Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 26473 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 26473 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Oggetto
Dott. NOME COGNOME
Presidente
DISCIPLINARE AVV_NOTAIO
Dott. NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 23/09/2025
Dott. NOME COGNOME Consigliere
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere NOME.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9562/2025 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, ORDINE AVV_NOTAIO BERGAMO
intimati
avverso la SENTENZA del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ROMA n. 83/2025 depositata il 28/03/2025.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale cons. NOME COGNOME, la quale chiede che la Corte di Cassazione voglia rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO veniva tratto a giudizio disciplinare per rispondere di tre distinti capi di incolpazione con i quali gli veniva contestato di essere ripetutamente venuto meno ai principi di lealtà correttezza, probità, dignità e decoro e diligenza, in violazione degli articoli 2 comma 4, 3, comma 2, e 17, comma 1, lett. h), della legge n.247 del 2012 in relazione agli artt. 4 e 20, 9, 50 co. 1, 2 e 5 CDF.
Il procedimento aveva origine dalla segnalazione da parte del Tribunale di Bergamo, Sezione lavoro, al COA di Bergamo, in data 21.1.2019, di alcune condotte tenute dall’AVV_NOTAIO nel corso della causa di lavoro RG n. 913/2018, da lui instaurata con l’impugnazione del licenziamento del lavoratore NOME COGNOME.
In particolare, il COA veniva informato che l’AVV_NOTAIO aveva alterato la procura datata 03.06.2017 – dallo stesso già autenticata e depositata nel procedimento RG N. 1650/2017 – al fine di farne uso nel successivo giudizio RG N. 913/2018, così falsamente rappresentando l’apposizione della firma e la sua autenticazione nella successiva e materialmente falsificata data del 08.04.2018. L’esposto segnalava, altresì, che l’AVV_NOTAIO,
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
invitato dal Giudice ad esibire l’originale della procura datata 03.06.2017, che risultava allegata agli atti del procedimento n.1650/2017, aveva prodotto un mandato datato 03.06.2017, palesemente difforme da quello già depositato nel predetto giudizio, con ulteriore falso materiale e ideologico.
Il CDD, ritenuti provati gli addebiti e sussistente la responsabilità dell’incolpato , gli irrogava la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per anni uno e mesi sei.
Il Collegio di disciplina evidenziava come la condotta descritta nei primi due capi fosse relativa all ‘ alterazione della data del primigenio mandato – originariamente sottoscritto dal sig. NOME COGNOME il 03.06.2017 e regolarmente utilizzato nel procedimento RG 1650/2017 – e sul suo indebito successivo utilizzo.
La Consulenza Tecnica d’Ufficio disposta dal Tribunale di Bergamo – versata anche agli atti del procedimento e comunque confermata in udienza dalla teste dott.ssa AVV_NOTAIO -comprovava senza ombra di dubbio che una prima alterazione di quella stessa procura sottoscritta in data 03.06.2017, era avvenuta con la trasformazione della data “3.6.17” nella data “28.9.17” e con utilizzo di quel mandato da parte dell’AVV_NOTAIO per l’impugnazione del licenziamento del COGNOME. COGNOME con la raccomandata del 15.11.2017.
Una seconda alterazione di quel medesimo mandato era avvenuta con la trasformazione dell ‘ originaria data “3.6.17” in quella “8.4.18”, utilizzata dall’incolpato per aprire il contenzioso cautelare RG 913/2018.
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
La consulenza tecnica aveva ravvisato la perfetta coincidenza delle sottoscrizioni vergate dal sig. COGNOME, tanto che le firme erano tutte perfettamente sovrapponibili.
Una terza alterazione era stata effettuata a seguito dell’invito del Giudice a produrre l’originale mandato recante la data del 3.6.2017 nel tentativo dell’AVV_NOTAIO di sottrarsi al giudizio relativo alla falsità dei mandati.
AVV_NOTAIO proponeva personalmente impugnazione avverso la decisione del CDD di Brescia chiedendo al CNF in via principale l’annullamento e, in via subordinata, l’irrogazione della sanzione della censura ovvero, in ulteriore subordine, la riduzione della durata della sospensione.
