Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22652 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22652 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19848/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME.
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RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTERICORRENTE INCIDENTALE – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 497/2020, depositata il 25/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE ha evocato in causa la RAGIONE_SOCIALE, esponendo di aver acquistato dalla convenuta un capannone industriale con annessa area esterna destinata a deposito di mq 600 circa, sito in Prato alla INDIRIZZO; che da successive verifiche era emerso che detto spiazzo era di proprietà di
terzi e che era stata trasferita all’acquirente una superficie notevolmente inferiore a quella contemplata nel rogito di vendita.
Ha chiesto la riduzione del prezzo e il risarcimento del danno.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito, sostenendo che solo nel preliminare era stata indicata una superficie del piazzale di mq. 660, e una larghezza di mt. 10 ma che nulla prevedeva il definitivo, in cui lo spiazzo era individuato come mera pertinenza del capannone senza alcuna specificazione delle misure e del posizionamento; che la vendita era a corpo e non a misura e che data la minima differenza di estensione, nulla poteva pretendere l’acquirente anche perché il piazzale aveva una ridotta rilevanza nell’economia dell’affare, essendo gravato da una servitù di passo carrabile per tutta la sua estensione.
Il Tribunale ha accolto la domanda e ha disposto la riduzione del prezzo, condannando la convenuta al pagamento di € 210.000,00, oltre accessori.
Su appello della RAGIONE_SOCIALE, la Corte distrettuale di Firenze ha riformato parzialmente la decisione, liquidando a favore dell’acquirente la minor somma di € 187.16363.
Il giudice distrettuale ha ritenuto inapplicabile la disciplina della vendita a corpo in considerazione dell’ oggettiva difformità tra quanto venduto e quanto accertato, sostenendo che le previsioni del preliminare erano superate dal definitivo del 20.03.2008, in cui erano compiutamente descritte le caratteristiche del bene alienato. Ha respinto la domanda di restituzione delle maggiori somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, poiché proposta solo nelle comparse conclusionali.
La cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze è chiesta dalla Società RAGIONE_SOCIALE con ricorso in tre motivi, cui ha resistito l’ RAGIONE_SOCIALE con controricorso e ricorso incidentale articolato in due motivi.
In prossimità dell’adunanza la RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve anteporsi l’esame del ricorso incidentale, che propone una questione pregiudiziale all’esame delle altre doglianze.
Il primo motivo di ricorso incidentale deduce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 n. 4 e 156, comma 2, c.p.c., lamentando che la Corte d’Appello abbia omesso di dar conto della ritenuta ammissibilità dell’appello dell’Immobiliare 3C ai sensi dell’art. 342 c.p.c.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c. per aver la Corte di merito trascurato che l’appello era carente di una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, e non individuava un percorso logico alternativo a quello del giudice di primo grado.
I due motivi sono infondati.
La carenza delle condizioni di ammissibilità dell’impugnazione dà luogo ad un error in procedendo con riferimento al quale il controllo in cassazione attinge non solo la correttezza della motivazione, ma soprattutto la sussistenza della violazione, essendo questa Corte giudice del fatto processuale (ossia l’inammissibilità del gravame), con pieni poteri di rivalutazione della doglianza e con diretto accesso agli atti di causa.
Nel caso in esame l’appello illustrava chiaramente le ragioni di doglianza, sollecitando l’applicabilità della disciplina della vendita a corpo in luogo dell’art. 1480 c.c., con una puntuale critica anche alle conclusioni della consulenza espletata in secondo grado, sotto il profilo dell’illogicità del criterio adottato per l’omogeneizzazione delle aree esterne alle superfici coperte e le significative ricadute sulla quantificazione della somma da restituire.
I motivi di gravame superavano il vaglio di ammissibilità: l ‘impugnazione conteneva sia una chiara individuazione delle
questioni e dei punti contestati, sia una parte argomentativa diretta a confutare le ragioni addotte dal primo giudice (Cass. SU 27199/2017), non occorrendo l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Cass. SU 36481/2022; Cass. Su 27199/2017).
3. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 1362, 1480 e 1538 c.c., sostenendo che la Corte di merito, in violazione dei criteri di interpretazione, non avrebbe rilevato l’oggettiva discordanza fra la descrizione de l bene risultante dalla parte descrittiva del contratto e quella risultante dalla planimetria allegata al rogito.
Si sostiene che, trattandosi di immobile compravenduto con consistenza inferiore a quella dichiarata, era applicabile la disciplina della vendita a corpo in virtù del rapporto di specialità che intercorre tra l’art. 1538 c.c. e l’art. 1480 c.c. in tema di vendita di cosa parzialmente altrui.
Il motivo è infondato.
La doglianza è del tutto generica riguardo alla violazione dei criteri interpretativi del contratto e all’illustrazion e delle ragioni che inficerebbero la decisione: la violazione è dedotta mediante il semplice riferimento alle regole legali di interpretazione e con un generico richiamo al contenuto del contratto, di cui non è riportato il contenuto essenziale e senza precisare le ragioni dell’asserita violazione, non potendo la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. 25728/2013; Cass. 28319/2017; Cass. 16987/2018).
