Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1377 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1377 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17735/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede legale in Pontecagnano-Faiano, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in San Cipriano Picentino (SA), INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
PROCURA GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE D’APPELLO di SALERNO, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 714/2021 depositata il 14/5/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Il Tribunale di Salerno dichiarava l’improcedibilità della domanda di concordato presentata da RAGIONE_SOCIALE a seguito della rinuncia alla stessa, e, su richiesta del P.M. presentata all’udienza fissata ex art. 162 l. fall., dichiarava il fallimento della società.
La Corte d’appello di Salerno, a seguito del reclamo pr oposto da RAGIONE_SOCIALE, riteneva -fra l’altro e per quanto qui di interesse – che il P.M. fosse legittimato a richiedere il fallimento a prescindere dall’avvenuta dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato per rinuncia della debitrice istante; l’art. 162, comma 2, l. fall., infatti, intende individuare, in senso sostanziale e non formale, nell’intervenuta pronuncia in rito rispetto alla procedura concordataria, sia essa indifferentemente di inammissibilità o di improcedibilità, il presupposto utile e idoneo a rimuovere l’ostacolo, costituito dalla pendenza di tale procedimento, per prendere in esame le istanze di fallimento in precedenza presentate, mentre l’avvenuta declaratoria di inammissibilità o improcedibilità non costituisce una condizione imprescindibile per la presentazione della richiesta da parte del magistrato requirente.
Constatava, inoltre, che la reclamante non aveva allegato e provato di essere in grado di adempiere al proprio rilevante debito tributario, per il quale vi era stata anche transazione fiscale (le cui rate potevano essere corrisposte anche nel corso della procedura concordataria, attestando che tale debito non avrebbe ricevuto un trattamento migliore in caso di fallimento), a cui si dovevano aggiungere notevoli debiti verso i dipendenti.
Riteneva, di conseguenza, che la sentenza di fallimento fosse stata pronunziata sul condivisibile presupposto di un indiscutibile stato
d’insolvenza, tenuto conto, da un lato, dell’esposizione debitoria risultante dalla documentazione prodotta dal P.M. e dal contenuto della domanda di concordato, dall’altro della sproporzione esistente fra l’imponente passivo accertato nella relazione dei consulenti della società e l’attivo ivi riportato, che era sintomatica dello stato d’insolvenza già acclarato dal primo giudice e dell’impossibilità della società di adempiere alle proprie obbligazioni.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 14 maggio 2021, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Gli intimati Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’ appello di Salerno, RAGIONE_SOCIALE, NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione ed errata applicazione degli artt. 7 e 162, comma 2, l. fall. nonché il vizio di motivazione della decisione impugnata e l’illogicità della valutazione compiuta: la corte territoriale non ha considerato che la rinuncia al concordato di RAGIONE_SOCIALE era intervenuta prima dell’apertura del subprocedimento ex art. 162, comma 2, l. fall., in un quadro non patologico, quando la procedura era ancora nella disponibilità del debitore; tale rinuncia aveva comportato l’improcedibilità della domanda di preconcordato e non la sua inammissibilità ex art. 162, comma 2, l. fall., di modo che si doveva escludere la sussistenza della legittimazione del P.M. alla richiesta di fallimento.
Il motivo è inammissibile, ex art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ.. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la pendenza di una procedura di concordato preventivo risulta di temporaneo ostacolo
alla pronuncia di fallimento ad opera del tribunale (Cass., Sez. U., 9935/2015) e solo una volta venuta meno la procedura concorsuale minore, per qualsiasi ragione, viene meno il motivo ostativo alla declaratoria di insolvenza.
In questa prospettiva interpretativa, la dichiarazione d’improcedibilità del concordato per rinunzia alla domanda si colloca, attesa l’assimilabilità degli effetti processuali, consistenti nella chiusura del procedimento concordatario in difetto dell’omologazione, sul medesimo piano della dichiarazione di inammissibilità di cui all’art. 162, comma 2, l. fall., con conseguente potere del P.M. di richiedere il fallimento prima che l’improcedibilità sia dichiarata.
Si deve pertanto ritenere che la norma in discorso intenda individuare, in senso sostanziale e non formale, nell’intervenuta pronuncia in rito rispetto alla procedura concordataria – sia essa, indifferentemente, di inammissibilità o di improcedibilità -il presupposto utile e idoneo a rimuovere l’ostacolo, costituito dalla pendenza di tale procedimento, per prendere in esame le istanze di fallimento in precedenza presentate.