Il RAGIONE_SOCIALE rigettava il ricorso.
4.1 Con riferimento ai primi due capi d’incolpazione risultava provato per stessa ammissione del l’AVV_NOTAIO , che egli aveva alterato la data del mandato a sue mani sottoscritto dal sig. NOME COGNOME il 03.06.2017 e regolarmente depositato nel procedimento RG 1650/2017, per utilizzarlo indebitamente in altre sedi
Priva di pregio e non accoglibile era la tesi del ricorrente di aver agito nell’interesse e con il consenso del cliente, in quanto circostanze inidonee ad escludere il rilievo deontologico del fatto. Neppure rilevava il fatto che la firma nell’originale mandato fosse autentica. La contestazione per cui vi era stata condanna riguardava proprio l’alterazione del mandato, conferito per uno specifico scopo, poi indebitamente utilizzato in altri procedimenti.
L’organo giudicante ri chiamava il principio secondo cui la sottoscrizione del legale nella autentica quale pubblico ufficiale vale a confermare non solo che il cliente ha apposto la sua firma dopo
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
essere stato identificato, ma altresì che la firma dell’assistito è stata apposta in quella specifica data e con il preciso scopo di essere utilizzata per un determinato giudizio.
Dunque, l’alterazione del giorno, del mese e dell’ anno indicati nel mandato era sufficiente da sola a realizzare appieno la condotta descritta nell’art. 50 CDF senza che potesse trovare alcuna giustificazione la necessità di tutelare il cliente.
L’incolpato era stato anche imputato in un procedimento penale per la condotta di falso materiale commesso da pubblico ufficiale ex art. 477 c.p.; in tale processo l’AVV_NOTAIO aveva chiesto e ottenuto la messa alla prova e la decisione impugnata, diversamente da quanto da lui sostenuto con il ricorso, lungi dall’attribuire rilevanza probatoria alle risultanze del procedimento penale, si era limitata a menzionare il proscioglimento per superamento della messa alla prova quale ‘ulteriore circostanza’ che confermava la realizzazione del falso e ad affermare che il proscioglimento in sede penale ‘ non elide ‘ la responsabilità disciplinare dell’incolpato.
Del pari doveva ritenersi corretta la motivazione del primo giudice là dove aveva evidenziato che la violazione di cui all’art. 50 c.d. contestata con il capo a) dell’incolpazione doveva ritenersi configurata anche rispetto all’atto stragiudiziale -l’invio della raccomandata di impugnazione stragiudiziale del licenziamento – in quanto atto prodromico, necessario e obbligatorio, per l’instaurazione del successivo giudizio innanzi al Tribunale.
La consapevole falsificazione e il consapevole utilizzo dei mandati da parte dell’AVV_NOTAIO nei procedimenti in materia di lavoro configuravano l’addebito contestato di cui ai capi a) e b)
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
dell’incolpazione, con violazione non solo del dovere di verità, ma altresì degli obblighi deontologici di probità, lealtà, correttezza e diligenza nell’adempimento della professione.
Le doglianze del ricorrente erano infondate anche rispetto al capo c) dell’incolpazione. Secondo l’AVV_NOTAIO egli aveva prodotto gli unici documenti ‘originali’ in suo possesso e cioè un (‘originale e residuo’) mandato rilasciato in data 3.6.2017 e quello datato 28 settembre 2017 (e la cui data era stata modificata in quella dell’8 aprile 2018), così ottemperando nell’unico modo possibile all’ordine del giudice. Risulta va, tuttavia, dai documenti acquisiti dal CDD -e dalle stesse dichiarazioni rese dal COGNOME in sede di dibattimento -che la procura originale datata 3 giugno 2017 non era mai stata utilizzata e che, invece, era stata modificata due volte, dapprima apponendovi la data del 28 settembre 2017 e successivamente quella del l’ 8 aprile 2018. Risultava, altresì, dalle medesime dichiarazioni dell’incolpato che erano stati depositati tre documenti: i) la procura del 3 giugno 2017, ormai recante la data dell’8 aprile 2018, in originale; ii) copia della procura del 28 settembre 2017 (la quale, però, risultava comunque da una precedente alterazione della data della medesima procura del 3 giugno 2017; iii) originale di un ulteriore mandato ottenuto in data 3 giugno 2017 e mai utilizzato. Secondo il CNF risultava evidente l’ intento di confondere il giudice rispetto alla propria precedente condotta falsificatoria.
