Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25706 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14881/2023 R.G. proposto da
INDIRIZZO, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, in Mussomeli (CL), INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
COGNOME NOME, anche in proprio, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti nella qualità di eredi di COGNOME NOME, deceduto il 3/12/2021, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in Caltanissetta, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati;
–
contro
ricorrenti –
Avverso la sentenza n. 211/2023, emessa in data 5/6/023 dalla Corte d’Appello di Caltanissetta;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dalla AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che:
Il Tribunale di Caltanissetta, adito con ricorso possessorio da INDIRIZZO nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, dispose la reintegrazione della predetta nel possesso della servitù di passaggio sull’area retrostante la propria abitazione, identificata in catasto al foglio 27, particella 1525, con ordinanza dal 28/11/2016, che, impugnata in sede di reclamo dai coniugi COGNOME, fu revocata dal collegio sul presupposto che, dalla produzione di alcune fotografie, fosse risultato l’impedimento degli stessi all’attraversamento della servitù.
Il giudizio di merito, avviato in seguito ad istanza di prosecuzione depositata da INDIRIZZO Giuseppa il 08/06/2017, si concluse con la sentenza n. 331/2020, emessa il 21/09/2020 e depositata il 23/09/2020, con la quale, in accoglimento della relativa eccezione, fu dichiarata l’estinzione ex art. 307 cod. proc. civ. del procedimento del merito possessorio.
Il giudizio d’appello, incardinato da INDIRIZZO Giuseppa, si concluse, nella resistenza di COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la sentenza n. 211/2023, pubblicata il 5/6/2023, con la quale la Corte d’Appello di Caltanissetta dichiarò inammissibile l’appello, sostenendo che, nonostante la fondatezza della censura in ordine all’erroneità della declaratoria di estinzione del giudizio di primo grado, l’appellante avesse omesso di insistere sulle pretese di merito, impedendo ad essa di pronunciarsi sul punto, posto che l’accoglimento del motivo processuale non avrebbe comportato, mancandone i presupposti, la rimessione della causa al primo giudice.
Contro la predetta sentenza, INDIRIZZO propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. COGNOME NOME, anche in proprio, NOME, NOME NOME e COGNOME NOME, tutti quali eredi di COGNOME NOME, resistono con controricorso.
Questa Corte ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, la ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ed è stata perciò fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Ciascuna delle parti ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che :
Con il primo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 354, primo e terzo comma, e 159 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto inammissibile l’appello in quanto l’appellante non aveva chiesto la decisione della controversia nel merito, senza, però, considerare che nella specie andava applicato il primo comma dell’art. 354 cod. proc. civ., che impone alla Corte di rimettere la causa davanti al giudice di primo grado in caso di nullità della notificazione della citazione introduttiva, e non, come erroneamente avvenuto, il successivo terzo comma, che impone al giudice d’appello di rimettere la causa al giudice di primo grado anche in caso di riforma della sentenza sull’estinzione del processo ex art. 308 cod. proc. civ., sicché, dovendo la causa essere rimessa al primo giudice tanto in caso di nullità della notifica della citazione introduttiva, quanto in caso di estinzione ex art. 308 cod. proc. civ., la Corte aveva errato allorché aveva circoscritto l’obbligo di rimessione esclusivamente a quest’ultima situazione, in quanto avrebbe dovuto accogliere la questione di rito e rimettere la causa davanti al giudice di primo grado.
Col secondo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc.
civ., in quanto la condanna alle spese presuppone la soccombenza, non ravvisabile nella specie, stante l’ammissibilità dell’appello.
