Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21870 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 21870 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10961/2023 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’Appello di Salerno n. 1492/2022 depositata il 14.11.2022;
udita la relazione svolta, all’udienza del 13.6.2025, dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l ‘ avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALEquale cessionaria di un credito vantato da una società che aveva erogato prestazioni agli assistiti del SSN -chiese e ottenne decreto ingiuntivo nei confronti della Azienda Sanitaria Locale Salerno per il pagamento della somma di € 2.030.555,37, in linea capitale.
L’Azienda Sanitaria notificò opposizione al decreto ingiuntivo, ma solo dopo che il dirigente responsabile della sua «Struttura Complessa Avvocatura» aveva proposto di rinunciare all’opposizione in cambio della rinuncia di RAGIONE_SOCIALE al pagamento degli interessi al tasso maggiorato di cui al d.lgs. n. 231 del 2002; proposta che RAGIONE_SOCIALE aveva accettato, con riserva tuttavia di insistere anche per il pagamento dei maggiori interessi in caso di opposizione al decreto.
Il Tribunale dichiarò improponibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto ritenne perfezionato un valido «accordo transattivo».
L ‘A RAGIONE_SOCIALE propose gravame contro la sentenza di primo grado, che venne accolto dalla Corte d’Appello di Salerno, accertando la nullità della transazione -perché non sottoscritta da persona fisica dotata del potere di disporre del diritto in rappresentanza dell’ASL e revocando il decreto ingiuntivo, previo accertamento negativo dei fatti posti a fondamento del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE
Contro la sentenza della Corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
L’ASL Salerno si è difesa con controricorso.
Nei termini di legge anteriori alla data fissata per la pubblica udienza di discussione, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’udienza la causa è stata discussa dal rappresentante della Procura Generale e dal difensore della ricorrente, che hanno ribadito le rispettive conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., «nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. -Motivazione omessa o apparente -nella parte in cui la Corte afferma la nullità del contratto di transazione su diritti indisponibili o per incapacità di disporre delle parti, senza indicare, nel caso, quale delle parti sia incapace di disporre o quale diritto indisponibile sarebbe stato transatto».
Secondo la ricorrente l’accertamento della nullità dell’accordo transattivo intervenuto prima dell’opposizione al decreto ingiuntivo sarebbe priva di una effettiva e pertinente motivazione.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Nella sentenza impugnata si rinviene una motivazione della dichiarata nullità dell’accordo transattivo, imperniata sulla circostanza che l’accordo non era stato sottoscritto da una persona fisica dotata del potere di spendere il nome dell’Azienda Sanitaria e, quindi, di vincolarla alla forza di legge tra le parti tipica di ogni contratto (art. 1372 c.c.).
Che la motivazione ci sia e sia ben comprensibile è dimostrato anche dal fatto che essa è fatta oggetto di specifica censura con il successivo secondo motivo di ricorso.
Si può convenire che l’ulteriore cenno, nella sentenza, ai diritti «sottratti alla disponibilità delle parti» (e all’impossibilità che tali diritti siano oggetto di transazione: art. 1966 c.c.) non è pertinente alla ratio decidendi . Infatti, la nullità del contratto perché sottoscritto da persona fisica che non aveva il potere di spendere il nome del titolare del diritto è questione diversa, che prescinde dalla (e anzi in qualche modo presuppone la) disponibilità del diritto da parte del soggetto titolare. Ma, appunto per questo, il cenno ai diritti indisponibili è soltanto un fuor d’opera che nulla aggiunge e nulla toglie al nucleo essenziale della motivazione della sentenza impugnata, che è chiaramente incentrato sul difetto del potere di rappresentanza in capo alla persona fisica.
Pertanto, richiamati i ben noti e ristretti limiti entro cui il vizio di omessa motivazione può essere fatto oggetto di ricorso per cassazione (v., per tutte, Cass. S.u. n. 8053/2014), si deve constatare che l’illustrazione di questo primo motivo -lungi dal descrivere una totale assenza di motivazione della sentenza impugnata -si riduce in realtà alla critica di una motivazione esistente, anche se la parte non la condivide o non la considera sufficiente per giustificare la decisione impugnata. Critica legittima, ma inammissibile in questa sede.