Anche il secondo motivo di impugnazione relativo alla dosimetria della pena doveva essere respinto in considerazione della gravità della condotta in relazione alla dignità, onorabilità e
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
rispettabilità della professione, in quanto condotta idonea a sminuire la credibilità della intera categoria.
Il ricorrente aveva consapevolmente utilizzato un atto originale e lo aveva alterato per utilizzarlo in fasi diverse, proponendo poi al Giudice un atto ancora diverso, anziché dichiarare l’impossibilità di produrre l’originale datato 3/6/17 in quanto irrimediabilmente alterato. Non poteva ritenersi scriminante o attenuante la circostanza che l’assistito avesse autorizzato e prestato il consenso al suo AVV_NOTAIO affinché modificasse la data, in quanto il mandato era stato conferito e utilizzato per uno specifico atto e ogni successiva azione richiedeva un diverso mandato originale. Inoltre, la produzione in giudizio del mandato aveva una estensione ed un effetto che andavano ben oltre la disponibilità delle parti, dovendo attestare ai terzi la verità e l’autenticità di determinati fatti ed atti. Proprio la gravità dei comportamenti contestati, la consapevolezza e reiterazione, imponevano di confermare la sanzione comminata.
AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria depositata in prossimità dell’udienza , insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente l’AVV_NOTAIO, evidenziando il rischio di un grave danno, chiede la sospensione del provvedimento impugnato.
1.1. Il Collegio, in punto d’ammissibilità dello strumento, reputa di dovere dare continuità all’indirizzo inaugurato dalla
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
sentenza n. 6967/2017 di queste Sezioni Unite, con la quale si è affermato che l’istanza di sospensione della esecutorietà della decisione adottata dal RAGIONE_SOCIALE può essere contenuta nel ricorso proposto, avverso quest’ultima, alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, sempre che abbia una sua autonoma motivazione e sia riconoscibile quale istanza cautelare. L’art. 36, comma 6, della l. n. 247 del 2012, limitandosi a prevedere che le Sezioni Unite possano sospendere l’esecuzione su rich iesta di parte, non consente di desumere che la corrispondente istanza debba essere formulata al suddetto RAGIONE_SOCIALE o che vada proposta in via autonoma rispetto al ricorso ((Cass. Sez. U., 26/07/2024, n. 20877).
1.2. Nel merito l’istanza resta assorbita, come si vedrà, dalla pronuncia di infondatezza di entrambi i motivi di ricorso.
1.3 Ancora in via preliminare deve condividersi quanto osservato dal P.G. nelle sue conclusioni circa la non decorrenza del termine di prescrizione dell’illecito di cui all’art. 56 della l. n. 247 del 2012.
Nella specie, infatti, gli illeciti disciplinari di cui ai capi a) e b) presentano i tratti di una contestazione unitaria (capo a): dal 28/09/2017 al 14/05/2018, capo b) dall’8/04/2018 e sino al 17.04.2019). L’illecito di cui al capo c) è contestato alla data del 5/9/2018. La fattispecie concreta sub iudice è connotata dalla alterazione e dalla utilizzazione, reiterata e continuata, del medesimo atto -procura datata 3.06.2017 recante la firma di NOME COGNOME – sia in fase stragiudiziale che processuale. Si è quindi realizzata una condotta illecita, offensiva dei canoni deontologici, protratta e reiterata nel tempo, alla cui cessazione
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025
soltanto va ancorato il decorso del termine prescrizionale, in conformità al principio enunciato dalla Cass., Sez. U, 29 maggio 2023 n. 14957 e alla giurisprudenza consolidata (Cass. Sez. U, 10/09/2024 n. 24285 del 10/09/2024, relativa a contestazione che comprendeva anche l’uso consapevole di mandati e documenti falsi).
