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Etichettatura carni pollame: chi è responsabile?

Un consorzio è stato sanzionato per una presunta violazione delle norme sull’etichettatura carni di pollame. La Corte di Cassazione ha annullato la sanzione, chiarendo che per essere ritenuta responsabile, un’organizzazione non deve solo essere titolare del disciplinare di produzione, ma deve essere provata anche la sua concreta responsabilità nella tracciabilità del prodotto lungo l’intera filiera. La Corte ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Etichettatura Carni di Pollame: La Cassazione Chiarisce i Confini della Responsabilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale per la filiera agroalimentare: la corretta attribuzione di responsabilità in caso di violazioni delle norme sull’etichettatura carni di pollame. La decisione sottolinea che non basta essere titolari di un disciplinare di produzione per essere automaticamente sanzionati; è necessario un accertamento rigoroso del ruolo effettivo del soggetto nella catena di commercializzazione. Questo principio protegge le organizzazioni di produttori da responsabilità oggettive e impone alle autorità di controllo un’indagine più approfondita.

I Fatti di Causa

Un’amministrazione regionale emetteva un’ordinanza-ingiunzione nei confronti di una società consortile, imponendole il pagamento di una sanzione pecuniaria. La contestazione riguardava la commercializzazione di carni di pollame con etichette che riportavano informazioni sulle modalità di allevamento ritenute non conformi alla normativa vigente.

La società consortile si opponeva alla sanzione, sostenendo di non essere il soggetto legittimato a riceverla (difetto di legittimazione passiva). A suo dire, essa era unicamente titolare del disciplinare di produzione approvato dal Ministero, ma non svolgeva direttamente attività di produzione, confezionamento o etichettatura. Tali attività erano demandate ad altri operatori della filiera, quali una cooperativa per la produzione e un’altra società per la distribuzione commerciale.

Tuttavia, sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano le difese della società, confermando la sanzione. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sulla etichettatura carni di pollame

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società consortile, annullando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando il caso per un nuovo esame.

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione delle figure di “operatore” e “organizzazione” secondo il D.Lgs. n. 202/2011. La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere la società consortile automaticamente responsabile solo in quanto “organizzazione titolare dell’etichettatura”. La motivazione dei giudici di merito è stata definita “laconica” e insufficiente, poiché non aveva verificato la sussistenza di tutti i requisiti legali che definiscono il soggetto responsabile.

Le Motivazioni

La Cassazione ha chiarito che, ai sensi della normativa di settore, la figura dell'”organizzazione” responsabile per l’etichettatura carni di pollame deve possedere tre caratteristiche cumulative e non alternative:

1. Rappresentatività: Deve essere un soggetto rappresentativo dei settori di allevamento e macellazione.
2. Titolarità del disciplinare: Deve disporre di un disciplinare di etichettatura approvato dal Ministero competente.
3. Responsabilità della tracciabilità: Deve essere concretamente responsabile della tracciabilità del prodotto lungo tutta la filiera.

Nel caso di specie, i giudici di merito si erano fermati al secondo punto, omettendo di accertare in fatto se la società consortile fosse anche rappresentativa dei settori e, soprattutto, se avesse la responsabilità effettiva della tracciatura. Essendo questi requisiti non sindacati, la Corte d’Appello non poteva concludere per la responsabilità della società. La Cassazione ha quindi affermato che non è possibile attribuire la responsabilità sulla base di una presunzione, ma è necessario un accertamento puntuale del ruolo svolto dall’ente all’interno della filiera produttiva e commerciale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un importante principio di diritto in materia di sanzioni amministrative nel settore alimentare. La responsabilità per un’etichettatura non conforme non può essere attribuita in modo automatico al titolare formale del disciplinare. È indispensabile che l’autorità sanzionatoria e, successivamente, il giudice, verifichino che il soggetto sanzionato abbia un ruolo effettivo e una responsabilità diretta nella gestione della tracciabilità e delle informazioni fornite al consumatore. La decisione rafforza le garanzie per gli operatori della filiera, imponendo un’analisi più rigorosa e basata sui fatti per l’individuazione del vero responsabile dell’illecito.

Chi è legalmente responsabile in caso di informazioni errate sull’etichettatura delle carni di pollame?
Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità non ricade automaticamente sul titolare del disciplinare di produzione. È responsabile il soggetto definito dalla legge come “organizzazione” o “operatore”, la cui identità deve essere provata accertando tre requisiti: la rappresentatività dei settori allevamento/macellazione, la titolarità di un disciplinare approvato e, soprattutto, la responsabilità effettiva della tracciabilità del prodotto lungo l’intera filiera.

Un consorzio che possiede un disciplinare di etichettatura è sempre sanzionabile per errori commessi da altri operatori della filiera?
No. La Corte ha chiarito che la sola titolarità del disciplinare non è sufficiente. Se il consorzio non è direttamente coinvolto nella produzione, confezionamento o commercializzazione e non è il soggetto responsabile della tracciabilità, la sanzione deve essere contestata all’operatore che ha materialmente commesso la violazione.

La notifica di un verbale di contestazione interrompe la prescrizione per una sanzione amministrativa?
Sì. La Corte ha confermato che, ai sensi della Legge n. 689/1981, atti del procedimento come il verbale di accertamento dell’infrazione, se notificati al presunto trasgressore, hanno l’effetto di interrompere il termine di prescrizione quinquennale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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