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Estinzione servitù coattiva: quando si può cancellare

La Corte d’Appello conferma che l’estinzione di una servitù coattiva di passaggio è legittima quando il fondo dominante cessa di essere intercluso, grazie a un nuovo e praticabile accesso alla via pubblica. La sentenza chiarisce che la natura coattiva della servitù prevale se la sua funzione originaria era risolvere un’interclusione, anche se costituita con contratto. Inoltre, una domanda di usucapione non ribadita nelle conclusioni del primo grado si considera rinunciata e non può essere esaminata in appello.

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Servitù di Passaggio: Quando il Diritto si Estingue per Cessata Necessità

L’estinzione di una servitù coattiva è un tema cruciale nel diritto immobiliare, che tocca gli interessi di molti proprietari. Cosa succede quando un terreno, un tempo isolato, ottiene un nuovo accesso alla via pubblica? Il diritto di passare sulla proprietà del vicino rimane valido? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trieste offre chiarimenti fondamentali, analizzando quando una servitù di passaggio, nata per necessità, può essere legalmente cancellata.

I Fatti di Causa

La vicenda legale ha origine dalla richiesta dei proprietari di un fondo (detto servente) di far dichiarare estinta una servitù di passaggio che gravava sulla loro proprietà a favore del fondo confinante (detto dominante). Originariamente, il fondo dominante era “intercluso”, cioè non aveva accesso diretto a una strada pubblica, e per questo motivo, decenni prima, era stato costituito un diritto di passaggio attraverso il fondo vicino.

Con il tempo, però, la situazione urbanistica è cambiata. A seguito della demolizione di un vecchio edificio, il fondo dominante ha acquisito la possibilità di creare un proprio accesso diretto a una via pubblica. I proprietari del fondo servente hanno quindi agito in giudizio per ottenere la cancellazione della servitù, sostenendo che la sua ragione d’essere – l’interclusione – era venuta meno.

I proprietari del fondo dominante si sono opposti, sostenendo che la servitù non era coattiva (cioè imposta dalla legge per necessità) ma volontaria, nata per “destinazione del padre di famiglia”, e che, in ogni caso, l’avevano acquisita per usucapione, avendola esercitata per oltre vent’anni. Inoltre, ritenevano il nuovo accesso eccessivamente costoso e disagevole da realizzare.

La Decisione dei Giudici e l’Estinzione Servitù Coattiva

La Corte d’Appello, confermando la decisione del Tribunale di primo grado, ha respinto l’appello e dato ragione ai proprietari del fondo servente. Ha dichiarato l’estinzione della servitù di passaggio, stabilendo che, venuta meno l’interclusione del fondo dominante, la servitù non aveva più alcuna giustificazione legale.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile la domanda relativa all’usucapione, a causa di un vizio procedurale commesso dai proprietari del fondo dominante nel corso del primo grado di giudizio.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi chiave che meritano un’analisi approfondita.

Natura Coattiva della Servitù, non Volontaria

Il primo punto affrontato dai giudici riguarda la natura della servitù. Anche se costituita tramite un contratto di compravendita del 1948, la Corte ha stabilito che la sua funzione era quella di rimediare a una situazione di interclusione. Secondo la legge (art. 1062 c.c.), la servitù per destinazione del padre di famiglia nasce solo “senza alcuna disposizione relativa alla servitù”. Poiché il contratto regolava esplicitamente l’accesso, questa modalità di costituzione era esclusa. La servitù, avendo lo scopo di superare un’interclusione, aveva quindi natura coattiva, seppur formalizzata in un atto volontario.

La Cessazione dell’Interclusione

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 1055 c.c., che regola l’estinzione della servitù coattiva. Questa norma prevede che, se il passaggio cessa di essere necessario, può essere soppresso. La Corte ha ritenuto che la possibilità di creare un nuovo accesso alla via pubblica, seppur richiedendo la realizzazione di una rampa e di un cancello, non fosse né impossibile né eccessivamente onerosa. La consulenza tecnica (CTU) aveva confermato la fattibilità dell’opera. Di conseguenza, essendo venuta meno la condizione di interclusione che giustificava la servitù, questa doveva essere estinta.

La Domanda di Usucapione Dichiarata Inammissibile

Un aspetto procedurale è risultato decisivo. I proprietari del fondo dominante avevano inizialmente sollevato l’eccezione di aver acquisito la servitù per usucapione. Tuttavia, nelle conclusioni finali del processo di primo grado, avevano omesso di ribadire tale domanda. Secondo un principio consolidato, le domande non riproposte nelle conclusioni finali si considerano abbandonate. Pertanto, la Corte d’Appello ha dichiarato la domanda inammissibile, senza nemmeno entrare nel merito della questione. Questo evidenzia l’importanza critica della diligenza processuale: una dimenticanza può costare un intero argomento difensivo.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, la funzione di una servitù è determinante per qualificarne la natura: se serve a superare un’interclusione, è coattiva e può essere estinta quando la necessità cessa, anche se è stata creata con un contratto. In secondo luogo, la sentenza è un severo monito sull’importanza della precisione e della completezza degli atti processuali. Omettere di reiterare una domanda nelle conclusioni finali equivale a una rinuncia, con conseguenze potenzialmente irreversibili in appello.

Una servitù di passaggio prevista in un contratto è sempre volontaria?
No. Se la sua funzione originaria è quella di rimediare a una situazione di interclusione di un fondo, la servitù ha natura coattiva, anche se costituita tramite un accordo contrattuale. La finalità prevale sulla forma.

Cosa succede a una servitù di passaggio se il terreno prima isolato ora ha un nuovo accesso alla via pubblica?
Può essere richiesta la sua estinzione ai sensi dell’art. 1055 del Codice Civile. Se il nuovo accesso è praticabile e non comporta costi o disagi eccessivi, il presupposto della necessità viene meno e la servitù può essere legalmente soppressa su istanza del proprietario del fondo servente.

Cosa accade se una domanda, come quella di usucapione, non viene ripetuta nelle conclusioni finali del primo grado di giudizio?
La domanda si considera rinunciata (o abbandonata). Di conseguenza, non può essere riproposta né esaminata nel successivo grado di appello, che la dichiarerà inammissibile per vizio procedurale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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