Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32372 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32372 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20900/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (PGLLCU71P06A783N), giusta procura allegata al ricorso
-ricorrenti-
contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3634/2022 depositata il 04/08/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE e il socio accomandatario NOME COGNOME hanno proposto ricorso, affidato a un unico motivo, per la cassazione della sentenza del 4/8/2022 con cui la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il loro reclamo ex art. 18 l.fall. avverso la sentenza dichiarativa dei rispettivi fallimenti, emessa dal Tribunale di Benevento su istanza del creditore NOME COGNOME.
1.1. -Le parti intimate non hanno svolto difese.
1.2. -In data 12/02/2024 è stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
1.3. -Con istanza del 13/03/2024, nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione di detta proposta, il difensore dei ricorrenti, munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 2, c.p.c.
-Il ricorso è stato quindi deciso nel l’adunanza camerale del 02/10/2024, in vista della quale i ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-L ‘unico motivo , che denunzia in rubrica la sola violazione dell’art. 2, commi 8 e 8 -bis , del d.P.R. n. 322 del 1998, lamenta il rigetto da parte della corte del merito dell’eccezione concernente l’insussistenza dei requisiti oggettivi di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, l. fall..
3.1. -Nel motivo si espone in fatto che nella dichiarazione dei redditi afferenti l’anno 2018 , presentata il 31/10/2019, RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato ricavi per complessivi € 274.000,00 -scaturenti prevalentemente da fatture emesse nei confronti della Prefettura-UTG di Benevento per il servizio di accoglienza e di assistenza ai cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, prestato in virtù di una convenzione stipulata negli anni precedenti -ma che, a causa di contestazioni insorte con la stessa Prefettura, parte delle fatture emesse erano rimaste impagate. Per questo, in data 11/04/2022 « (nei termini di cui all’art. 43 , d.P.R. 600/73 che spiravano al 31/12/2024, oltre al periodo di sospensione Covid)» -secondo quanto consentito dall’art. 2, commi 8 e 8 bis cit., e prima
della seconda udienza prefallimentare innanzi al Tribunale di Benevento -la società aveva presentato la dichiarazione integrativa dei redditi relativi al periodo di imposta 2018, riducendo i ricavi effettivi di competenza di quell’esercizio ad € 176.017,00, «inferiore alla soglia di fallibilità di cui all’art. 1 L.F. ».
3.2. -Si deduce poi in diritto, in modo alquanto contorto, che RAGIONE_SOCIALE non poteva essere onerata di provare un fatto negativo (il mancato pagamento del credito verso la Prefettura) « semplicemente espunto» dal bilancio: la motivazione della corte d’appello , che ha ritenuto inattendibile la dichiarazione integrativa, sarebbe dunque «sostanzialmente apparente e comunque illogica, per il travisamento o la falsa qualificazione di circostanze di fatto imputabili ad organi terzi, ovvero l’Ente Prefettura UTG, e facilmente riscontrabili con i poteri di iniziativa ufficiosa previsti e disciplinati dalla l. fall., non attivati.
Altrettanto apodittica sarebbe la motivazione dell’accertamento contenuto in sentenza in ordine all’esistenza di un debito di RAGIONE_SOCIALE verso la Prefettura di € 597.295,53 , non riportato nei bilanci e oggetto di intimazione di pagamento emessa dall’Ufficio predetto, in quanto si tratta di circostanza ancora sub judice , stante la pendenza dinanzi al Tribunale di Napoli del giudizio di opposizione promosso dalla società.
-Il collegio condivide la proposta di definizione del ricorso in termini di inammissibilità, nonostante le precisazioni contenute nella memoria dei ricorrenti, che non sono tali da portare ad un ripensamento dell ‘esito ivi prospettato .
4.1. -Appare del tutto priva di fondamento la censura di apparenza, apoditticità o illogicità della motivazione, la quale consta di un iter logico chiaro e perfettamente intellegibile, senza essere affetta dai gravi vizi idonei a rendere nullo il provvedimento, come individuati da Cass. Sez. U, 8053/2014 e risulta, dunque, certamente al di sopra del cd. ‘minimo costituzionale’ sindacabile in questa sede (Cass. 9017/2018, 26199/2021, 33961/2022, 4784/2023), ove non viene più in rilievo, in relazione al vizio ex art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., l’insufficienza delle argomentazioni offerte (Cass. 27501/2022, 395/2021, 26893/2020, 22598/2018, 23940/2017), né tantomeno
la loro illogicità o erroneità, poiché il rispetto del parametro di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. non richiede che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti, essendo necessario e sufficiente che il giudice abbia chiaramente indicato -come nel caso di specie -le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili siano state rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022, 3126/2021).
