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Extra budget sanitario: niente pagamento alla clinica

La Corte di Cassazione ha stabilito che una struttura sanitaria privata accreditata non ha diritto al compenso per le prestazioni sanitarie extra budget, ovvero quelle erogate oltre il tetto di spesa concordato con l’ente pubblico. L’ordinanza chiarisce che il limite di budget è inderogabile per tutelare le finanze pubbliche. Viene inoltre esclusa la possibilità di richiedere un indennizzo per ingiustificato arricchimento, in quanto la fissazione di un tetto di spesa equivale a un rifiuto preventivo da parte della Pubblica Amministrazione a pagare per prestazioni eccedenti.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Extra budget sanitario: niente pagamento per le cliniche private

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel rapporto tra sanità pubblica e strutture private accreditate: non è dovuto alcun compenso per le prestazioni sanitarie extra budget. Questa decisione chiarisce che i tetti di spesa non sono superabili, neppure invocando l’ingiustificato arricchimento della Pubblica Amministrazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di pagamento avanzata da una società di factoring, in qualità di cessionaria dei crediti di una struttura sanitaria privata accreditata. Quest’ultima aveva erogato prestazioni nel corso del 2009 per un importo superiore al budget di spesa assegnatole da un decreto commissariale della Regione.

La società creditrice si era rivolta al Tribunale per ottenere la condanna in solido dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) e dell’Azienda Ospedaliera al pagamento della somma residua. In subordine, la richiesta era fondata sull’azione di ingiustificato arricchimento, sostenendo che la Pubblica Amministrazione si fosse comunque avvantaggiata di prestazioni necessarie.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda. I giudici di merito avevano affermato che il tetto di spesa sanitaria è una norma inderogabile, applicabile a tutti i soggetti convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, nessun corrispettivo era dovuto per le prestazioni eccedenti il budget, né era possibile riconoscere un indennizzo per arricchimento senza causa, trattandosi di un’ipotesi di “arricchimento imposto”.

I motivi del ricorso e le prestazioni sanitarie extra budget

La società di factoring ha presentato ricorso in Cassazione, articolando tre motivi principali. In primo luogo, ha lamentato la violazione di legge per non aver considerato la natura asseritamente “provvisoria” e in continua rimodulazione del budget per l’anno 2009. Secondo la ricorrente, la struttura sanitaria aveva continuato a erogare le prestazioni su espressa autorizzazione dell’ASL per sopperire a carenze del sistema pubblico.

In secondo luogo, la società ha contestato il rigetto della domanda di ingiustificato arricchimento. A suo dire, i giudici non avrebbero considerato fatti decisivi, come l’espressa autorizzazione a continuare le prestazioni e l’impossibilità di interromperle.

Infine, con il terzo motivo, la ricorrente ha denunciato la mancata motivazione sul rigetto della richiesta di corresponsione degli interessi moratori per il ritardato pagamento, sostenendo l’applicabilità della disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo i motivi in parte infondati e in parte inammissibili.

I giudici hanno riaffermato il principio consolidato secondo cui, in tema di attività sanitaria in regime di accreditamento, la domanda di pagamento per prestazioni sanitarie extra budget è infondata. La necessità di rispettare i tetti di spesa e i vincoli delle risorse pubbliche disponibili giustifica la mancata remunerazione delle prestazioni eccedenti. La struttura privata accreditata, infatti, non ha l’obbligo di rendere prestazioni oltre quelle concordate.

La Corte ha inoltre chiarito la questione dell’ingiustificato arricchimento. Ha spiegato che in questi casi si configura un “arricchimento imposto”. La Pubblica Amministrazione, fissando un tetto di spesa, manifesta preventivamente la propria volontà di non accettare prestazioni ulteriori. Di conseguenza, l’ente pubblico non è tenuto a corrispondere alcun indennizzo, poiché ha di fatto “rifiutato” l’arricchimento derivante dalle prestazioni extra budget.

Per quanto riguarda la presunta natura provvisoria del budget, la Corte ha dichiarato la censura inammissibile per carenza di autosufficienza e perché, in ogni caso, si trattava di una questione di fatto preclusa dal giudizio di legittimità, stante la “doppia conforme” delle sentenze di primo e secondo grado.

Anche il terzo motivo, relativo agli interessi moratori, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la necessità di un contratto scritto per regolare i rapporti sussiste anche in regime di accreditamento provvisorio. La ricorrente, pur affermando l’esistenza di un contratto, non ne aveva specificato i dettagli, impedendo alla Corte di valutare la fondatezza della richiesta.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione conferma con fermezza un punto cruciale: i tetti di spesa nel sistema sanitario accreditato sono invalicabili. Le strutture private che scelgono di erogare prestazioni oltre il budget concordato lo fanno a proprio rischio, senza poter pretendere alcun compenso né a titolo contrattuale né a titolo di indennizzo per arricchimento senza causa. Questa decisione rafforza gli strumenti di controllo della spesa pubblica e chiarisce che la programmazione finanziaria prevale sulle singole pretese economiche, anche quando queste derivano dall’erogazione di servizi sanitari essenziali.

Una struttura sanitaria accreditata ha diritto al pagamento per prestazioni sanitarie extra budget?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che i limiti di spesa (budget) sono inderogabili per tutelare le finanze pubbliche. Pertanto, nessun compenso è dovuto per le prestazioni erogate oltre il tetto concordato.

Se il pagamento contrattuale è escluso, si può richiedere un indennizzo per ingiustificato arricchimento?
No. Secondo la Corte, la fissazione di un budget equivale a un rifiuto preventivo da parte della Pubblica Amministrazione di pagare per prestazioni eccedenti. Si tratta di un “arricchimento imposto” che l’ente pubblico ha manifestato di non volere, escludendo così il diritto a un indennizzo.

Il carattere provvisorio del budget consente di superare i limiti di spesa?
No, sulla base di quanto deciso nel caso specifico, la Corte ha ritenuto le argomentazioni sulla provvisorietà del budget inammissibili a livello procedurale, confermando che il limite di spesa fissato doveva essere rispettato dalla struttura sanitaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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