Di conseguenza, se vale il principio secondo cui il disposto dell’art. 162, comma 2, l. fall. deve essere inteso nel senso che nell’ambito della procedura concordataria il P.M., ove a seguito della sua partecipazione necessaria rilevi la sussistenza di uno stato d’insolvenza del debitore istante, può legittimamente richiedere al tribunale il fallimento del proponente senza che rilevino le scansioni e le vicende del procedimento concordatario, come la rinuncia alla proposta concordataria (Cass. 27200/2019, Cass. 14156/2017), allora non può ritenersi errato il rilievo della corte di merito, secondo cui il P.M., parte necessaria del procedimento concordatario, è legittimato a chiedere il fallimento della debitrice in ogni momento della procedura concordataria, prima o dopo che sia intervenuto un provvedimento di chiusura anomala della procedura, giacché la
disponibilità delle sorti della procedura in capo al debitore che vi ha dato inizio non dà al medesimo il potere di eliminare il potere di iniziativa del P.M. fondato sull’esistenza, ravvisata nel corso del giudizio, di una situazione di insolvenza, a prescindere dal momento in cui la rinunzia sia intervenuta.
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione ed errata applicazione degli artt. 5 e 168 l. fall., 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. e, in ogni caso, l’esistenza di un vizio di motivazione e di illogicità della valutazione: la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse ottenuto la rateazione del proprio debito erariale in forza della transazione fiscale proposta nell’ambito della procedura di concordato, che era ancora in fase di definizione, quando invece la società aveva rappresentato di aver stabilito, prima dell’avvio della procedura concorsuale, un piano rateale di pagamento, regolarmente adempiuto sino alla presentazione dell’istanza di preconcordato, a seguito della quale, in ossequio al dettato dell’art. 168 l. f all., aveva dovuto sospendere i pagamenti, trattandosi di un credito anteriore.
La società, quindi, non registrava alcuna insolvenza al momento della presentazione dell’istanza di preconcordato, attesa la regolarità sino a quel momento del pagamento del debito erariale rateizzato e l’insussistenza di altri debiti, ma, al più, uno stat o di crisi reversibile. La c orte d’appello, inoltre, avrebbe erroneamente inteso il contenuto della relazione sullo stato di predisposizione della proposta definitiva e del piano, nella quale non venivano indicati debiti nei confronti dei dipendenti (tanto che gli unici crediti di lavoro per i quali il curatore aveva proposto l’ammissione al passivo erano costituiti dalle spettanze di fine rapporto conseguenti alla declaratoria di fallimento), ed avrebbe posto a carico del debitore l’onere di dimostrare gli elementi integranti il fatto costitutivo della richiesta di fallimento, arrivando a ritenere RAGIONE_SOCIALE una società
insolvente per il semplice fatto di avere dato avvio la procedura concordataria.
Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.
7.1 La corte del merito ha ritenuto che la società reclamante fosse gravata di un rilevante debito tributario, iscritto a ruolo dall’Agenzia delle Entrate per €. 13.181.403,42, a cui si aggiungevano, come emergeva dalla proposta definitiva, notevoli debiti verso i dipendenti; a fronte di una simile esposizione debitoria, RAGIONE_SOCIALE poteva vantare, secondo i giudici distrettuali, un attivo costituito da crediti nominali per €. 5.000.000 (quantificati in relazione alla loro ‘ astratta esigibilità ‘), immobilizzazioni per €. 2.500.000 e liquidità di conto corrente per €. 968.274,80.
La sproporzione fra attivo e passivo nei termini così accertati è stata ritenuta sintomatica dello stato d’insolvenza già acclarato dal tribunale e dell’impossibilità per la reclamante di adempiere alle proprie obbligazioni.
La doglianza in esame censura, in primo luogo, circostanze di nessun rilievo ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, non assumendo valore decisivo il fatto che la rateizzazione del debito verso l’erario fosse o meno conseguente alla transazion e fiscale e, più in generale, che la società fosse insolvente al momento della presentazione della domanda anticipata di concordato, poiché l’accertamento dello stato di insolvenza deve essere compiuto con riferimento alla situazione esistente alla data della sentenza dichiarativa di fallimento (Cass. 19790/2015).
D’altra parte, RAGIONE_SOCIALE, se proprio riteneva di non poter provvedere spontaneamente al pagamento in pendenza della domanda di concordato, avrebbe potuto richiedere l’autorizzazione al giudice delegato ex art. 182quinquies l. fall., fermo restando, comunque, che dopo la rinuncia alla domanda la sospensione dei pagamenti non era più giustificabile.
7.2 Il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza (il cui significato oggettivo deriva da una valutazione circa le condizioni economiche necessarie, secondo un criterio di normalità, all’esercizio di attività economiche, si identifica con uno stato di impotenza funzionale non transitoria a soddisfare le obbligazioni inerenti all’impresa e si esprime, secondo una tipicità desumibile dai dati dell’esperienza economica, nell’incapacità di produrre beni con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze di impresa, prima fra tutte l’estinzione dei debiti, nonché nell’impossibilità di ricorrere al credito a condizioni normali, senza rovinose decurtazioni del patrimonio) costituisce un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta (Cass. 7252/2014), come nel caso di specie.
7.3 Occorre, infine, ricordare che non è possibile proporre una censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. denunciando un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, in quanto una simile doglianza è esperibile solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (si veda in questo senso, per tutte, Cass. 26367/2022). 8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che
liquida in € 7.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 12 dicembre 2023.