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Fallimento omisso medio: quando è possibile?

Una società, dopo l’approvazione di un concordato preventivo, è stata dichiarata fallita per l’incapacità di far fronte a nuovi debiti e per un conclamato stato di insolvenza. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, respingendo il ricorso dell’impresa e chiarendo le condizioni per il cosiddetto ‘fallimento omisso medio’. La Corte ha stabilito che, di fronte a un’insolvenza manifesta successiva all’omologa, è possibile procedere alla dichiarazione di fallimento senza dover prima risolvere formalmente l’accordo di concordato, specialmente quando l’inadempimento rende oggettivamente impossibile l’attuazione del piano.

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Fallimento omisso medio: La Cassazione chiarisce quando è possibile

L’omologazione di un concordato preventivo rappresenta un’ancora di salvezza per molte imprese in crisi, ma non costituisce uno scudo invalicabile contro una successiva dichiarazione di fallimento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del fallimento omisso medio, ovvero la possibilità di dichiarare fallita un’impresa inadempiente agli obblighi concordatari senza la necessità di risolvere preventivamente l’accordo. Analizziamo insieme i contorni di questa importante pronuncia.

Il caso: dal concordato alla dichiarazione di fallimento

La vicenda riguarda una società che, dopo aver ottenuto l’omologazione di un piano di concordato preventivo, si è trovata ad affrontare un’istanza di fallimento da parte di alcuni creditori. Inizialmente, il Tribunale aveva ritenuto la richiesta improcedibile, in quanto non era stata preventivamente richiesta la risoluzione del concordato, come previsto dall’art. 186 della Legge Fallimentare.

Tuttavia, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno accolto il reclamo dei creditori, osservando che i loro crediti erano sorti dopo l’omologazione del concordato e non erano inclusi nel piano originario. Questo, unito a una situazione di insolvenza ormai conclamata, rendeva la richiesta di fallimento ammissibile.

La situazione di insolvenza era supportata da dati oggettivi e non contestati: il realizzo dell’attivo concordatario era stato di circa 1,2 milioni di euro, a fronte di una previsione di oltre 5,5 milioni. A ciò si aggiungevano l’andamento negativo della gestione, il diniego di accesso al credito da parte delle banche e la chiusura di tutte le sedi operative. Sulla base di questi elementi, il Tribunale, in seguito alla riassunzione del procedimento, ha dichiarato il fallimento della società.

Il ricorso in Cassazione e il principio del fallimento omisso medio

La società ha impugnato la sentenza di fallimento dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta errata valutazione dei fatti e una motivazione illogica. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello si era limitata a richiamare la precedente decisione senza considerare nuove circostanze, come la sospensione dell’esecutività di una sentenza di primo grado e l’accantonamento di una somma di denaro.

La Cassazione ha rigettato completamente queste argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La Corte ha ribadito un principio fondamentale, già sancito dalle Sezioni Unite (sent. n. 4696/22): l’omologazione del concordato rimuove lo stato di insolvenza originario, ma quest’ultimo “risorge” qualora l’impresa si dimostri inadempiente al patto concordatario. L’insolvenza, in questo caso, non è un concetto astratto ma un fenomeno economico concreto che emerge dalla mancata esecuzione del piano.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione sottolineando diversi punti chiave. In primo luogo, ha chiarito che l’ambito di cognizione del tribunale, dopo il rinvio dalla Corte d’Appello, era limitato esclusivamente ai fatti nuovi, successivi alla decisione d’appello. Le circostanze addotte dalla società ricorrente non erano state ritenute tali, in quanto basate su documenti già presenti agli atti.

In secondo luogo, e in modo decisivo, i giudici hanno affermato che lo stato di insolvenza era stato ampiamente e correttamente accertato già nel primo giudizio di reclamo. Gli elementi oggettivi (discrepanza tra attivo previsto e realizzato, gestione negativa, chiusura delle sedi) erano sufficienti a dimostrare l’incapacità dell’impresa di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Il fallimento, in un contesto simile, non è altro che la presa d’atto di una crisi irreversibile che rende il piano di concordato, di fatto, inattuabile.

Infine, la Corte ha specificato che l’inadempimento del patto concordatario fa riemergere l’insolvenza originaria, seppur “ragguagliata alla misura della falcidia”. Pertanto, quando emerge l’oggettiva impossibilità di attuare le condizioni minime del piano, è possibile dichiarare il fallimento anche prima della scadenza dei termini previsti per l’adempimento, configurando così un’ipotesi di fallimento omisso medio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale a tutela dei creditori. L’omologazione di un concordato non è una garanzia assoluta di immunità dal fallimento. Se l’impresa debitrice, successivamente all’omologa, si dimostra incapace di rispettare gli impegni presi e manifesta un nuovo o perdurante stato di insolvenza, la via per la dichiarazione di fallimento è percorribile direttamente. Questa pronuncia ribadisce che la procedura concordataria è uno strumento di risoluzione della crisi, ma il suo fallimento sostanziale, dovuto all’impossibilità di raggiungere gli obiettivi del piano, riporta inevitabilmente lo scenario alla sua naturale conclusione: la liquidazione giudiziale a tutela del ceto creditorio.

È possibile dichiarare il fallimento di un’impresa che ha già ottenuto l’omologazione di un concordato preventivo?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha confermato che se, dopo l’omologazione, l’impresa si dimostra insolvente nel pagamento dei debiti (inclusi quelli sorti successivamente al piano) e l’inadempimento rende il piano inattuabile, si può procedere alla dichiarazione di fallimento.

Per dichiarare il fallimento dopo un concordato omologato è sempre necessario prima risolvere formalmente l’accordo di concordato?
No, non è sempre necessario. La pronuncia chiarisce il concetto di ‘fallimento omisso medio’, secondo cui si può dichiarare il fallimento senza la preventiva risoluzione del concordato (ex art. 186 l.fall.) quando emerge l’oggettiva impossibilità sopravvenuta di attuare il piano e lo stato di insolvenza è conclamato.

Quali elementi dimostrano lo stato di insolvenza che giustifica il fallimento dopo un concordato?
Nel caso esaminato, lo stato di insolvenza è stato ritenuto conclamato sulla base di dati oggettivi, quali: un realizzo dell’attivo molto inferiore alle previsioni del piano, l’andamento negativo della gestione aziendale, il diniego di accesso al credito da parte del sistema bancario, la risoluzione dei rapporti di lavoro e la chiusura di tutte le sedi della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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