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Fallimento dopo fusione: società incorporata fallibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14414/2024, ha stabilito che una società, anche se estinta a seguito di una fusione per incorporazione, può essere dichiarata fallita entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese. Il caso riguardava una società editrice che, dopo essere stata incorporata in un’altra entità, era stata dichiarata fallita. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la fusione ha un effetto estintivo e non meramente modificativo, rendendo applicabile la norma che tutela i creditori consentendo il fallimento dopo fusione dell’impresa cessata ma insolvente.

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Fallimento dopo fusione: Sì, la società incorporata può fallire

Una società che cessa di esistere perché assorbita da un’altra può ancora essere dichiarata fallita? A questa complessa domanda, la Corte di Cassazione ha dato una risposta netta con l’ordinanza n. 14414 del 23 maggio 2024. La Suprema Corte ha chiarito che il fallimento dopo fusione è una possibilità concreta, confermando che la società incorporata, se insolvente, rimane soggetta alla procedura fallimentare entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese. Questa decisione riafferma un principio cruciale per la tutela dei creditori nelle operazioni di ristrutturazione aziendale.

I Fatti del Caso: Una Fusione per “Mettere in Sicurezza” la Società

La vicenda trae origine dalle difficoltà finanziarie di una nota società editrice. Per far fronte alla crisi, i vertici aziendali avevano optato per un’operazione di fusione per incorporazione: la società editrice in crisi (la società incorporata) veniva assorbita da un’altra società (l’incorporante), trasferendo a quest’ultima tutto il suo patrimonio. Successivamente, però, il Tribunale dichiarava il fallimento proprio della società incorporata, ormai formalmente estinta e cancellata dal registro delle imprese. Contro tale decisione, il legale rappresentante della nuova società nata dalla fusione proponeva reclamo, sostenendo che un’entità giuridicamente non più esistente non potesse fallire.

La Controversia Giuridica: Fusione come Estinzione o Modificazione?

Il cuore del dibattito legale verteva sulla natura della fusione. Il ricorrente sosteneva che la fusione fosse un evento meramente modificativo ed evolutivo dell’impresa, che continuava a operare, seppure con una diversa veste giuridica. Di conseguenza, non si poteva parlare di “cessazione dell’attività” e la società estinta non poteva essere soggetta a fallimento. Secondo questa tesi, si sarebbe dovuta valutare la solvibilità del nuovo soggetto giuridico, che aveva acquisito anche il patrimonio attivo dell’incorporata.

Al contrario, la Corte d’Appello prima, e la Cassazione poi, hanno sposato la tesi dell’effetto estintivo della fusione. La società incorporata, con la cancellazione dal registro delle imprese, cessa di esistere come centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici.

Il Fallimento dopo fusione secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, basando la sua decisione su principi consolidati, in particolare quelli espressi dalle Sezioni Unite nel 2021. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene la fusione comporti la successione universale dell’incorporante in tutti i rapporti dell’incorporata, quest’ultima si estingue. Questa estinzione è l’elemento che attiva l’applicazione dell’art. 10 della Legge Fallimentare, una norma speciale concepita per proteggere i creditori.

La norma consente di dichiarare il fallimento di un’impresa entro un anno dalla sua cancellazione dal registro, a condizione che l’insolvenza fosse già presente prima della cessazione. La Corte ha spiegato che questa regola opera come una fictio iuris, una finzione giuridica che considera la società ancora ‘esistente’ al solo scopo di permettere ai creditori di avviare la procedura concorsuale e recuperare i propri crediti.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono radicate nell’esigenza di non lasciare i creditori senza tutela. Se una fusione potesse essere utilizzata per ‘cancellare’ un’entità insolvente, si creerebbe un meccanismo elusivo a danno del ceto creditorio. La fusione non può diventare uno scudo contro le conseguenze di una pregressa cattiva gestione.

La Cassazione distingue nettamente tra la continuità dell’attività d’impresa, che può proseguire in capo alla società incorporante, e la fine dell’entità giuridica incorporata. È l’estinzione di quest’ultima a far scattare la tutela prevista dalla legge fallimentare. Pertanto, la solvibilità della società incorporante è irrilevante per decidere sulla fallibilità della società incorporata; ciò che conta è lo stato di insolvenza di quest’ultima al momento dell’operazione e la sua dichiarazione entro il termine annuale.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di diritto chiaro e inequivocabile: “In tema di fusione per incorporazione, la società incorporata, qualora insolvente, è assoggettabile a fallimento, ai sensi dell’art. 10 l.fall., entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese.”

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: le operazioni di ristrutturazione aziendale, pur legittime, non possono essere utilizzate per sanare retroattivamente situazioni di insolvenza a scapito dei creditori. La possibilità del fallimento post-fusione agisce come un deterrente e garantisce che i debiti contratti da un’impresa non svaniscano semplicemente con un cambio di struttura societaria.

Una società che viene assorbita in una fusione per incorporazione può essere dichiarata fallita?
Sì, secondo la Cassazione, la società incorporata può essere dichiarata fallita se era insolvente prima della fusione. La dichiarazione di fallimento deve avvenire entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, come previsto dall’art. 10 della Legge Fallimentare.

La fusione è considerata un evento che estingue la società incorporata?
Sì, la Corte conferma che la fusione per incorporazione produce un effetto estintivo per la società incorporata. Quest’ultima cessa di esistere come soggetto giuridico autonomo, e i suoi rapporti giuridici vengono trasferiti alla società incorporante.

La situazione finanziaria della nuova società (quella incorporante) influisce sulla possibilità di dichiarare il fallimento della vecchia società (quella incorporata)?
No, la decisione della Corte chiarisce che la solvibilità o meno della società incorporante è irrilevante ai fini della dichiarazione di fallimento della società incorporata. Il presupposto per il fallimento di quest’ultima è esclusivamente il suo stato di insolvenza, preesistente alla fusione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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