3. La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ. è del seguente tenore: « 1° motivo: inammissibile. In tema di estinzione del processo, il giudice di appello rimette la causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ove, trattandosi di giudizi a decisione collegiale, riformi la sentenza di estinzione aAVV_NOTAIOata in prime cure a seguito di reclamo al collegio, ex art. 308 c.p.c. e non anche se detta statuizione sia stata assunta con sentenza emessa nelle forme ordinarie ex art. 307, ultimo comma, c.p.c. Del pari va disposta la rimessione in primo grado laddove, in ipotesi di giudizi a decisione monocratica, il giudice di primo grado, assumendo una decisione che, definendo la lite in base ad una questione pregiudiziale, ha natura di sentenza impugnabile solo con l’appello, abbia pronunziato l’estinzione senza il previo svolgimento dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ma non anche se l’estinzione sia stata deliberata dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione ex art.189 c.p.c., nel qual caso il giudice di appello, ove riformi la pronuncia, deve trattenere la causa e deciderla nel merito (Sez. 2, n. 40831 del 20 dicembre 2021; Sez. 6-1, n. 23997 del 26 settembre 2019). 2° motivo: assorbito ».
4. Il primo motivo è inammissibile.
Va innanzitutto evidenziato come, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, il giudice di primo grado, una volta che le parti, cui erano stati concessi i termini ex art. 183 cod. proc. civ., avevano depositato le relative memorie, aveva fissato con ordinanza riservata l’udienza per la precisazione delle conclusioni, all’esito della quale aveva trattenuto la causa per la decisione, emettendo quindi la sentenza n. 331/2020, con la quale aveva dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 307 cod. proc.
civ., per avere la ricorrente omesso di notificare il ricorso che fissava la fase di merito entro il termine assegnatole, senza avanzare istanza di proroga.
Tale pronuncia è stata considerata erronea dal giudice d’appello che, purtuttavia, ha dichiarato l’inammissibilità del gravame per avere l’appellante omesso di proporre motivi afferenti al merito, non potendosi disporre la rimessione della causa al primo giudice, come invece preteso nella specie.
Orbene, come affermato nella proposta, costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui, in tema di estinzione del processo, quando il giudice istruttore nel corso del giudizio a cognizione piena opera come giudice monocratico, il provvedimento con cui dichiara che il processo si è estinto non è soggetto a reclamo e, siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale attinente al processo, ha natura di sentenza, anche se emesso in forma di ordinanza, la quale non solo è impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione, ma ammette altresì la parte a formulare al giudice di appello istanza di rimessione al primo giudice, ai sensi dell’art. 354, secondo comma, cod. proc. civ., ravvivandosi l’ipotesi di cui all’art. 308, secondo comma, cod. proc. civ.. Nel caso, invece, in cui l’estinzione sia stata deliberata dal tribunale in composizione monocratica solo dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione, ai sensi dell’art. 189 cod. proc. civ., il giudice di appello, ove non la ritenga sussistente, non può rimettere la causa al giudice di primo grado – non ricorrendo l’ipotesi contemplata dall’art. 308, secondo comma, cod. proc. civ., richiamato dall’art. 354 secondo comma, cod. proc. civ., che, unitamente alle fattispecie descritte nel primo comma della medesima disposizione, costituisce una delle ipotesi tassative di rimessione della causa al giudice di primo grado (sul punto vedi per
tutte Cass., Sez. 2., 12/4/2017, n. 9515; Cass., Sez. U, 19/4/2010, n. 9217), ma deve trattenere la causa e deciderla nel merito (Cass., Sez. 1, 11/1/2010, n. 22917; Cass., Sez. 3, 16/5/2012, n. 7633; Cass., Sez. 6-1, 26/9/2019, n. 23997; Cass., Sez. 6-1, 26/9/2021, n. 23997), purché vi sia istanza in tal senso.
Infatti, nei casi in cui il vizio processuale lamentato non comporti la rimessione al primo giudice ai sensi degli artt. 353 (ora abrogato) e 354 cod. proc. civ., è necessario che l’appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, atteso che la proposizione dell’appello solo in rito ne comporterebbe l’inammissibilità per difetto di interesse e mancata rispondenza al modello legale di impugnazione (Cass., Sez. 3, 20/8/2018, n. 20799; Cass., Sez. L, 11/2/2015, n. 2682; Cass., Sez. L, 23/6/2014, n. 14167; Cass., Sez. 3, 29/1/2010, n. 2053).
