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Fallimento dopo rinuncia al concordato: il ruolo del P.M.

Un’azienda rinuncia alla domanda di concordato preventivo e il tribunale dichiara la procedura improcedibile. Nonostante ciò, su istanza del Pubblico Ministero, viene dichiarato il fallimento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1377/2024, ha confermato questa decisione, stabilendo che il P.M. ha piena legittimazione a chiedere il fallimento dopo rinuncia dell’impresa, qualora emerga uno stato di insolvenza. La rinuncia, infatti, non elimina il potere di iniziativa del P.M. ma si limita a rimuovere l’ostacolo procedurale che impediva l’esame delle istanze di fallimento.

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Fallimento Dopo Rinuncia al Concordato: La Cassazione sul Potere del Pubblico Ministero

La rinuncia alla domanda di concordato preventivo non mette al riparo l’azienda dal rischio di fallimento. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema del fallimento dopo rinuncia al concordato, chiarendo la portata del potere di iniziativa del Pubblico Ministero (P.M.). La decisione sottolinea che, se emerge uno stato di insolvenza, il P.M. può legittimamente chiedere il fallimento, anche se è stato il debitore stesso a ritirare la propria domanda di concordato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Una società per azioni, trovandosi in difficoltà finanziarie, presentava una domanda di concordato preventivo. In una fase successiva, tuttavia, la stessa società decideva di rinunciare alla procedura. A seguito di tale rinuncia, il Tribunale dichiarava la domanda improcedibile.

Contestualmente, il Pubblico Ministero, ravvisando uno stato di insolvenza conclamato, presentava un’istanza per la dichiarazione di fallimento della società. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello accoglievano la richiesta del P.M., dichiarando il fallimento. La società proponeva quindi ricorso in Cassazione, sostenendo che la rinuncia al concordato avrebbe dovuto precludere al P.M. la possibilità di chiedere il fallimento, in quanto l’iniziativa era tornata nella piena disponibilità del debitore.

La Decisione della Corte: il Ruolo del P.M. nel Fallimento dopo Rinuncia

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della società inammissibile, confermando la correttezza delle decisioni dei giudici di merito. Il principio cardine affermato dai giudici è che la pendenza di una procedura di concordato preventivo costituisce solo un ostacolo temporaneo alla dichiarazione di fallimento.

Equivalenza tra Improcedibilità e Inammissibilità

Secondo la Suprema Corte, la dichiarazione di improcedibilità del concordato, conseguente alla rinuncia del debitore, ha effetti processuali assimilabili a quelli di una dichiarazione di inammissibilità (prevista dall’art. 162, comma 2, della Legge Fallimentare). In entrambi i casi, la procedura concorsuale minore viene chiusa. Questo evento fa venir meno l’ostacolo che impediva di esaminare le istanze di fallimento. Di conseguenza, il potere del P.M., parte necessaria della procedura, di richiedere il fallimento se ravvisa l’insolvenza, riemerge pienamente.

La Valutazione dello Stato di Insolvenza

La Corte ha inoltre confermato la corretta valutazione dello stato di insolvenza compiuta dai giudici di merito. Tale condizione non era un mero stato di crisi reversibile, ma una situazione di impotenza finanziaria strutturale e non transitoria. Questo stato è stato desunto dalla grave sproporzione tra l’attivo e il passivo della società.

In particolare, la società era gravata da un debito tributario di oltre 13 milioni di euro, a cui si aggiungevano debiti significativi verso i dipendenti. A fronte di questa enorme esposizione debitoria, l’attivo vantava crediti nominali per 5 milioni, immobilizzazioni per 2,5 milioni e liquidità per meno di 1 milione. Tale squilibrio è stato ritenuto sintomatico dell’incapacità dell’impresa di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Cassazione ha chiarito che il potere di iniziativa del P.M. per la dichiarazione di fallimento si fonda su un presupposto sostanziale: l’esistenza dello stato di insolvenza. Questo potere non è subordinato alle vicende processuali del concordato, come la rinuncia. Il P.M., una volta entrato nel procedimento come parte necessaria, può agire in ogni momento in cui rilevi tale stato. La rinuncia del debitore alla domanda di concordato non ha il potere di “sterilizzare” l’iniziativa del P.M., ma semplicemente chiude una parentesi procedurale, consentendo al tribunale di procedere con la valutazione delle istanze di fallimento.

In sostanza, la disponibilità della procedura da parte del debitore non si estende fino al punto di poter eliminare il potere di un organo pubblico (il P.M.) che agisce a tutela dell’interesse generale alla stabilità dei mercati e alla corretta gestione delle crisi d’impresa.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento: la scelta di rinunciare a una domanda di concordato preventivo non è una via di fuga sicura dal fallimento. Le aziende in crisi devono essere consapevoli che, una volta avviata una procedura concorsuale, il loro stato finanziario viene sottoposto al vaglio del tribunale e del Pubblico Ministero. Se da tale esame emerge un’insolvenza conclamata, la rinuncia alla domanda non impedirà al P.M. di esercitare il proprio potere e chiedere la dichiarazione di fallimento, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Un’azienda che rinuncia alla domanda di concordato preventivo può evitare la richiesta di fallimento da parte del Pubblico Ministero?
No. Secondo la Corte, la rinuncia e la conseguente dichiarazione di improcedibilità rimuovono l’ostacolo processuale che impediva di esaminare le istanze di fallimento, ma non eliminano il potere di iniziativa del P.M. se quest’ultimo ravvisa uno stato di insolvenza.

Qual è il presupposto che legittima il Pubblico Ministero a chiedere il fallimento durante una procedura concorsuale?
Il presupposto fondamentale è la rilevazione di uno stato di insolvenza dell’impresa. Questo potere è autonomo e non è condizionato dalle vicende procedurali del concordato, inclusa la rinuncia da parte del debitore.

Come viene accertato lo stato di insolvenza che giustifica la dichiarazione di fallimento?
Lo stato di insolvenza viene accertato sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e finanziaria dell’impresa alla data della sentenza. Nel caso specifico, è stato ritenuto provato da una grave sproporzione tra un ingente passivo (debiti tributari e verso dipendenti) e un attivo chiaramente insufficiente a coprirlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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