Pertanto , in nessun caso sono decorsi i termini di cui all’art. 56 della l. n. 247 del 2012, stante l’unitarietà delle condotte contestate, la presenza di atti interruttivi e la non decorrenza del termine ultimo di sette anni e sei mesi.
1.4 Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’ art. 4, comma 1, ed art. 50, commi 1, 2 e 5 C.D.F
Si censura la decisione del CNF nella parte in cui riconosce la responsabilità disciplinare dell’incolpato indipendentemente da lla sussistenza dell’ elemento psicologico ovvero dalla c.d. suitas della condotta.
Il RAGIONE_SOCIALE avrebbe erroneamente interpretato la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito disciplinare, che invece, per concretizzarsi, non deve solo verificarsi nel suo elemento materiale ed oggettivo, ma anche in quello soggettivo e quindi di carattere psicologico, che il CNF definisce, sulla scorta della scienza penalistica, suitas .
L ‘ordine del Giudice rivolto all’AVV_NOTAIO aveva ad oggetto l ‘onere di depositare in cancelleria ‘ l’originale dei mandati del 3 giugno 2017 e del 28 settembre 2017 ‘. Il ricorrente depositava quindi in originale i seguenti documenti: mandato del 28 settembre 2017 (con la necessaria ed inevitabile precisazione che la stessa ormai recava la data 8 aprile 2018, per via della modifica della
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data), ed il mandato 3 giugno 2017. Quest’ultimo altro non era se non il secondo originale, firmato dal sig. NOME COGNOME lo stesso giorno e rimasto nel fascicolo di studio.
Il ricorrente richiama le sue difese e afferma di aver sempre ammesso che la procura fosse la medesima, salvo il cambio di data, e sostiene che, nonostante ciò, la procura non sarebbe nulla, ma valida, in quanto la data non sarebbe elemento essenziale dell’atto, e la nullità relativa a tale elemento non sarebbe idonea ad inficiare la validità complessiva dell’atto processuale.
Quindi, l’elemento soggettivo e la suitas della condotta ‘ inteso come volontà consapevole dell’atto che si compie ‘ non sarebbero ravvisabili in questo caso, in quanto il ricorrente voleva certamente iniziare un nuovo giudizio valendosi della medesima procura conferita in un giudizio precedente, ma non ‘confondere il giudice rispetto alla propria precedente condotta falsificatoria’ .
1.5 Il primo motivo di ricorso è infondato.
Deve premettersi che il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione avverso le decisioni del CNF è ammesso solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge (art. 36, comma 6, l. n. 247/2012); il vizio di motivazione è quindi ammesso nei limiti di cui all’ art. 111 Cost. (Sez. U. 31 luglio 2018, n. 20344, con riguardo alla identica previsione contenuta nell’art. 56, terzo comma, del r.d.l. n. 1578 del 1933): vale a dire negli stessi termini entro cui, a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c. apportata dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, è denunciabile in cassazione il vizio motivazione (Sez. U., 10/10/2024, n. 26369, Rv. 672372 – 03). La relativa censura, come è noto, può riguardare solo «l’anomalia motivazionale che si
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tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054).
In questa sede, pertanto, il ricorrente non può chiedere una revisione dell’accertamento di fatto, condotto dal CNF sulla scorta dei documenti di causa, e ciò anche con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo della suitas in relazione alla condotta costituente illecito disciplinare.
D’altra parte , più volte questa Corte ha affermato che la coscienza e volontà consistono nel dominio anche solo potenziale dell’azione o omissione, per cui vi è una presunzione di colpa per l’atto sconveniente o vietato a carico di chi lo abbia commesso. Quest’ultimo deve dimostrare l’errore inev itabile, cioè non superabile con l’uso della normale diligenza, oppure la sussistenza di una causa esterna, mentre non è configurabile l’imperizia incolpevole, trattandosi di professionista legale tenuto a conoscere il sistema delle fonti (S.U. n. 13456, 29/05/2017, Rv. 644367 -02; conf., ex aliis , S.U. n. 8242/2020, non massimata).
