -Ad avviso della corte territoriale, dunque, il tribunale aveva in realtà fatto leva sulla non fattibilità giuridica del piano, per carenza del requisito di validità di cui all’art. 160 , ultimo comma, l.fall., attesa la (ritenuta) manifesta inettitudine della proposta ad assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell ‘ammontare dei crediti chirografari ; laddove l ‘impiego , nella norma, del l’avverbio ‘in ogni caso’ e del verbo ‘assicurare’ , attestano la necessità, per il proponente, di indicare elementi oggettivi e verificabili, atti a rendere altamente probabile il conseguimento della percentuale minima di legge di soddisfacimento dei crediti chirografari, al di sotto della quale la soluzione richiesta non potrebbe ritenersi seria, né quindi essere ammessa e tantomeno omologata.
5.3. -In effetti, il presupposto di cui all’art. 160 , ultimo comma, l.fall. (introdotto nel 2015 per i concordati preventivi diversi da quello con continuità aziendale) viene inteso come ulteriore requisito di validità della proposta, come tale sindacabile già in sede di ammissione alla procedura (Cass. 11522/2020, 13224/2021), accanto alla sussistenza, o meno, di una manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, desumibile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (Cass. 11216/2021), e come tale riconducibile anche alla sua irrealizzabilità economica, purché valutabile ‘prima facie’ (Cass. 5825/2018, 13817/2022, 11208/2023), come manifesta inettitudine a raggiungere gli
obiettivi prefissati (Cass. 4790/2018), per l’implausibilità di ogni ragionevole “chance” di successo (Cass. 21190/2021).
Ferma restando, invece, la non sindacabilità della convenienza economica personale della proposta, rimessa alla valutazione discrezionale di ciascun creditore (Cass. 3863/2019).
Non è un caso, del resto, che la stessa distinzione tra fattibilità giuridica e fattibilità economica si sia andata progressivamente dissolvendo nella più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 13817/2022, 21190/2021, 15809/2021, 13224/2021, 11522/2020, 25474/2019, 645/2019, 5825/2018, 4790/2018, 9061/2017), per essere poi del tutto superata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza , ove si è avuta la crasi dei due sintagmi nel l’unico lemma ‘fattibilità’, intesa appunto come non manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati (v. art. 47 CCI; cfr. artt. 44 comma 1 lett. a), 87 comma 3, 90 comma 4, 110 comma 3, 112 comma 1 lett. g), 284 comma 5 lett. b) CCI; di ‘ fattibilità economica ‘ si legge ancora solo nell’art. 56, comma 3, CCII a proposito del piano attestato di risanamento).
-Le considerazioni appena svolte non solo non escludono, ma anzi avvalorano la preannunziata fondatezza del terzo motivo.
6.1. -Come visto, il tribunale ha ritenuto che la proposta non assicurasse il pagamento dei crediti chirografari nella misura minima di cui all’art. 160, ultimo comma, l.fall. prendendo come parametro di riferimento per la stima dei costi di smaltimento delle rimanenze vetrose non già il preventivo reso da RAGIONE_SOCIALE di € 20,00 -25.00 per tonnellata (con un costo di 1,4 milioni di euro), bensì il preventivo reso da RAGIONE_SOCIALE di € 65,00 per tonnellata (con un costo di 4 milioni di euro), senza una particolare motivazione che non fosse la sua (supposta) maggiore attendibilità in quanto reso al commissario giudiziale, piuttosto che, come il primo, alla società debitrice.
6.2. -Il ricorrente si duole che la corte d’appello : i) abbia completamente obliterato le ragioni addotte in sede di reclamo a sostegno dell’incongruenza , per eccesso, del preventivo preso in considerazione dal commissario giudiziale, in quanto proveniente
da una società concretamente interessata all’acquisto dell’azienda concordataria, e dunque in potenziale conflitto di interessi, mentre quello presentato dalla debitrice proveniva da una società a partecipazione pubblica e trovava riscontro in un ulteriore preventivo reso da altro operatore del settore, a sua volta confermato (al ribasso) da una ulteriore e diversa società, che aveva quantificato il costo in € 10 ,00 per tonnellata; ii) abbia inoltre rigettato le istanze istruttorie formulate dalla reclamante, sostenendo che le stesse « si limitano ad indicare le modalità con le quali si sarebbe proceduto alla formulazione dell’ultimo preventivo presentato, non derivandone dimostrazione dell’incongruenza per eccesso, rispetto alle quotazioni correnti, di quello richiesto ed ottenuto dal Commissario Giudiziale »; iii) non abbia infine considerato la valutazione dei creditori i quali, votando a favore della proposta, avevano evidentemente ritenuto attendibile la stima della debitrice, accettando il rischio di un aumento dei costi.
