Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4323 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4323 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
Oggetto: indicazioni geografiche protette evocazione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 889/2024 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa per procura speciale unita al presente atto dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste n. 330/2023, depositata il 26 giugno 2023.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
il Consorzio RAGIONE_SOCIALE Modena propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste, depositata il 26 giugno 2023, di reiezione del l’ appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva respinto le sue domande di condanna della RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni per contraffazione del suo marchio IGP e, comunque, per concorrenza sleale confusoria;
-dall’esame della sentenza impugnata si evince che la domanda attorea si fondava sull’allegato uso da parte della società convenuta dei termini «RAGIONE_SOCIALE» e «RAGIONE_SOCIALE», evocativi del nome «RAGIONE_SOCIALE Modena» IGP, registrato ai sensi dell’art. 13, par . 1, lett. b), Reg. (UE) n. 1151/12, e sulla asserita divulgazione da parte della convenuta medesima di indicazioni false o ingannevoli in quanto suggerivano che i suoi prodotti possedevano le stesse origine, natura o qualità essenziali dell’«Ac eto Balsamico di Modena» IGP o che avevano come ingrediente l’«Aceto Balsamico di Modena» IGP ;
-il giudice di appello ha disatteso il gravame evidenziando, coerentemente con la valutazione effettuata dal giudice di prime cure, che la presenza nel prodotto della società appellata del termine «balsamico» non destava «confusione per evocazione», avuto riguardo, in particolare, alla assoluta diversità della denominazione utilizzata, alla rilevanza che in essa presentava il termine «Asperum» e alla inequivoca percezione presso il pubblico della diversità di origine dei prodotti contraddistinti dai segni in conflitto;
il ricorso è affidato a sei motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
-il ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2598 n. 3 cod. civ. e 49 e 51 l. 12 dicembre 2016, n. 238, per aver la sentenza impugnata respinto il suo appello in ragione del fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva cessato l’uso indebito della denominazione «aceto» per i propri prodotti laddove, in realtà, tale cessazione non aveva fatto venir meno l’illiceità delle condotte precedenti ;
con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 13, lett. b), Reg. (UE) 1151/2012 e 112 cod., proc. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto che la domanda attorea fosse fondata sul pericolo di confusione tra i prodotti contestati e quello tutelato, pronunciandosi, così, su una domanda diversa da quelle proposta con l’atto di appello , nonché per aver ritenuto che tale pericolo di confusione costituisse elemento costitutivo dell’evocazione ;
con il terzo motivo si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, lett. b ), Reg. (UE) n. 1151/2012, per aver la Corte di appello interpretato la sentenza resa dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella causa C-432/18 siccome riferita alla fattispecie dell’evocazione quando, invece, essa si riferisce all’impiego diretto od indiretto del nome registrato di cui all’art. 13, lett. a ), del citato Regolamento;
con il quarto motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 , lett. b), Reg. (UE) 1151/2012 e del Considerando 10, Reg. (CE) n. 583/2009, per aver la sentenza impugnata ritenuto che tale Considerando abbia derogato per la IGP «RAGIONE_SOCIALE» alla disciplina in materia di evocazione prevista dal predetto art. 13, lett. b);
con il quinto motivo critica la sentenza di appello per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, lett. b), Reg. (UE) 1151/2012 nella parte in cui ha affermato che l’evocazione può essere realizzata soltanto attraverso il richiamo completo della denominazione registrata comprensiva della parte geografica trascurando che l’evocazione
medesima ha a oggetto il prodotto tutelato e non la denominazione registrata o la sua parte geografica;
-evidenzia, sul punto, che l’evocazione è una fattispecie illecita atipica e a condotta libera, che può essere realizzata anche attraverso l’impiego di termini non geografici o che non richiamano la parte geo -grafica della denominazione registrata essendo a tal fine sufficiente il pr odursi dell’effetto finale dell’associazione mentale con il prodotto tutelato;
-con l’ultimo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c od. proc. civ. in relazione all’ omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale era stata lamentata la violazione del Reg. (UE) n. 1169/2011;
può esaminarsi prioritariamente, per ragioni di ordine logicogiuridico, il secondo motivo, che è infondato;