La sentenza impugnata, in relazione a tutti i tre capi di incolpazione, ha motivato ampiamente sulla rilevanza disciplinare della condotta anche sotto il profilo soggettivo, evidenziando peraltro che la falsificazione del mandato -delitto doloso – ha comportato anche un procedimento penale concluso con il proscioglimento solo per il buon esito della messa alla prova. Infatti, nella specie vi è stata una consapevole falsificazione dell’originario mandato rilasciato da l lavoratore NOME COGNOME
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all’AVV_NOTAIO che lo ha poi utilizzato in altri procedimenti in materia di lavoro per contestare la legittimità del suo licenziamento. Tale condotta integra, anche sotto il profilo della volontarietà dell’azione , gli addebiti contestati con violazione non solo del dovere di verità, ma altresì degli obblighi deontologici di probità, lealtà, correttezza e diligenza nell’adempimento della professione. Peraltro, il CNF, con riferimento al capo c), ha evidenziato la particolare gravità della condotta che aveva lo scopo evidente di confondere il giudice rispetto alla propria precedente condotta falsificatoria.
Da quanto si è detto emerge una sicura e piena consapevolezza e conoscenza dell’illiceità della condotta connotata dalla coscienza e volontà di cui all’art. 4 del nuovo Codice deontologico recante volontarietà dell’azione , che ricorre quando, con un atto consapevole volitivo si tiene un comportamento illecito. Ne consegue una presunzione di colpa con il preciso onere a carico dell’incolpato di escludere l’addebito attraverso la prova dell’inevitabilità dell’errore o della sua non riferibilità. Tale prova non è stata fornita dall’AVV_NOTAIO COGNOME.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Secondo il ricorrente la sentenza impugnata non prenderebbe in considerazione documenti ed argomentazioni decisive per il giudizio, quantomeno in ordine alla sanzione applicabile in concreto, dal momento che non sarebbero stati considerati alcuni elementi che permetterebbero di rimodulare al minimo la sanzione, quali l’ammissione del fatto, il consenso della persona assistita,
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l’assenza di conseguenze dannose, i motivi di rilievo umano e morale, la buona fede dell’incolpato e la resipiscenza dimostrata. Nemmeno sarebbe stata presa in considerazione la condotta processuale del ricorrente, che presentava sua sponte la decisione della Corte di Cassazione all’esito dell’ultimo grado del giudizio di lavoro, e la rinuncia ad un teste di parte ricorrente, Signora NOME COGNOME, sebbene regolarmente intimata, al fine di non gravare il processo di ulteriori rinvii.
Del tutto omessa sarebbe anche la valutazione di un altro decisivo fatto, e cioè l’ammissione del fatto da parte dell’incolpato, nonché la sua resipiscenza, elementi presenti fin dalle prime difese del ricorrente.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati, gli elementi valutati in concreto per la determinazione della specie e dell’entità della sanzione non sono suscettibili di sindacato in sede di legittimità. Il CNF ha ampiamente motivato sulle ragioni per le quali ha reputato corretta la decisi one di primo grado sull’entità della sanzione in considerazione della piena consapevolezza della condotta di falsificazione e della gravità che assume la ripercussione di tale condotta sulla dignità e sulla onorabilità e rispettabilità della professione, in quanto idonea a sminuire la credibilità della intera categoria.
Il giudizio di gravità, che ne ha tratto il giudice disciplinare, come si è anticipato, non è sindacabile davanti a questa Corte.
Deve ribadirsi in proposito che: In tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito,
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insindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U., 24/01/2020, n. 1609, Rv. 656708 – 02).
Il ricorso è, dunque rigettato.
Nulla è da statuire in punto di spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 23 settembre 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME
Ric. 2025 n.9562 – ud. 23/09/2025