Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19581 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19581 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 7621-2020 proposto da:
COGNOME, rappresentata e difesa da ll’.avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 840/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata in data 03/12/2019
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi i difensori presenti;
RILEVA
Con ricorso del 24.11.1981 NOME COGNOME evocava in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Pretore di Venosa, spiegando nei loro confronti denuncia di nuova opera e chiedendo la sospensione dei lavori da essi intrapresi.
Si costituivano i convenuti, resistendo alla domanda e deducendo che le opere erano già state ultimate.
All’udienza del 17.11.1988 il giudizio veniva cancellato dal ruolo per inattività delle parti ex art. 309 c.p.c.
Con ricorso del 15.11.1989 esso veniva riassunto ad istanza dell’originario ricorrente ed il Pretore, con sentenza n. 33/1995, si dichiarava incompetente per materia, compensando le spese.
Con atto di citazione notificato il 29.5.1996 il giudizio veniva riassunto innanzi il Tribunale di Melfi, che con sentenza non definitiva, n. 20/2000, rilevava che il giudizio di prime cure era stato ritualmente riassunto mediante notificazione eseguita nei confronti del procuratore dei convenuti, presso la cancelleria della Pretura di Venosa, in difetto di elezione di domicilio nel territorio di competenza di detto ufficio giudiziario ed accoglieva parzialmente la domanda, ordinando al Capursi ed alla Metta l’arretramento della sopraelevazione da essi realizzata sino al rispetto della distanza di 10 metri dalla proprietà dell’Amico, disponendo con separata ordinanza il prosieguo del giudizio relativamente alle altre domande.
In data 20.4.2006 si costituiva per i convenuti il nuovo procuratore avv. COGNOME il quale eccepiva l’intervenuta estinzione del giudizio, in conseguenza del fatto che gli originari difensori del COGNOME e della COGNOME si erano cancellati dall’albo, onde le notificazioni, eseguite nei loro confronti, degli atti di riassunzione del giudizio di prime cure erano da ritenere tamquam non esset .
Con sentenza definitiva n. 364/2008 il Tribunale di Melfi rigettava l’eccezione di estinzione, ritenendole coperte dal giudicato formatosi sulla sentenza non definitiva n. 20/2000, accoglieva le residue domande dell’Amico e regolava le spese.
Con la sentenza impugnata, n. 840/2019, la Corte di Appello di Potenza rigettava sia il gravame principale, interposto da COGNOME averso le due decisioni, non definitiva e definitiva, rese dal giudice di prime cure, che quello incidentale spiegato invece dall’originario attore COGNOME
La Corte distrettuale riteneva, in particolare, inammissibile l’appello proposto avverso la decisione non definitiva n. 20/2000, poiché la stessa era stata notificata, unitamente al relativo atto di precetto, in data 19.2.2004 ed il nuovo procuratore dell’appellante non aveva tempestivamente proposto riserva di appello, né con la sua comparsa di costituzione del 20.4.2006, né alla prima udienza successiva del 5.9.2006, ma soltanto alla successiva udienza del 13.6.2006, quando si era ormai prodotta la decadenza di cui all’art. 340 c.p.c. Riteneva altresì infondata la doglianza concernente l’estinzione del giudizio, poiché l’attore aveva avuto conoscenza legale dell’evento interruttivo, rappresentato dalla cancellazione dall’albo dei procuratori costituiti per i convenuti, soltanto in data 9.5.2006, quando il nuovo difensore dei predetti aveva comunicato l’evento anzidetto. Poiché in quel momento
la parte era già assistita da nuovo procuratore, l’evento interruttivo non si era prodotto, essendo stata comunque assicurata la difesa tecnica.
La Corte di Appello riteneva altresì l’appellante decaduto dal diritto di proporre contestazioni alla C.T.U., perché queste ultime avrebbero dovuto essere proposte dalla parte interessata nella prima difesa utile, in ossequio alla previsione di cui all’art. 157, secondo comma, c.p.c.
Ed infine, il giudice del gravame riteneva corretta la compensazione delle spese disposta dal giudice di prime cure, alla luce dei ‘giusti motivi’ ravvisati dal Tribunale.
La Corte distrettuale, dunque, rigettava sia il gravame principale che quello incidentale, compensando le spese anche del giudizio di appello.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOMECOGNOME qualificatasi ‘avente causa’ di COGNOME NOMECOGNOME affidandosi a cinque motivi.
NOME è rimasto intimato.
In prossimità dell’udienza pubblica, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, insistendo per i rigetto del ricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.
E’ comparso all’udienza pubblica il P.G., nella persona del sostituto dott. NOME COGNOME il quale ha insistito nelle proprie conclusioni, invocando il rigetto del ricorso.
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile il gravame interposto avverso la sentenza non definitiva n. 20/2000, senza considerare che il COGNOME (dante causa dell’odierna ricorrente) aveva espressamente dichiarato, nelle conclusioni rassegnate in seconde cure, la sua rinuncia alla relativa impugnazione.
Con il secondo motivo, invece, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché il giudice di seconda istanza avrebbe omesso di esaminare i motivi di gravame proposti dal COGNOME, dichiarando inammissibile l’impugnazione avverso la sentenza n. 20/2000, senza considerare che la stessa sarebbe stata dichiarata inesistente dalla successiva decisione del Tribunale di Melfi n. 14/2010.
Con il terzo motivo, la ricorrente contesta la violazione degli artt. 82 e 301 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare che le notificazioni degli atti di riassunzione del giudizio di prime cure erano state erroneamente eseguite nei confronti di procuratori cancellati dall’albo e quindi privi dello ius postulandi .
Con il quarto motivo, viene altresì denunziata la violazione degli artt. 309, 181, 307, 83 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello non avrebbe considerato che la prima riassunzione del giudizio a suo tempo introdotto dinanzi il Pretore di Venosa era avvenuta con ricorso depositato entro il termine di un anno, ma notificato dopo lo spirare di quest’ultimo. Stante la natura decadenziale del termine predetto, la riassunzione avrebbe dovuto essere ritenuta tardiva, con conseguente nullità di ogni atto successivo.
Ed infine, con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 101, 160, 125 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto valida la notificazione del ricorso in riassunzione, eseguita dall’Amico alle parti convenute presso la cancelleria della Pretura di Venosa, in assenza di domicilio eletto nel territorio di competenza di detto ufficio giudiziario, senza considerare
che le stesse, in quanto non assistite, in quel momento, da difesa tecnica, avrebbero dovuto essere considerate contumaci, e dunque avrebbero avuto diritto di ricevere la notificazione dell’atto di riassunzione nel loro domicilio o nella loro residenza.
Le censure in esame, tutte attinenti a vario titolo allo svolgimento dell’articolata vicenda processuale che ha caratterizzato il lungo giudizio di merito, impongono l’esame del fascicolo di ufficio, la cui trasmissione è stata ritualmente chiesta da parte ricorrente ai sensi di quanto previsto dall’art. 369 c.p.c. Ciò anche in considerazione del fatto che la sentenza impugnata non contiene la trascrizione delle conclusioni rassegnate dalle parti in grado di appello, il cui esame è necessario per procedere allo scrutinio, in particolare, delle doglianze proposte con il primo ed il secondo motivo di ricorso.
Si rende pertanto necessario disporre il rinvio della causa a nuovo ruolo, mandando la cancelleria di procedere all’acquisizione del fascicolo di ufficio dell’intero giudizio di merito.
P.Q.M.
la Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, mandando alla cancelleria di acquisire il fascicolo di ufficio dell’intero giudizio di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda