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Fallimento senza risoluzione: la Cassazione decide

Una società in concordato preventivo liquidatorio viene dichiarata fallita per l’incapacità di adempiere al piano, a causa di mancate vendite e nuovi debiti. La Corte d’Appello revoca il fallimento, ma la Corte di Cassazione cassa la decisione. Il principio affermato è che il fallimento senza risoluzione formale del concordato è legittimo quando emerge o persiste uno stato di insolvenza che impedisce l’esecuzione del piano, come l’incapacità di pagare i debiti prededucibili sorti durante la procedura.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Fallimento Senza Risoluzione del Concordato: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nel diritto fallimentare: è possibile dichiarare il fallimento senza risoluzione formale di un concordato preventivo già approvato? La risposta, in linea con un orientamento consolidato, è affermativa e si basa sulla nozione unitaria di insolvenza. Questo articolo analizza la decisione, spiegando i fatti, le motivazioni e le importanti implicazioni pratiche per le imprese in crisi e i loro creditori.

I Fatti del Caso: Dalla Proposta di Concordato alla Dichiarazione di Fallimento

Una società a responsabilità limitata, dopo aver ottenuto l’omologazione di un concordato preventivo liquidatorio nel 2016, si è trovata in difficoltà nell’eseguire il piano. Anni dopo, la procedura era ancora in corso e la situazione finanziaria era peggiorata.

Il tribunale, su richiesta del pubblico ministero, ha dichiarato il fallimento della società. La decisione era motivata da diversi fattori critici:

1. Mancata vendita di asset: Molti beni previsti nel piano non erano stati venduti.
2. Svalutazione: I pochi beni venduti erano stati ceduti a prezzi drasticamente inferiori alle stime (ribassi dell’80%).
3. Nuovi debiti prededucibili: Erano sorti nuovi debiti con priorità di pagamento (canoni di leasing, imposte come IMU, TARI, TASI) che la società non era in grado di onorare.

La società ha impugnato la sentenza di fallimento davanti alla Corte d’Appello, che ha accolto il reclamo, revocando il fallimento. A questo punto, la curatela del fallimento ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul Fallimento Senza Risoluzione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della curatela, cassando la sentenza della Corte d’Appello e riaffermando un principio fondamentale. Il punto centrale del contendere era se fosse necessario, prima di dichiarare il fallimento, procedere alla risoluzione del concordato secondo l’art. 186 della legge fallimentare.

Il Principio delle Sezioni Unite

La Suprema Corte ha richiamato l’orientamento delle sue Sezioni Unite (sentenza n. 4696/2022), secondo cui un debitore ammesso a un concordato preventivo omologato può essere dichiarato fallito se si dimostra insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, anche prima e indipendentemente dalla risoluzione del concordato stesso.

Insolvenza Unitaria e Ruolo della Risoluzione

La Corte ha chiarito che l’insolvenza è un concetto unitario. Non ha senso distinguere tra un’insolvenza ‘vecchia’ (quella che ha portato al concordato) e una ‘nuova’ (quella che emerge dopo). L’incapacità di adempiere agli obblighi del piano concordatario, inclusi i nuovi debiti prededucibili, è di per sé la manifestazione di uno stato di insolvenza che legittima la dichiarazione di fallimento.

La risoluzione del concordato non è una condizione per la fallibilità, ma un rimedio ‘contrattuale’ che serve a liberare i creditori dai vincoli del piano, permettendo loro di agire per l’intero credito originario. Il fallimento, invece, è la presa d’atto giudiziale che l’impresa non è più in grado di stare sul mercato.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse commesso un errore di diritto. Pur riconoscendo in astratto la possibilità di un fallimento senza risoluzione, aveva poi erroneamente valutato la situazione concreta, minimizzandola a un semplice ‘inadempimento’ delle obbligazioni concordatarie. In realtà, l’incapacità di pagare i crediti prededucibili sorti durante la procedura non era un mero inadempimento, ma la prova conclamata del permanere dello stato di insolvenza. Questi creditori, peraltro, non sono nemmeno legittimati a chiedere la risoluzione del concordato, ma possono senz’altro chiedere il fallimento dell’impresa insolvente.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio di grande importanza pratica: l’omologazione di un concordato non crea uno ‘scudo’ permanente contro il fallimento. Se l’impresa si dimostra incapace di attuare il piano e di far fronte ai propri debiti, compresi quelli nuovi, può essere dichiarata fallita direttamente, senza attendere i tempi e le procedure della risoluzione. Questa decisione rafforza la tutela dei creditori, in particolare di quelli prededucibili, e sottolinea come il concordato non sia una garanzia di sopravvivenza, ma un percorso di risanamento che deve essere effettivamente e concretamente percorribile.

È possibile dichiarare il fallimento di un’impresa che ha già un concordato preventivo omologato, senza prima ‘risolvere’ formalmente il concordato?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha stabilito che un’impresa può essere dichiarata fallita se dimostra uno stato di insolvenza, anche se il concordato non è stato formalmente risolto. La risoluzione non è una pre-condizione per la dichiarazione di fallimento.

Quale tipo di insolvenza giustifica la dichiarazione di fallimento durante un concordato?
L’insolvenza è un concetto unitario. Può manifestarsi sia attraverso l’inadempimento delle obbligazioni previste dal piano concordatario, sia attraverso l’incapacità di pagare nuovi debiti (come i crediti prededucibili) sorti durante l’esecuzione del concordato. Non è necessario dimostrare un’insolvenza ‘nuova’ e distinta da quella originaria.

I creditori con debiti sorti dopo l’omologa del concordato (prededucibili) possono chiedere il fallimento?
Sì. Secondo la Corte, i titolari di crediti prededucibili posteriori all’omologazione non sono vincolati alle regole del concorso e non sono legittimati a chiedere la risoluzione del concordato. Tuttavia, di fronte all’insolvenza del debitore, possono agire per la dichiarazione di fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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