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Falso giuramento: risarcimento e nesso causale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6507/2025, ha chiarito i contorni della responsabilità civile per falso giuramento. Nel caso di specie, due soggetti avevano vinto una causa per competenze professionali giurando il falso. La Corte ha confermato la loro condanna al risarcimento, stabilendo che il danno è pari al credito originario non riscosso dalla controparte, se non contestato nel quantum. È stato inoltre precisato che il giudice civile, pur dovendo compiere una valutazione autonoma, può legittimamente basare il proprio convincimento sulle risultanze del processo penale. La Corte ha parzialmente accolto il ricorso, correggendo solo la liquidazione dei danni per escludere le spese del processo penale, che seguono un regime diverso.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Falso Giuramento: La Cassazione Chiarisce i Criteri per il Risarcimento del Danno

Il falso giuramento in un processo civile non è solo un reato, ma un illecito che genera precise conseguenze sul piano del risarcimento del danno. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per delineare con chiarezza i principi che governano la responsabilità civile di chi giura il falso, soffermandosi in particolare sul nesso di causalità e sui criteri di liquidazione del danno. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere come il sistema legale reagisce per ripristinare i diritti lesi da una dichiarazione mendace in giudizio.

I Fatti di Causa: Dalla parcella non pagata all’accusa di falso giuramento

La vicenda trae origine da un contenzioso tra un’avvocata e due suoi ex clienti per il mancato pagamento di competenze professionali. L’avvocata aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, ma i clienti si erano opposti, vincendo la causa in virtù di un giuramento con cui affermavano di aver estinto il debito. Sospettando la falsità di tale dichiarazione, la professionista avviava un procedimento penale per falso giuramento. Sebbene il reato si fosse prescritto, la Corte di Cassazione penale annullava la sentenza di assoluzione ai soli fini civili, rinviando la causa a un giudice civile per la valutazione della richiesta di risarcimento.

La Corte d’Appello civile, quindi, accoglieva la domanda della legale, condannando gli ex clienti a pagarle una somma pari al credito originario, oltre agli accessori. La questione è giunta nuovamente dinanzi alla Suprema Corte a seguito del ricorso proposto dai debitori.

L’Analisi della Corte: il nesso causale nel falso giuramento

I ricorrenti contestavano la decisione della Corte d’Appello su più fronti. Sostenevano, in primo luogo, che il giudice civile avesse omesso una valutazione autonoma della loro condotta, basandosi acriticamente sulle risultanze del processo penale. In secondo luogo, negavano l’esistenza di un nesso di causalità tra il giuramento (che a loro dire era stato dichiarato falso solo in parte) e la vittoria nella causa originaria.

La Cassazione ha rigettato entrambe le censure. Ha chiarito che il giudice civile ha il potere-dovere di trarre il proprio convincimento dagli atti del giudizio penale. Nel caso specifico, era emerso in modo inconfutabile che il giuramento fosse oggettivamente falso e che la presunta ‘buona fede’ dei giuranti fosse irrilevante ai fini della responsabilità civile.

In merito al nesso causale, la Corte ha smontato la tesi dei ricorrenti, affermando che la decisione originaria si basava sull’efficacia probatoria dell’intero giuramento. Di conseguenza, il falso giuramento è stato correttamente individuato come la causa diretta ed esclusiva della perdita economica subita dall’avvocata, che si era vista negare ingiustamente il proprio compenso.

La Liquidazione del Danno: un errore di calcolo

Un punto cruciale del ricorso riguardava la quantificazione del danno. I debitori lamentavano che l’importo non fosse stato provato e che la Corte d’Appello lo avesse erroneamente fatto coincidere con l’ammontare del decreto ingiuntivo opposto.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato ragione, in larga parte, alla decisione di merito. Ha stabilito un principio di fondamentale importanza pratica: quando nel giudizio originario non viene contestato l’ammontare del credito (quantum debeatur) ma solo la sua estinzione (provata poi con falso giuramento), il danno risarcibile è proprio pari all’importo del credito non riscosso. La condotta illecita ha infatti privato il creditore di una somma che, in assenza del giuramento mendace, gli sarebbe stata riconosciuta.

Tuttavia, la Corte ha riscontrato un errore: la Corte d’Appello aveva incluso nel risarcimento anche le spese del processo penale. Queste, ha spiegato la Cassazione, non costituiscono un danno derivante dall’illecito, ma seguono le regole della soccombenza del giudizio civile di rinvio. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata su questo specifico punto, con una riduzione della condanna finale.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una logica stringente. Il giudice del rinvio civile, investito della questione ai sensi dell’art. 622 c.p.p., deve accertare autonomamente la sussistenza di un fatto illecito che abbia cagionato un danno ingiusto. Tuttavia, tale autonomia non significa ignorare le prove raccolte in sede penale. Anzi, è corretto utilizzare quelle risultanze per accertare la falsità oggettiva della dichiarazione giurata.

Il fulcro del ragionamento risiede nel nesso eziologico: il falso giuramento ha determinato l’esito del primo giudizio civile, causando direttamente la perdita patrimoniale del creditore. Il danno, pertanto, non è un’entità astratta da provare ex novo, ma coincide con il valore del diritto che è stato ingiustamente negato a causa della condotta illecita. La Corte ha ritenuto ‘ineccepibile’ il ragionamento logico secondo cui, se i debitori non avessero giurato il falso (ammettendo quindi di non aver pagato), l’opposizione al decreto ingiuntivo sarebbe stata rigettata e il credito riconosciuto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio di giustizia sostanziale: chi abusa degli strumenti processuali, come il giuramento decisorio, per eludere i propri obblighi, è tenuto a risarcire integralmente il danno cagionato. La decisione chiarisce che il risarcimento non è simbolico, ma deve ristorare pienamente il creditore della perdita subita. La Corte fornisce un criterio chiaro per la liquidazione del danno, ancorandolo al valore del credito originario, e al contempo delimita correttamente il perimetro del risarcibile, escludendo le spese di altri giudizi che seguono regole proprie. Si tratta di un monito severo contro le dichiarazioni mendaci in tribunale e una tutela rafforzata per chi vede i propri diritti negati da comportamenti processualmente sleali.

Chi giura il falso in un processo civile deve risarcire il danno alla controparte?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che chi commette un falso giuramento è tenuto a risarcire il danno causato, che consiste nella perdita economica subita dalla parte che avrebbe vinto la causa in assenza della dichiarazione mendace.

Come si calcola il danno derivante da un falso giuramento?
Il danno è pari all’importo del diritto che è stato negato a causa del giuramento. Se, come nel caso di specie, non era stato contestato l’ammontare del credito ma solo il suo avvenuto pagamento, il danno risarcibile coincide con l’intero importo del credito originario più le spese del relativo giudizio.

Il giudice civile può basare la sua decisione sulle prove raccolte in un processo penale?
Sì. Sebbene il giudice civile debba compiere una valutazione autonoma e indipendente, può legittimamente fondare il proprio convincimento sulle risultanze emerse nel giudizio penale (come l’accertamento della falsità oggettiva dei fatti giurati) per determinare la sussistenza della condotta illecita ai fini risarcitori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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