4.2. -Orbene, i giudici del reclamo hanno ritenuto maggiormente attendibili i dati del bilancio RAGIONE_SOCIALE del 2018, depositato dalla società in epoca non sospetta, rispetto alle correzioni apportatevi nel corso del procedimento prefallimentare, dopo un lasso di tempo considerevole, reputando, in particolare, ‘scarsamente convincente’ il fatto che non fossero state indicate le fatture contestate e l’epoca della loro contestazione, ed altresì poco credibile che il creditore esponga autonomamente in rettifica un credito inferiore.
La corte territoriale, ad ulteriore conferma del superamento delle soglie di fallibilità di cui all’art. 1, comma 2, lett. b) e c), l.fall., ha anche valorizzato il fatto che, dalle risultanze della procedura ex artt. 543 e segg. c.p.c. promossa contro RAGIONE_SOCIALE dal creditore istante, era emers a anche l’esistenza di un debito dell’esecutata verso la Prefettura -UTG di Benevento, terza pignorata, di ben € 587 .295,53, non riportato nei bilanci prodotti dai reclamanti.
4.3. -Risponde ad un costante insegnamento nomofilattico che tanto i bilanci quanto le ulteriori produzioni e acquisizioni istruttorie finalizzate all’accertamento del presupposto soggettivo della fallibilità sono soggetti al prudente apprezzamento che l’art. 116 c.p.c. riserva al giudice del merito (Cass. 205/2020, 30516/2018), il quale ben può ritenere non assolto l’onere probatorio in questione a causa della inattendibilità della documentazione prodotta (Cass. 19351/2023, 10220/2022).
4.4. -E’ quindi fuori discussione che la valutazione del materiale probatorio sia attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, il quale non è tenuto ad esprimersi analiticamente su ciascun elemento probatorio, né a confutare ogni singola deduzione delle parti (Cass. 25188/2017, 28916/2020), essendo sufficiente che
indichi le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili siano state implicitamente rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022).
4.5. -Sotto questo profilo il motivo, al di là del vizio formalmente denunziato, sottende l’intento dei ricorrenti di ottenere una diversa valutazione degli elementi probatori scrutinati dai giudici del reclamo, trasformando surrettiziamente il giudizio di legittimità in ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019).
Va aggiunto che l’accertata sussistenza di un debito (sebbene contestato) superiore ai 500.000 euro, di per sé sufficiente al rigetto del reclamo, rendeva del tutto superflua l’attivazione dei poteri d’indagine d’ufficio del giudice che, peraltro, non ri sulta essere stata sollecitata dai ricorrenti.
-Occorre infine dar conto , in relazione al disposto dell’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. che, trattandosi di giudizio pendente al 28 febbraio 2023 (Cass. Sez. U, 10955/2024) e deciso in piena conformità alla proposta ex art. 380bis c.p.c., l’assenza di difese degli intimati, escludendo la pronuncia sulle spese, preclude l’ulteriore pronuncia di condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte, ai sensi dell’art. 96 , comma 3, c.p.c., ma non anche al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 , ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., liquidata in dispositivo.
5.1. -Si è infatti evidenziato che l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -il quale, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta di decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per l e condanne di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 96 c.p.c. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U, 27433/2023, 28540/2023; conf. Cass. 11346/2024).
5.2. -Di conseguenza, la condanna del ricorrente al pagamento della somma ex art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della cassa delle ammende -ove abbia formulato istanza di decisione (ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.) e la Corte abbia definito il giudizio in conformità alla proposta – deve essere pronunciata anche quando nessuno degli intimati svolga attività difensiva, avendo una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass. Sez. U, 27195/2023).
-Sussistono infine i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione proposta, se dovuto, a norma del comma 1bis dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 115/02.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento della somma di € 2. 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c .p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 02/10/2024.