Il secondo motivo prospetta il vizio di «violazione degli artt. 1966, 1388 e 1398 c.c. -Falsa applicazione degli artt. 1418 e 1325 c.c. -nella parte in cui la Corte territoriale ritiene ‘affetto da nullità’ il contratto stipulato , ‘per la parte pubblica,
da soggetto privo del potere di manifestare efficacemente la volontà de ll’ente’ » (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
La ricorrente sostiene che il contratto stipulato da persona fisica priva del potere di rappresentare il soggetto che dovrebbe esserne parte non sia invalido, bensì soltanto inefficace e suscettibile di essere ratificato dal soggetto rappresentato. La Corte territoriale avrebbe dunque errato affermando che «deve escludersi l’esistenza stessa della predetta volontà , determinandosi, dunque, l’inesistenza dell’accordo delle parti e la nullità del contratto di transazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1325, n. 1, c.c.».
2.1. Il motivo è inammissibile, perché -come rilevato dal Procuratore generale -la parte non ha interesse a proporre una questione di mero inquadramento giuridico della fattispecie, senza che dalla diversa impostazione possa derivarle alcun vantaggio sul piano delle conseguenze sulla decisione assunta dal giudice del merito. Nella pacifica assenza di allegazione di una intervenuta ratifica da parte della persona fisica legittimata a spendere il nome dell’Azienda Sanitaria, definire il contratto stipulato dal falsus procurator inefficace, piuttosto che nullo, e rilevare che esso è suscettibile di ratifica da parte del falso rappresentato (art. 1399 c.c.), non sposta i termini della questione, restando intatta la necessità di risolvere la lite ignorando la transazione, in quanto improduttiva di effetti giuridici.
Per quanto occorrer possa (tenuto conto che non viene denunciata la violazione del divieto di proporre nuove domande ed eccezioni in grado d’appello) si deve osservare altresì che
l’inefficacia del contratto per mancanza di potere di rappresentanza non è oggetto di un’eccezione in senso stretto, ma di una mera difesa, come tale rilevabile d’ufficio , al pari della nullità (Cass. S.u. n. 11377/2015); sicché, anche sotto questo profilo, la ricorrente non avrebbe alcun interesse a porre la questione.
Anche il terzo motivo di ricorso è riferito all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ed è rubricato «violazione degli artt. 1325 e 1965 c.c., in uno agli artt. 1362-1371 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha escluso la natura transattiva dell’accordo raggiunto inter partes , unicamente in ragione della riserva dell’esponente di richiedere gli interessi moratori nell’eventuale giudizio di opposizione».
La Corte d’Appello, dopo avere accertato la nullità della transazione, in quanto non sottoscritta per l’Azienda sanitaria da persona legittimata a rappresentarla, ha aggiungo che «l’invocato accordo non ha neanche natura transattiva … in quanto l’odierna appellata, nell’atto di accettazione della proposta, espressamente si riservava di richiedere gli interessi moratori ex L. 231/2002 nell’eventuale giudizio di opposizione, sicché è del tutto assente, sia pur limitatamente alla pretesa degli interessi moratori, la reciprocità delle concessioni, elemento caratterizzante il contratto di transazione».
Il motivo è rivolto contro questa parte di motivazione, osservando la ricorrente che la riserva di insistere nella pretesa originaria in caso di inadempimento della transazione non esclude, ma anzi presuppone, la volontà transattiva.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, per ragione analoga a quella esposta con riguardo al motivo precedente.
L’accertata nullità (o inefficacia) della transazione assorbe e rende superflue le considerazioni e le riserve espresse dal giudice del merito sulla natura e sul contenuto del contratto, che rimane, in ogni caso, privo di effetti. Pertanto, altrettanto superflua è l’impugnazione della motivazione della sentenza in parte qua .
Infine, il quarto motivo d enuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., «violazione degli artt. 1965 e 1972 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale reputa il fondamento della pretesa un elemento essenziale della transazione e considera ‘del tutto inefficace’ la transazione su titolo nullo ».
Le considerazioni della Corte territoriale sulla nullità dell’accordo transattivo si concludono con un cenno alla inefficacia di una «rinuncia ad una pretesa mancante di un presupposto per la sua validità, nella specie, di un contratto redatto in forma scritta, quale fatto costitutivo della pretesa».
La ricorrente osserva che la transazione su un titolo nullo non è nulla -a meno che non si tratti di un «contratto illecito» -ma semplicemente annullabile (art. 1972 c.c.).
4.1. Ancora una volta il motivo è inammissibile, perché -sebbene l’osservazione della ricorrente sia astrattamente corretta -l’oggetto della censura è un mero obiter dictum , che nulla toglie all’autonoma e sufficiente ratio decidendi basata sul rilievo della mancata sottoscrizione del contratto da parte di un soggetto legittimato a spendere il nome dell’Azienda Sanitaria Locale.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
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P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 13.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima