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Estinzione processo Cassazione: rinuncia e spese

Un’azienda manifatturiera aveva impugnato in Cassazione la sentenza che riteneva illegittima una sanzione disciplinare contro un dipendente. Le parti hanno poi depositato un atto di rinuncia congiunta, portando la Corte a dichiarare l’estinzione del processo Cassazione. La decisione chiarisce che, in caso di rinuncia accettata con accordo sulla compensazione delle spese, la Corte non si pronuncia sui costi del giudizio e non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Estinzione del Processo in Cassazione: Guida Pratica alla Rinuncia Congiunta

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di estinzione del processo in Cassazione a seguito di una rinuncia congiunta delle parti. Questo esito, sebbene meno comune di una sentenza di merito, rappresenta uno strumento processuale fondamentale che consente alle parti di porre fine a una controversia in modo consensuale, anche nell’ultimo grado di giudizio. Analizziamo come si è arrivati a questa conclusione e quali sono le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Dalla Sanzione Disciplinare al Ricorso in Cassazione

La vicenda trae origine da una controversia di diritto del lavoro. Una società aveva applicato una sanzione disciplinare conservativa a un proprio dipendente. Il lavoratore aveva impugnato la sanzione e i giudici di primo e secondo grado gli avevano dato ragione, ritenendo illegittimo il provvedimento aziendale.

La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la decisione del Tribunale, respingendo le richieste dell’azienda. Non ritenendosi soddisfatta, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione. Il lavoratore, a sua volta, si è difeso presentando un controricorso.

La Svolta: La Rinuncia Congiunta e l’Estinzione del Processo

Quando il giudizio era ormai pendente dinanzi alla Suprema Corte, le parti hanno compiuto un passo decisivo: hanno depositato un atto congiunto di rinuncia sia al ricorso principale (quello dell’azienda) sia al controricorso (quello del dipendente). In questo stesso atto, hanno dichiarato di compensare integralmente tra loro le spese legali sostenute per il giudizio di cassazione.

Questo atto di comune volontà ha cambiato radicalmente il destino del processo, spostandolo da un esito contenzioso a una chiusura consensuale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema, presa visione dell’atto di rinuncia, ha dichiarato l’estinzione del processo. Le motivazioni alla base di questa decisione sono lineari e si fondano su precise disposizioni del codice di procedura civile.

1. Validità della Rinuncia: La Corte ha verificato che la rinuncia fosse ‘rituale’, ovvero conforme ai requisiti dell’art. 390 c.p.c. Essendo formulata in un atto ‘univocamente abdicativo’, ovvero che esprimeva senza ambiguità la volontà di abbandonare il giudizio, essa era pienamente valida.

2. Efficacia dell’Accettazione: La rinuncia è diventata produttiva di effetti perché è stata espressamente accettata dalla controparte. In questo caso, essendo un atto congiunto, l’accettazione era implicita nella firma di entrambe le parti.

3. Gestione delle Spese Legali: Questo è un punto cruciale. L’art. 391, quarto comma, c.p.c. stabilisce che il giudice non emette una condanna al pagamento delle spese se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati muniti di mandato speciale. Poiché le parti avevano già pattuito la compensazione, la Corte non è dovuta intervenire sul punto, limitandosi a prenderne atto.

4. Esclusione del Doppio Contributo Unificato: Infine, la Corte ha chiarito che, dichiarando l’estinzione del processo, non sussistono i presupposti processuali per applicare l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede il pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato a carico della parte che ha visto il proprio ricorso respinto, dichiarato inammissibile o improcedibile. L’estinzione per rinuncia accettata non rientra in queste categorie, esonerando quindi il ricorrente da tale ulteriore esborso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia al Ricorso

Questa ordinanza evidenzia l’importanza della rinuncia come strumento di definizione alternativa delle liti anche nel giudizio di legittimità. Per le parti, raggiungere un accordo che porti a una rinuncia congiunta può essere vantaggioso per diversi motivi: evita i rischi e i tempi di un giudizio dall’esito incerto, permette di controllare i costi legali tramite un accordo di compensazione e, come visto, evita il pagamento del ‘doppio contributo unificato’ in caso di esito sfavorevole. Per gli avvocati, è fondamentale redigere l’atto di rinuncia in modo chiaro e inequivocabile, regolando esplicitamente il destino delle spese per evitare future contestazioni.

Cosa succede quando le parti di un processo in Cassazione decidono di rinunciare al ricorso?
Se la rinuncia è formalmente corretta e accettata dalla controparte (o presentata congiuntamente), la Corte Suprema dichiara l’estinzione del processo. Questo significa che il procedimento si conclude definitivamente senza una decisione nel merito della questione.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del processo per rinuncia in Cassazione?
Secondo l’articolo 391 c.p.c., se alla rinuncia hanno aderito le altre parti, la Corte non emette una condanna alle spese. Come nel caso di specie, le parti possono accordarsi autonomamente per la compensazione, cioè ciascuna parte paga le proprie spese.

In caso di estinzione per rinuncia, si deve pagare il cosiddetto ‘doppio contributo unificato’?
No. La Corte ha chiarito che l’estinzione del processo per rinuncia accettata non fa scattare l’obbligo di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, poiché non si tratta di un caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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