giova rammentare che il Reg. (UE) n. 1151/2012, che sostituisce i previgenti Reg. (CE) nn. 509/2006 e 510/2006, delinea un quadro normativo a livello d ell’ Unione Europea che protegge le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, prevedendone l’inserimento in un apposito registro e tutelando i nomi ivi iscritti allo scopo di garantirne un uso corretto e di evitare le pratiche che possano indurre in errore i consumatori, nonché fenomeni di usurpazione, imitazione ed evocazione dei nomi registrati relativi sia a beni che a servizi;
-ciò nel l’i nteresse di aiutare sia i produttori a comunicare ai consumatori le caratteristiche qualitative dei prodotti da loro immessi sul mercato connesse alla tradizione e/o all’origine geografica , sia i consumatori a identificare correttamente sul mercato i prodotti agricoli o alimentari aventi tali caratteristiche;
con riferimento ai requisiti per il riconoscimento della tutela della indicazione geografica l’art. 5 Reg. (UE) n. 1151/2012 richiede che questa consista in un nome «che identifica un prodotto: a) originario di un determinato luogo, regione o paese; b) alla cui origine geografica
sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche; e c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata»;
-l’ art. 13, poi, tutela, al par. 1, i nomi registrati nei confronti di usi -diretti o indiretti -della denominazione oggetto di protezione per prodotti che non sono quelli oggetto della registrazione della denominazione e che siano, tuttavia, comparabili, con quelli oggetto di protezione (lett. a), usurpazioni, imitazioni o evocazioni della denominazione registrata (lett. b), indicazioni false o ingannevoli in merito all’origine, alla natura o alle qualità del prodotto usate sulla confezione o sull’imballaggio del prodotto alimentare (lett. c ) e altre pratiche che possono indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto (lett. d);
nel caso in esame, non è controverso che il nome di cui la ricorrente chiede la tutela -«Aceto Balsamico di Modena (IGP » -costituisca una indicazione geografica protetta ai sensi del richiamato Regolamento e, d’altra parte, tale circostanza si evince anche dall’ art. 1 Reg. (CE) n. 583/2009, il cui considerando 8 dà atto che tale indicazione «gode di fama indiscussa sia sul mercato nazionale che su quelli esteri e che, quindi, tale denominazione composta, in quanto tale, soddisfa alla condizione inerente ad una reputazione specifica del prodotto corrispondente a quest’ultima »;
-in proposito, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che l ‘art . 1 del regolamento (CE) n. 583/2009 va interpretato nel senso che la protezione della denominazione «RAGIONE_SOCIALE Modena» non si estende all’utilizzo dei singoli termini non geografici della stessa (cfr. Corte Giust. UE 4 dicembre 2019, causa C-432/19, RAGIONE_SOCIALE Modena );
orbene, mentre l’art. 13, para. 1, lett. a), vieta l’impiego diretto o indiretto di una denominazione registrata per i prodotti che non sono oggetto di registrazione, in una forma che sia identica o fortemente
simile dal punto di vista fonetico e/o visivo, i successivi artt. 13, par. 1, lett. da b) a d), vietano altri comportamenti contro i quali le denominazioni registrate sono tutelate e che non utilizzino né direttamente né indirettamente le denominazioni stesse (cfr. Corte Giust. UE 17 dicembre 2020, causa C-490/19, Syndicat interprofessionnel de défense du fromage Morbier ; nonché, sia pure con riferimento ad analoga disposizione prevista dall’art. 16, lett. b), Reg. (CE) n. 110/08, per la protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose, Corte Giust. UE 7 giugno 2018, causa C-44/17, RAGIONE_SOCIALE );
-in merito all’ambito d i operatività della fattispecie di cui alla lett. b dell’art. 13 invocata dalla ricorrente -si osserva che la nozione di evocazione ivi presente si riferisce all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce dalla denominazione (cfr., oltre alla menzionata, Corte Giust. UE 17 dicembre 2020, causa C-490/19, Syndicat interprofessionnel de défense du fromage Morbier , Corte Giust. UE 2 maggio 2019, causa C-614/17, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego ; Corte Giust. UE 4 marzo 1999, causa C-89/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola );
può esservi evocazione di una denominazione protetta anche in assenza di qualunque rischio di confusione tra prodotti, poiché ciò che importa è che non si crei nella mente del pubblico un’associazione di idee quanto all’origine del prodotto e che un operatore non sfrutti indebitamente la rinomanza di una IGP [cfr., oltre alla richiamata Corte Giust. UE 4 marzo 1999, causa C-89/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola , Corte Giust. 14 settembre 2017, causa C-56/16 P, EUIPO/ Instituto dos Vinhos do Douro e do Porto , e Corte Giust. UE