6.3. -Le doglianze meritano considerazione, dal momento che la corte territoriale, pur affermando che il reclamante non aveva allegato elementi utili per far ritenere inattendibile la valutazione del Commissario giudiziale, ha in realtà dato atto sia della produzione di due diversi preventivi notevolmente inferiori a quello assunto come termine di riferimento, sia dell’interesse personale della società che aveva reso il preventivo al commissario giudiziale. Elementi, questi, che, proprio a fronte dell ‘ esorbitante distanza tra i preventivi messi in campo, avrebbero dovuto indurre l’organo giudicante ad ulteriori verifiche (come ha reso evidente, a posteriori , l’ intervenuta aggiudicazione del servizio di smaltimento di detti rifiuti vetrosi al prezzo di € 10,296 per tonnellata , nell’ambito della procedura fallimentare successivamente aperta).
6.4. -Non è qui in discussione che il requisito di cui all’art. 160, ultimo comma, l.fall. non possa risolversi in una pura formalità o clausola di stile, ma debba comportare un controllo non meramente esteriore da parte del giudice, al quale deve quindi riconoscersi il potere di accertare, ai fini dell’ammissione del debitore alla procedura, l’esistenza di ragionevoli probabilità di realizzazione dell’obiettivo minimo indicato dal legislatore.
Si è già detto, infatti, che in tal senso depone anche la modifica apportata nel 2015 all’art. 161, comma 2, lett. e), l.fall., la quale, nel richiedere l’indicazione nella proposta di concordato anche «dell ‘ utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il debitore si obbliga ad assicurare a ciascun creditore», contribuisce a definire l’ambito del controllo di fattibilità demandato al giudice, arricchendo di contenuto, sotto il profilo degli obiettivi che l’imprenditore si obbliga a raggiungere, la nozione di causa concreta del concordato, che il piano deve rivelarsi idoneo a realizzare (Cass. 15122/2020).
6.5. -Tuttavia, nel quadro normativo di riferimento, il sindacato giudiziale esorbita dai confini tracciati dal legislatore ove il diniego di omologazione della proposta di concordato preventivo risulti fondato su una pretesa maggiore attendibilità della stima dei costi da sostenere -spropositatamente superiore a quella prospettata dal debitore, implicitamente ritenuta attendibile dal ceto creditorio -solo perché resa al commissario giudiziale.
In simili condizioni si verte, infatti, in una questione di merito -nemmeno inerente “prima facie” alla fattibilità economica del piano -e dunque rimessa alla valutazione dei creditori, sulla base della prognosi favorevole normalmente sottesa all’approvazione del concordato con le maggioranze richieste dall’art. 177, comma 1, l.fall. (Cass. 15345/2014).
Né a quella valutazione dei creditori può legittimamente sovrapporsi il vaglio giudiziale -sulla scorta di un giudizio certamente opinabile e comunque contraddetto da specifiche risultanze di diverso tenore -solo per una maggiore ‘affidabilità’ delle conclusioni cui sia pervenuto l’organo della procedura, da confrontare sempre con le ulteriori acquisizioni probatorie consentite dall’istruttoria (cfr. Cass. 23882/2016, che ha cassato il decreto con il quale la corte d’appello aveva negato l’omologazione di un concordato preventivo in ragione della maggiore attendibilità della stima del valore di un immobile operata dal commissario giudiziale rispetto a quella eseguita dall’attestatore, le cui conclusioni non erano peraltro mai state poste in dubbio sotto il profilo della correttezza argomentativa).
-Per concludere, in accoglimento del terzo motivo del ricorso la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Brescia, che , in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 08/11/2023.