Ciò comporta che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto inammissibile il gravame in assenza di censure sul merito della controversia, non rientrando la fattispecie tra quelle descritte negli artt. 353 e 354 cod. proc. civ..
La declaratoria di estinzione è avvenuta, infatti, ad opera di un giudice monocratico all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni, così da non rientrare, alla stregua dei principi sopra espressi, nell’ambito di applicazione dell’art. 308 cod. proc. civ.
Né può il ricorrente pretendere di sussumere la fattispecie in esame nell’ambito di applicazione del primo comma dell’art. 354 cod. proc. civ., il quale, nella formulazione ratione temporis applicabile (rimasta in parte qua sostanzialmente invariata), stabiliva che « fuori dai casi previsti nell’articolo precedente, il giudice d’appello non può rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva ».
Infatti, il procedimento possessorio, come risultante dalle modifiche apportate all’art. 703 cod. proc. civ. dal d.l. n. 35 del 2005
(convertito dalla legge n. 80 del 2005), pur diviso in due fasi, conserva la sua struttura unitaria, nel senso che la fase eventuale di merito non è che la prosecuzione di quella sommaria ed è retta, perciò, dagli atti introduttivi della fase interdittale, tant’è che l’istanza di prosecuzione non deve essere notificata al contumace, non essendo introduttiva di un nuovo giudizio, né essendo tale incombenza prevista dall’art. 292 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 6-2, 3/1/2022, n. 32350), e che la procura, conferita al difensore per l’introduzione di un giudizio possessorio, legittima l’avvocato, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte, a depositare altresì l’istanza di fissazione della trattazione del merito (Cass., Sez. 2, 26/3/2012, n. 4845).
Pertanto, come osservato da Cass., Sez. 6-2, 3/1/2022, n. 32350 cit., proprio perché trattasi di mera prosecuzione di un giudizio già retto, quanto alla individuazione degli atti introduttivi, dal ricorso e dalle eventuali comparse per la fase interdittale, deve escludersi che l’istanza di prosecuzione sia idonea ad introdurre un nuovo giudizio, tale da imporre la necessità della notifica della stessa alle parti costituite o meno per la fase interdittale, come arguibile dal dettato dell’ultimo comma dell’art. 703 cod. proc. civ., secondo cui, per il caso di richiesta di prosecuzione per il merito, il giudice deve fissare dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito, il quale consente di ritenere che detto provvedimento è idoneo ad assicurare la materiale prosecuzione del giudizio, senza necessità della sua notificazione, attesa anche la sua mancata previsione nel novero degli atti che vanno notificati al contumace ex art. 292 cod. proc. civ., essendo invece sufficiente la sua comunicazione alle parti già costituite ai sensi degli artt. 170 e 176 cod. proc. civ..
In ragione di ciò, deve allora escludersi che la mancata notificazione dell’istanza di prosecuzione nel merito o del decreto di
fissazione dell’udienza ad essa conseguente sia equiparabile alla notificazione della citazione introduttiva ai fini della rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ. : infatti, detta istanza non riveste la qualità di atto introduttivo del giudizio di merito, trattandosi di mero atto di impulso di un processo retto dagli atti introduttivi della fase cautelare, e non è consentita un’interpretazione estensiva delle fattispecie descritte dal ridetto art. 354, la cui tassatività risponde all’esigenza, fatta propria del resto anche dalla riforma c.d. Cartabia, di garantire una più celere definizione del giudizio, evitando quei ritardi che inevitabilmente vi sarebbero in caso di retroazione del processo, se non nelle più gravi ipotesi di lesione del diritto al contraddittorio.
Consegue da quanto detto l’inammissibilità della prima censura, cui consegue l’assorbimento della seconda, siccome afferente alla condanna alle spese.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della ricorrente.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 2.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge; condanna altresì la ricorrente, ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore liquidata in € 2.100,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/9/2024.