21 gennaio 2016, causa C-75/15, COGNOME , rese entrambe in tema di protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose; Trib. UE 2 febbraio 2017, causa T-510/07, COGNOME / RAGIONE_SOCIALE – Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva toscano (TOSCORO) ; tra la giurisprudenza domestica, Cass. 17 aprile 2024, n. 10350; Cass. 23 ottobre 2019, n. 27194];
è stato affermato che nel valutare l’esistenza di una tale evocazione si deve fare riferimento alla percezione di un consumatore europeo medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (cfr., oltre a Corte Giust. UE 7 giugno 2018, causa C- 44/17, RAGIONE_SOCIALE, Corte Giust. 9 settembre 2021, causa C-783/19, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne , resa con riferimento ad analoga disposizione in tema di indicazioni geografiche nel settore vitivinicolo; nonché, a livello nazionale, la menzionata Cass. n. 10350 del 2024);
ciò premesso, si rileva che la sentenza impugnata ha condiviso la valutazione del Tribunale in ordine al fatto che, diversamente da quanto sostenuto nel (secondo) motivo di appello, «non concorreva nella specie un uso sostantivato dell’aggettivo ‘balsamico’, sì da trarre in inganno il consumatore poiché creava confusione con il prodotto tutelato dal Consorzio appellante ossia l’Aceto balsamico di Modena» e, più in generale, che non sussisteva «confusione evocativa tra i prodotti per l’utilizzo del termine ‘ balsamico ‘ poiché le loro denominazioni sono assolutamente diverse ed, inoltre, quella utilizzata ad individuare il prodotto COGNOME è in commercio da prima che il prodotto tutelato dal Consorzio appellante ottenesse il riconoscimento della U.E.»;
ha aggiunto che «la documentazione dimessa in causa dal Consorzio appellante dimostra solo la grande notorietà raggiunta dal prodotto tutelato dallo stesso non anche che l’uso del termine balsamico induca il consumatore a confondere l’Aseprum con l’Aceto balsamico di
Modena, stante la chiara ed evidente differenza di denominazione»;
ha, quindi, escluso che l’uso di uno solo dei termini
o «balsamico» possa avere funzione evocativa geografica protetta;
generici «aceto» dell’indicazione
dai riferiti passaggi motivazionali emerge che la Corte territoriale, sia pure adoperando una terminologia non sempre univoca e appropriata, si è pronunciata sui motivi di gravame vertenti sulla violazione dell’art. 13, par. 1, lett. b, Reg. (UE) n. 1151/2012, in relazione alla indicazione di origine protetta «Aceto Balsamico di Modena», ritenendo che la stessa non sussisteva non già in base al mero accertamento della insussistenza di un pericolo di confusione tra questa e il segno con cui la controricorrente contraddistingueva i suoi prodotti, ma sul fondamento che la commercializzazione di tali prodotti non dava luogo ad alcuna evocazione dell’indicazione geografica protetta, avuto riguardo alle differenze dei segni in comparazione e delle caratteristiche dei relativi prodotti e all’assenza di qualsiasi elemento nei prodotti della controricorrente che richiamasse la predetta indicazione geografica;
il terzo motivo è inammissibile;
il riferimento operato nella sentenza di appello alla sentenza Corte Giust. UE 4 dicembre 2019, C-432/19, RAGIONE_SOCIALE Modena, non appare erroneo in quanto effettuato al solo fine di evidenziare -correttamente -che la protezione della denominazione «RAGIONE_SOCIALE Modena» non si estende all’utilizzo dei singoli termini non geografici della stessa e, comunque, non è espressivo di un esame della questione dedotta in giudizio sotto il profilo della violazione della lett. a) dell’ art. 13, par. 1, Reg. (UE) 1151/2012 e, dunque, non rivela il mancato esame della domanda concernente la prospettata violazione della successiva lett. b);
la doglianza, dunque, muove da una non corretta interpretazione della sentenza impugnata;
il quarto motivo è, del pari, inammissibile;
infatti, non vi è chiaro riscontro nella sentenza impugnata dell’assunto secondo cui la Corte territoriale avrebbe ritenuto che il Considerando 10 del Reg. (CE) n. 583/2009 determinava la sottrazione in via generale ed astratte di determinate condotte (nella specie, l’uso dei termini «aceto», «balsamico» ed «aceto balsamico») alla disciplina vigente in materia di evocazione come prevista dall’art. 13, par. 1, lett. b), Reg. (UE) n. 1151/2012;
anche il quinto motivo è inammissibile;
va escluso che la sentenza di appello abbia affermato, come invece sostenuto dal ricorrente, che l’evocazione può essere realizzata soltanto attraverso il richiamo completo della denominazione registrata comprensiva della parte geografica, atteso che anche tale affermazione non risulta presente, essendosi la Corte territoriale limitata a valorizzare l’assenza di richiam i all’origine geografica tutelata con l’indicazione protetta «Aceto Balsamico di Modena» quale uno degli elementi da cui evincere l’assenza della dedotta evocazione;
-l’ultimo motivo è infondato;
