Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5527 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5527 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9483/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore unico, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dei procuratori NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la sentenza del Tribunale di Verona n. 2727/2015 depositata il 15/10/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE citava, dinanzi al Giudice di Pace di Verona, RAGIONE_SOCIALE, con cui aveva stipulato una polizza fideiussoria a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto RAGIONE_SOCIALE per lavori di manutenzione della SS 106, in un tratto ricadente nella provincia di Catanzaro, lamentando l’omesso pagamento di una rata trimestrale di euro 785,26, scaduta il 7 giugno 2012;
il giudice adito, con la sentenza n. 2400/2013, condannava la convenuta al pagamento della somma di euro 785,26 e, in accoglimento della domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE, dichiarava risolto il contratto di assicurazione;
il Tribunale di Verona, investito dell’impugnazione da RAGIONE_SOCIALE, con la pronuncia n. 2757/2015, ha rigettato l’appello e confermato la sentenza impugnata;
la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza avvalendosi di quattro motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE:
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
la controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 7, 10 di polizza, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché il travisamento dei fatti, la mancanza e/o carenza di motivazione, l’irragionevolezza e la contraddittorietà manifesta;
la ricorrente sostiene che il Tribunale, ritenendo non estinta la polizza fideiussoria e condannandola al pagamento della rata del premio trimestrale richiesto dalla RAGIONE_SOCIALE, in considerazione dell’avvenuto pagamento di altre trimestralità e del fatto che il certificato di ultimazione di lavori non provava la loro effettiva ultimazione, sarebbe incorso in errore, perché avrebbe fatto dipendere gli effetti della polizza da ‘un pagamento eseguito indebitamente ‘ ed avvenuto pro bona pacis (come risulterebbe dal fatto che non era stato eseguito nelle mani dell’avvocato notificante, ma presso l’agenzia RAGIONE_SOCIALE) e perché non avrebbe considerato che la polizza non era stata prorogata e quindi era venuta a scadenza;
a tal fine, la ricorrente precisa che la durata della polizza era di un anno (dal 7 giugno 2010 al 7 giugno 2011), che i lavori oggetto dell’appalto erano stati ultimati nel dicembre 2010, che il premio iniziale, versato all’atto della stipulazione, era rapportato alla durata iniziale della polizza, che detta durata avrebbe potuto essere prorogata ed in tal caso il contraente assicurato avrebbe dovuto pagare i successivi premi trimestrali; e conclude che, non essendovi stata alcuna proroga, stante che i lavori appaltati erano stati ultimati entro il periodo della prima rata annuale, la società RAGIONE_SOCIALE non aveva titolo per pretendere il pagamento di rate ulteriori;
il motivo è infondato;
innanzitutto, i numerosi vizi attribuiti al Tribunale come indicati nell’epigrafe del motivo non trovano corrispondenza nella relativa illustrazione;
la ricorrente prospetta una ricostruzione del contenuto della polizza diverso da quello su cui si è basata la sentenza impugnata -a ciò parrebbe volersi riferire denunciando la violazione di una serie di norme della polizza unitamente al travisamento dei fatti – senza far emergere l’eventuale errore di interpretazione in cui sarebbe
incorso il giudice a quo e senza neppure fornire a questa Corte gli elementi conoscitivi indispensabili per valutare la correttezza del suo ragionamento;
è sufficiente, a tal fine, rilevare: a) che i supplementi di premio di cui all’art. 7 dello schema tipo 1.2 per le eventuali proroghe della copertura assicurativa -che secondo la ricorrente non sarebbero dovuti, perché la polizza fideiussoria non era stata prorogataassumerebbero rilievo solo a condizione che fosse corretto l’assunto – indimostrato – che la polizza fosse scaduta il 7 giugno 2011 e non fosse stata prorogata; b) la mera assertività dei riferimenti a ‘un pagamento’ (il Tribunale, peraltro, indica più pagamenti trimestrali: p. 3 della sentenza) che sarebbe stato eseguito con espressa riserva di ripetizione di quanto indebitamente corrisposto e alle ‘promesse dell’agente assicurativo che in tal modo si sarebbe risolto ogni contenzioso’ (p. 5 del ricorso) con cui la ricorrente pretende di dimostrare, unitamente al fatto (la cui rilevanza non è, invero, ben spiegata) di aver pagato, dopo l’atto di citazione in giudizio, non all’avvocato notificante, ma all’agenzia assicurativa, l’importo di euro 998,26, la natura indebita (a tutto concedere) di uno solo dei pagamenti effettuati;
detti assunti peraltro non si confrontano neppure con la sentenza del Tribunale che si è basata sulla circostanza che la polizza non fosse cessata, perché non si erano verificate le condizioni di cui all’art. 2 dello schema tipo 1.2 allegato al contratto;
inoltre, i vizi motivazionali attribuiti al Tribunale non sono stati in alcun modo argomentati;
2) con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 199 dpr. 207/1999 in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.; la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 7, 10 di polizza in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5, cod.proc.civ.; la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 2697 cod.civ., ex art. 360, 1°
comma, n. 3, cod.proc.civ.; la mancanza e/o contraddittorietà della motivazione, il travisamento dei fatti, l’irragionevolezza;
il Tribunale di Verona, ritenendo dovuto il pagamento del premio relativo al periodo 7 marzo 2012 – 7 giugno 2012, nonostante il 15 dicembre 2010 fosse stata emesso il certificato di ultimazione dei lavori, avrebbe violato la giurisprudenza di merito e di legittimità che ritiene che in tema di appalto di opera pubblica, una volta scaduto il termine previsto dall’art. 5 della l. n. 741/1981 per l’approvazione del certificato di collaudo o di quello di esecuzione dei lavori, le polizze fideiussorie, rilasciate dall’appaltatore a garanzia della regolare esecuzione dell’opera, devono ritenersi automaticamente estinte, liberando l’appaltatore dall’obbligo di pagare i premi, non potendo il rapporto assicurativo perdurare dopo il venir meno della sua causa e che un’eventuale pattuizione contraria è nulla;
una volta ottenuto il certificato di ultimazione dei lavori, niente avrebbe più potuto pretendere la RAGIONE_SOCIALE assicuratrice, in assenza di proroghe della polizza;
peraltro, anche se non era necessario, era stato dimostrato -sostiene la ricorrente – anche il completamento delle lavorazioni di piccola entità da completare entro sessanta giorni (entro il 13 febbraio 2011), per mezzo della nota proc. CCZ-0042415 -P del 27 novembre 2012, con cui il direttore dei lavori aveva confermato che l’ultimazione dei lavori era avvenuta il 15 dicembre 2010, sia di quelli principali che di quelli marginali di piccola entità;
il giudice a quo avrebbe erroneamente ritenuto detto certificato tamquam non esset , per aver perso la sua efficacia, violando l’art. 199 del dpr 207/2010 – secondo cui il certificato di ultimazione dei lavori può prevedere l’assegnazione di un termine di 60 giorni per il completamento di lavorazioni di piccole entità accertate dal direttore dei lavori come marginali, con perdita di efficacia del certificato nel caso di mancato rispetto del termine perentorio di
60 giorni e necessità di un nuovo certificato – posto che il direttore dei lavori non aveva redatto un nuovo certificato, ma, a distanza di due anni dal termine di esecuzione dei lavori, aveva trasmesso lo stesso certificato già redatto il 20 dicembre 2010;
il motivo è infondato;
anche in questo caso, si deve rilevare che il contenuto illustrativo ed argomentativo del motivo non coincide con la rubrica dello stesso; a ciò deve aggiungersi che il giudizio di legittimità non è la sede per richiedere un diverso accertamento dei fatti di causa; l’accoglimento di una pretesa di tal genere trasformerebbe quello di legittimità in un terzo grado di merito, con conseguente inevitabile snaturamento dei connotati morfologici e funzionali che sono propri del giudizio di legittimità;
il Tribunale, infatti, ha ritenuto che il certificato di ultimazione dei lavori – peraltro, come ammette la ricorrente, lo stesso confermato due anni dopo dal direttore dei lavori -non aveva affatto determinato la cessazione della polizza fideiussoria, perché era stata rilevata la presenza di lavorazioni marginali da ultimare, le quali, ove non eseguite nel termine fissato, avrebbero determinato la perdita di efficacia del certificato: la ricorrente insiste nel dire che le lavorazioni marginali erano state eseguite nel termine, e pretende di dimostrarlo facendo leva sul fatto -peraltro esaminato dal Tribunale -che il direttore dei lavori non aveva emesso un nuovo certificato di ultimazione dei lavori, con il quale dar conto che anche le lavorazioni marginali mancanti erano state eseguite, ma, a distanza di due anni aveva trasmesso lo stesso certificato del 20 dicembre 2010;
in sostanza, la ricorrente fonda tutto il suo ragionamento sull’assenza di proroghe, ma omette di confutare efficacemente la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto indimostrata la ultimazione dei lavori, alla quale correttamente era correlata la estinzione della polizza;
è del tutto incomprensibile, poi, il ragionamento con cui la società ricorrente imputa al Tribunale di aver fatto dipendere la cessazione della garanzia dall’inefficace certificato di ultimazione dei lavori piuttosto che dalla mancanza di alcuna proroga della polizza (p. 10), se si considera, per un verso, che la stessa ricorrente richiama espressamente la giurisprudenza che fa dipendere il venir meno della garanzia dall’approvazione – o dal decorso del termine di cui all’art. 5 della l. n. 741/1981 (peraltro, abrogato all’epoca dei fatti per cui è causa) – del certificato di collaudo o da quello di regolare esecuzione dei lavori (p. 9 e p. 10 del ricorso), e, per altro verso, che la stessa ricorrente subito dopo, sempre a p. 10, sostiene che il Tribunale ‘ha omesso di considerare la decisività sul punto del certificato di ultimazione dei lavori’, per poi tornare a p. 11, a considerare indispensabile esclusivamente l’assenza di eventuali proroghe per il caso in cui i lavori, come nel caso di specie, siano stati ultimati entro il periodo della durata presunta della garanzia e a tirare in causa la possibilità di liberazione anticipata della garanzia, subordinata alla comunicazione scritta dell’ultimazione dei lavori;
