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Falsa dichiarazione: nullità del contratto di lavoro

Un dirigente pubblico, dopo una sospensione e riammissione con incarico inferiore, ha richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per la differenza retributiva. La Pubblica Amministrazione, in appello, ha sollevato la questione della nullità del contratto per una falsa dichiarazione del dirigente riguardo al possesso della laurea, fatto emerso solo dopo la sentenza di primo grado. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice d’appello ha errato a non esaminare questa eccezione, cassando la sentenza e rinviando il caso per una nuova valutazione sulla validità del contratto.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Falsa Dichiarazione e Nullità del Contratto: la Cassazione fa Chiarezza

Una falsa dichiarazione su un titolo di studio può avere conseguenze devastanti sul rapporto di lavoro, fino a determinarne la nullità. Con l’ordinanza n. 5168/2024, la Corte di Cassazione affronta un caso emblematico, chiarendo un importante principio processuale: la scoperta di un fatto nuovo e decisivo, come una dichiarazione mendace, può essere introdotta anche in appello per far valere la nullità del contratto. Analizziamo insieme la vicenda e la decisione dei giudici.

I Fatti di Causa

Un dirigente di un’amministrazione pubblica, inizialmente sospeso dal servizio a seguito di una misura cautelare in carcere, veniva successivamente riammesso con un incarico diverso e una retribuzione inferiore. Ritenendo leso il proprio diritto al mantenimento del trattamento economico, il dirigente otteneva un decreto ingiuntivo per la differenza di stipendio per il periodo in questione.

L’amministrazione si opponeva, ma la Corte d’Appello dava ragione al lavoratore, sostenendo che la riduzione dello stipendio costituisse un “surrettizio effetto di natura disciplinare”, illegittimo in quella fase. Durante il giudizio d’appello, però, l’amministrazione portava all’attenzione della Corte un fatto nuovo e dirompente: aveva scoperto che il dirigente non aveva mai conseguito la laurea che aveva dichiarato di possedere, titolo indispensabile per ricoprire l’incarico. Questo, secondo l’ente, rendeva il contratto di lavoro nullo sin dall’inizio.

La Falsa Dichiarazione in Appello: La Decisione della Cassazione

La Corte d’Appello non prendeva in considerazione questa nuova circostanza. L’amministrazione, quindi, ricorreva in Cassazione, lamentando l’omessa pronuncia su un punto decisivo. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza e rinviando il caso per un nuovo esame.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno chiarito un principio fondamentale. Sebbene di norma non si possano introdurre nuovi fatti in appello, questa regola subisce un’eccezione quando la conoscenza di tali fatti è successiva alla sentenza di primo grado. Nel caso specifico, la prova della falsa dichiarazione sul titolo di studio era emersa solo dopo la conclusione del primo giudizio. Di conseguenza, l’amministrazione aveva il diritto di sollevare l’eccezione di nullità del contratto in appello.

La Corte ha specificato che la nullità di un contratto è una questione talmente grave da poter essere rilevata anche d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo. A maggior ragione, una parte ha il diritto di farla valere quando viene a conoscenza dei fatti che la determinano. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di ignorare questa eccezione, omettendo di valutare se il contratto fosse effettivamente nullo per la mancanza di un requisito essenziale (il titolo di studio) falsamente dichiarato dal dipendente.

Le Conclusioni

La Cassazione ha annullato la decisione impugnata e ha rimandato il caso alla Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché valuti in via preliminare la questione della validità del contratto di lavoro alla luce della falsa dichiarazione. Se il contratto dovesse essere dichiarato nullo, cadrebbero tutte le pretese economiche del dirigente, salvo gli effetti previsti dall’art. 2126 c.c. per il lavoro già prestato. Questa ordinanza ribadisce con forza che l’onestà e la correttezza nelle dichiarazioni sono un presupposto imprescindibile per la valida costituzione di un rapporto di lavoro, specialmente nel pubblico impiego, e che la scoperta di una menzogna può rimettere in discussione l’intero rapporto, anche a distanza di tempo.

È possibile sollevare la nullità di un contratto per la prima volta in appello?
Sì, la nullità di un contratto è un’eccezione così grave che può essere sollevata in qualsiasi stato e grado del procedimento, anche per la prima volta in appello, e può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice.

Cosa succede se la prova di una falsa dichiarazione emerge solo dopo la sentenza di primo grado?
La Corte di Cassazione ha stabilito che se la conoscenza dei fatti che provano la nullità del contratto (come una falsa dichiarazione) avviene dopo la pronuncia di primo grado, la parte interessata ha il diritto di introdurre tali fatti e le relative prove nel giudizio di appello.

Quali sono le conseguenze se un contratto di lavoro viene dichiarato nullo per una falsa dichiarazione?
La dichiarazione di nullità fa venir meno il fondamento delle pretese economiche del lavoratore. Tuttavia, l’articolo 2126 del codice civile prevede una tutela per il lavoro di fatto prestato, garantendo al lavoratore la retribuzione per il periodo in cui ha effettivamente lavorato, a meno che la nullità non derivi da illiceità della causa o dell’oggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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