-il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sul motivo di appello con cui era stata censurata la sentenza di primo grado per non aver ritenuto che l’impego nell’etichettatura dei prodotti della controricorrente d el termine «balsamico» concretizzava una violazione del Reg. (UE) n. 1169/2011, rilevante, sotto il profilo civilistico, quale atto di concorrenza sleale;
in proposito, si osserva che la Corte territoriale, pur non trattando espressamente la questione della dedotta violazione del Reg. (UE) n. 1168/2011, ha escluso che la controricorrente avesse posto in essere atti di concorrenza sleale, affermando che l’utilizzo del termine «balsamico» non avesse funzione evocativa, né confusoria rispetto all’indicazione geografica protetta contenente tale termine ;
deve, dunque, ritenersi che, in tal modo, ha implicitamente disatteso
il motivo di gravame articolato sul punto, per cui la relativa statuizione non può essere censurata in cassazione per omessa pronunzia (cfr. Cass. 26 settembre 2024, n. 25710; Cass. 8 maggio 2023, n.12131; Cass. 6 novembre 2020, n. 24953);
il primo motivo è inammissibile;
-la Corte territoriale ha respinto l’appello in virtù di due distinte e autonome rationes decidendi , consistenti, la prima, nel fatto che la RAGIONE_SOCIALE aveva cessato l’uso indebito della denominazione «aceto» per i propri prodotti laddove, e, la seconda, nel l’assenza di profili confusori ed evocativi dell’indicazione «RAGIONE_SOCIALE Modena» nella commercializzazione dei prodotti della controricorrente;
la resistenza della seconda ratio alle doglianze con cui la stessa è aggredita osta all’esame dell a critica mossa avverso la prima ratio con il motivo in esame , in quanto inidonea a condurre alla cassazione della decisione, stante l’intervenuta definitività d ell’altra ratio ;
-con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., il ricorrente chiede disporsi, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per l’esame delle seguenti questioni pregiudiziali: «1. Se, anche alla luce del considerando 35 del nuovo Regolamento (UE) n. 2024/1143, l’evocazione di una denominazione registrata di cui all’articolo 13, par. 1, lettera b), Regolamento (UE) n. 1151/2012 postuli che il prodotto controverso richiami, alla mente del consumatore l’immagine del prodotto tutelato e non necessariamente il luogo di origine della denominazione registrata.
Se, anche alla luce del considerando 35 del nuovo Regolamento (UE) n. 2024/1143, l’evocazione di una denominazione registrata di cui all’articolo 13, par. 1, lettera b), Regolamento (UE) n. 1151/2012 consenta che l’elemento controverso del segno che suscita nel consumatore
medio europeo l’associazione mentale possa essere costituto anche da un qualsiasi termine non geografico.
In tale ultimo caso se, anche alla luce del considerando 35 del nuovo Regolamento (UE) n. 2024/1143, il Considerando 10 del Reg. (CE) n. 583/2009 si applichi anche alla protezione della denominazione «Aceto Balsamico di Modena» IGP contro l’evocazione di cui all’articolo 13, par. 1, lettera b), Regolamento (UE) n. 1151/2012 e se, in tal caso, esso vada interpretato nel senso che nel caso dell’«Aceto Balsamico di Modena» IGP l’evocazione non possa mai ed in nessun caso essere realizzata attraverso l’uso, disgiunto o congiunto, dei termini non geografici ‘aceto’ e ‘balsamico’ »;
la richiesta non può essere accolta;
deve premettersi che le questioni relative alla protezione da accordare ai diversi elementi di una denominazione registrata rientrano nell’ambito di una valutazione che spetta al giudice nazionale effettuare in base a un’analisi dettagliata del contesto fattuale dinanzi ad esso ricostruito dagli interessati (così, Corte Giust. UE 4 dicembre 2019, causa C-432/19, RAGIONE_SOCIALE Modena ; Corte Giust. 26 febbraio 2008, causa C -132/05 , Commissione/Germania ; UE Corte Giust. UE 9 giugno 1998, cause C -129/97 e C -130/97, Chiciak e Fol );
da ciò consegue che la questione indicata al punto 3, ossia, se l’evocazione possa o meno essere realizzata attraverso l’uso, disgiunto o congiunto, di termini non geografici, è riservata al giudice nazionale; – le ulteriori questioni indicate dal ricorrente non appaiono rilevanti in quanto presuppongono che la Corte di appello abbia escluso la dedotta evocazione in ragione del fatto che il prodotto della controricorrente non richiamava alla mente del consumatore il luogo di origine della
denominazione protetta;
la Corte di appello, in realtà, pur valorizzando il dato rappresentato
dall’assenza nel prodotto della controricorrente di riferimenti all’indicazione geografica protetta, ha escluso il carattere evocativo all’esito di una valutazione globale che ha preso in esame una pluralità di elementi, di cui il mancato riferimento al luogo di origine ne rappresenta solamente uno;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso non può essere accolto;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 8.000,00 oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale de l 14 gennaio 2025.