con il terzo motivo la ricorrente denuncia la mancanza e/o carenza e/o contraddittorietà della motivazione;
essendo venuto meno il rischio da assicurare, nulla era dovuto alla RAGIONE_SOCIALE, perciò, secondo la ricorrente, la pretesa del pagamento del premio per il trimestre 7 giugno 2012-7 settembre 2012 non avrebbe dovuto essere accolta, tant’è che, per il pagamento delle altre rate trimestrali, la società RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto a notificare l’atto di citazione, ma poi non aveva iscritto la causa a ruolo e che l’odierna controversia era stata iscritta a ruolo al solo scopo di ottenere l’accoglimento della domanda riconvenzionale;
il motivo è inammissibile;
la società ricorrente ripropone la tesi della cessazione della polizza in assenza di proroga e pretende di trarre argomenti di prova in tal senso da fatti -la mancata iscrizione a ruolo di altre cause aventi ad oggetto altre rate della stessa polizza, l’iscrizione a ruolo di sua iniziativa della causa in esame -di cui sfugge la conducenza, soprattutto ove si consideri che nella descrizione dei fatti la ricorrente omette di dar conto del fondamento della sua domanda riconvenzionale di risoluzione della polizza e delle ragioni, sulla scorta delle quali il Giudice di Pace l’aveva accolta;
4) con il quarto motivo al Tribunale si imputano la violazione degli artt. 91, 92, 96, 112 e 167 cpc, dell’art. 1901 cod.civ. e del dm 55/2014, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché l’irragionevolezza, la contraddittorietà manifesta e la mancanza e/o carenza assoluta di motivazione;
il Tribunale, pur avendo accolto la sua domanda riconvenzionale, non ne avrebbe tenuto conto in sede di condanna alle spese di lite, neppure allo scopo di disporre la compensazione, invocando la marginalità della domanda riconvenzionale e la non opposizione della convenuta;
la tesi della ricorrente è che la domanda fosse tutt’altro che marginale, perché ove non fosse stata accolta avrebbe dovuto continuare a difendersi in tutti i giudizi promossi dalla RAGIONE_SOCIALE (quello del 28 marzo 2012 per il premio del 7 giugno 2011, quello del 15 giugno 2012 per il premio del 7 settembre 2011, quello del 15 giugno 2012 per il premio del 7 dicembre 2011, quello del 14 novembre 2012 per la rata del 7 marzo 2012), e che la non opposizione alla domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto andare a suo vantaggio, ma avrebbe dovuto indurre i giudici a condannare l’impresa assicuratrice per lite temeraria;
aggiunge che il Tribunale avrebbe confuso il valore della controversia ai fini della liquidazione delle spese di lite con il valore
dichiarato ai fini del pagamento del contributo unificato ed avrebbe liquidato la somma di euro 850,00, cui aveva aggiunto l’importo di euro 400,00 per la fase di trattazione, anziché quello di euro 630,00, risultante dall’applicazione dei parametri medi dello scaglione;
il motivo è inammissibile;
come già si è rilevato, questa Corte, per ragioni imputabili alla ricorrente, non è stata messa nella condizione di apprezzare la decisività -piuttosto che la marginalitàdell’accoglimento della domanda riconvenzionale di risoluzione della polizza;
quanto alla liquidazione delle spese di lite, deve ribadirsi che il sindacato di questa Corte è limitato ad accertare che le spese di lite non siano poste a carico della parte vittoriosa -il che non è accaduto nel caso di specie -rientrando nella discrezionalità del giudice del merito la decisione di compensarle o meno, di decidere la misura della compensazione, e di liquidarle nel rispetto dei valori minimi e massimi dello scaglione di riferimento senza alcun obbligo di fare applicazione dei valori medi, con il solo obbligo di giustificare l’eventuale liquidazione al di sotto o al di sopra dei valori tabellari;
va aggiunto che non è ben chiaro a cosa intenda riferirsi la ricorrente quando sostiene che il valore della controversia sarebbe stato determinato facendo riferimento al valore dichiarato ai fini del pagamento del contributo unificato, giacché non spiega in che misura e in che termini il valore della controversia divergerebbe da quello;
4) la richiesta della controricorrente di applicazione dell’art. 96, 3° comma, cod.proc.civ non merita accoglimento, non bastando a giustificare l’applicazione della sanzione ivi prevista il non accoglimento del ricorso;
5) il ricorso va rigettato;
6) le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.pr. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 05/12/2023 dalla Terza