La sentenza ha esaustivamente individuato anche nella sua estensione il bene sulla base delle indicazioni contenute nel rogito di acquisto, avendo stabilito, con accertamento non specificamente ed efficacemente censurato, che il contratto rinviava alla planimetria
allegata e che la superficie effettivamente consegnata era realmente inferiore a quella oggetto del trasferimento, appartenendo ai terzi confinanti, facendo poi proprio l’insegnamento di questa Corte che ha da tempo affermato che nel caso in cui il compratore di un immobile agisca nei confronti del venditore per ottenere la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno, sul presupposto che una parte dell’immobile venduto risulta di proprietà di un terzo, si configura un’ipotesi di evizione parziale, disciplinata dall’art. 1480 cod. civ., e non la diversa ipotesi di cui all’art. 1538, e cioè al caso in cui si accerti che il fondo oggetto della compravendita abbia una estensione minore da quella dichiarata dai contraenti (Cass. 3994/1980; 23343/2009; Cass. 2060/2013).
La differenza tra vendita a corpo (art. 1538 c.c.) o a misura (art. 1537 c.c.) attiene al rilievo dell’estensione del bene sul prezzo pattuito, non all’individuazione della cosa compravenduta (Cass. 7720/2000; Cass. 12791/1993; Cass. 91/1976).
La distinzione diviene nuovamente rilevante quando sia controversa o occorra procedere all’individuazione del bene compravenduto , come nel caso in cui oltre all’estensione siano indicate le particelle catastali o i confini, (Cass. 3042/1987), dubbio cui, come detto, la Corte di merito ha dato soluzione.
4.Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 61, 191 e ss. c.p.c. e del DPR n. 138/1998. Lamenta la ricorrente che, per calcolare la superficie convenzionale del piazzale oggetto di causa, la sentenza abbia utilizzato i coefficienti di riduzione desunti dagli usi (UNI 2005), in luogo di quelli previsti dal DPR 138/98, relativi all ‘ omogeneizzazione di aree aventi natura diversa; la sentenza avrebbe immotivatamente respinto le osservazioni alla c.t.u. nella parte in cui aveva applicato due differenti percentuali di riduzione della superficie del piazzale, pari al 17% per la superficie riscontrata in loco e del 31% per quella risultante dalla planimetria.
La censura di inammissibilità del motivo è infondata poiché il ricorso espone con sufficiente chiarezza ed analiticità le questioni in diritto proposte e le critiche alla decisione impugnata, non essendo precluso l’esame della doglianza dal richiamo ad una pluralità di norme, solo in parte conferenti. Il dubbio circa l’obbligo del giudice di adoperare i criteri di cui al D.P.R. 138/1998 solleva una questione di puro diritto, denunciabile direttamente in cassazione.
La tesi della ricorrente circa il carattere vincolante, anche ai fini della riduzione del prezzo, del parametro percentuale di omogeneizzazione delle aree previsto dal DPR 138/1998, è infondata.
Il decreto contiene il regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri, nonché delle commissioni censuarie in esecuzione dell’articolo 3, commi 154 e 155, della l. 23 dicembre 1996, n. 662.
Le citate disposizioni sono dirette ad aggiornare il catasto anche per favorire il recupero dell’evasione (art. 3, comma 154, L. 662/1996), prescrivendo che il calcolo delle rendite abbia luogo sulla base di parametri predeterminati che tengono conto dei caratteri specifici dell’unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, ma con finalità puramente fiscali (Cass. 215/2020) e non vincolanti ove si discuta della riduzione del prezzo della vendita.
La disciplina della riduzione del prezzo per evizione parziale risponde all’esigenza di adeguare il corrispettivo alla minor estensione o consistenza del bene trasferito, sicché il rapporto percentuale in caso di porzioni disomogenee può variare in base alle caratteristiche specifiche dei beni, alla destinazione economica e alla rilevanza che in concreto viene ad assumere l’area evitta nell’economia del contratto (potendo – in concreto un’area scoperta assumere maggiore o minore incidenza sul prezzo rispetto ad una data costruzione in base alla destinazione del bene), e va stabilita nei
singoli casi secondo parametri la cui adeguatezza va accertata in concreto dal giudice di merito.
La censura è invece fondata nel denunciare che il giudice distrettuale non abbia dato minimamente conto della correttezza dei criteri adottati, avendo solo affermato di condividere la consulenza, senza offrire alcuna risposta alle questioni controverse e senza replicare alle obiezioni della ricorrente, specie riguardo alla denunciata illogicità delle valutazioni del c.t.u., che aveva calcolato la riduzione del prezzo, applicando inizialmente all’area scoperta un coefficiente di omogeneizzazione del 17%, salvo poi ad elevarlo senza motivo al 31%, con rilevanti conseguenze sull ‘entità dell’importo da restituire.
Il terzo motivo del ricorso principale lamenta che la domanda di ripetizione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, proposta nelle memorie conclusionali, era tempestiva perché il pagamento era avvenuto in pendenza del giudizio di appello e la richiesta era stata formulata a verbale ed era stata reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni .
Anche tale motivo è fondato, poiché il pagamento era avvenuto nel corso del giudizio di appello e la richiesta era stata formulata a verbale, il cui contenuto era sinteticamente richiamato nelle conclusioni, dovendo darsi continuità al principio secondo cui la domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione della decisione di primo grado e prima della notificazione dell’atto di impugnazione deve essere formulata a pena di decadenza negli atti introduttivi, ma ne è ammissibile la proposizione nel corso del giudizio di secondo grado, sino alla precisazione delle conclusioni, qualora l’esecuzione della sentenza o il pagamento sia avvenuta successivamente alla proposizione dell’impugnazione (Cass. 7144/2021; Cass. 2292/2018).
Sono accolti, nei limiti di cui in motivazione, i motivi secondo e terzo del ricorso principale, con rigetto delle restanti censure e del ricorso incidentale.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo ed il terzo motivo di ricorso principale, respinge le restanti censure e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione